Quando si configura la circostanza aggravante della destrezza?

La circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l’agente abbia posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla res, non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10119/2018, depositata il 6 marzo. Il caso. La Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza con cui il Tribunale monocratico di Nola aveva affermato la penale responsabilità di L.P.L. e C.C. per il reato di furto aggravato – in particolare, ex artt. 624, 625 n. 2, 4 e 7 c.p. – poiché, in concorso tra loro, con violenza sulle cose e con destrezza consistite nel rompere e manomettere il blocco di accensione del motoveicolo di proprietà di D.B.R. e nell’asportare lo stesso trainandolo mediante una autovettura, si impossessavano del mezzo sottraendolo al legittimo proprietario. Avverso la statuizione di condanna entrambi gli imputati ricorrevano per Cassazione. In primis deducevano vizio motivazionale, anche sotto il profilo del travisamento della prova, rilevando che, differentemente da quanto affermato in sentenza, gli stessi non erano stati arrestati in flagranza, circostanza questa di fondamentale importanza al fine di verificare l’effettività e la verosimiglianza dell’asserito riconoscimento effettuato da parte della polizia giudiziaria. In secundis, violazione di legge in relazione all’aggravante di cui al comma quarto dell’articolo 625 del codice penale, evidenziando l’inconfigurabilità della stessa, erroneamente ritenuta sussistente da parte dei Giudici di merito sul solo presupposto fattuale dell’avere gli imputati approfittato dell’allontanamento del proprietario dal veicolo oggetto di furto. La coincidente ricostruzione del fatto in entrambe le sentenze di merito sana il vizio motivazionale. Per ciò che concerne il primo motivo di ricorso, la Suprema Corte ha chiarito come in entrambe le sentenze di merito la ricostruzione del fatto storico risulti assolutamente coincidente in particolare, gli operanti si erano portati a breve distanza dagli imputati e li avevano osservati nella loro operazione di traino, con conseguente certezza del riconoscimento in tale contesto effettuato. Donde, la perfetta coincidenza della ricostruzione de qua tra le due conformi statuizioni di condanna, anche relativamente all’immediato riconoscimento degli imputati da parte delle forze dell’ordine, rende evidentemente del tutto ininfluente la circostanza che i due ricorrenti non fossero stati tratti in arresto in flagranza, come invece – erroneamente – indicato nella sentenza della Corte di Appello. La circostanza aggravante della destrezza. Fondata, invece, è stata valutata la doglianza difensiva di cui al secondo motivo di ricorso. In effetti, affermano i Supremi Giudici, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di furto, la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l’agente abbia posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla res, non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo. Pertanto, conclude la Corte Regolatrice, nel caso de quo deve escludersi la sussistenza dell’aggravante di aver commesso il fatto con destrezza, apparendo evidente come i ricorrenti si siano limitati ad approfittare del temporaneo allontanamento, anche se per pochi minuti, del proprietario del motociclo dal luogo dove lo aveva parcheggiato, senza aver posto in essere alcuna condotta volta a provocare l’allontanamento dello stesso o ad altrimenti determinare l’elusione della sorveglianza da parte della persona offesa. Per tali motivi, stante l’accoglimento del presente motivo di ricorso, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rinviando ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli per la nuova determinazione della pena.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 gennaio – 6 marzo 2018, n. 10119 Presidente Bruno – Relatore Catena Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Nola in composizione monocratica in data 22/12/2015, con cui L.P.L. e C.C. erano stati condannati a pena di giustizia in relazione al delitto di cui agli artt. 110, 624, 625 n. 2, 4, 7, cod. pen., poiché, in concorso ed unione tra loro, con violenza sulle cose e con destrezza - consistite nel rompere e manomettere il blocco di accensione del Piaggio Beverly targato di proprietà di D.B.R. , e nell’asportare il motociclo, trainandolo sino al comune di Napoli con la Fiat Panda tg. condotta da L.P. , alla quale il C. , alla guida del motociclo, si teneva attaccato con le mani - si impossessavano del predetto motociclo Piaggio Beverly, sottraendolo al predetto legittimo proprietario che l’aveva parcheggiato sulla pubblica via omissis in , accertato in omissis con la recidiva reiterata, specifica, infraquinquennale per L.P. con la recidiva specifica infraquinquennale per C. . 2. Con ricorso depositato in data 20/01/2017 C.C. e L.P.L. ricorrono, a mezzo del difensore di fiducia Avv.to Gianfranco Rossi, per 2.1. vizio di motivazione, ex art. 606, lett. e , cod. proc. pen., anche sotto l’aspetto del travisamento della prova, atteso che gli imputati, a differenza di quanto affermato nella sentenza impugnata, non erano stati arrestati in flagranza, circostanza, peraltro, evidenziata anche dalla sentenza di primo grado, e dirimente al fine di verificare il riconoscimento effettuato dalla P.G., che aveva testualmente affermato che gli inseguiti avevano un considerevole vantaggio, il che contrasterebbe con la circostanza affermata dalla sentenza impugnata, secondo cui, al contrario, gli operanti si erano portati a breve distanza dagli imputati, avendoli potuti osservare mentre effettuavano le operazioni di traino ne deriva che il notevole spazio temporale trascorso tra il furto del ciclomotore ed il suo rinvenimento avrebbe dovuto impedire di ritenere provata la responsabilità degli imputati al di là di ogni ragionevole dubbio 2.2. violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, lett. b , cod. proc. pen., in riferimento all’art. 625 n. 4, cod. pen., attesa l’inconfigurabilità della contestata aggravante per il solo fatto dell’aver gli autori del furto approfittato dell’allontanamento del proprietario del veicolo. Considerato in diritto Il ricorso è fondato relativamente al secondo motivo. 1.La sentenza impugnata ha affermato che gli imputati erano stati tratti in arresto in flagranza, mentre erano intenti a trainare il motociclo, che era stato sottratto circa un’ora prima, e sottolineando che entrambi gli imputati erano stati riconosciuti dagli operanti, in quanto soggetti già noti per ragioni di ufficio. In particolare, la Corte di merito ha ricordato che gli operanti si erano portati a breve distanza dagli imputati, e li avevano osservati nella loro operazione di traino, con conseguente certezza del riconoscimento in tale contesto effettuato. Detta ricostruzione non sembra affatto contrastare con la motivazione della sentenza di primo grado che, a sua volta, ha ricordato che in data 15/11/2014, alle ore 14,45, personale del Commissariato P.S. di Ponticelli aveva notato, lungo la via omissis , un motociclo con un giovane a bordo, che era trainato da una vettura Fiat Panda, condotta da una seconda persona che teneva per la mano il conducente del motociclo gli operanti riconoscevano entrambe le persone, in quanto a loro già note, in L.P.L. , che si trovava a bordo dell’auto, ed in C.C. , che conduceva il motociclo. I due predetti, notata la presenza della vettura della Polizia, si davano alla fuga, il L.P. accelerando la corsa della vettura, ed il C. abbandonando il motociclo ed allontanandosi a piedi. Una volta recuperato il motociclo, si accertava che lo stesso era intestato a D.B.R. , il quale sporgeva denuncia di furto, affermando di aver lasciato il veicolo parcheggiato, regolarmente chiuso, alla via omissis e, dopo circa dieci minuti, non lo aveva più rinvenuto. La perfetta coincidenza nella ricostruzione del fatto storico tra le due sentenze di merito, anche in relazione all’immediato riconoscimento degli imputati da parte delle Forze dell’ordine, rende evidentemente del tutto ininfluente la circostanza che i due ricorrenti non fossero stati tratti in arresto in flagranza, come indicato nella sentenza della Corte territoriale. Il dato che, al contrario, emerge del tutto chiaro, come detto, riguarda l’inequivoco riconoscimento degli imputato da parte degli operanti, circostanza sulla quale la motivazione della sentenza impugnata, come integrata da quella di primo grado, appare del tutto immune da censure logiche. Evidentemente inammissibile appare, pertanto, il motivo di gravame, tendente ad una ricostruzione alternativa del fatto, opzione assolutamente esclusa dal perimetro del giudizio di legittimità. 2. Fondato appare, invece, come detto, il secondo motivo di ricorso. Alla luce della sentenza delle Sez. U, n. 34090 del 27/04/2017, Quarticelli, Rv. 270088 - secondo cui In tema di furto, la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l’agente abbia posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla res, non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo. - deve escludersi la sussistenza, nel caso di specie, della circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 4, cod. pen., apparendo del tutto evidente che i ricorrenti si fossero limitati ad approfittare del temporaneo allontanamento, seppure per pochi minuti, del proprietario del motociclo dal luogo dove lo aveva parcheggiato, senza aver posto in essere alcuna condotta volta a provocare l’allontanamento stesso o ad altrimenti determinare l’elusione della sorveglianza da parte della persona offesa. Ne discende, pertanto, previa esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 62 n. 4, cod. pen., l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli per la determinazione della pena, ai sensi dell’art. 623, lett. c , cod. proc. pen., non essendo possibile, da parte di questa Corte, determinare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito. La natura delle questioni trattate consente la redazione della motivazione in forma semplificata. P.Q.M. Esclusa l’aggravante di cui all’art. 625 n. 4, cod. pen., annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli per la determinazione della pena. Motivazione semplificata.