Il procedimento di divorzio è ininfluente sull’omesso versamento dell’assegno di mantenimento

Ai fini della configurabilità del reato di omesso versamento dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice in sede di separazione dei coniugi, è ininfluente l’eventuale e successivo annullamento della sentenza di divorzio.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16506/18, depositata il 13 aprile. Il fatto. La Corte d’Appello di Firenze confermava la condanna di prime cure dell’imputato a cui era contestato l’omesso versamento dell’assegno stabilito dal giudice in sede di separazione personale a favore della coniuge e dei figli minori. La sentenza viene impugnata con ricorso in Cassazione. Omesso versamento dell’assegno. Il ricorrente, per quanto d’interesse, lamenta la violazione della legge penale sostanziale con riferimento al fatto che la procedura di divorzio, nel corso della quale era stato emesso l’ordine di pagamento rimasto in ottemperato, era stata annullata per inammissibilità con il conseguente annullamento anche del provvedimento che aveva stabilito l’assegno divorzile. Il giudice di merito avrebbe dunque dovuto ravvisare un’ipotesi di reato impossibile per inesistenza dell’oggetto materiale della condotta art. 49 c.p. . La Suprema Corte condivide, sul punto, l’argomentazione fornita dal giudice dell’appello che ha rimarcato l’ininfluenza di tale circostanza sul reato contestato al ricorrente. La fattispecie in parola punisce infatti l’omesso versamento dell’assegno stabilito in sede di separazione personale dei coniugi, pronuncia immediatamente esecutiva e dotata di autonoma rilevanza fino all’eventuale modifica o revoca. L’annullamento della sentenza di divorzio si pone dunque come circostanza meramente processuale successiva ed indipendente rispetto alla procedura di separazione personale nel cui ambito era stato sancito il versamento dell’assegno. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 marzo – 13 aprile 2018, n. 16506 Presidente Petruzzellis – Relatore Gianesi Ritenuto in fatto 1. Il Difensore di M.M. ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di Firenze ha confermato la sentenza di primo grado che aveva condannato l’imputato alla pena di due mesi di reclusione e duecento Euro di multa, oltre al risarcimento del danno a favore della parte civile costituita, per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla coniuge ai figli minori. 2. Il ricorrente ha dedotto due motivi di ricorso, per vizi di motivazione e violazione di legge penale sostanziale, ex art. 606, comma 1 lett. b ed e cod. proc. pen 2.1 Con il primo motivo, il ricorrente ha lamentato la mancanza totale di motivazione in ordine alla questione, sollevata con i motivi di appello, della inutilizzabilità, da parte del primo Giudice, delle dichiarazioni rese dalla Parte civile in sede di rogatoria in Russia, dichiarazioni alle quali l’imputato e il suo Difensore non avevano avuto opportunità di partecipare, tanto più che non era stata affatto provata una effettiva impossibilità della parte civile di presentarsi al dibattimento ed anzi era privata invece la volontà di quest’ultima di sottrarsi allo stesso, con conseguente inapplicabilità delle disposizioni di cui all’art. 512 bis cod. proc. pen. 2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente ha lamentato vizi di motivazione circa l’affermazione di responsabilità dell’imputato pur essendo stata dimostrata la impossibilità di adempimento di quanto dovuto causata anche da condotte della stessa persona offesa che aveva svuotato il conto correnti del M. e aveva assunto debiti che quest’ultimo aveva dovuto pagare. 3. Con una integrazione dell’atto di ricorso il ricorrente ha poi dedotto un ulteriore motivo per violazione di legge penale sostanziale e vizi di motivazione in ordine alla circostanza, erroneamente valutata dalla Corte, che la procedura di divorzio, nel corso della quale era stato emesso l’ordine di pagamento rimasto in ottemperato dal ricorrente, era stata annullata per inammissibilità della intera procedura di divorzio con conseguente annullamento anche del provvedimento impositivo dell’assegno divorzile e concretizzazione di quindi di una ipotesi di reato impossibile ex art. 49 cod. pen. per inesistenza dell’oggetto materiale della condotta. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ex art. 616 cod. proc. pen 2. In merito al primo dei motivi di ricorso, va rilevato che le prospettazioni critiche svolte dal ricorrente, che lamenta di non aver potuto partecipare alla assunzione in rogatoria delle dichiarazioni della persona offesa che sarebbero poi state acquisite al fascicolo del dibattimento in assenza delle condizioni di cui all’art. 512 bis cod. proc. pen., non tengono conto della circostanza, ben evidenziata nella motivazione della sentenza impugnata, secondo la quale la formulazione del giudizio di responsabilità dell’imputato poggia esclusivamente sulle dichiarazioni confessorie rese da quest’ultimo, che ha ammesso di non aver versato dal dicembre 2009 al novembre 2010, il contributo di mantenimento che veniva pagato in misura ridotta 1.200 Euro in luogo di 6.000 dovuti solo nel marzo del 2010 del tutto legittimamente, quindi, la Corte ha omesso l’esame di uno dei motivi di appello o meglio, di una delle prospettazioni svolte all’interno del primo motivo di appello data la totale ininfluenza delle stesse sulla conferma del giudizio di penale responsabilità dell’imputato. 3. Quanto al secondo motivo di ricorso, va ancora rilevato che le prospettazioni critiche svolte con il relativo motivo di appello non hanno in realtà investito la motivazione della sentenza di primo grado con specifiche, dettagliate doglianze relative alla affermazione di una specifica e dimostrata impossibilità di adempimento dell’obbligo di versamento dell’assegno stabilito in sede di separazione ma si sono genericamente soffermate a trattare o di affermate incongruità della versione dei fatti data dalla persona offesa o della circostanza che l’imputato aveva cercato sempre di far fronte ai suoi impegni, accennando in termini del tutto vaghi e privi di specificità alla circostanza che le mancanze di disponibilità finanziarie non erano addebitabili alla sua responsabilità o erano attribuibili a condotte della moglie separata. 4. Quanto infine al motivo di cui all’atto di integrazione di ricorso che sostiene la ricorrenza di una ipotesi di reato impossibile per inesistenza dell’oggetto ex art. 49 cod. pen. in dipendenza della circostanza che la sentenza di divorzio era stata annullata dalla Corte di Appello di Firenze, va osservato che la Corte ha correttamente rimarcato la totale ininfluenza, sul reato in questione che punisce fattispecie di omissione di versamento di assegni stabiliti in sede di separazione personale dei coniugi, di tale, successiva circostanza che attiene invece non solo ad una vicenda processuale appunto successiva ma anche del tutto indipendente rispetto alla procedura di separazione personale all’interno della quale era stato pronunciato il provvedimento rimasto parzialmente inottemperato, tra l’altro immediatamente esecutivo e dotato di autonoma rilevanza fino ad eventuale modifica o revoca. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.