Possesso e/o fabbricazione del documento falso? È necessaria una distinzione delle due fattispecie di reato

Gli Ermellini approfittano della controversia oggetto di ricorso per ribadire alcuni principi che definiscono la fattispecie di reato di cui all’art. 497-bis c.p., precisando le diversità tra il semplice possesso e la fabbricazione del documento contraffatto.

Sul tema la Cassazione con sentenza n. 16753/18, depositata il 16 aprile. La vicenda. La Corte d’Appello di Milano, confermando la decisione di prime cure, condannava l’imputato alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 497- bis, comma 2, c.p. Possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi , per la formazione e il possesso di una carta d’identità italiana priva della dicitura non valida per l’espatrio”. Avverso la decisione di merito ricorre per cassazione il condannato con due distinti motivi di ricorso. Reato istantaneo e non permanente. Con il primo motivo il ricorrente denunzia il vizio di motivazione per la mancata declaratoria della prescrizione del reato. La Suprema Corte ha ritenuto fondata la prima doglianza in quanto la Corte territoriale ha valutato il periodo di possesso del documento falso troppo sbrigativamente, senza rispettare il principio affermato più volte dalla Cassazione secondo il quale il reato di uso di atto falso, come la contraffazione, è istantaneo e non permanente, in quanto la sua consumazione si esaurisce con l’uso, mentre la protrazione nel tempo degli effetti da questo prodotti rappresenta il risultato dell’azione criminosa . Possesso e/o fabbricazione? Con la seconda censura il ricorrente lamenta violazione di legge in ordine alle sussistenza della fattispecie contestata in luogo di quella meno grave prevista dall’art. 497- bis , comma 1, c.p., ovvero non fabbricazione, ma solo possesso del documento falso. Gli Ermellini hanno ritenuto che il motivo di ricorso deve ritenersi destituito di fondamento in quanto la Corte territoriale ha correttamente posto in risalto gli elementi del caso di specie che identificano la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 497- bis , comma 2 c.p In particolare i Giudici di merito nella valutazione della fattispecie hanno rispettato i principi affermati dal Supremo Collegio secondo i quali il comma 2 del citato articolo, il quale punisce la contraffazione del documento, costituisce fattispecie autonoma rispetto a quella del mero possesso prevista al comma 1. Infatti i due commi puniscono diversamente, in ragione del diverso grado di gravità, la condotta del mero possesso di un documento valido per l’espatrio, da un lato, e la condotta, ben più allarmante sul piano delle falsità personali per la connotazione organizzativa che la caratterizza, costituita dalla previa contraffazione del documento stesso ad opera dello stesso detentore o del concorso da parte di costui alla falsa formazione del documento o, infine, dalla detenzione fuori dai casi di uso personale . Nel caso in esame, quindi, correttamente i Giudici di merito hanno valutato che la fattispecie rientri nell’ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 497- bis in quanto è stato provato che la contraffazione della carta d’identità è avvenuta ad opera dello stesso detentore/imputato o, quantomeno, attraverso l’incarico che quest’ultimo a conferito al contraffattore di appore la foto e le proprie generalità sul documento. In conclusione la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata in relazione al solo primo motivo di ricorso, rigettando la seconda doglianza, con rinvio per un nuovo esame alla Corte d’Appello di Milano.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 febbraio – 16 aprile 2018, numero 16753 Presidente Zaza – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 19 ottobre 2016 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza del 1 marzo 2013 del Tribunale di Busto Arsizio con la quale P.L. era stato condannato alla pena concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva di un anno di reclusione per il reato di cui all’art. 497-bis, co. 2, c.p., per la formazione ed il possesso di una falsa carta d’identità italiana, recante i suoi dati anagrafici e la sua fotografia, priva della dicitura non valida per l’espatrio accertato presso l’aeroporto di omissis . 2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando 2.1 con il primo motivo di ricorso, il vizio di motivazione per la mancata declaratoria della prescrizione del reato difatti, il ricorrente aveva avuto la disponibilità del documento falso fino al momento del suo arresto in Svizzera il primo marzo 2009 e da allora, sino alla data della sua espulsione dal territorio svizzero avvenuta il 5.4.2011, il documento di identità in questione non era più stato in suo possesso, essendo rimasto nelle mani delle autorità elvetiche in particolare, il 5 aprile, dopo il periodo di detenzione, veniva accompagnato coattivamente alla frontiera ed è notorio, i n proposito, che i documenti dei quali sia in possesso la persona oggetto di espulsione vengono consegnati direttamente alla Polizia di frontiera per consentire la sua identificazione in caso di trasporto aereo i documenti vengono consegnati al personale del vettore che provvede alla consegna al personale della polizia di frontiera del luogo di destinazione, preventivamente allertato da ciò consegue, dunque, che l’imputato dall’1.3.2009 data del suo arresto in Svizzera contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale non ha mai avuto più la disponibilità del documento e, pertanto, dovendo la data del commesso reato, farsi risalire al primo marzo 2009 e non al 5 aprile 2011, il reato si è prescritto l’1.9.2016, prima della pronuncia della sentenza di secondo grado 2.2. con il secondo motivo, la violazione di legge in ordine alla sussistenza della fattispecie contestata, in luogo di quella meno grave prevista dal primo comma della medesima norma,, atteso che appare meglio aderente alla norma punire con la sanzione più grave coloro che fabbricano, ovvero formano un falso documento di identità, oppure detengono un documento falso fuori dei casi di uso personale, rispetto a coloro che vengono trovati in possesso di un documento per uso personale anche se hanno partecipato alla fabbricazione fornendo la foto. Considerato in diritto Il ricorso merita accoglimento nei limiti di cui si dirà. 1. Deve ritenersi innanzitutto destituito di fondamento il secondo motivo di ricorso circa la configurabilità nella fattispecie in esame della più lieve ipotesi di reato di cui all’art. 497 bis c.p., primo comma, atteso che la Corte territoriale ha correttamente posto in risalto come ricorrano nella fattispecie elementi sintomatici nel concorso nella contraffazione punita appunto dal secondo comma , avendo l’imputato fornito la propria fotografia, oltre ai propri dati anagrafici. 1.1. La valutazione compiuta dai giudici d’appello circa la configurabilità, nel caso in esame dell’ipotesi di cui all’art. 497 bis c.p., comma 2, si presenta in linea con i principi espressi da questa Corte Sez. 5, numero 7704 del 16/10/2014 , secondo cui l’art. 497 bis cod. penumero , comma 2 che punisce la previa contraffazione del documento ad opera dello stesso detentore costituisce ipotesi di reato autonoma rispetto a quella del mero possesso prevista dal comma 1, essendo la descrizione della condotta, che differenzia le due fattispecie, essa stessa elemento costitutivo del reato, non relegabile al ruolo di elemento circostanzia le Sez. 5, numero 18535 del 2013 il reato di cui all’art. 497 bis c.p., comma 2, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi è integrato dal possesso di un documento di identità contraffatto dallo stesso possessore, considerato che la rado di cui all’art. 497 bis cpv. cod. penumero è quella di punire in modo più significativo chi fabbrica o comunque forma il documento, oppure lo detiene fuori dei casi di uso personale, con la conseguenza che il possesso per uso personale rientra nella previsione di cui all’art. 497 bis c.p., comma 1, solo se non accompagnato dalla contraffazione ad opera del possessore Rv. 250188 i due commi di cui all’art. 497 bis c.p. puniscono diversamente, in ragione del diverso grado di gravità, la condotta del mero possesso di un documento valido per l’espatrio, da un lato, e la condotta, ben più allarmante sul piano delle falsità personali per la connotazione organizzativa che la caratterizza, costituita dalla previa contraffazione del documento stesso ad opera dello stesso detentore o del concorso da parte di costui alla falsa formazione del documento o, infine, dalla detenzione fuori dai casi di uso personale l’accertamento in ordine alla ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 497 bis c.p., comma 2 è rimesso alla valutazione del giudice del merito sulla base delle prove raccolte a proposito dell’eventuale concorso dell’agente anche nella condotta di falsificazione, non potendosi escludere, che pur nella situazione del possesso di un documento di identità contraffatto in quanto recante la fotografia dello stesso possessore/utilizzatore, sia operativo il comma 1 della norma, quando possa sostenersi che la formazione di falsi documenti concernenti il soggetto di interesse, di cui si conoscano generalità e si posseggano, a vario titolo, documenti di diverso tipo o foto, magari forniti in buona fede dallo stesso interessato, sia stata decisa autonomamente da un terzo quale un’organizzazione criminale. 1.2. Alla stregua degli enunciati principi, dunque, correttamente è stata ritenuta la sussistenza nella fattispecie in esame dell’ipotesi di cui all’art. 497 bis c.p., comma 2, essendo avvenuta la contraffazione della carta di identità ad opera dello stesso detentore, o quantomeno dando incarico l’imputato al contraffattore materiale di apporre la propria foto e le proprie generalità sul documento da falsificare. 2. Merita invece accoglimento la questione dedotta con il primo motivo di ricorso circa l’epoca del commesso reato e la conseguente intervenuta prescrizione di esso, prima della sentenza di appello. Ed invero la Corte territoriale nel ritenere sbrigativamente che è ragionevole ritenere che al momento della scarcerazione in Svizzera il documento di identità fosse stato riconsegnato all’imputato e che quest’ultimo ne abbia fatto uso al suo rientro in Italia, sicché il possesso è ricominciato nell’aprile 2011 non si confronta con la circostanza messa in risalto nel verbale di sequestro del documento contraffatto nel passo di interesse riportato in ricorso , secondo cui l’imputato è giunto a Milano Malpensa quale espulso dalle autorità elvetiche. In tale contesto, i giudici di merito avrebbero dovuto approfondire il dato illustrato dall’imputato con le note depositate in udienza, secondo il quale le Autorità svizzere ed in particolare l’Ufficio Migrazione che nelle more dalla scarcerazione, alla materiale espulsione aveva trattenuto l’imputato non avvedutesi della falsità dello stesso documento avrebbero direttamente consegnato al vettore e, quindi, all’autorità di frontiera del luogo di destinazione dell’espulso il medesimo documento di identità utilizzato per l’ingresso in Svizzera, del quale l’imputato medio tempore non avrebbe avuto più il possesso. Tale accertamento era vieppiù necessario, in relazione ai principi più volte affermati da questa Corte secondo cui il delitto di uso di atto falso come la contraffazione è istantaneo e non permanente, in quanto la sua consumazione si esaurisce con l’uso, mentre la protrazione nel tempo degli effetti da questo prodotti rappresenta il risultato dell’azione criminosa Sez. 5, numero 38438 del 29/05/2015 . 3. La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano.