Inconfigurabile la consumazione del furto se l’attività furtiva dell’agente è osservata dall’addetto alla sorveglianza

Il monitoraggio dell’azione furtiva mediante la diretta osservazione dei dipendenti addetti alla sorveglianza o attraverso appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce , impedisce la consumazione del delitto di furto, il quale resta allo stadio del tentativo.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 17916/18, depositata il 20 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Trento confermava la decisione del Giudice di prime cure con cui l’imputata veniva ritenuta responsabile del reato di furto di oggetti all’interno di un supermercato. Avverso la sentenza della Corte distrettuale l’imputata ricorre per cassazione denunciando l’assenza della contestazione relativa al concorso di persone nel reato, dell’impossessamento, delle aggravanti e del delitto consumato, in considerazione della presenza del dispositivo antitaccheggio sui prodotti e dell’attività di sorveglianza posta in essere da un addetto alla sorveglianza del punto vendita. L’aggravante e il tentativo. Il Supremo Collegio nega rilevanza alle censure avanzate in ordine alla contestazione relativa al concorso di persone e all’impossessamento, riconoscendo, diversamente, la mancata consumazione del reato di furto, poiché secondo costante giurisprudenza, il monitoraggio dell’azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza, ovvero delle forze di polizia eventualmente presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti , impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva . Infine, la Suprema Corte rileva altresì l’inapplicabilità dell’aggravante della esposizione a pubblica fede, poiché è stato più volte affermato che non sussiste tale aggravante nel caso di furto di beni asportati dai banchi di un supermercato, dotati di un apposito dispositivo antitaccheggio . La Corte dunque annulla con rinvio l’impugnata sentenza limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto e all’aggravante dell’esposizione a pubblica fede.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 dicembre 2017 – 20 aprile 2018, numero 17916 Presidente Fumo – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Trento ha confermato la decisione di primo grado nei confronti dell’imputata, che l’aveva condannata alla pena giustizia per il reato di cui agli articolo 624, 625 n 2 e 7 cp, per furto di oggetti in un supermercato fatto di omissis . 1. Avverso la decisione ha proposto ricorso la difesa, che ha lamentato la violazione dei principio di correlazione tra l’imputazione e la sentenza. Ha sostenuto il ricorrente che la sentenza aveva ritenuto che a compiere il furto fossero state due donne e la ricorrente aveva avuto una parte decisiva nella consumazione ma nell’imputazione non le era stato contestato il concorso di persone nel reato. 1.1 Tramite il secondo motivo è stata censurata la motivazione per illogicità, poiché la Corte avrebbe trascurato che nel fatto sarebbe mancato il requisito dell’impossessamento da parte dell’imputata. 1.2 Col terzo motivo ci si è doluti della errata applicazione della legge penale, in relazione alla ritenuta presenza delle aggravanti ex articolo 624, 625 nr 2 e 7 cp. 1.3 Nel quarto motivo è stata dedotta la violazione di legge e la motivazione illogica, per aver ritenuto la Corte territoriale il furto consumato mentre dalla sentenza era risultato accertato che la merce sottratta era dotata di dispositivo antitaccheggio e l’addetto alla sorveglianza del supermercato aveva costantemente sorvegliato la donna. Il ricorso ha citato due pronunzie delle SU, che in fattispecie simili hanno escluso la stessa consumazione del furto ritenendolo integrato alla fase del tentativo. All’odierna udienza i PG, dr Fimiani, ha concluso per l’inammissibilità. Considerato in diritto Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti. I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente per gli inevitabili riflessi dei contenuti del primo su quelli del secondo. 1.La censura relativa alla violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza non è condivisibile, poiché la Corte territoriale ha fornito chiara spiegazione della ritenuta partecipazione della giudicabile al furto. In motivazione, infatti, è stato descritto il contributo causale della ricorrente, consistito ne fare la spola tra gli stands e il camerino, ove era rimasta la complice, al fine di trasportare gli indumenti e permetterne l’occultamento da parte dell’altra, a nulla rilevando - ovviamente - che sia stata solo quest’ultima ad essere trovata in possesso dei capi sottratti, che aveva ricevuto dall’imputata. 1.1 Pertanto, non può essere ravvisata alcuna violazione dell’art. 521 c.p.p., in quanto la non corrispondenza tra il fatto contestato e quello che emerge dalla sentenza assume rilievo solo quando si verifichi una trasformazione o sostituzione delle condizioni che rappresentano gli elementi costitutivi dell’addebito, e non già quando il mutamento riguardi profili marginali, non essenziali per l’integrazione del reato e sui quali l’imputato abbia avuto modo di difendersi ne corso del processo. Sez. 2, numero 17565 del 15/03/2017 . 2.Quanto all’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento, occorre ribadire che, secondo la giurisprudenza di questa Corte nella composizione più autorevole, nel reato di furto l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento vuol delineare una condotta, posta in essere nel corso dell’azione delittuosa, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore ed a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità. Sez. U, Sentenza numero 40354 del 18/07/2013 Ud. dep. 30/09/2013 Rv. 255974 . 2.1 Nel caso di specie, le due imputate non si sono limitate al mero prelievo ed immediato nascondimento della merce ma hanno attuato un efficace stratagemma in grado di eludere e difese apprestate dall’esercizio commerciale, consistito nell’agire sinergicamente allo scopo di impossessarsene, rappresentando l’innocua ed ordinaria scena nella quale l’imputata sceglieva le vesti da far misurare alla complice e l’altra, al riparo nel camerino di prova, provvedeva ad occultarle. In proposito, e per rispondere in pieno alle doglianze della ricorrente, può aggiungersi che i casi esaminati dalle sentenze di questa Corte citate in ricorso sono diversi e si riferiscono proprio al banale gesto di prelevare e nascondere direttamente gli oggetti esposti sugli scaffali del market, in cui, per questo motivo, è stata esclusa l’aggravante in parola. 3. La censura che contesta l’applicazione dell’aggravante della esposizione a pubblica fede merita accoglimento. Infatti, è stato più volte affermato che non sussiste tale aggravante nel caso di furto dei beni asportati dai banchi di un supermercato, dotati di un apposito dispositivo antitaccheggio, che assicura un controllo costante e diretto della merce da parte del detentore, situazione che, in sé, risulta incompatibile con la l’ipotesi di affidamento alla pubblica fede degli avventori e clienti. Sez. 5, numero 20342 del 28/01/2015 . 3.1 Sul punto va osservato, altresì, che contraddittoria appare la motivazione della Corte di merito, che ha affermato la presenza di un addetto della vigilanza, che sarebbe stato insospettito dal comportamento delle imputate, e poi ha sostento che non vi era alcun controllo diretto sulle stesse. 4. Merita, inoltre, accoglimento la censura volta ad escludere la consumazione del reato oggetto d’imputazione. In proposito va osservato che secondo la giurisprudenza di questa Corte in caso di furto, i monitoraggio dell’azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza, ovvero delle forze di polizia eventualmente presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti , impediscono a consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo, la cui signoria sulla cosa non è eliminata. Sez. U, Sentenza numero 52117 del 17/07/2014 Ud. dep. 16/12/2014 Rv. 261186 . 4.1 Applicando tali condivisi principi - che qui occorre ribadire - alla fattispecie concreta, deve constatarsi che le due imputate furono tenute sotto controllo dagli addetti alla sorveglianza del supermercato e che i beni sottratti erano muniti di placche antitaccheggio, ragion per cui le donne non erano in condizione di conseguire l’effettiva disponibilità della refurtiva, che a causa della conseguente possibilità di intervento nella immediatezza, non era ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo. Alla luce delle considerazioni e dei principi che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata, limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto, ritenuta l’ipotesi di cui all’art. 56 cp e con riferimento all’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, che deve essere eliminata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Trento per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio. I ricorso nel resto deve essere rigettato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto, ritenuta l’ipotesi di cui all’art. 56 cp e con riferimento all’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, che elimina, e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Trento, identificata nella sezione distaccata di Bolzano, per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Rigetta nel resto il ricorso.