La «nuova prova» richiesta per il giudizio di revisione deve avere un effetto positivo per il condannato

Il requisito della prova nuova idonea a fondare l’esperibilità del giudizio di revisione ai sensi dell’art. 630 c.p.p. deve valutarsi in considerazione dell’effetto positivo che può derivarne per il condannato, essendo inoltre necessario che la prova nuova sia tale da vanificare o neutralizziare la prova in base alla quale è stata emessa la sentenza di condanna.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 15700/18, depositata il 9 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Trento dichiarava inammissibile l’istanza di revisione avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Venezia, nonostante l’istante avesse rilevato come alcune prove derivanti dalle analisi dei RIS non fossero presenti nel fascicolo né valutate nel precedente procedimento. Il processo di revisione. Il Supremo Collegio sottolinea come il processo di revisione non debba intendersi quale un processo al processo , ma possa esperirsi solo nelle ipotesi contemplate dall’art. 630 c.p.p., tra cui quella della sopravvenienza o scoperta di prove nuove, idonee a dimostrare che il condannato deve essere prosciolto. Pertanto, la Suprema Corte, ribadendo che non tutte le prove nuove sono idonee a fondare il giudizio di revisione, fissa il seguente principio di diritto. La prova nuova di cui all’art. 630 lett. c , c.p.p., dev’essere tale da dimostrare in positivo che il condannato dev’essere prosciolto e, cioè sia tale da neutralizzare o addirittura vanificare la prova in base alla quale l’imputato è stato condannato in via definitiva. Non possono, invece, essere considerate nuove prove” quelle prove che, se espletate, non potrebbero comunque sortire alcun effetto positivo per il condannato potendo avere solo un esito o neutro – in quanto nulla aggiungerebbero e nulla toglierebbero al quadro probatorio posto alla base della condanna definitiva – o , addirittura, confermativo della sua responsabilità . La Corte quindi dichiara il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 gennaio – 9 aprile 2018, n. 15700 Presidente De Crescienzo – Relatore Rago Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 23/06/2017, la Corte di Appello di Trento - sezione per i Minorenni - dichiarava inammissibile l’istanza di revisione proposta da B.A. contro la sentenza pronunciata in data 06/06/2014 dalla Corte di Appello di Venezia sezione per i Minorenni. Contro la suddetta ordinanza, B.A., a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendone la manifesta illogicità sotto i profili di seguito indicati. La difesa, ha premesso che il ricorrente era stato condannato in via definitiva per i reati di violazione di domicilio e rapina aggravata alla pena di reclusione di anni quattro di reclusione ed Euro 800,00 di multa e che la prova a carico decisiva era stata ritenuta una ricevuta del pedaggio autostradale rinvenuta all’interno dell’auto utilizzata per la rapina - sulla quale era stata rilevata un’impronta papillare che, a seguito delle indagini, era stata attribuita al ricorrente. La difesa, quindi, concludeva nei seguenti termini valutare quali nuove prove tutte le indagini tecniche dei Ris di Parma allegate alla richiesta di revisione , ovvero le IT nn. omissis , ed altresì le relazioni nn. omissis , le quali non erano presenti nel fascicolo dibattimentale e non venivano valutate neppure implicitamente nel precedente procedimento ed ancora, che venga valutata l’attendibilità dell’analisi scientifica operata dal Gabinetto Interregionale del Triveneto di Padova n. omissis , nonché del verbale di cui all’All. 15bis emesso dal dattiloscopista Ag. S.M., alla luce del nuovo metodo scientifico introdotto dal dpr n. 87 del 07/04/2016 ed alla luce degli standard qualitativi contenuti nella normativa Iso/tec 17025, la quale ha introdotto l’obbligo per i laboratori di utilizzare i metodi accreditati Accredia , in quanto se valutate, dimostrano che, qualora venissero accertate, il sign. B.A. dovrebbe essere prosciolto pag. 35 ricorso. La suddetta conclusione veniva argomentata ripercorrendo tutta l’istruttoria del processo di merito in relazione alla quale la difesa ne evidenziava le criticità sia quanto alla mancata acquisizione delle prove sia quanto alla valutazione di quelle acquisite che avevano portato all’ingiusta condanna del ricorrente. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile essendo manifestamente infondate tutte le censure dedotte. 2. In punto di diritto è appena il caso di rilevare che il processo di revisione non consiste in un processo al processo che si è già svolto e conclusosi con la sentenza di condanna passata in giudicato quasi fosse una sorta di nuovo appello o nuovo ricorso per cassazione , ma ha un ristretto campo di operatività in quanto può essere promosso solo nei tassativi casi di cui all’art. 630 cod. proc. pen. fra cui, quello invocato dal ricorrente, e cioè quando dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma degli artt. 529, 530 cod. proc. pen. La nuova prova, quindi, dev’essere tale che, ove espletata, sia idonea a dimostrare in positivo che il condannato dev’essere prosciolto e, cioè sia tale da neutralizzare o addirittura vanificare la prova in base alla quale l’imputato fu condannato in via definitiva. Il che significa che sono prove del tutto irrilevanti e, quindi, inidonee a giustificare un processo di revisione, tutte quelle prove che, se espletate, non potrebbero comunque sortire alcun effetto positivo per il condannato potendo avere solo un esito o neutro - in quanto nulla aggiungerebbero e nulla toglierebbero al quadro probatorio posto alla base della condanna definitiva - o, addirittura, confermativo della sua responsabilità. 3. Premessi questi ovvi principi, passando ora all’esame dei motivi di ricorsi va osservato quanto segue. Innanzitutto, non hanno alcuna cittadinanza nel processo di revisione e, quindi, non possono essere prese minimamente in esame, tutte quelle censure con le quali la difesa pretende la rivisitazione delle sentenze di merito, adducendo pretese incongruità, illogicità della motivazione o violazioni di legge in ordine alla valutazione delle prove si tratta, a ben vedere, di gran parte del presente ricorso che è strutturato come un vero e proprio ricorso per cassazione contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di Venezia confermò la sentenza di condanna del B In tale ottica, va, quindi, ritenuta inammissibile la censura avente ad oggetto una pretesa mancata osservanza delle regole sottese alla cd. catena di custodia del biglietto analizzato e sul quale furono rinvenute le impronte papillare del ricorrente. Si tratta, infatti, con tutta evidenza, di un vizio che, se sussistente, avrebbe dovuto essere dedotto e fatto valere nel giudizio di merito e al quale non si può certo rimediare con il giudizio di revisione. Peraltro, la Corte Territoriale pag. 4 ss dell’ordinanza impugnata , nel prendere in esame la medesima doglianza, dopo avere osservato che la concreta esecuzione degli accertamenti si trovava compiutamente descritta in atti che venivano analiticamente indicati e che, quanto alle modalità della comparazione fra l’impronta rilevata e quella del B., era stato sentito al dibattimento il tecnico che l’aveva eseguita, in contraddittorio fra le parti, con esiti ritenuti inconfutabili sia dalla Corte di merito sia da quella di legittimità , concludeva rilevando che l’istante, dopo avere illustrato la necessità che sia garantita la catena di custodia , adottati metodi scientificamente corretti da parte del personale competente e di sicura professionalità, non spiega in alcun modo quali siano state le falle, idonee ad incidere sul risultato degli accertamenti, nel caso contrato in esame, né adduce ragioni per le quali ritenere incompetente l’operatore che ha eseguito la comparazione che ne ha dato conto nell’esame a cui è stato sottoposto al dibattimento. Inoltre, come risulta dagli atti, sono stati ritrovati ben 30 punti di coincidenza fra le impronte, quando ne sono ritenuti necessari sedici o diciassette per considerare certa l’identificazione . Quindi, come si desume dalla suddetta motivazione, poiché la questione della cd. catena di custodia era stata dedotta nel giudizio di merito e tutte le questioni erano state dibattute essendo stato sentito come teste l’operatore che aveva eseguito la comparazione, è inammissibile che la stessa questione venga nuovamente riproposta in sede di revisione deducendola, surrettiziamente, come nuova prova . Non resta, ora che esaminare la censura relativa alla mancata acquisizione di una serie di indagini tecniche che, se acquisite, sarebbero idonee a provare l’innocenza del ricorrente cfr supra in parte narrativa . Si tratta delle indagini che la difesa indica ed illustra a pag. 11-14-17-1820-23-25 del presente ricorso e che hanno ad oggetto un’infinità di indagini tecniche effettuate dai Ris di Parma nell’arco di otto anni, le cui risultanze relative ad oggetti rinvenuti in occasione di altri episodi delittuosi rapine e furti d’auto sono tutte sovrapponibili con l’indagine tecnica n. 1299/2001 che analizzava invece i reperti rinvenuti sulla Mercedes C180 ndr quella utilizzata per la rapina e presso l’abitazione del Bi. ndr la persona rapinata tuttavia i reperti analizzati nella OMISSIS non erano risultati compatibili con il profilo di B. pag. 26 ricorso . In altri termini, la difesa sostiene che la nuova prova idonea a dimostrare l’innocenza del ricorrente e, quindi, a vanificare quella sulla base della quale fu condannato, sarebbe costituita da una serie di indagini che - si noti bene - non avevano dimostrato l’invalidità della prova papillare, ma che avevano dato esito negativo sulla riconducibilità al B. di rilievi ematici o papillari effettuati su altri oggetti rinvenuti sul luogo della commissione del reato per cui fu condannato e per altri reati. L’inammissibilità di tale singolare richiesta si legge, innanzitutto, in un passo della sentenza passata in giudicato e citata proprio nel presente ricorso pag. 11 in cui la Corte di Venezia, nel rigettare la richiesta di acquisizione di quelle indagini osservava che la sentenza di primo grado in alcun passaggio motiva l’affermazione di responsabilità utilizzando accertamenti non ripetibili svolti dai Ris di Parma in cui si erano comparate tracce ematiche riconducibili all’imputato e il Dna estrapolato su reperti rinvenuti presso l’abitazione della persona offesa, attribuendoli al B. . Si tratta di un’osservazione ineccepibile in quanto, se si dovesse ritenere ammissibile la richiesta di revisione, il processo potrebbe avere un esito paradossale per il ricorrente il quale, ove fossero acquisite le suddette indagini e fossero nuovamente disposti accertamenti, non potrebbe comunque ottenere un risultato più favorevole ma addirittura più sfavorevole. Infatti, quelle indagini potrebbero avere solo due esiti a confermare che nessuna delle tracce biologiche era riconducibile al B. il che non servirebbe certo a smentire l’esito della comparazione positiva sul biglietto, perché dimostrerebbe solo che non era stato il ricorrente a toccare quegli oggetti, ma non che lui non aveva partecipato alla rapina b accertare che una qualche traccia biologica era riconducibile al B. in tale ipotesi si tratterebbe di un’ulteriore conferma della sua colpevolezza. Di conseguenza e conclusivamente, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile alla stregua del seguente principio di diritto in tema di giudizio di revisione, la nuova prova di cui all’art. 630 lett. c cod. proc. pen., dev’essere tale da dimostrare in positivo che il condannato dev’essere prosciolto e, cioè sia tale da neutralizzare o addirittura vanificare la prova in base alla quale l’imputato è stato condannato in via definitiva. Non possono, invece, essere considerate nuove prove quelle prove che, se espletate, non potrebbero comunque sortire alcun effetto positivo per il condannato potendo avere solo un esito o neutro - in quanto nulla aggiungerebbero e nulla toglierebbero al quadro probatorio posto alla base della condanna definitiva - o, addirittura, confermativo della sua responsabilità . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 dlgs 196/2003 in quanto imposto dalla legge.