La partecipazione alla violenza di gruppo

La violenza sessuale di gruppo non richiede la compartecipazione di tutti i responsabili alla realizzazione della fattispecie nella sua totalità, essendo sufficiente che ogni singolo coimputato integri anche soltanto una frazione della stessa.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16037/18, depositata l'11 aprile. Il caso. La Corte d'Appello competente, riformando parzialmente la statuizione del giudice di prime cure, condannava tre imputati per gli illeciti di cui agli artt. 61, n. 11, 609- octies , in relazione all'art. 609- bis c.p., artt. 110 e 610 c.p. assorbiti , artt. 61, n. 11, 582 e 585 c.p., in continuazione violenza sessuale di gruppo, con l'aggravante dell'aver commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, violenza privata, lesioni personali aggravate . I condannati ricorrevano per cassazione, con separati ricorsi, lamentando l'uno, vizio di motivazione sulla natura sessuale della minzione dallo stesso perpetrata ai danni della vittima, a distanza dalla conclusione delle condotte illecite sessuali. Un altro impugnante eccepiva la mancanza di motivazione in merito all'omessa estensione nel massimo concedibile dell'attenuante ex art. 609- octies , comma 4, c.p.p La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibili i ricorsi. Non serve che ognuno integri la condotta nella sua totalità. In riferimento prima doglianza di cui sopra, gli Ermellini hanno preliminarmente affermato che, in un contesto di violenza sessuale e di umiliazione, come quello descritto nel caso di specie, la condotta consistente nell'urinare sulla vittima non possa che assumere la medesima valenza. Il Collegio, inoltre, ha ricordato che la violenza sessuale di gruppo non richiede la compartecipazione di tutti i responsabili alla realizzazione della fattispecie nella sua interezza, essendo sufficiente che ogni singolo integri anche soltanto una frazione della stessa. Infatti, la violenza sessuale di gruppo deve ritenersi integrata ove ogni compartecipe abbia fornito un contributo causale alla commissione del reato, anche qualora tale supporto debba rinvenirsi in un incentivo alla volontà criminosa dell'autore delle condotte di cui all'art. 609- bis c.p La Corte ha precisato che non costituisce, invece, un concorso nell'altrui reato di violenza sessuale l'atto del guardare, a meno che non sia stato concordato preventivamente oppure non sia realizzato per incentivare i propositi criminosi dell'agente. Il diniego delle attenuanti. Per quanto concerne la mancata graduazione della pena, i Giudici del Palazzaccio hanno ricordato come il giudice goda di ampia discrezionalità e come possa assolvere il compito motivazionale illustrando l'utilizzo dei criteri di cui all'art. 133 c.p Una dettagliata spiegazione si rende, infatti, necessaria esclusivamente qualora la pena irrogata sia superiore, di molto, rispetto alla misura media di quella edittale. A chiosa, gli Ermellini hanno chiarito che, in materia di riconoscimento delle attenuanti generiche, il diniego non obbliga il magistrato ad esprimere una valutazione su ogni singola deduzione difensiva. Basta, infatti, che il giudice illustri gli elementi maggiormente rilevanti. Peraltro, l'analisi di cui sopra si concentra sul fatto e non è sindacabile in sede di legittimità. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 febbraio – 11 aprile 2018, n. 16037 Presidente Di Nicola – Relatore Cerroni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 16 marzo 2017 la Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del 27 gennaio 2015 del Tribunale di Rimini e concesse all’appellante P.A.F. le attenuanti di cui agli artt. 609-octies, comma 4 e 62-bis cod. pen., ha infine rideterminato in anni tre mesi otto di reclusione la pena inflitta a C.P. e F.A.L., ed in anni tre di reclusione quella inflitta al P. per i reati, tutti uniti dal vincolo della continuazione, di cui agli artt. 61 n. 11, 609-octies in relazione all’art. 609-bis cod. pen. nonché di cui agli artt. 110 e 610 cod. pen. siccome assorbiti ed infine di cui agli artt. 61 n. 11, 582 e 585 cod. pen., tutti in danno di R.A 2. Avverso la predetta decisione sono stati proposti separati ricorsi per cassazione, allegando due motivi d’impugnazione C. e F. ed un solo articolato profilo di censura P. . 3. In particolare, C.P. ha lamentato illogicità, mancanza o contraddittorietà della motivazione laddove era stata ritenuta la presenza dello stesso ricorrente nell’appartamento in cui era stata consumata la violenza ai danni della R. , tenuto conto degli orari che avevano visto la sua assenza sul luogo ed in considerazione dell’avvenuto riconoscimento, tramite le riprese eseguite da un cellulare, solamente di una parte di indumento indossato peraltro non dal solo ricorrente , nonché in relazione alla natura sessuale della minzione sulla vittima dormiente e vestita, a distanza di tempo dalla conclusione delle condotte abusanti. 3.1. Il ricorrente ha così ribadito che le risultanze istruttorie lo collocavano fuori dall’appartamento, nel quale si era consumata la violenza, a partire dalle 2.02 per un periodo imprecisato ma comunque entro le 3, allorché egli aveva percorso il tragitto tra e omissis e ritorno tra l’altro il tragitto di ritorno era stato compiuto in ciclomotore . Oltretutto non era comparso in alcun video e non era mai stata registrata la sua voce, fatta eccezione per il filmato delle 3,07 nel corso del quale si era esibito ad urinare sulla ragazza. In considerazione delle discordanze negli orari i cellulari che avevano ripreso la scena erano tarati su differenti fusi di riferimento , la Corte territoriale si era limitata a sostenere che il C. si era allontanato non per molto dall’appartamento, laddove al contrario le scene che avrebbero dovuto ritrarre il ricorrente si sarebbero collocate nel periodo in cui il C. era rientrato a casa. Il giudizio di penale responsabilità si era così fondato su presupposti errati, mentre nulla era stato detto quanto alla matrice sessuale del gesto di urofilia. 3.2. Col secondo motivo il ricorrente ha osservato che il gesto compiuto doveva ricondursi solamente ad una manifestazione di spregio e disprezzo, senza alcuna valenza sessuale e senza alcuna efficacia rafforzativa della violenza sessuale di gruppo già terminata. Sì che il fatto andava ricondotto sotto la specie di cui all’art. 610 cod. pen 3.3. La memoria infine depositata ha inteso parimenti valorizzare la cronologia dei filmati, analiticamente insistendo sulla mancata presenza del ricorrente sulla scena del delitto tra le due e le tre di notte. 4. A sua volta F.A.L. ha lamentato col primo motivo l’eccessività della pena e la mancata concessione delle attenuanti generiche, tenuto conto che si era limitato a riprendere la scena col telefono cellulare, mentre era stata omessa la valutazione sull’efficacia causale della condotta e sul ruolo effettivo nella vicenda. Laddove era stato illogicamente applicato il medesimo trattamento del C. , invece prodottosi in atto di urofilia. Né era stata allegata motivazione circa la mancata determinazione della pena nel minimo edittale, nonché per l’omessa estensione nel massimo concedibile dell’attenuante di cui all’art. 609-octies, comma 4, cod. proc. pen Allo stesso tempo appariva illogica la mancata concessione delle attenuanti generiche, non essendo stati valutati elementi favorevoli all’imputato. 4.1. Col secondo motivo, ed in relazione al contestato delitto di lesioni volontarie per il quale era stato riconosciuto il suo concorso morale, era stato omesso ogni riferimento specifico al ruolo assunto dai singoli componenti del gruppo, e quindi anche dallo stesso ricorrente. 5. Infine P.A.F. ha lamentato che la condanna derivava dall’avere filmato le violenze, non sessuali, col telefono cellulare, mentre non era stato illustrato il rapporto di causalità tra la condotta incentivante, presunta da un dai percepito nel corso delle riprese, e dalla stessa attività filmica rispetto a quella degli altri concorrenti. In ragione di ciò, era richiesto l’annullamento della sentenza stante l’avvenuta condanna solamente per avere filmato gli altri soggetti, nonché per il travisamento della prova per incertezza della qualificazione dei comportamenti, ossia mera connivenza ovvero concorso morale rafforzativo dell’altrui violenza. 6. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto dei ricorsi. Considerato in diritto 7. I ricorsi sono inammissibili. 8. Per quanto riguarda il ricorso C. , già la Corte territoriale aveva sottolineato come le censure svolte dall’odierno ricorrente fossero del tutto ininfluenti ai fini dell’accertamento della penale responsabilità, atteso che le violenze erano iniziate attorno alle 23, alla fine della cena cui avevano partecipato tutti i protagonisti della triste vicenda, ben prima quindi del rivendicato allontanamento del ricorrente dalla scena, attorno alle 2 di notte. In realtà il ricorrente ha così inteso concentrare le proprie difese su aspetti certamente non decisivi, come è stato anche testualmente rilevato dalla Corte felsinea cfr. pag. 10 della motivazione . Ma soprattutto egli non si è confrontato in alcun modo, così come era stato avvertito anche dal provvedimento impugnato, con la motivazione complessivamente resa la quale, preso atto delle emergenze processuali, ha dato ampio conto del momento di inizio delle violenze e del collettivo e crudele incitamento all’autore materiale degli abusi, altresì richiamando le dichiarazioni accusatorie che la vittima aveva rivolto nei confronti di tutti i partecipanti hanno fatto tutto quello che hanno voluto , nonché le stesse lamentele dei vicini, che hanno coerentemente indotto a fissare l’orario d’inizio delle violenze questa cosa è andata avanti per ore, poi alle 1,30 circa ho provato quattro volte a chiamare il proprietario di casa , allorché il C. era certamente presente nell’appartamento. 8.1. In un quadro siffatto il gesto finale, pacificamente attribuibile al ricorrente e ben lungi dal configurare mera violenza privata, è stato posto come degno suggello alla vile serata. Se prima si era scelto il ruolo dello spettatore, tra schiamazzi e risate di incoraggiamento, alla fine il ricorrente ha pensato bene di ergersi a coerente protagonista accanendosi contro l’indifesa ragazza con un atto che, in un contesto siffatto di degradante umiliazione sessuale, altre finalità non poteva rivestire. Al riguardo, la fattispecie di violenza sessuale di gruppo, caratterizzata dalla presenza di più di una persona al momento e sul luogo del delitto, non richiede necessariamente la compartecipazione contestuale dei correi alla realizzazione dell’intera fattispecie, ma quanto meno che il singolo compartecipe realizzi anche solo una frazione del fatto tipico di riferimento Sez. 3, n. 32928 del 16/04/2013, V., Rv. 257275 . Ed in specie il provvedimento impugnato, con logica ed adeguata motivazione, ha fornito spiegazione appagante ed esaustiva. Né ovviamente vi è questione circa la natura dell’atto, compiuto alla presenza quantomeno di chi stava filmando simili prodezze. 9. Analogamente, quanto al ricorso F. , appaiono del tutto condivisibili e pienamente conformi a legge le statuizioni rese nei confronti del ricorrente. 9.1. Anch’egli non si confronta in modo adeguato con la motivazione del provvedimento censurato. In proposito, e con considerazioni che valgono anche per il terzo ricorrente P. , il quale ha inteso contestare anche la responsabilità, è stato complessivamente osservato anzitutto che l’art. 609-octies cod. pen., nell’individuazione della condotta punibile, si riferisce espressamente a tutti gli atti di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis cod. pen. e quindi anche alle ipotesi previste nel secondo comma di detta norma in specie si trattava di violenza mediante abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa Sez. 3, n. 11560 del 11/03/2010, M., Rv. 246447 . Mentre ricorre la fattispecie di violenza sessuale di gruppo, pur quando non tutti i componenti del gruppo compiano atti di violenza sessuale, essendo sufficiente che dal compartecipe sia comunque fornito un contributo causale alla commissione del reato, anche nel senso del rafforzamento della volontà criminosa dell’autore dei comportamenti tipici di cui all’art. 609-bis cod. pen. in specie vi era stata partecipazione a violenza sessuale di gruppo mediante riprese, con telefono cellulare, di parte degli atti sessuali posti in essere, sulla persona offesa, dal coimputato Sez. 3, n. 11560 del 11/03/2010, M., Rv. 246448, già cit. . In coerenza, quindi, non integra concorso nell’altrui reato di violenza sessuale il mero voyeurismo, salvo che l’atto del guardare sia stato oggetto di un preventivo accordo tra i soggetti oppure venga palesato all’esecutore materiale della violenza in modo tale da contribuire a sollecitare o rafforzare il proposito criminoso di quest’ultimo, incidendo direttamente sul reato in corso di consumazione Sez. 3, n. 35150 del 13/07/2011, E.A. e altro, Rv. 250866 . 9.2. In particolare, quanto alla posizione F. , può altresì rilevarsi che l’imputato non ha nessun diritto di ottenere il massimo della diminuzione per la concessione delle attenuanti cfr. ad es. Sez. 1, n. 5240 del 02/10/1979, dep. 1980, Caputa, Rv. 145084 Sez. 3, n. 40762 del 30/04/2015, Caburrosso ed altri, Rv. 265166 , potendo tra l’altro desumersi dalle stesse ragioni che giustificano il riconoscimento delle circostanze il criterio adoperato per l’esercizio del potere discrezionale di graduazione della pena. La graduazione della pena, infatti, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo pena congrua , pena equa o congruo aumento , come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro e altro, Rv. 271243 . In tal modo, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese e altro, Rv. 267949 . 9.3. In specie, per il F. è stato applicato il medesimo trattamento sanzionatorio del C. d’altronde, se quest’ultimo ha dato sfogo alle sue pulsioni nelle richiamate disgustose modalità, il primo ha filmato l’impresa dell’autore materiale, ponendo in essere così una condotta di potenziale devastante pubblicità ai danni della povera ragazza, tenuto conto della possibilità diffusiva la pena base sette anni di reclusione, quasi coincidente col minimo edittale di sei anni di cui all’art. 609-octies, comma 2, cod. pen., e quindi ben inferiore alla soglia mediana è stata poi ridotta a cinque anni, ossia solamente quattro mesi in più rispetto al massimo concedibile quattro anni e otto mesi , e dal contesto motivazionale dettagliatamente descrittivo delle modalità della condotta anche in relazione al delitto di lesioni personali, per il quale parimenti la ripresa filmata rappresentava momento di esaltazione e di spinta all’illecito si ricava la decisione, certamente non illogica ed ancor meno contraddittoria, di non concedere nel massimo grado la riduzione della dosimetria. Per quanto poi riguarda la mancata concessione delle attenuanti generiche, è stato già rilevato che in tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la ratio della disposizione di cui all’art. 62-bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826, in caso di negazione anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perché in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla sua personalità . In tema infatti di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 . Va da sé che la Corte felsinea ha senz’altro, con una motivazione complessivamente adeguata ed esente da vizi, dato conto del proprio negativo apprezzamento sulla personalità anche dell’odierno ricorrente, con un giudizio di sicura prevalenza su ogni ulteriore circostanza al riguardo evidenziata. 10. Quanto al ricorso P. , appare sufficiente il richiamo alla giurisprudenza di cui al punto 9.1., tenuto conto che il contributo causale, per entrambi i reati infine ascritti ai ricorrenti, va ravvisato nei filmati realizzati dallo stesso ricorrente, nelle parole v. supra ascoltate nel contesto, negli stessi riconoscimenti operati dal giovane nel corso di una telefonata, intercettata, col padre Abbiamo cominciato a fare brutto, a prenderci gioco di lei , cfr. pag. 12 della sentenza impugnata . 10.1. Di tutto ciò la sentenza ha dato atto, con ragionamento del tutto esaustivo ed altresì coerente con i richiamati principi, non sussistendo alcuna incertezza sul concorso nel reato e nell’esclusione invece dell’ipotesi della connivenza non punibile. 11. La manifesta infondatezza dei ricorsi ne comporta inevitabilmente la loro inammissibilità. Tenuto infine conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. ed a carico di ciascun ricorrente, l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00. 11.1. Vanno infine liquidate le spese del grado in favore della costituita parte civile R.A., che devono quantificarsi nei termini di cui al dispositivo disponendone il pagamento in favore dello Stato. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile R.A., che liquida in complessivi Euro 3.000 oltre accessori di legge e spese generali al 15% disponendone il pagamento in favore dello Stato.