Punita l’imprudenza del ciclista che investì un pedone

La condotta del ciclista che, in violazione del principio informatore della circolazione stradale di cui all’art. 140 c.d.s., investe un pedone è riconducibile alla fattispecie di reato di lesioni personali colpose.

La condanna è stata confermata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 12635/18, depositata il 19 marzo. Il fatto. Un ciclista veniva dichiarato colpevole del reato di lesioni colpose per aver investito un anziano pedone che, colpito di spalle dalla bicicletta al termine di una leggera discesa in curva, nonostante stesse percorrendo la strada sulla propria destra, rovinava a terra riportando lesioni guaribili in 20 giorni. La pronuncia viene impugnata con ricorso per cassazione. Comportamento dell’utente della strada. Il Collegio condivide in primo luogo l’argomentazione con cui il Giudice di Pace, prima, e il Tribunale poi, hanno collocato il comportamento del ricorrente nell’ambito dell’art. 140 c.d.s. che impone agli utenti della strada una condotta tale da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale . Si tratta di una responsabilità per colpa generica dovuta ad imprudenza e negligenza in quanto l’utente della strada ha l’obbligo di ispezionare costantemente la strada e adeguare la velocità alle condizioni oggettive della strada e del traffico in modo da potersi arrestare in sicurezza di fronte ad un ostacolo prevedibile. Nel caso di investimento di un pedone, la giurisprudenza esclude la colpa dell’investitore solo nel caso in cui risulti la condizione oggettiva dell’impossibilità di avvistamento del pedone, circostanza nel caso di specie non riscontrata. In conclusione la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 dicembre 2017 – 19 marzo 2018, n. 12635 Presidente Ciampi – Relatore Ranaldi Fatto e diritto 1. Con sentenza del 13.1.2017 il Tribunale di Imperia ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Imperia che ha dichiarato G.M. colpevole del reato di lesioni colpose, per avere l’imputato, alla guida della propria bicicletta, investito il pedone C.C. , che nell’occorso cadeva a terra e riportava lesioni personali giudicate guaribili in 20 giorni. Secondo la ricostruzione del giudice di merito l’anziana persona offesa stava percorrendo sulla propria destra, attaccata al muro, una strada carrozzabile secondaria, priva di marciapiede, ed arrivato al fondo di una leggera discesa in curva veniva violentemente investita alle spalle da un ciclista che lo gettava a terra. La condotta colposa del prevenuto veniva individuata nella violazione dell’art. 140 cod. strada e nella imprudenza e negligenza di non aver costantemente ispezionato la sede stradale e regolato adeguatamente la velocità alle condizioni oggettive della strada e del traffico, onde arrestarsi in sicurezza di fronte ad ogni ostacolo prevedibile. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore, articolando due motivi, di seguito sinteticamente illustrati. I Vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata ricostruito il fatto basandosi esclusivamente sul racconto della persona offesa e per aver ritenuto l’assenza di risultanze di segno contrario. Deduce invece che le risultanze di segno contrario sono costituite dalle dichiarazioni di segno opposto rese dall’imputato e dalla sentenza n. 174/2013 emessa dal Giudice di pace di Imperia nel parallelo procedimento penale che ha riconosciuto la penale responsabilità del C. per la stessa vicenda. II Vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche. Deduce che il giudicante si è limitato ad affermare che la sola incensuratezza non giustifica il riconoscimento dell’attenuante, ma ha omesso di considerare il concorso di colpa del pedone, che ai sensi dell’art. 190 cod. strada, trattandosi di strada priva di marciapiede collocata fuori dal centro abitato, avrebbe dovuto camminare sulla sinistra ed il fatto che l’imputato ha immediatamente prestato soccorso al C. , come riconosciuto in sentenza. 3. Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato. 4. Quanto al primo motivo, il giudice ha adeguatamente motivato la responsabilità del prevenuto sulla scorta di profili di colpa generica dovuta ad imprudenza e negligenza, richiamando l’obbligo a carico del prevenuto ad ispezionare costantemente la sede stradale e regolare adeguatamente la velocità alle condizioni oggettive della strada e del traffico, onde arrestarsi in sicurezza di fronte ad ogni ostacolo prevedibile. Con riguardo all’investimento del pedone, la sentenza impugnata ha correttamente riaffermato il principio che vale ad escludere la colpa dell’investitore soltanto una condizione di oggettiva impossibilità di avvistamento del pedone, nel caso non riscontrata. Peraltro, il giudice ha evidenziato che nel distinto procedimento scaturito dalla querela del G. per lesioni ai propri danni, il Tribunale, in riforma della prima pronuncia, ha assolto il C. da qualsivoglia responsabilità nella causazione del sinistro. 5. Quanto alla seconda doglianza sulle attenuanti generiche, è appena il caso di rilevare che le stesse non sono state concesse per assenza di elementi positivi in favore dell’imputato, al di là della sua incensuratezza, e per il prevalente rilievo negativo attribuito alla circostanza che a distanza di anni dal fatto, e nonostante l’entità delle lesioni subite dalla vittima, l’imputato non ha ancora erogato alcun risarcimento a favore del C. . Trattasi di una ponderata valutazione di merito, congrua e non manifestamente illogica, come tale insindacabile nella presente sede di legittimità. 6. Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte cost. sent. n. 186/2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.