Concorso dell’intraneus: la Cassazione richiama l’attenzione sulla prova del contributo partecipativo

L’assenza di un contributo dell’extraneus che abbia quantomeno agevolato - sul piano materiale - l’appropriazione dei beni da parte dell’intraneus non esclude il configurarsi del concorso morale di persone nella determinazione e nel rafforzamento del proposito criminoso. Tuttavia, ai fini della condanna per concorso, l’accertamento di tale condizionamento psichico implica una puntuale ricognizione di una qualche forma di influenza rispetto alle condotte di appropriazione o, comunque, degli effetti della patente disponibilità dell’extraneus sulle azioni dell’intraneus.

Lo ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17503, depositata in cancelleria il 18 aprile 2018. Vendita all’asta di manoscritti rubati. Il caso oggetto di scrutinio da parte del Palazzaccio ha ad oggetto un’attività di sistematica sottrazione di preziosi volumi rari custoditi presso una nota biblioteca pubblica italiana, che sarebbe stata promossa e organizzata dal direttore della biblioteca in concorso con altri soggetti. Sul banco degli imputati anche il contitolare di una casa d’asta bavarese, con l’accusa di aver programmato, nel 2012, una vendita all’incanto con un catalogo in cui comparivano oltre 500 volumi e manoscritti sottratti dalla biblioteca, precedentemente trasportati dall’Italia alla Germania previa anticipazione sul corrispettivo per circa un milione di euro. In esito al giudizio di primo grado, il Giudice dell’udienza preliminare ha accertato la responsabilità del proprietario della casa d’asta in relazione ai reati di peculato art. 314, c.p. ed esportazione illecita di bene culturale art. 174, d.lgs. n. 42/2004 , per l’effetto condannandolo alla pena di giustizia. Tanto ha confermato anche la Corte d’Appello, adita in sede di gravame. Alla difesa dell’imputato non è rimasto che rivolgersi alla Suprema Corte. In questa sede, la difesa ha chiesto l’annullamento della sentenza gravata, paventando, tra varie censure, il malgoverno, da parte dei giudici di merito, della disciplina in tema di concorso eventuale dell’ extraneus straniero, residente all’estero, in reato proprio di natura istantanea, quale è il peculato. È stata poi negata, in capo all’imputato, la sussistenza dell’elemento soggettivo del medesimo reato in relazione alla impossibilità, per il reato, di conoscere i la provenienza dei volumi, anche alla luce di alcuni indici sintomatici es. mancata segnalazione, da parte della rete della Lega internazionale degli antiquari, dei furti dei manoscritti e ii la qualifica di pubblico ufficiale del direttore della biblioteca statale. Concorso dell’extraneus nel reato di peculato. Nell’esprimersi sulla prima delle censure sopra sintetizzate, la Corte è tornata ad occuparsi del distinguo tra responsabilità per il reato di ricettazione o di favoreggiamento reale e responsabilità per concorso nel reato presupposto di peculato, che esclude la prima. In merito, la Corte ha preliminarmente osservato come il criterio distintivo tra le due forme di responsabilità non può essere solo quello temporale” contributo del partecipe prima ovvero dopo l’altrui condotta di appropriazione , dovendo il giudice verificare - caso per caso - se la preventiva assicurazione” di smerciare il bene oggetto di peculato abbia realmente influenzato o rafforzato, nell’autore del reato principale, la decisione di delinquere. Con riferimento al delitto di peculato - spiegano gli Ermellini - è sì configurabile il concorso dell’ extraneus sia questi un istigatore ovvero un cooperatore nell’esecuzione o, ancora, soggetto che indirizza e rafforza la volontà criminosa dell’agente . Ma, a tal fine, è necessario che i partecipi siano effettivamente consapevoli della situazione di fatto in cui operano e contribuiscano, in via altrettanto consapevole e ciascuno per la sua parte, a realizzare lo stesso reato. Principio di determinatezza. Sul punto la Corte tiene a negare qualsivoglia cittadinanza alla tesi della cd. concorrenza partecipativa non previamente concertata , ossia alla tesi che sostiene che la realizzazione di un reato concorsuale doloso non richiederebbe un preventivo accordo tra i concorrenti dal momento che è sufficiente che più persone orientino causalmente i loro comportamenti così da produrre, con il concorrere dei loro apporti, l’evento che integra l’illecito. Secondo gli Ermellini, infatti, se è vero che la volontà di contribuire alla realizzazione di un reato non presuppone necessariamente un previo accordo con i compartecipi né la reciproca consapevolezza del concorso altrui, è altresì vero che resta - di contro - necessario dimostrare che ciascuno di loro ha agito per una finalità unitaria con la consapevolezza, anche solo unilaterale, del ruolo svolto dagli altri e con la volontà di contribuire alla loro condotta. Contributo partecipativo carente. Nel caso di specie, tuttavia, ai fini del giudizio di responsabilità a titolo di concorso nel reato di peculato, ha giocato un ruolo fondamentale la presenza di effettivo contributo - morale o materiale - da parte del titolare della casa d’asta nella condotta appropriativa del direttore di museo. A tal proposito nella sentenza in epigrafe si osserva come, sebbene l’assenza di un contributo dell’ extraneus che abbia quantomeno agevolato - sul piano materiale - l’appropriazione dei beni da parte dell’ intraneus non escluda, di per sé, il configurarsi del concorso morale di persone nella determinazione e nel rafforzamento del proposito criminoso, l’accertamento di tale condizionamento psichico richiede comunque la puntuale ricognizione di una qualche forma di influenza rispetto alle condotte di appropriazione ovvero degli effetti scaturenti dalla disponibilità dell’ extraneus sulle azioni dell’ intraneus . In altri termini, secondo i Giudici romani, dalla piattaforma probatoria non vi era certezza sulla incisività - materiale o, anche solo morale - della condotta dell’imputato sulla condotta del direttore del museo, mentre risultava assodata la responsabilità per aver favorito l’uscita illegale dei beni dal terrorio illegale art. 174, d.lgs. n. 42/2004 . Sul crinale delle considerazioni che precedono, e limitatamente al capo di imputazione afferente al delitto di peculato, la Corte ha dunque ritenuto erronea la condanna a titolo di concorso, così annullando la sentenza e rinviando per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 gennaio – 18 aprile 2018, numero 17503 Presidente Paoloni – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. La vicenda processuale riguarda un’attività di sistematica sottrazione di preziosi volumi rari custoditi presso la Biblioteca statale oratoriale dei omissis sita a promossa e organizzata, con il concorso di altre persone, da D.C.M.M. direttore della biblioteca . I volumi furono immessi nel circuito dell’antiquariato e, in particolare, la casa d’aste di omissis , della quale è contitolare l’imputato S.H. , aveva programmato una vendita all’incanto per giorni 9-11 del maggio del 2012, predisponendo un catalogo in cui comparivano 540 volumi e manoscritti sottratti alla biblioteca e trasportati dall’Italia a Monaco di Baviera con anticipazioni sul corrispettivo per circa un milione di Euro. Con sentenza numero 8304 del 15/10/2015, la Corte di appello di Napoli ha confermato la condanna inflitta - con giudizio abbreviato - il 5/06/2014 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli a S.H. ex artt. 81, comma 2, 110, 112, comma 1 numero 1, 314 e 61 numero 7 cod. penumero capo B , per essersi appropriato dei suindicati volumi e manoscritti di interesse storico e artistico al fine di metterli all’incanto presso la propria casa d’aste - agendo in concorso e previo accordo con D.C. e altre persone - e ex artt. 81, comma 2, 110, 112, comma 1 numero 1, 61 numero 9 cod. penumero e 174 d.lgs. 22 gennaio 2004 numero 42 per avere, agendo in concorso con i predetti e altre persone, trasferito all’Estero i volumi indicati nel capo ricevendoli e mettendoli all’asta capo C . 2. Nel ricorso di S. si chiede l’annullamento della sentenza. 2.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono violazione degli artt. 110 e 314 cod. penumero e vizio di motivazione per inosservanza della disciplina in tema di concorso eventuale dell’extraneus straniero residente all’Estero in reato proprio di natura istantanea capo B . Il ricorso richiama la sentenza emessa da questa Sezione numero 18762 del 21/01/2014 nel procedimento cautelare e contesta la ricostruzione dei fatti che ha portato la Corte di appello a delineare l’accordo di S. con D.C. come solo successivo alle prime dal giugno al settembre 2001 appropriazioni di libri da parte del secondo perché in contrasto con la natura istantanea del peculato, senza peraltro precisare quali dei libri trovati in possesso dell’imputato siano stati asportati dopo il settembre 2011 e come e quando si sarebbe perfezionato l’accordo delittuoso. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono violazione degli artt. 43 e 314 cod. penumero e omessa motivazione circa il dolo nella partecipazione dell’extraneus nel caso in esame un tedesco di lingua tedesca che vive in Germania nel reato proprio dell’agente capo B e, in particolare circa la conoscibilità della provenienza dei volumi il cui primo foglio non era timbrato come ordinariamente lo è nelle biblioteche pubbliche - e il cui furto da una biblioteca statale non era segnalato nella rete della Lega internazionale degli antiquari e circa la qualifica di D.C. come pubblico ufficiale perché direttore della biblioteca. 2.3. Con il terzo motivo di ricorso pagg. 11-29 si deducono violazione degli artt. 192, commi 2 e 3 cod. proc. penumero in relazione agli artt. 110 e 314 cod. penumero e vizio di motivazione per avere trascurato gli elementi di valutazione da cui si desume la buona fede di S. le dichiarazioni dei coimputati D.C. , C. , Ca. e c. l’intercettazione di alcune loro conversazioni l’inserimento dei libri nei cataloghi cartacei e informatici della casa d’aste il versamento dell’anticipo di un milione di Euro l’iscrizione dell’operazione nelle scritture contabili della società, il leale comportamento verso gli investigatori. 2.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 174 d.lgs. numero 42/2004 capo C , perché la norma incrimina chi esporta all’Estero e non anche il cittadino straniero che riceve il bene, osservando che, comunque, dall’accoglimento dei motivi di ricorso precedenti deriva anche l’esclusione della responsabilità per il reato descritto nel capo C. 2.5. Con il quinto motivo si deduce vizio di motivazione nel disconoscere le circostanze attenuanti generiche trascurando che il ricorrente, bloccando l’asta, evitò la perdita dei volumi, che anzi spontaneamente consegnò agli inquirenti con i quali anche collaborò si rileva, inoltre, che, come già prospettato nell’atto di appello, con la concessione delle circostanze attenuanti generiche si renderebbe possibile la sospensione condizionale della pena. Considerato in diritto 1. Il primi tre motivi di ricorso possono essere trattati unitariamente. Nella precedente sentenza di questa Sezione, relativa al provvedimento cautelare annullato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli emesso nei confronti di S. , è stato osservato che la sua consapevolezza, poiché maturata solo nel momento dell’accettazione del mandato d’asta, potrebbe fare configurare a suo carico una ricettazione o un favoreggiamento reale , ma non un concorso, in qualità di extraneus, nel peculato contestato a D.C. con quel che ne deriva anche circa il tempus e il locus commissi delicti , reato realizzabile solo con un apporto materiale o morale anteriore alla sua commissione. La predetta sentenza ha trattato il problema del concorso morale dell’extraneus in un fatto di peculato, quale reato istantaneo che si consuma nel momento in cui il funzionario pubblico si appropria della cosa di cui dispone per ragione del suo ufficio ex multis, Sez. 6, numero 12141 del 19/12/2008, Rv. 243054 , rilevando a che il concorso morale è concepibile limitatamente a contributi al rafforzamento della volontà e/o all’organizzazione delle reato che precedano l’appropriazione, mentre nella fattispecie D.C. con il concorso di altri asportò i volumi e li concentrò nella sua casa di dalla quale solo successivamente furono trasferiti a Monaco, per cui S. avrebbe potuto concorrere nel peculato solo se D.C. ne avesse ricevuto per tempo la disponibilità a cooperare b che la consapevolezza della illecita asportazione dei volumi dalla biblioteca non implica la conoscenza della qualità di pubblico ufficiale di D.C. quale condizione del loro possesso e occasione per la loro asportazione. In altri termini, la precedente sentenza di questa Sezione esclude la configurabilità del concorso dell’extraneus nel peculato successivamente alla sua commissione da parte dell’intraneus perché trattasi di reato istantaneo. 2. La Corte di appello ha valutato superabili gli argomenti sopra richiamati ricostruendo il fatto nei termini che seguono. 2.1. Ha ritenuto pagg. 12-13 l’imputato consapevole della provenienza illecita dei volumi osservando che ricevette 540 volumi antichi e rari con tracce evidenti di provenienza da istituzioni pubbliche e senza la documentazione che ne consentisse la libera circolazione e l’esportazione, pur essendo titolare di una prestigiosa casa d’aste e persona dotata di vasta cultura e esperienza nel settore inoltre, nelle conversazioni fra C. e D.C. si considera la possibilità che S. potesse reagire alle insistenze di D.C. per riavere alcuni incunaboli denunziandolo alla Sovrintendenza. Ha valutato pagg. 14-42 che indizi gravi, precisi e concordanti dell’esistenza di un accordo fra S. e D.C. con il primo consapevole della qualifica di pubblico ufficiale dell’altro che indusse D.C. a sottrarre i volumi perché S. era disponibile a venderli all’asta del maggio 2012 - siano desumibili dai filmati acquisiti e dalle dichiarazioni dei fratelli B. , secondo i quali le sottrazioni di volumi, iniziate nel giugno del 2011, continuarono sino a tutto il febbraio 2012 dalle conversazioni dalle quali emerge che S. aveva personalmente incontrato D.C. a Monaco e sapeva che era il venditore dei libri che gli venivano materialmente consegnati da C. dal fatto che le asportazioni dei libri si intensificarono in prossimità dell’appuntamento che D.C. e C. avevano l’1/03/2012 in Germania e che, in vista della chiusura prevista per il 16/03/2012 del catalogo dell’asta, D.C. incontrò personalmente S. a Monaco pagg. 23-24, 27, 30, 32 dalla considerazione che le omissioni e le superficialità dei controlli della casa d’aste in assenza di un accordo con D.C. , sarebbero incomprensibili dal fatto che S. trattava con C. sapendo che questi era l’intermediario di D.C. e, quando questi, poiché insoddisfatto delle trattative e dell’anticipo ricevuto, arrivò a prospettare una azione legale e l’intervento della Polizia per riavere i libri quale direttore della biblioteca pag. 35-36 , l’altro reagì minacciando di denunciarlo alla Sovrintendenza. In definitiva, secondo la tesi della Corte di appello la possibilità di fare affidamento sulla disponibilità generalizzata di S. a ricevere i libri pagando forti anticipi sull’asta rafforzò la determinazione a delinquere di D.C. la sicurezza di un canale certo di smercio fuori dall’Italia e in una città facilmente raggiungibile trasportando i libri in automobile rafforzarono il suo proposito criminoso inducendolo a commettere sottrazioni ulteriori dopo il settembre 2011. 2.2. La difesa del S. ha sollevato alcune puntuali obiezioni alla ricostruzione della Corte di appello - rilevanti in ordine al riconoscimento della responsabilità di S. per il reato di peculato - compendiabili nel seguente rilievo la sentenza esclude il concorso del ricorrente nel reato di peculato per il periodo che precede il settembre 2011, ma non è provato che D.C. si fosse impossessato dei volumi che diede a S. dopo quella data e non, invece, prima anche perché non deve trascurarsi che i volumi asportati furono circa 2000 mentre quelli dati all’imputato furono 540 . Il criterio per distinguere la responsabilità per il reato di ricettazione o di favoreggiamento reale dalla responsabilità per il concorso nel reato presupposto di peculato - che escluderebbe la prima - non può essere solo quello temporale ma occorre, in più, che il giudice verifichi, caso per caso, se la preventiva assicurazione di smerciare il bene oggetto del peculato abbia realmente influenzato o rafforzato, nell’autore del reato principale, la decisione di delinquere Sez. 5, numero 8432 del 10/01/2007, Rv. 236254 2.3. Nel delitto ex art. 314 cod. penumero è configurabile il concorso con il pubblico ufficiale dell’estraneo alla pubblica amministrazione sia come istigatore o determinatore, sia come cooperatore nella esecuzione della condotta sia come soggetto che indirizza e rafforza la volontà criminosa dell’agente , ma per aversi concorso di persone nel reato e necessario che i partecipi siano consapevoli della situazione di fatto in cui operano e contribuiscano consapevolmente, ciascuno per la sua parte, a realizzare lo stesso reato Sez. 6, numero 2005 del 05/08/1980, Rv. 146264 Sez. 6, numero 2005 del 05/08/1980, Rv. 146263 . Su questa base, la tesi già adottata dal Tribunale per il riesame e disattesa dalla sentenza di questa Sezione intervenuta in relazione al provvedimento cautelare , secondo cui la realizzazione di un reato concorsuale doloso non richiede un preventivo accordo perché basta che più persone orientino causalmente i loro comportamenti così da produrre, con il concorrere dei loro apporti, l’evento che integra l’illecito - per cui l’intesa tra i correi può intervenire nel momento della consumazione, ma potrebbe addirittura mancare, bastando che sia dimostrata la consapevolezza del concorrente di incidere con il proprio contributo su una serie causale avviata da altro soggetto cosiddetta concorrenza partecipativa non previamente concertata - non può condividersi. Infatti, questa tesi poggia su una costruzione teleologica del reato come fatto orientato alla lesione di un bene giuridico protetto che condurrebbe a qualificare come concorrente chiunque consapevolmente contribuisse alla lesione, in contrasto con il principio di determinatezza delle fattispecie incriminatrici. Certamente il combinarsi dell’art. 110 cod. penumero con una specifica norma incriminatrice consente il cosiddetto concorso unilaterale perché determina fattispecie incriminatrici plurisoggettive eventuali che puniscono contributi materiali alla realizzazione del fatto animati a prescindere da un previo concerto con gli altri partecipanti dall’elemento psicologico del reato. L’ordinamento penale ammette il concorso nel reato con persone non imputabili artt. 111 e 112, comma 4, cod. penumero o non punibili per una circostanza soggettiva di esclusione della pena art. 119 cod. penumero e, a fortiori, risulta configurabile un concorso con chi si rappresenti di realizzare un reato ignorando solo l’apporto altrui. In altri termini, la volontà di contribuire alla realizzazione di un reato non presuppone necessariamente un previo accordo con i compartecipi, né la reciproca consapevolezza del concorso altrui, e può manifestarsi con un accordo anche un’intesa istantanea o rimanere solo unilaterale anche come semplice adesione all’opera dell’altro ignaro non occorre la prova del previo concerto tra i concorrenti, ma è necessario dimostrare che ciascuno di loro ha agito per una finalità unitaria con la consapevolezza, anche solo unilaterale, del ruolo svolto dagli altri e con la volontà di contribuire alla loro condotta Sez. U, numero 31 del 22/11/2000, dep. 2001, Rv. 218525 Sez. 6, numero 46309 del 09/10/2012, Rv. 253984 Sez. 5, numero 25894 del 15/05/2009, Rv. 243901 . Tuttavia, tale figura concorsuale presuppone comunque una partecipazione materiale alla realizzazione del reato commesso dall’autore principale. Invece, nel caso in esame, dalle sentenze di merito emerge che la condotta di S. consistette nell’adoperarsi per l’immissione sul mercato dei libri sottratti, e fu posteriore alla appropriazione dei beni che costituisce la consumazione del delitto ex art. 314 cod. penumero . Come già rilevato dalla decisione di questa stessa Corte relativa alla fase cautelare, l’assenza di un contributo di S. che abbia quantomeno agevolato - sul piano materiale - la appropriazione dei beni non esclude che possa configurarsi un suo concorso morale nella determinazione o nel rafforzamento del proposito criminoso, ma l’accertamento di questo condizionamento psichico richiede la puntuale ricognizione di una qualche forma di influenza rispetto alle successive condotte di appropriazione, oltre alla consapevolezza da parte dell’imputato delle implicazioni della sua disponibilità verso D.C. , e non può essere provato solo sulla base dei contatti intercorsi fra S. e i complici di D.C. perché l’attività criminosa era già in corso in quel momento. Da quanto precede deriva l’accoglimento dei primo motivo di ricorso relativo alla individuazione del contributo alla realizzazione del peculato , che assorbe la rilevanza del secondo e del terzo anch’essi relativi al delitto di peculato . 1.4. Il quarto motivo di ricorso nella parte in cui vi si deduce violazione dell’art. 174 d.lgs. numero 42/2004 capo C , perché la norma incriminerebbe chi esporta all’Estero e non anche il cittadino straniero che riceve il bene non risulta fra i motivi di appello e nella parte in cui assume che dall’accoglimento dei motivi di ricorso relativi alla configurabilità del concorso postumo dell’extraneus nel peculato deriverebbe anche l’esclusione della responsabilità per il reato descritto nel capo C risulta logicamente fallace. In ogni caso è, nel suo complesso, manifestamente infondato. L’art. 174, comma 1, d.lgs. numero 42/2004 Uscita o esportazione illecite punisce Chiunque trasferisce all’estero cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico, nonché quelle indicate all’art. 42, senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione . La norma non si riferisce ai soli beni culturali riconosciuti tali con la dichiarazione prevista dall’art. 13 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, ma, più in generale, a cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale archivistico, in maniera da tutelare le cose che sarebbero suscettibili di dichiarazione di interesse culturale anche se quest’ultima non è intervenuta Sez. 3, numero 17223 del 03/11/2016, dep. 2017, Rv. 269627 . La condotta ascritta a S. è evidentemente non un concorso materiale ma un concorso morale consistito nell’offrire le condizioni per rendere appetibile il trasferimento all’Estero dei volumi sottratti alla Biblioteca dei omissis . Né dall’accoglimento del motivo di ricorso inerente alla configurabilità del concorso in peculato deriva una fallacia nell’affermazione della responsabilità per il capo C, perché trattasi di condotte materialmente distinte e cronologicamente distinguibili. Peraltro, nell’ipotesi di concorso di più persone nel reato, alcune delle quali abbiano realizzato una parte della condotta in Italia e una parte all’estero, oppure totalmente all’estero alcune e totalmente in Italia altre, coloro che attuarono una collaborazione nella esecuzione del fatto in territorio estero, risponderanno del reato come se commesso in Italia, perché la loro condotta costituisce la frazione di un tutto che ha trovato la sua attuazione anche nel territorio dello Stato, con quel che ne deriva ex art. 6 cod. penumero , suscita l’interesse punitivo Sez. 6, numero 7478 del 09/12/1992, dep. 1993, Rv. 195045 . Nel caso in esame, il contributo morale al reato dello S. si salda, formando un unicum, con le condotte dei correi tese a trasferire fuori dal territorio nazionale i libri di provenienza illecita, per cui - ex art. 6 cod. penumero - va considerato come se realizzato in Italia. 1.5. Il quinto motivo di ricorso è infondato. Il riconoscimento delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a fare emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo Sez.6, numero 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737 Sez. 1, 46954 del 04/11/2004, Rv. 230591 . Nel caso in esame, la Corte di appello ha adeguatamente motivato il diniego valutando la spregiudicatezza dell’imputato e la sua condotta processuale tutta impostata sulla menzogna e considerando che il suo silenzio per oltre un mese dopo il sequestro della Biblioteca indica il tentativo di portare a termine l’asta bloccata solo per la denuncia di una casa d’asta londinese stante la sua notevole esposizione economica per gli anticipi dati a D.C. e il comportamento come volontà di ridimensionare la gravità della sua posizione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di concorso in peculato di cui al capo B della rubrica e rinvia per nuovo giudizio su tale capo ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Rigetta nel resto il ricorso, dichiarando definitiva la responsabilità dello S. per il reato di cui al capo C della rubrica.