Concorso nel delitto di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e ricusazione del giudice

In tema di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, non può partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che, in un precedente giudizio, abbia ravvisato l’aggravante del numero degli associati nei confronti di un coimputato del medesimo reato.

È il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 17142/18, depositata il 17 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Messina rigettava l’istanza di ricusazione proposta da uno dei computati nel delitto associativo ex art. 74 d.P.R. n. 309/1990 Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope nei confronti di un consigliere che aveva già partecipato al giudizio d’appello definito con separata sentenza a carico di uno solo degli altri imputati. La difesa ricorre per la cassazione della sentenza. Reato a concorso necessario e ricusazione del giudice. Il Collegio richiama la sentenza n. 371/1996 della Corte Costituzionale con la quale è stato dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, c.p.p. Incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata . Il Giudice delle Leggi, così pronunciandosi proprio in riferimento alle ipotesi di reati a concorso necessario, ha inoltre chiarito che sussiste incompatibilità del giudice anche quando nel primo giudizio la posizione dell’imputato abbia formato oggetto di delibazione anche solo sommaria e superficiale. È questa l’ipotesi concretizzatasi nel caso di specie, in quanto nella precedente sentenza la Corte territoriale ha ritenuto sussistente l’aggravante del numero di persone superiore a 10, tra i quali proprio il ricorrente. In conclusione, i Giudici di legittimità, accogliendo il ricorso con rinvio, affermano il principio secondo cui in tema di delitto associativo ex art. 74 d.P.R. n. 309/1990, non può partecipare al giudizio nei confronti di un imputato, il giudice, che, in un precedente giudizio, abbia ravvisato l’aggravante del numero degli associati, prevista dall’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 309/1990, nei confronti di un coimputato del medesimo reato .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 febbraio – 17 aprile 2018, n. 17142 Presidente Rosi – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata ordinanza, la Corte d’appello di Messina rigettava l’istanza di ricusazione proposta da M.C.A. nei confronti del consigliere dott. S.B. , componente del collegio avanti al quale è chiamato il procedimento n. 616/2017 r.g. App. a carico di T.A. e altri, tra cui l’odierno ricorrente, per aver giudicato i computati del medesimo reato associativo in altro giudizio d’appello, definito con sentenza n. 1045/2016 del 20 aprile 2016, in cui era imputato il solo Ca.Ca.Ca Osservava la Corte territoriale che, nel caso di delitto associativo, la dedotta incompatibilità può prefigurarsi solo allorquando il giudice abbia già compiuto una valutazione, anche solo sommaria, della posizione del coimputato giudicato separatamente, ciò che, nella specie, non era ravvisabile, in quanto nella sentenza resa a carico del Ca. è stata unicamente valutata la posizione del coimputato M.C.F. , e non già anche quella di M.C.A 2. Avverso l’indicata ordinanza, l’imputato, mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo, con cui si deduce violazione degli artt. 41 e 127 cod. proc. pen. e dell’art. 37 cod. proc. proc Il ricorrente, in primo luogo, sotto il profilo formale deduce la nullità del provvedimento impugnato per essere stato assunto inaudita altera parte, in violazione del disposto dell’art. 127 cod. proc. pen In secondo luogo, nel merito, il difensore contesta la motivazione dell’ordinanza in esame, in quanto il dott. S. , nell’ambito del processo di appello a carico del Ca. , avrebbe già espresso un giudizio in ordine alla rilevanza penale del fatto e alla sua qualificazione giuridica, ivi compresa la contestata aggravante del numero degli associati, superiore a dieci, in cui è computato anche l’odierno ricorrente in ogni caso, oggetto del giudizio di appello era la sentenza n. 167/2015 resa dal g.i.p. del tribunale di Messina, in cui vi sono riportate intere conversazioni tra M.C.F. e A. , il che dimostrerebbe come la posizione dell’odierno ricorrente sia stata oggetto di precedente valutazione. In altri termini, nel caso in cui il giudice abbia esaminato la posizione di un concorrente nel medesimo reato a concorso necessario, la forza pregiudicante di quella sentenza rispetto a un giudizio successivo, relativo ad altri coimputati, non dipende dall’ambito dell’accertamento - pieno o limitato alla verifica dei presupposti di cui all’art. 129 cod. proc. pen. - che il primo giudizio esprime, perché esso inevitabilmente tocca un fondamentale aspetto del successivo giudizio, quello della responsabilità penale, che, per la parte in tal modo anticipata , ne risulta correlativamente pregiudicato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e merita, perciò, accoglimento. 2. Va premesso che, inizialmente, l’azione penale in ordine, tra l’altro, al delitto associativo ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, era stata esercitata nei confronti di una pluralità di soggetti, tra cui Ca.Ca.Ca. e M.C.A. nel corso dell’udienza preliminare, alcuni imputati, tra cui il Ca. , avevano optato per la definizione del processo con rito abbreviato. Con sentenza resa dal g.u.p. del tribunale di Messina, il Ca. veniva dichiarato colpevole del delitto in esame con sentenza resa in data 20 aprile 2016, la Corte d’appello di Messina, in cui uno dei componenti del collegio era il dott. S.B. , ha confermato la sentenza di primo grado. Con sentenza resa dal tribunale di Patti in data 25 luglio 2016, il C. veniva assolto dal delitto associativo per non aver commesso il fatto la sentenza veniva appellata dal pubblico ministero e il processo è pendente davanti alla Corte d’appello di Messina, che vede, tra i componenti del collegio, anche il dott. S.B Come si è anticipato, con il provvedimento impugnato la Corte d’appello di Messina ha rigettato l’istanza di ricusazione presentata dal C. nei confronti del dott. S. , il quale, peraltro, come emerge dagli atti di causa, in data 2 luglio 2017 aveva correttamente presentato istanza di astensione, per aver giudicato i coimputati del reato associativo in precedente giudizio, istanza rigettata dal presidente della Corte d’appello di Messina con provvedimento del 21 luglio 2017. 3. Ciò premesso, si osserva che, avendo carattere assorbente, nel merito il ricorso è fondato. 4. Invero, la Corte costituzionale, con sentenza n. 371 del 1996, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata . In quella decisione, che affrontò la questione proprio in relazione alla peculiare ipotesi dei reati a concorso necessario, la Corte costituzionale chiarì, tra l’altro, che l’incompatibilità del giudice sussiste non solo quando nel primo giudizio la posizione del terzo sia stata valutata a seguito di un puntuale ed esauriente esame delle prove raccolte a suo carico, ma anche quando abbia formato oggetto di una delibazione di merito superficiale e sommaria, apparendo anzi, in questa seconda ipotesi, ancor più evidente e grave la situazione di pregiudizio nella quale il giudice verrebbe a trovarsi . Orbene, nel caso di specie risulta come la posizione del C. sia stata già valutata nel merito, nella precedente sentenza resa a carico del Ca. , laddove la Corte territoriale, nel rigettare un motivo di appello, ha ritenuto sussistente l’aggravante del numero delle persone superiore a dieci, essendo l’associazione criminale composta, oltre che dai quattro imputati giudicati con rito abbreviato, anche da altri soggetti, espressamente e nominativamente menzionati, tra cui viene indicato p. 9 della sentenza proprio l’M.C.A È perciò evidente come la posizione del C. stata oggetto di una valutazione, sia pure superficiale e sommaria, ma, nondimeno, di merito, in quanto egli è stato computato nel novero degli associati, ai fini della ritenuta aggravante prevista dall’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990. 5. Deve perciò affermarsi il seguente principio di diritto in tema di delitto associativo ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, non può partecipare al giudizio nei confronti di un imputato, il giudice, che, in un precedente giudizio, abbia ravvisato l’aggravante del numero degli associati, prevista dall’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, nei confronti di un coimputato del medesimo reato. Essendo perciò fondata l’istanza di ricusazione, il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio, con trasmissione alla Corte d’appello di Messina, che, nella formazione del Collegio giudicante, si atterrà al principio sopra enunciato. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato ed accoglie l’istanza di ricusazione, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Messina.