Il giudicato cautelare reale ancora all’esame delle Sezioni Unite

Quando mancano fatti sopravvenuti ed in caso di omessa istanza di riesame” ex art. 324 c.p.p. nel termine di dieci giorni dall’esecuzione avverso una misura cautelare reale, è comunque proponibile istanza di revoca” per mancanza dei presupposti fondativi della misura, ai sensi dell’art. 321, terzo comma, c.p.p.?

Così la Cassazione, sez. III Penale, n. 11935/2018, depositata il 15 marzo. Il dubbio processuale quali limiti all’impugnativa dell’ordinanza genetica. Per fatti di evasione fiscale – in specie di dichiarazione infedele, di omesso versamento dell’IVA e di indebita compensazione ex artt. 4, 10- ter e quater d.lgs. n. 74/2000 – veniva mosso sequestro preventivo nei confronti di una società sorta per scissione dalle ceneri di quella amministrata dagli imputati ed i cui difensori omettevano di avanzare istanza di riesame ai sensi dell’art. 324 c.p.p., nei tempi di 10 giorni dall’esecuzione della misura. Nello specifico, la difesa della società i cui beni erano stati oggetto di sequestro preventivo lamentavano l’inoperatività del principio di solidarietà ex art. 173 T.U.I.R. fra le società scisse agli effetti penali e del profitto del reato tributario, con conseguente caducazione della misura. Si trattava di censura attinente alla misura genetica disposta – al c.d. fumus dell’ordinanza appellata -, specificamente omessa per la mancata proposizione del riesame e per la prima volta avanzata con istanza di revoca ex art. 321, comma 3, c.p.p In breve, il dubbio mosso alle Sezioni Unite concerne la possibilità per il sottoposto a misura cautelare reale di poter far valere motivi non nuovi attinenti ai presupposti fondativi della misura ablativa, anche in caso di mancata tempestiva istanza di riesame ai sensi dell’art. 324 c.p.p La soluzione più rigorista. Il Tribunale del riesame poi adito avverso il rigetto dell’istanza di revoca sosteneva la soluzione più rigorista non sarebbe stato più possibile per il sottoposto a misura reale recuperare il gravame omesso – anche in sede di appello cautelare avverso il rigetto dell’istanza di revoca -, salva la sopravvenienza di elementi nuovi o di circostanze preesistenti e successivamente emerse – ipotesi qui non verificate -. Viene sostenuto un criterio funzionale, la legittimità ed il merito della misura emessa possono essere fatte valere solo con il mezzo ordinario del riesame e nei tempi perentoriamente previsti. Solo la mutazione della cornice processuale – nell’accezione sia oggettiva che soggettiva in ordine ai requisiti di legittimità delle misure cautelari - consente il recupero del sindacato sulla misura a mezzo di istanza di revoca ex art. 321 c.p.p La soluzione pare più ovviamente congeniale ad esigenze di economia processuale - dunque più volte praticata dai giudici – ed affine alla valorizzazione dei termini perentori previsti ex art. 324 c.p.p La tesi meno rigorista e più volte sconfessata delle Sezioni Unite. Il precedente specifico è costituito dalle Sezioni Unite della Cassazione n. 29952/04 – da cui si è registrato più di uno scostamento giurisprudenziale di merito e di legittimità - le quali negavano la sussistenza di un giudicato cautelare implicito sui presupposti fondativi della misura, pur nel caso di omessa impugnazione dell’ordinanza genetica e di assenza di fatti sopravvenuti. Di fatto, l’istanza di revoca non costituisce mezzo di impugnazione e non soffrirebbe di preclusioni processuali derivanti da altre impugnazioni omesse. La stessa formulazione letterale dell’art. 321, comma III, c.p.p. parrebbe – mediante utilizzo della locuzione anche per fatti sopravvenuti” – consentire l’esame dell’ordinanza genetica della misura pur nel caso in cui manchino circostanze nuove da poter rilevare.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, ordinanza 13 – 15 marzo 2018, n. 11935 Presidente Savani – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza 21.09.2017, il tribunale del riesame di Latina dichiarava inammissibile l’appello proposto in data 17.07.2017 avverso l’ordinanza del GIP/tribunale 7.07.2017 che aveva rigettato l’istanza di revoca del sequestro preventivo delle somme di denaro sequestrate nei confronti della EDIL NOEMI GROUP S.R.L. nel procedimento pendente nei confronti di D.M. e F.M., n.q. di amministratori della società predetta, indagati per i reati di cui agli artt. 4, 10-ter e 10-quater, d.lgs. n. 74 del 2000 giova precisare, per migliore intelligibilità dell’impugnazione, che la misura cautelare reale era stata disposta con decreto del GIP/tribunale dell’1.03.2017 avente ad oggetto la somma di Euro 3.133.738,94, quale profitto dei predetti reati, ricadente su somme di denaro, altri beni mobili o immobili riconducibili alla società EDIL NOEMI GROUP S.R.L. ed EDIL NOEMI in via sussidiaria, della somma di Euro 2.801.155,26 a carico di D.M., quale profitto del reato derivante dal capo b , della somma di Euro 332.584,68 a carico di F.M. quale profitto del reato derivante dal capo c . 2. Ha proposto ricorso per cassazione la parte ricorrente, a mezzo del difensore di fiducia iscritto all’albo speciale ex art. 613, c.p.p., deducendo un unico, articolato, motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Deduce il ricorrente violazione di legge ai sensi dell’art. 606, lett. b , cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125, co. 3, 321, co. 3 e 322-bis, c.p.p. Premesso di interporre ricorso nell’interesse della EDIL NOEMI GROUP S.R.L., soggetto estraneo al procedimento penale, avente diritto alla restituzione dei beni sequestrati, sostiene la difesa che sarebbe erronea l’ordinanza impugnata laddove ha dichiarato inammissibile l’impugnazione avverso il rigetto dell’istanza di revoca del sequestro preventivo fondata sulla mancanza dei presupposti legittimanti l’adozione della misura a titolo originario e non già su circostanze sopravvenute o su circostanze preesistenti, ma successivamente emerse, atteso che si sarebbe trattato di doglianze da sollevarsi con istanza di riesame del provvedimento genetico i giudici del riesame avrebbero dichiarato ai aderire all’indirizzo sostenuto della più recente giurisprudenza che, disattendendo un precedente delle Sezioni Unite di questa Corte, ritiene che il controllo sulla sussistenza del fumus è riservato alla fase del riesame con conseguente inammissibilità della deduzione per la prima volta in sede di appello cautelare di censure attinenti ai profili genetici della misura si tratterebbe di motivazione censurabile in diritto, essendosi la stessa risolta in una condivisione alla ratio ed alle argomentazioni espresse dalla giurisprudenza richiamata che, asserisce il difensore, sarebbe priva a sua volta di qualsiasi supporto motivazionale circa la preferenza accordata a quello incline ad escludere l’ammissibilità in sede di appello di censure pertinenti la legittimità del provvedimento genetico della misura nel ribadire la correttezza del principio opposto, diversamente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 29952/2004, sostiene la difesa della ricorrente che tale omissione motivazionale inficerebbe la legittimità dell’ordinanza impugnata, in quanto sarebbe stato necessario che il tribunale esplicitasse le ragioni per cui riteneva di discostarsi dal principio affermato dalle Sezioni Unite per aderire ad un diverso indirizzo, peraltro privo di argomenti autonomi si sostiene, inoltre, che l’ordinanza impugnata sarebbe illegittima anche nel merito, non essendo individuabili nella giurisprudenza richiamata argomenti tali da superare quanto diversamente sostenuto in senso favorevole al ricorrente dalle Sezioni Unite di questa Corte, svolgendo sul punto v. in particolare, pag. 5/6 del ricorso alcune osservazioni in diritto a sostegno della correttezza della tesi difensiva infine, si sostiene che la questione posta al giudice del riesame riguardasse solo indirettamente la legittimità del titolo cautelare, concernendo invece un profilo afferente l’esecuzione del titolo poiché, infatti, si era eccepita l’estraneità della EDIL NOEMI GROUP S.R.L. ai reati ipotizzati, erroneamente l’ordinanza impugnata aveva ritenuto che con l’istanza di revoca del sequestro preventivo fossero state dedotte questioni inerenti l’esistenza del fumus, in quanto in realtà di trattava di censura attinente l’esecuzione del provvedimento, contestandosi l’estraneità dell’organismo economico attinto dal provvedimento di ciò vi sarebbe conferma nella decreto di sequestro che non conteneva alcun cenno all’estensibilità degli effetti nei confronti del patrimonio della società scindenda . 3. Con memoria depositata presso la cancelleria di questa Corte in data 23.02.2018, la difesa della ricorrente EDIL NOEMI GROUP S.R.L., nell’insistere sulla fondatezza del ricorso, chiede l’annullamento dell’impugnata ordinanza, aggiungendo che l’arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite sarebbe stato di recente ribadito da altra decisione di questa Corte di cui riporta gli estremi, osservando, in ogni caso, che ove si ritenesse di disattendere il principio di diritto elaborato dalle sezioni Unite, occorrerebbe rimettere nuovamente la questione alle Sezioni Unite, in base al disposto dell’art. 618, co. 1-bis, c.p.p Considerato in diritto 4. Ritiene il Collegio che la verifica della fondatezza delle doglianze difensive dipende dalla soluzione della seguente questione giuridica, sulla quale, peraltro, si registra un attuale contrasto giurisprudenziale se la mancata tempestiva proposizione, da parte dell’interessato, della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale, legittimi il tribunale del riesame a dichiarare inammissibile il successivo appello cautelare non fondato su elementi nuovi ma su argomenti tendenti a dimostrare, sulla base di elementi già esistenti, la mancanza delle condizioni di applicabilità della misura . 5. Ed invero, le doglianze del ricorrente, ove si seguisse l’indirizzo giurisprudenziale cui ha aderito il tribunale del riesame, dovrebbero essere considerate infondate, avendo il tribunale del riesame correttamente rilevato che le censure mosse in sede di istanza di revoca del sequestro attingevano la sussistenza dei presupposti che avevano legittimato l’adozione dell’originaria misura cautelare e che avrebbero dovuto formare oggetto di istanza di riesame, tenuto conto delle argomentazioni sviluppate quali l’estraneità della EDIL NOEMI GROUP S.R.L., organismo economico sorto a seguito della scissione della EDIL NOEMI S.R.L., alle ipotesi di illeciti penal-tributari contestati agli amministratori di quest’ultima società, nonché l’inoperatività del principio di solidarietà di cui all’art. 173 TUIR rispetto al sequestro preventivo del profitto del reato tributario che, come correttamente osservato dal tribunale, non costituiscono elementi nuovi ma tendono a dimostrare, sulla base di elementi già esistenti, la mancanza delle condizioni di applicabilità della misura sulle somme di denaro sequestrate alla EDIL NOEMI GROUP S.R.L. I giudici del riesame, pertanto, mostrano di condividere l’orientamento giurisprudenziale espresso da plurime decisioni di questa Corte, i cui estremi sono richiamati in ricorso, secondo cui nel giudizio di appello proposto avverso un decreto di sequestro preventivo possono essere dedotte solo questioni diverse da quelle relative alla legittimità dell’imposizione del vincolo, attinenti alla persistenza delle ragioni che giustificano il mantenimento della misura, mentre il riscontro del fumus delicti è riservato alla fase del riesame. Ne consegue l’inammissibilità del gravame che deduca per la prima volta in sede di appello motivi inerenti unicamente alla carenza, nel momento genetico della misura, delle condizioni previste dall’art. 321 cod. proc. pen. v., tra le tante Sez. 5, n. 31725 del 22/04/2015 - dep. 21/07/2015, Capelli, Rv. 265303 . 6. Al cospetto di tale apparato argomentativo, le doglianze del ricorrente si appa-leserebbero dunque infondate. Anzitutto, la censura di omessa motivazione che renderebbe sindacabile ex art. 325 c.p.p. il vizio di violazione di legge da parte di questa Corte, atteso che la circostanza di richiamare, condividendolo, l’orientamento giurisprudenziale difforme da quello di cui è espressione la decisione delle Sezioni Unite Romagnoli, non può certamente legittimare una censura di deficit motivazionale, considerato il principio di sinteticità che deve informare gli atti processuali che consente al giudice di merito, in presenza di diversi orientamenti giurisprudenziali, di richiamare quello ritenuto maggiormente condivisibile, essendo del resto limitato per legge l’obbligo di disporre la rimessione della questione alle Sezioni Unite alla sola sezione semplice della Corte di Cassazione che intenda disattendere un orientamento delle Sezioni Unite e ben potendo, quindi, i giudici di merito aderire ad uno piuttosto che ad altro orientamento di legittimità, anche limitandosi a condividere le opposte argomentazioni, spettando per legge la funzione nomofilattica esclusivamente a questa Corte Suprema. Né, del resto, potrebbe tacciarsi di omessa motivazione l’ordinanza impugnata per aver richiamato quelle decisioni che sostengono l’orientamento giurisprudenziale non condiviso dalla parte ricorrente, per l’asserita mancanza di motivazione delle sentenze di questa Corte che ne sono espressione, atteso che l’obbligo della motivazione deve ritenersi assolto allorché il giudice indichi il principio di diritto applicato ed esprima la propria adesione ad esso, ritenendo, anche per implicito, che non esistano ragioni che giustifichino una deviazione da indirizzi giurisprudenziali costituenti ius receptum Sez. U, n. 17 del 19/06/1996 - dep. 24/07/1996, Puglia, Rv. 205338 . E, nel caso di specie, il giudice del riesame ha ritenuto che la giurisprudenza formatasi successivamente all’arresto delle Sezioni Unite Romagnoli, risalente al 2004, fosse stato superato dalla giurisprudenza successiva, condividendo la ratio e le argomentazioni di quest’ultima. 7. Analogamente la doglianza di illegittimità per aver nel merito il tribunale ritenuto attinente al fumus anziché alla fase dell’esecuzione della misura la questione dedotta dalla difesa in sede di istanza di revoca del sequestro preventivo è del tutto priva di pregio, tenuto conto delle argomentazioni sviluppate quali l’estraneità della EDIL NOEMI GROUP S.R.L., organismo economico sorto a seguito della scissione della EDIL NOEMI S.R.L., alle ipotesi di illeciti penai-tributari contestati agli amministratori di quest’ultima società, nonché l’inoperatività del principio di solidarietà di cui all’art. 173 TUIR rispetto al sequestro preventivo del profitto del reato tributario che, come correttamente osservato dal tribunale, non costituiscono elementi nuovi ma tendono a dimostrare, sulla base di elementi già esistenti, la mancanza delle condizioni di applicabilità della misura sulle somme di denaro sequestrate alla EDIL NOEMI GROUP S.R.L Ed invero, non v’è dubbio che oggetto della valutazione nel sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. non sono gli indizi di colpevolezza ma soltanto l’astratta configurabilità del reato ipotizzato - cosiddetto fumus delicti sicché anche la questione dell’estraneità della EDIL NOEMI GROUP S.R.L., organismo economico sorto a seguito della scissione della EDIL NOEMI S.R.L., alle ipotesi di illeciti penal-tributari contestati agli amministratori di quest’ultima società, nonché l’inoperatività del principio di solidarietà di cui all’art. 173 TUIR rispetto al sequestro preventivo del profitto del reato tributario, è questione incidente sull’astratta configurabilità del reato, che è requisito essenziale per l’applicabilità delle misure cautelari reali, dunque attinente al fumus. 8. Ritiene, tuttavia, il Collegio di dover rimettere la questione alle Sezioni Unite di questa Corte atteso il contrasto giurisprudenziale formatosi nella giurisprudenza di legittimità successivamente all’arresto delle Sezioni Unite Romagnoli secondo cui la mancata tempestiva proposizione, da parte dell’interessato, della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale non ne preclude la revoca per la mancanza delle condizioni di applicabilità, neanche in assenza di fatti sopravvenuti Sez. U, n. 29952 del 24/05/2004 - dep. 09/07/2004, C. fall. in proc.Romagnoli, Rv. 228117 , cui si richiama dichiaratamente la parte ricorrente e che non è invece condivisa dal tribunale del riesame. A fronte infatti di decisioni conformi al predetto arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite oltre alla già richiamata sentenza delle Sezioni Unite, si segnalano, sempre in senso conforme Sez. 5, n. 3838 del 20/10/2016 - dep. 25/01/2017, Gambini, Rv. 269086 Sez. 3, n. 32707 del 07/04/2015 - dep. 27/07/2015, Mandrillo, Rv. 264730 Sez. 1, n. 19504 del 05/02/2014 - dep. 12/05/2014, Costantino, Rv. 263402 Sez. 3, n. 23641 del 20/12/2012 - dep. 31/05/2013, La voglia soc. Ltd., Rv. 256155 Sez. 2, n. 17201 del 20/04/2012 - dep. 09/05/2012, Scognamiglio, Rv. 252817 Sez. 5, n. 40281 del 19/10/2005 - dep. 08/11/2005, Notdurfter, Rv. 232798 Sez. 5, n. 28437 del 10/06/2004 - dep. 24/06/2004, Artale, Rv. 228897 , si registrano decisioni che sono invece espressione del contrario orientamento secondo cui nel giudizio di appello proposto avverso un decreto di sequestro preventivo possono essere dedotte solo questioni diverse da quelle relative alla legittimità dell’imposizione del vincolo, attinenti alla persistenza delle ragioni che giustificano il mantenimento della misura, mentre il riscontro del fumus delicti è riservato alla fase del riesame. Ne consegue l’inammissibilità del gravame che deduca per la prima volta in sede di appello motivi inerenti unicamente alla carenza, nel momento genetico della misura, delle condizioni previste dall’art. 321 cod. proc. pen. Sez. 5, n. 31725 del 22/04/2015 - dep. 21/07/2015, Capelli, Rv. 265303 Sez. 6, n. 5016 del 26/10/2011 - dep. 09/02/2012, Grillo, Rv. 251783 Sez. 3, n. 17364 del 08/03/2007 - dep. 08/05/2007, Iannotta, Rv. 236602 Sez. 3, n. 29234 del 11/06/2003 - dep. 11/07/2003, Carella, Rv. 226353 . 9. Per completezza, da ultimo, si rappresenta - al fine di evidenziare la circostanza che si tratta di contrasto giurisprudenziale attuale - che lo stesso è stato segnalato dall’Ufficio del Massimario di questa Corte Rel. n. 49/17 del 15 giugno 2017 , che, traendo spunto dalla già citata sentenza Gambini - la quale si uniforma al principio di diritto espresso dalle richiamate Sezioni Unite -, opera una sintesi ragionata degli orientamenti contrapposti, segnalando la persistenza del contrasto giurisprudenziale sulla questione. 10. Il ricorso deve pertanto essere rimesso alle Sezioni Unite, dipendendone l’esito dalla soluzione della seguente questione giuridica controversa se la mancata tempestiva proposizione, da parte dell’interessato, della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale, legittimi il tribunale del riesame a dichiarare inammissibile il successivo appello cautelare non fondato su elementi nuovi ma su argomenti tendenti a dimostrare, sulla base di elementi già esistenti, la mancanza delle condizioni di applicabilità della misura . P.Q.M. La Corte rimette il ricorso alle Sezioni Unite.