La figura paterna non può essere sostituita: da rivalutare la possibilità di revoca della custodia in carcere del padre

Il rigetto dell’istanza di revoca o sostituzione della misura della custodia in carcere nei confronti dell’indagato, genitore di un figlio minore di 6 anni, non può essere giustificato dal solo fatto che, nonostante, l’impossibilità di assistenza della madre, il minore può essere affidato ai famigliari o a strutture assistenziali, le quali non sono sostitutive della figura paterna.

Così la Cassazione con sentenza n. 17720/18, depositata il 19 aprile. Il caso. Il Tribunale del riesame di Catanzaro rigettava l’appello proposto dall’indagato avverso la sentenza del GIP che aveva rigettato a sua volta l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare di custodia in carcere, richiesta per poter occuparsi della figlia minorenne. Contro la decisione di merito ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato lamentando l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché mancanza di motivazione, per aver il Tribunale ritenuto insussistente l’assoluta impossibilità della madre di dare assistenza alla figlia minorenne, in comune con l’indagato, potendo rivolgersi ai congiunti. Secondo il ricorrente tale valutazione si pone in contrasto con i principi affermati dal Giudice di legittimità, secondo i quali i familiari e le strutture assistenziali non possono avere una funzione sostituiva della figura paterna. La figura paterna non può essere sostituita. La Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso. In particolare la Corte ha ricordato che in tema di misure cautelari personali la condizione per escludere il mantenimento della custodia in carcere nei confronti del padre di figli minori di 6 anni è l’assoluta impossibilità per la madre di dare assistenza al minore, ai sensi dell’art. 275, comma 4, c.p.p. Criteri di scelta delle misure . Detta condizione si individua avendo riguardo non solo al soggetto chiamato a prestare assistenza, ma anche, e soprattutto, alla situazione del figlio, in considerazione del rischio concreto derivante per quest’ultimo dal deficit assistenziale, sotto il profilo dell’irreversibile compromissione del processo evolutivo-educativo, dovuta alla mancata, valida ed efficace presenza di entrambi i genitori . Ciò premesso la Corte precisa che il mantenimento della custodia in carcere nei confronti del padre indagato, pur sussistendo l’impossibilità per la madre di assistere il minore per impedimento dovuto alle proprie condizioni di salute, non può essere giustificato avendo riguardo alla presenza di altri familiare o di strutture assistenziali , in quanto il legislatore non riconoscere a quest’ultimi nessuna funzione sostitutiva del genitore. Ciò è evidenziato dal fatto che la formazione del bambino può essere gravemente pregiudicata dall’assenza di una figura genitoriale . Nel caso di specie il ricorrente ha valorizzato la grave malattia della madre che potrebbe essere fronteggiata solo grazie al genitore in custodia detentiva. Infatti la Cassazione ha ritenuto che la decisione del Tribunale sia in contrasto con la ratio dell’art. 275, comma 4, c.p.p. volta alla tutela della formazione del minore, la quale può essere gravemente pregiudicata in assenza di un figura genitoriale. Per queste ragioni la Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata e trasmesso gli atti al Tribunale per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 29 marzo – 19 aprile 2018, n. 17720 Presidente Gallo – Relatore Pacilli Ritenuto in fatto Con ordinanza, emessa il 9 agosto 2017, il Tribunale del riesame di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da G.M., in atti generalizzato, avverso l’ordinanza del Gip della stessa città, che aveva rigettato l’istanza di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere. Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame il difensore dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi 1 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, per avere il Tribunale del riesame ritenuto che l’unica questione, oggetto di appello, fosse la verifica della ricorrenza della situazione di assoluta impossibilità della signora V.A., coniuge di G.M., di dare assistenza alla comune figlia G.V., minore di anni sei, mentre erano state dedotte anche le ragioni per le quali poteva applicarsi quantomeno la misura degli arresti domiciliari, essendo scemate le esigenze cautelari 2 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, per avere il Tribunale del riesame, da un lato, ritenuto esistente la preoccupante situazione in cui versano la moglie e la figlia del G. e, dall’altro e contraddittoriamente, ritenuto insussistente l’assoluta impossibilità della madre di dare assistenza alla figlia minorenne, potendo rivolgersi a congiunti. Ciò, peraltro, in contrasto con l’orientamento del giudice di legittimità, che non riconosce alla presenza di altri familiari o di strutture assistenziali funzione sostitutiva della figura paterna. All’odierna udienza camerale, celebrata ai sensi dell’art. 127 c.p.p., si è proceduto al controllo della regolarità degli avvisi di rito all’esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1 Riguardo al primo motivo, deve osservarsi che il Tribunale del riesame ha ritenuto che l’unica questione, oggetto di appello, fosse la verifica della ricorrenza della situazione di assoluta impossibilità della signora V.A., coniuge di G.M., di dare assistenza alla comune figlia G.V., minore di anni sei. Di contro, con l’atto di appello era stata impugnata l’ordinanza del Gip anche nella parte in cui aveva disatteso la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare, fondata sul venir meno o sull’attenuazione delle esigenze cautelari, in ragione del decorso del tempo e degli altri elementi, evidenziati nell’istanza stessa. A siffatto motivo il Tribunale del riesame non ha dato risposta, così che già per tale ragione si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata. 1.2 Con riferimento al secondo motivo, deve ricordarsi che questa Corte ha avuto modo di affermare Sez. 6, n. 35806 del 23/06/2015, Rv. 264725 che, in tema di misure cautelari personali l’assoluta impossibilità per la madre di dare assistenza al minore, prevista dall’art. 275, comma quarto, c.p.p. quale condizione per escludere l’applicazione o il mantenimento della custodia in carcere nei confronti del padre di prole di età inferiore a sei anni, si individua avendo riguardo non solo al soggetto chiamato a prestare assistenza, ma anche, e soprattutto, alla situazione del figlio, in considerazione del rischio in concreto derivante per quest’ultimo dal deficit assistenziale, sotto il profilo dell’irreversibile compromissione del processo evolutivo-educativo, dovuta alla mancata, valida ed efficace presenza di entrambi i genitori. È stato altresì deciso che, in tema di misure cautelari personali, il mantenimento della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti dell’indagato, padre di prole minore di sei anni, sussistendo l’impossibilità della madre di prestare assistenza al minore per impedimento dovuto alle proprie condizioni di salute, non può essere giustificato avendo riguardo alla presenza di altri familiari o di strutture assistenziali, in quanto ad essi il legislatore non riconosce alcuna funzione sostitutiva, considerato che la formazione del bambino può essere gravemente pregiudicata dall’assenza di una figura genitoriale, la cui infungibilità deve, pertanto, fin dove è possibile, essere assicurata, trovando fondamento nella garanzia che l’art. 31 Cost. accorda all’infanzia Cass., Sez. 5, n. 41626 del 9.11.2007, Rv. 238209 . Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, deve osservarsi che, nella fattispecie, il ricorrente ha evidenziato una grave situazione di alterazione nella gestione di sua figlia, minore di sei anni, in conseguenza di una condizione di patologia della madre presente, che allo stato non potrebbe essere fronteggiata se non con il genitore in custodia detentiva. A fronte di questi rilievi il Tribunale del riesame ha ritenuto non sussistere una condizione di assoluta impossibilità della madre di prendersi cura della minore, atteso che la patologia della madre aveva trovato nella somministrazione di specifica terapia medica efficace rimedio e l’abbandono della terapia, con conseguente scomparsa dei benefici terapeutici, che il perito riconduce alla rappresentata difficoltà, in conseguenza degli effetti collaterali consistenti in marcata astenia e sonnolenza, di accudire sufficientemente la figlia durante il giorno e di fronteggiare eventuali esigenze notturne, non si poneva tuttavia quale unica scelta, obbligata e necessaria, per ovviare alle conseguenze discendenti dagli effetti collaterali della terapia, poiché non viene fatta menzione della possibilità, nei momenti di più acuta reazione della terapia, di usufruire dell’aiuto, occasionale, dei più stretti congiunti nell’assistenza della piccola V. . Riguardo alla minore, il Tribunale del riesame ha rimarcato che le difficoltà comportamentali e relazionali, discendenti dalle condizioni attuali del sistema familiare, avrebbero potuto ricevere adeguato supporto dalle strutture pubbliche predisposte per la risoluzione di problematiche familiari . Così argomentando è evidente che il giudice di merito ha esaminato i rilievi del ricorrente e, quindi, la situazione della madre e della minore avendo riguardo alla possibilità di fare ricorso ad altri congiunti e alle strutture pubbliche assistenziali. Possibilità, questa, che al di là della sua genericità, in difetto di concreta indicazione sui congiunti ai quali la donna potrebbe far riferimento, si appalesa contrastante non solo con la ratio dell’art. 275, comma 4, c.p.p., diretta alla tutela della formazione del bambino, che può essere gravemente pregiudicata dall’assenza di una figura genitoriale, ma anche con la lettera dell’anzidetta disposizione, che indica come soggetti impossibilitati a prendersi cura solo la madre e non anche altri soggetti, così richiedendo un’indagine limitata alle condizioni di impossibilità della madre e non estesa alla verifica dell’esistenza di altri soggetti, idonei a prendersi cura del minore. 1.3 L’ordinanza impugnata va dunque annullata con trasmissione degli atti al Tribunale di Catanzaro perché, in diversa composizione, proceda a nuovo esame della vicenda. 2. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 co. 1 - ter disp. att. cod. proc. pen P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame, con integrale trasmissione degli atti, al Tribunale di Catanzaro Sezione per il riesame delle misure coercitive in diversa composizione. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 co. 1 - ter disp. att. cod. proc. pen