Nel reato di omesso versamento delle ritenute il dolo deve sussistere nel momento della condotta omissiva

Il dolo caratterizzante il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali di cui all’art. 2 d.l. n. 463/1983 Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica deve sussistere al momento della condotta omissiva, e non può esser sopperito dalla successiva conoscenza delle violazioni, già consumate, a seguito della notifica dell’avviso di accertamento dell’INPS .

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 15786/18, depositata il 9 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Vercelli, dichiarava di non doversi procedere nei confronti degli imputati limitatamente al mancato versamento contributivo di alcune mensilità ai dipendenti, per estinzione del reato, confermando la penale responsabilità dei medesimi circa l’omesso versamento all’INPS delle restanti ritenute previdenziali e assistenziali. Avverso la sentenza della Corte distrettuale gli imputati ricorrono per cassazione denunciando l’omessa considerazione della crisi di liquidità sociale, tale da generare una causa di forza maggiore idonea ad escludere il dolo nella condotta contestata. Crisi di liquidità e socio accomandatario. Il Supremo Collegio sottolinea che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali di cui all’art. 2 d.l. n. 463/1983 Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica , è a dolo generico ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività d’impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare . Ciò posto, i Giudici di legittimità rilevano che la situazione di illiquidità dell’azienda non è stata affatto riscontrata dai Giudici di merito e che, nel caso di specie, gli imputati risultavano essere entrambi soci accomandatari, laddove solo uno degli stessi gestiva l’attività amministrativa e direzionale dell’azienda . Pertanto, la Suprema Corte non condivide la sussistenza del dolo, anche eventuale, nei confronti dell’altro socio accomandatario per il semplice fatto anche questi sia rimasto inerte sebbene avesse anch’egli ricevuto la notifica dell’accertamento INPS. Difatti, il dolo, con riferimento al reato in esame, deve sussistere al momento della condotta omissiva, e non può esser sopperito dalla successiva conoscenza delle violazioni, già consumate, a seguito della notifica dell’avviso di accertamento dell’INPS, che rileva unicamente per consentire l’eventuale ravvedimento operoso del soggetto fino a quel momento inadempiente . La Corte dunque annulla la sentenza impugnata nei confronti del socio accomandatario che non si occupava della gestione della società.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 marzo – 9 aprile 2018, n. 15786 Presidente Rosi – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della decisione resa, all’esito del giudizio abbreviato, dal tribunale di Vercelli, appellata dagli imputati, la Corte d’appello di Torino dichiarava non doversi procedere nei confronti di F.M. e di F.L. in relazione ai reati loro ascritti, limitatamente alle mensilità di febbraio, marzo ed aprile 2010 per essere il reato estinto per prescrizione, nel resto confermando la sentenza di primo grado, che aveva affermato la penale responsabilità dei due imputati per il reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. cod. pen., 2 d.l. n. 463 del 1983, perché, F.M., quale presidente dal c.d.a. della ditta omissis s.a.s. di F.L. , con sede a omissis , F.L., quale legale rappresentante della medesima ditta, omettevano di versare all’INPS, sede di , nei termini prescritti le ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti nei mesi di maggio, giugno e luglio 2010. 2. Avverso l’indicata sentenza gli imputati, a mezzo del comune difensore di fiducia, con un unico atto propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. 2.1. Con il primo motivo si deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 43 e 45 cod. pen. e 2 d.l. n. 463 del 1983 per carenza dell’elemento soggettivo del reato e sussistenza dell’esimente della forza maggiore relativamente alla posizione di F.L Assume il ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe tenuto in debito conto lo situazione di profonda crisi di liquidità in cui versava la società al momento dei fatti, situazione peraltro considerata dalla Corte territoriale complessivamente verosimile alla luce dell’attuale contesto economico , il che escluderebbe la sussistenza del dolo in capo a F.L., quale socio accomandatario e amministratore della società, o, comunque, ravvisandosi una situazione di forza maggiore, che avrebbe concretamente impedito, per cause indipendenti alla volontà dell’agente, il versamento dei contributi previdenziali. Del resto, F.L. si sarebbe limitato a posticipare il pagamento delle somme dovute con l’intenzione di adempiere nel più breve tempo possibile, come dimostrato dal piano di rateizzazione del debito, ottenuto da Equitalia, ad oggetto anche le ritenute previdenziali in esame. 2.2. Con il secondo motivo si lamenta, parimenti, inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 43 e 45 cod. pen. e 2 d.l. n. 463 del 1983 per carenza dell’elemento soggettivo del reato e sussistenza dell’esimente della forza maggiore relativamente alla posizione di F.M Le argomentazioni sopra indicate verrebbero, a fortiori, con riguardo a F.M., il quale, essendo mero socio accomandatario della società, di cui semplicemente deteneva una quota di partecipazione in seguito alla morte del padre, non si era mai interessato della gestione della società. 2.3. Con il terzo motivo si eccepisce inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 649 cod. proc. pen. e 3, comma 6 I. n. 8 del 2016 con riferimento alla posizione di F.M Deduce il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe erroneamente rigettato la richiesta di proscioglimento ex art. 649 cod. proc. pen. per essere il F.M. già stato condannato per i medesimi fatti con sentenza del g.i.p. tribunale di Vercelli, emessa in data 2 dicembre 2014. Invero, a fronte della motivazione addotta della Corte territoriale, secondo cui l’indicata sentenza era priva dalla data di irrevocabilità, il ricorrente ha allegato al ricorso detta pronuncia con l’attestazione del passaggio in giudicato, avvenuto in data 25 dicembre 2015 quanto, poi, al rilievo, secondo cui i fatti, giudicati con la precedenza sentenza, si riferiscono ad altre mensilità, ad avviso del ricorrente, per effetto delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 8 del 2016, deve ritenersi che il reato in esame configura una fattispecie caratterizzata dalla progressione criminosa, necessariamente ancorata al periodo temporale dell’anno, in cui si sono verificati gli omessi versamenti delle ritenute previdenziali. Considerato in diritto 1. È fondato il secondo motivo proposto nell’interesse di F.M 2. Il primo motivo è generico. In primo luogo, in punto di diritto, va data continuità all’orientamento di questa Corte, secondo cui il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a dolo generico, ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività di impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare Sez. 3, n. 43811 del 10/04/2017 - dep. 22/09/2017, Agozzino, Rv. 271189 . Nel caso in esame, si osserva che la situazione di asserita illiquidità dell’azienda non è stata affatto riscontrata dai giudici di merito e, di essa, vi è solo un fugace accenno nella motivazione della sentenza impugnata, alla luce di una considerazione di carattere generale, ma senza, appunto, un effettivo accertamento fattuale in sede di merito. 3. È fondato il secondo motivo, con assorbimento dell’ulteriore motivo. 3.1. In primo luogo va ribadito il principio secondo cui l’obbligo del versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti grava nelle imprese collettive sul soggetto che secondo il tipo e l’organizzazione ha la responsabilità dell’impresa stessa o della singola unità produttiva, non assumendo effetto scriminante la circostanza che la designazione sia fittizia Sez. 3, n. 24938 del 10/06/2005 - dep. 07/07/2005, Marchini, Rv. 231819 fattispecie relativa a società in accomandita semplice nella quale la Corte ha affermato la responsabilità del socio accomandatario, al quale era stata conferita l’amministrazione della società e la rappresentanza nei rapporti con i terzi . In proposito, si osserva che l’obbligo di versare i contributi spetta al datore di lavoro e tale qualificazione nelle imprese collettive spetta al soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa o dell’unità produttiva. Nelle società in accomandita semplice tale potere spetta al socio accomandatario al quale è stata conferita l’amministrazione della società e, quindi, la rappresentanza nei rapporti con i terzi. 3.2. Peraltro, come sopra si è anticipato, il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a dolo generico, ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti. 3.3. Orbene, nel caso di specie, in sede di merito si è appurato che F.L. e F.M. ricoprivano la carica di soci accomandatari della società omissis sas di F.L. & amp c. F.L. era l’effettivo legale rappresentante della predetta ditta, essendo colui che gestiva l’attività amministrativa e direzionale dell’azienda, mentre il nipote, F.M., non si occupava della gestione della società, ma ne rappresentò una parte in seguito alla morte del padre l’INPS notificò regolarmente, a entrambi gli imputati, gli avvisi di legge della possibilità di sanatoria del debito tributario entro tre mesi al fine di evitare l’esercizio dell’azione penale. Rispondendo alla specifica doglianza dedotta con i motivi di appello, la Corte territoriale ha desunto la sussistenza del dolo, quantomeno nella forma del dolo eventuale, in capo a F.M. proprio dal fatto che egli sia rimasto inerte, nonostante la notifica dell’accertamento, da parte dell’INPS, delle violazioni contributive. Si tratta di una motivazione errata, in quanto il dolo, con riferimento al reato in esame, deve sussistere al momento della condotta omissiva, e non può essere sopperito dalla successiva conoscenza delle violazioni, già consumate, a seguito della notifica dell’avviso di accertamento dell’INPS, che rileva unicamente per consentire l’eventuale ravvedimento operoso del soggetto fino a quel momento inadempiente. La sentenza, sul punto, deve perciò essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Torino. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di F.M. e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Torino. Dichiara inammissibile il ricorso di F.L. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.