La considerevole quantità di stupefacenti rende superflua l’indagine sulla modalità della condotta

L'elevato dato quantitativo delle sostanze stupefacenti destinate allo spaccio rende superflua la verifica della rilevanza degli altri parametri di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope , relativi ai mezzi, alle modalità o circostanze dell’azione, essendo la sola quantità di stupefacenti idonea ad escludere la lieve entità dello spaccio.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 16028/18, depositata il l’11 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Roma dichiarava l’imputato responsabile per il reato di detenzione illecita di più di un etto di sostanze stupefacenti e spaccio. Avverso la sentenza della Corte distrettuale il ricorrente denuncia come il Giudice d’Appello, nonostante il diniego della qualificazione del fatto nell’alveo dello spaccio di lieve entità ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope , avesse dato rilievo ostativo all’elevato numero di dosi rinvenute nella disponibilità del ricorrente senza tener conto delle modalità di condotta e dello stato di tossicodipendenza del medesimo. La considerevole quantità. Il Supremo Collegio sottolinea come nonostante quanto previsto dall’art. art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, qualora la quantità della sostanza stupefacente sia considerevole, il dato ponderale può essere legittimamente reputato sintomo sicuro di una notevole potenzialità offensiva del fatto e di diffusività dell’attività di spaccio e, perciò, sufficiente a negare l’attenuante della lieve entità dello spaccio, senza la necessità che il giudice prenda espressamente in esame gli altri parametri normativi . Ciò posto, la Suprema Corte, ricorda che secondo un consolidato orientamento di legittimità è da escludersi la lieve entità del fatto qualora la detenzione di droga superi una soglia ragionevole , anche laddove, come nel caso di specie, non siano evidenziate particolari mezzi e modalità dell’azione , essendo la stessa quantità che, da sola, non consente di ipotizzare che il detentore svolga attività di piccolo spaccio . Il dato quantitativo, quindi, rende superfluo che il Giudice prenda espressamente in esame gli altri parametri normativi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 , così come lo stato di tossicodipendenza del ricorrente, giacché non è presumibile che l’imputato destinasse i proventi per l’acquisto di droga per uso personale. La Corte dunque dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 febbraio – 11 aprile 2018, numero 16028 Presidente Andreazza – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 26/04/201, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 18.10.2010, con la quale U.D.M. era stato dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 110 cod.penumero e 73 comma 1 d.P.R. numero 309/1990- per illecita detenzione in concorso di sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso complessivo lordo pari a gr 177 ed a 600 dosi medie singole - rideterminava la pena in anni tre, mesi sei, giorni venti di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa. 2. Avverso tale sentenza ha proposto personalmente ricorso per cassazione l’imputato, articolando il motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. penumero . Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego di qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990, lamentando che la Corte territoriale aveva dato rilevo ostativo all’elevatissimo numero di dosi rinvenute senza tener conto delle modalità della condotta e dello stato di tossicodipendenza dell’imputato. Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è basato su motivo infondato. 2. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, se è vero che ai fini della verifica circa la sussistenza della fattispecie attenuata di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. numero 309 del 1990, il Giudice di merito deve di regola compiere una valutazione complessiva del fatto contestato, condotta sulla base dei parametri di riferimento specificamente indicati nella norma i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, oltre alla quantità e qualità della sostanza , ove, però, la quantità della sostanza stupefacente sia considerevole, il dato ponderale può essere legittimamente reputato sintomo sicuro di una notevole potenzialità offensiva del fatto e di diffusibilità dell’attività di spaccio e, perciò, sufficiente a negare l’attenuante della lieve entità del fatto, senza necessità che il giudice prenda espressamente in esame gli altri parametri normativi Sez.6,numero 21962 del 02/04/2003, Rv. 225414 Sez. 4, numero 34331 del 03/06/2009, Rv. 245199 Sez. U, numero 35737 del 24/06/2010, Rv. 247911 Sez. 4, numero 22643 del 21/05/2008, Rv. 240854 Sez. 6, numero 39931 del 16/10/2008, Rv. 242247, Sez. 1, numero 4875 del 19/12/2012, dep. 31/01/2013, Rv. 254194 . Tale principio è ribadito da Sez 6,numero 41090 del 18/07/2013, Rv.256609, che ha affermato che l’attenuante di cui al comma quinto dell’art. 73 del d.P.R. numero 309 del 1990 è configurabile nelle ipotesi di cosiddetto piccolo spaccio, che si caratterizza per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni limitati e che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia superiore - tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza stupefacente - a dosi conteggiate a decine ed ha precisato che non potrà ritenersi rientrare nell’ipotesi attenuata una detenzione di droga in quantità superiore ad una soglia ragionevole, anche laddove non siano evidenziate particolari mezzi e modalità dell’azione, è la stessa quantità che, da sola, non consente di ipotizzare che il detentore svolga attività di piccolo spaccio . Il principio suesposto è stato affermato anche a seguito della qualificazione della ipotesi del comma 5 art. cit. come reato autonomo per effetto degli interventi normativi di cui all’art. 2 D.L. 23 dicembre 2013, numero 146, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, numero 10 e successivamente modificato dalla legge 16 maggio 2014 numero 79 da Sez.6, numero 45694 del 28/09/2016, Zuccaro, Rv.268293, che, nell’affermare che qualora il dato ponderale sia, in sé, compatibile tanto con le previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 73 d.P.R. numero 309 del 1990 quanto con quella autonoma, lieve , di cui al comma quinto del medesimo articolo, il giudice deve in motivazione specificare quali altri elementi consentano di qualificare il fatto nell’una o nell’altra ipotesi di reato, ha ribadito che va fatta salva ovviamente la situazione in cui ci si trovi di fronte a quantità e/o modalità della condotta che riportino immediatamente il fatto in uno dei due reati, rendendo superflua una motivazione ad hoc . Nel caso di specie, come, correttamente valutato dai Giudici di merito, il solo dato della quantità quantità che, per come descritta - oltre 90 grammi di cocaina pura dalla quale risultavano ricavabili 600 dosi medie -, non può costituire la provvista per la successiva rivendita è già di per sé indicativo di una notevole potenzialità offensiva del fatto e di diffusibilità dell’attività di spaccio in quanto è la stessa quantità che, da sola, non consente di ipotizzare che il detentore svolga attività di piccolo spaccio rendendo superfluo che il Giudice prenda espressamente in esame gli altri parametri normativi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990. A fronte di tale rilievo, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto circostanza irrilevante anche lo stato di tossicodipendenza dell’imputato, in conformità del principio secondo cui in tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, ai fini della configurabilità del fatto di lieve entità, lo stato di tossicodipendente può rilevare solo se sì accerti che lo spaccio non ha dimensioni ragguardevoli, sì da fare apparire verosimile che l’imputato ne destini i proventi all’acquisto di droga per uso personale Sez. 3, numero 32695 del 27/03/2015, Rv. 264490 . 3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. numero 186 del 13.6.2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.