L’imputato si rifiuta di firmare la relata di notifica, quali conseguenze processuali?

Il condannato ricorre per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza per nullità della prima notifica di avviso di conclusione delle indagini preliminari effettuata presso l’abitazione della sorella. Il Supremo Collegio è interrogato sulle conseguenze processuali derivanti dall’omessa sottoscrizione della relata di notifica consegnata a mani del destinatario.

Sulla questione la Cassazione con sentenza n. 14938/18 depositata il 4 aprile. Il fatto. La Corte d’Appello di Torino condannava l’imputato per il reato di maltrattamenti in danno alla moglie confermando, così, la decisione di prime cure. Avverso la pronuncia di merito ricorre per cassazione il condannato lamentando, con il primo motivo di ricorso, la nullità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, ex art. 415- bis c.p.p., presso l’abitazione delle sorella in quanto, lo stesso si era rifiutato di firmare la relata di notifica. Secondo il ricorrente non essendosi ritualmente perfezionata la prima notificazione risultavano invalide anche le successive notifica di fissazione udienza preliminare e del decreto che dispone il giudizio . La sottoscrizione delle relata di notifica non è un vizio processuale. La Cassazione ha premesso che il ricorso è inammissibile in quanto basato su deduzioni che costituiscono la riproduzione delle censure già dedotte in appello e non si confrontano con le considerazioni svolte dalla Corte territoriale in risposta. In ogni caso, approfittando della controversia, il Suprema Collegio ha ribadito alcuni principi in materia di notificazioni che evidenziato l’infondatezza della censura. In particolare, osserva la Corte, nel caso di specie l’imputato non ha mai eletto domicilio e la prima notifica ex art. 415- bis c.p.p. è stata eseguita a mani proprie da parte dell’imputato sebbene rifiutandosi di appore la firma sulla relata. In relazione a ciò la Cassazione ha ricordato che l’art. .171 c.p.p. prescrive che la notificazione sia nulla quando nella relazione della copia notificata manca la sottoscrizione di chi l’ha eseguita” lett. c e se sull’originale dell’atto notificato manca la sottoscrizione della persona ex art. 157, comma 3, lett. g . Nulla si dispone, invece, in riferimento alla sottoscrizione dell’imputato destinatario dell’atto sulla relata di notifica come condizione di validità della notifica stessa. Di conseguenza la notificazione deve ritenersi ritualmente eseguita e dalla circostanza che l’imputato si sia rifiutato di firmare la relata di notifica non può discendere nessun vizio processuale. In conclusione la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 marzo – 4 aprile 2018, n. 14938 Presidente Rotundo – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Torino ha confermato l’impugnata sentenza del 17 febbraio 2016, con cui il Tribunale di Torino ha condannato B.O. alla pena di legge per il reato di maltrattamenti in danno della moglie G.G. e dei figli B.M. e D. . 2. B.O. ricorre avverso la sentenza, con atto a firma del proprio difensore di fiducia, e ne chiede l’annullamento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen 2.1. Violazione di legge processuale, per avere la Corte d’appello omesso di dichiarare la nullità dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen., dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e del decreto che dispone il giudizio per difetto di notifica al riguardo, il ricorrente evidenzia che - contrariamente a quanto ritenuto dal Collegio del gravame - la notifica dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen., compiuta il 10 giugno 2014 presso l’abitazione della sorella dell’imputato, non può ritenersi ritualmente perfezionata per il fatto che egli abbia ritirato l’atto rifiutandosi di firmare la relata di notifica, di tal che risultano invalide anche le successive notificazioni in detto luogo ai sensi dell’art. 161, comma 2, cod. proc. pen. sotto diverso profilo, l’impugnante rimarca che all’epoca di tali notifiche era irreperibile, non aveva nominato un difensore di fiducia ed era incapace di intendere e di volere. 2.2. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte omesso di disporre la perizia medico psichiatrica in ordine alla capacità di stare in giudizio. 2.3. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte omesso di applicare il minimo della pena, di disporre la massima diminuzione per le circostanze attenuanti generiche nonché di concedere la sospensione condizionale della pena, limitandosi a confermare la decisione di primo grado, senza considerare che l’imputato sta frequentando regolarmente i servizi territorialmente competenti e sta assumendo le cure farmacologiche sicché non sussiste nell’attualità il pericolo di reiterazione criminosa. 2.4. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte confermato l’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata sebbene non sussista il rischio di reiterazione di condotte delittuose. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 2. Tutte le deduzioni mosse col ricorso costituiscono pedissequa riproduzione delle censure già dedotte in appello e non si confrontano con le considerazioni svolte dalla Corte territoriale in risposta. Il che, secondo i consolidati principi espressi da questa Corte, comporta l’inammissibilità dei motivi, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838 . 3. Ad ogni modo, le censure dedotte dal B. sono all’evidenza destituite di fondamento. 3.1. Mette conto di rammentare che, secondo l’art. 161, comma 2, cod. proc. pen., fuori dal caso in cui l’imputato abbia eletto o dichiarato domicilio su invito del giudice, del pubblico ministero o della polizia giudiziaria nel primo atto compiuto col proprio intervento, l’invito a dichiarare o eleggere domicilio è formulato con l’informazione di garanzia o con il primo atto notificato per disposizione dell’autorità giudiziaria. L’imputato è avvertito che deve comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, di insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l’atto è stato notificato . Tanto si è realizzato nella specie, là dove - come rilevato dal Collegio del gravame e verificato direttamente da questa Corte che, in caso di denuncia di error in procedendo, è giudice anche del fatto v. ex plurimis Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro e altri, Rv. 220092 -, B.O. non ha mai eletto domicilio e la prima notifica della informazione di garanzia e dell’avviso di conclusione delle indagini è stata eseguita presso l’abitazione della sorella con ricezione a mani proprie da parte dell’imputato, il quale ha ritirato detti atti pur rifiutando di firmare la relata. Le notifiche successive quelle dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e del decreto che dispone il giudizio sono state disposte nel medesimo luogo cioè al domicilio della sorella . A fronte dell’omessa dichiarazione o elezione di domicilio dopo la prima notificazione dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. unitamente all’informazione di garanzia recante appunto l’invito ad attivarsi in tal senso , del tutto legittimamente le successive notificazioni sono state eseguite nel luogo in cui il primo atto è stato regolarmente notificato, id est al domicilio della sorella. 3.2. Né è revocabile in dubbio che debba ritenersi ritualmente compiuta e dunque perfezionata la prima notifica ricevuta a mani dal B. , sebbene rifiutatosi di apporre la firma sulla relata di notifica. Va notato che, a norma dell’art. 157, comma 1, cod. proc. pen., salvo il caso in cui vi sia stata la dichiarazione o l’elezione di domicilio ex dagli artt. 161 e 162 , la prima notificazione all’imputato non detenuto è eseguita mediante consegna di copia alla persona , id est a mani proprie del medesimo, ovvero quando ciò non sia possibile - con le modalità alternative ed equipollenti previste dai successivi commi. Risulta di tutta evidenza come il codice di rito individui nella consegna di copia alla persona la forma privilegiata di notificazione, in quanto suscettibile di assicurare la conoscenza effettiva dell’atto notificato. D’altra parte, secondo il chiaro disposto dell’art. 168 cod. proc. pen. che disciplina le operazioni materiali di notificazione , salvo il caso di notifica a persona convivente, al portiere o a chi ne fa le veci prevista dall’art. 157, comma 6 , l’ufficiale giudiziario che procede alla notificazione è tenuto a scrivere, in calce all’originale e alla copia notificata, la relazione in cui indica l’autorità o la parte privata richiedente, le ricerche effettuate, le generalità della persona alla quale è stata consegnata la copia, i suoi rapporti con il destinatario, le funzioni o le mansioni da essa svolte, il luogo e la data della consegna della copia, apponendo la propria sottoscrizione. Coerentemente, l’art. 171 cod. proc. pen. prevede che la notificazione sia nulla - fra le altre cause - quando nella relazione della copia notificata manca la sottoscrizione di chi l’ha eseguita lett. c e se sull’originale dell’atto notificato manca la sottoscrizione della persona ex art. 157, comma 3 lett. g . Nessuna norma del codice di rito prevede la sottoscrizione dell’imputato destinatario dell’atto sulla relata di notifica quale condizione di validità della notifica stessa. Se ne inferisce - in un sistema improntato al principio di tassatività delle nullità - che alcun vizio processuale può discendere dalla circostanza che B. abbia omesso di apporre la propria firma sulla relata di notifica per di più in assenza di una specifica indicazione di un motivo a spiegazione del proprio rifiuto . 3.3. Ineccepibile risulta, infine, il passaggio argomentativo col quale la Corte territoriale ha stimato rituale la celebrazione del processo in assenza dell’imputato. Come correttamente rilevato dal Collegio di merito, nella specie, si versa pacificamente nell’ipotesi contemplata dall’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen., là dove risulta con certezza che l’imputato assente era a conoscenza del procedimento o si era comunque volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo come testé notato, B. aveva ricevuto la notifica dell’avviso ex art. 415-bis a mani proprie e, come aggiunto dal Giudice a quo, l’imputato - sentito dal perito d’ufficio - aveva dichiarato di essere a conoscenza del processo a suo carico. 4. Gli ulteriori tre motivi, oltre a riprodurre identiche deduzioni mosse in appello, risultano palesemente destituiti di fondamento. 4.1. In primo luogo, la Corte ha rimarcato, con motivazione ineccepibile, come il perito nominato d’ufficio abbia escluso un peggioramento delle condizioni psichiatriche del B. , espressamente confermandone la capacità di stare in giudizio v. pagina 5 della sentenza impugnata . 4.2. In secondo luogo, il Collegio ha illustrato, con motivazione puntuale e scevra da illogicità manifesta, le ragioni per le quali il giudice di primo grado abbia correttamente applicato la pena non sul minimo edittale - sia pure in termini contenuti - ed abbia disposto la riduzione per le circostanze attenuanti generiche non sul massimo previsto v. pagina 5 della sentenza impugnata . 4.3. Con considerazioni altrettanto immuni da vizi logico giuridici, il Giudice a quo ha formulato una prognosi sul rischio di recidivanza e di idoneità/necessità della misura della libertà vigilata, allo scopo di garantire che il ricorrente continui le cure v. pagina 5 della sentenza impugnata . 4.4. A fronte della linearità e della logica conseguenzialità che caratterizzano la scansione delle sequenze motivazionali dell’impugnata decisione in ordine ai profili investiti dal gravame, le doglianze mosse col ricorso dinanzi a questa Corte si appalesano volte, non a censurare mancanze argomentative ed illogicità ictu oculi percepibili, bensì ad ottenere un sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dal Giudice di appello, sindacato non consentito nella sede di legittimità ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074 . 5. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in duemila Euro. 5.1. Il ricorrente deve essere altresì condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili ammesse al patrocinio a spese dello stato, nella misura che sarà separatamente liquidata, disponendo il pagamento di tali spese in favore dello Stato. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello stato, nella misura che sarà separatamente liquidata, disponendo il pagamento di tali spese in favore dello Stato.