Procedibilità d’ufficio del reato di stalking

La querela è irrevocabile non solo in caso di minacce gravi e reiterate” ai sensi del quarto comma dell’art. 612-bis c.p. e di connessione processuale” del reato con altri perseguibili d’ufficio, ai sensi dell’art. 12 c.p.p La procedibilità d’ufficio del reato di stalking è dovuta anche nel caso di mero collegamento investigativo e materiale” con altri reati parimenti gravi e perseguibili d’ufficio, ai sensi dell’art. 371 c.p.p La giurisprudenza offre un’interpretazione estensiva della riforma dei reati persecutori ex legge n. 93/2013, nella direzione protettiva della vittima.

Così la Cassazione, quinta sez. penale, n. 9952/18, depositata il 5 marzo. Il fatto processuale una vicenda di diritto intertemporale. L’imputato veniva condannato per atti persecutori ai sensi dell’art. 612- bis c.p. a mezzo di una artefatta casella mail riferibile ad altro conoscente della persona offesa. Era stato invece assolto dalla contestazione di tentato accesso abusivo al sistema informatico della vittima, ai sensi degli artt. 56 e 615- ter c.p Nel corso del procedimento penale, anteriormente alla riforma sulla fattispecie di atti persecutori ex art. 612- bis c.p. avvenuta con l. n. 93/2013 – che introduceva un’ipotesi di irrevocabilità della querela, nel caso in cui le minacce protratte si fossero rivelate particolarmente afflittive nei confronti della vittima -, interveniva remissione della querela da parte della persona offesa, accettata dall’imputato. Di seguito – per l’applicazione alla norma processuale del principio del tempus regit actum - la difesa sosteneva l’estinzione del reato per cui successivamente alla riforma era intervenuta condanna. La disciplina della querela in caso di atti persecutori. Vista la casistica sostanziale e fenomenologica del reato, la diffusività delle condotte criminali e l’allarme sociale proprio delle condotte di stalking, le riforme dell’art. 612- bis c.p. hanno inteso garantire l’atto di querela e la sua remissione. In particolare viene previsto un termine lungo pari a 6 mesi per la proposizione della querela – al pari dei reati sessuali -, la remissione solo processuale della medesima – che la giurisprudenza consente di verificare pur nel caso di remissione depositata presso gli uffici dell’autorità di pubblica sicurezza – e l’irrevocabilità della medesima, in caso di minacce gravi, al fine di consentire l’accertamento del fatto di reato pur nei non isolati casi di costrizione o induzione alla remissione da parte del presunto reo. I casi di perseguibilità d’ufficio della fattispecie degli atti persecutori ex art. 612-bis c.p., oltre la remissione della querela. I Giudici di legittimità superano l’eccezione d’intervenuta remissione della querela, deducendo in punto di procedibilità d’ufficio del reato di atti persecutori, quando connesso ad ulteriori contestazioni a carico dell’imputato. In particolare il delitto di atti persecutori è procedibile d’ufficio quando ricorre l’ipotesi di connessione processuale prevista dall’ultimo comma dell’art. 612- bis c.p. ed il reato di atti persecutori è connesso – ai sensi dell’art. 12 c.p.p. - con altri per cui si debba procedere d’ufficio. Inoltre la procedibilità d’ufficio è dovuta anche in caso di mera connessione di tipo materiale o sostanziale, ossia quando l’indagine sul reato per cui si procede d’ufficio comporti necessariamente l’accertamento di quello condizionato a querela, si tratti di indagini funzionalmente collegate ai sensi dell’art. 371 c.p.p. e purchè siano state realmente avviate le indagini sul reato perseguibile d’ufficio.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 dicembre 2017 – 5 marzo 2018, n. 9952 Presidente Bruno – Relatore Scordamaglia Ritenuto in fatto 1. In parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trieste, che, in esito al giudizio abbreviato, aveva condannato V.L. per il delitto continuato di atti persecutori, commesso in danno di Vi.Ni. e di Vi.De. , tra il omissis e il omissis , nonché per i delitti di sostituzione di persona, di diffamazione e di tentato accesso abusivo al domicilio informatico di Vi.Ni. , la Corte di appello di Trieste assolveva l’imputato dal delitto di cui agli artt. 56 e 615-ter cod. pen. e lo proscioglieva dal delitto di cui all’art. 595 cod. pen., rideterminando la pena inflitta e confermando nel resto la sentenza appellata. 2. Propongono ricorso per cassazione personalmente l’imputato nonché il suo difensore, Avv. Ernesto Bardi, enunciando a sostegno della proposta impugnazione quattro motivi. 2.1. Il primo motivo denuncia il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 152 e 612-bis, comma 4, cod. pen. e 340 cod. proc. pen., avendo la Corte territoriale erroneamente omesso di considerare estinto il delitto di atti persecutori, in riferimento al fatto commesso il data 19 aprile 2012, per effetto della remissione di querela ritualmente presentata in data 27 aprile 2012 e accettata dall’imputato, e improcedibile lo stesso reato, per i fatti successivi al primo episodio, per difetto di querela. Invero, quanto al primo profilo, la remissione presentata alla polizia giudiziaria doveva ritenersi del tutto valida, perché anteriore all’entrata in vigore del d.l. n. 93 del 2013 e perché interpretata alla stregua di una remissione processuale dalla giurisprudenza di legittimità. 2.2. Il secondo motivo eccepisce il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 610 cod. pen. e 597, comma 3, cod. proc. pen., e il vizio di motivazione, sul rilievo che il giudice distrettuale, nel ritenere l’erroneità della decisione del primo giudice quanto all’assorbimento del delitto di violenza privata in quello di atti persecutori e nell’affermarne l’autonomia strutturale e giuridica, aveva violato il divieto di reformatio in peius nonché il principio del diritto dell’imputato ad essere tempestivamente informato della diversa deteriore qualificazione giuridica del fatto, allorché aveva tratto da tale operazione ermeneutica la conseguenza della procedibilità di ufficio del delitto di atti persecutori per connessione con il delitto di cui all’art. 610 cod. pen 2.3. Il terzo motivo deduce il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 494 e 612-bis, comma 4, cod. pen., e il vizio di motivazione, con riguardo al travisamento della prova in riferimento al delitto di sostituzione di persona, il quale, non potendosi riconoscere come esistente, non era suscettibile di costituire il delitto perseguibile ex officio cui ancorare la procedibilità secondo la stessa modalità dei delitti di atti persecutori commessi in danno di Vi.Ni. e della sorella De. . Vieppiù, quand’anche ritenuto sussistente, del delitto di cui all’art. 494 cod. pen. si doveva riconoscere la forma tentata, non essendo stato conseguito l’effetto di ingannare i destinatari dei messaggi di posta elettronica inviati da un indirizzo artefatto. 2.4. Il quarto motivo prospetta il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 125, comma 3, 597, comma 5, cod. proc. pen. e 62-bis cod. pen., e il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale omesso di esaminare il motivo di gravame relativo alla richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche o, comunque, per non averle concesse ex officio come prescritto dall’art. 597, comma 5, cod. proc. pen Considerato in diritto Il ricorso è infondato 1. È assorbente il terzo motivo di ricorso. 1.1. Invero, la deduzione di travisamento della prova, in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel valutare le evidenze processuali con riferimento al delitto di sostituzione di persona, sollecita, a ben vedere, una rinnovata disamina di elementi fattuali inibita al giudice di legittimità, ove la motivazione posta a corredo della decisione impugnata non sia ictu oculi contraddittoria o illogica situazione, questa, che di certo non ricorre nel caso censito Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 . E d’uopo, altresì, evidenziare che non compete neppure a questo giudice sindacare l’adeguatezza della motivazione rispetto ai risultati del procedimento probatorio, non essendo consentito, in questa sede, l’esame degli atti processuali, salva la prospettazione di una lettura talmente distorta del senso di una specifica prova da essere di per sé idonea a disarticolare l’intero ragionamento decisorio. Tuttavia, poiché tale peculiare profilo di decisività, non risulta né dall’impugnazione né dal testo della motivazione censurata, la doglianza siccome articolata deve essere respinta. 1.2. Ritenuto, pertanto, incontestabile il delitto di cui all’art. 494 cod. pen., commesso dal ricorrente allo scopo di attuare il disegno di ingerirsi illegittimamente nella sfera privata della persona offesa Vi.Ni. , molestata anche attraverso l’invio di messaggi di posta elettronica apparentemente provenienti dall’indirizzo di un amico, del quale era stata indebitamente utilizzata l’identità, nonché esposta al giudizio negativo altrui per effetto della parimenti indebita sostituzione dell’imputato alla sua persona, va riconosciuta la correttezza della decisione del giudice censurato in riferimento all’affermata perseguibilità ex officio, ai sensi dell’art. 612-bis, comma 4, cod. pen. del delitto di atti persecutori posto in essere nei confronti della indicata Vi. . È jus receptum, infatti, che il delitto di atti persecutori è procedibile d’ufficio se ricorre l’ipotesi di connessione prevista nell’ultimo comma dell’art. 612-bis cod. pen., la quale si verifica non solo quando vi è connessione in senso processuale art. 12 cod. proc. pen. , ma anche quando v’è connessione in senso materiale, cioè ogni qualvolta l’indagine sul reato perseguibile di ufficio comporti necessariamente l’accertamento di quello punibile a querela, in quanto siano investigati fatti commessi l’uno in occasione dell’altro, oppure l’uno per occultare l’altro oppure ancora in uno degli altri collegamenti investigativi indicati nell’art. 371 cod. proc. pen. e purché le indagini in ordine al reato perseguibile di ufficio siano state effettivamente avviate Sez. 5, n. 39758 del 03/02/2017, B., Rv. 270901 Sez. 1, n. 32787 del 24/06/2014, Perrone, Rv. 261429 Sez. 5, n. 14692 del 12/12/2012 - dep. 28/03/2013, P., Rv. 255438 . Poiché della sussistenza delle indicate condizioni la Corte di appello ha dato ampiamente atto nella motivazione della sentenza impugnata, il motivo sviluppato in punto di procedibilità del delitto di cui all’art. 612-bis, cod. pen., deve essere respinto e ciò con riguardo a tutti i fatti denunciati dalla parte offesa, posto che, secondo la linea ermeneutica di questa Corte, dalla quale il Collegio non intende discostarsi, nel delitto previsto dall’art. 612-bis cod. pen., che ha natura abituale, l’evento è il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso e la reiterazione degli atti considerati tipici costituisce elemento unificante ed essenziale della fattispecie, facendo assumere a tali atti un’autonoma ed unitaria offensività, in quanto è proprio dalla loro reiterazione che deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che, infine, degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme descritte dalla norma incriminatrice Sez. 5, n. 54920 del 08/06/2016, G, Rv. 269081 . 1.3. Non può essere neppure accolta l’eccezione di manifestazione del delitto di sostituzione di persona nella forma tentata, sollevata sul rilievo che le persone destinatarie dei messaggi di posta elettronica inviate dal V. non sarebbero rimaste ingannate dalla falsa identità del mittente. La deduzione, che sollecita invero argomentazioni di merito, sconta, comunque, il mancato confronto con il complesso motivazionale di entrambe le sentenze di merito, dal quale si evince che, soltanto a seguito di più accurate verifiche, rese necessarie dalla particolarità della modalità di corrispondenza, la Vi. e il suo amico scoprirono la reale identità del mittente dei messaggi pervenuti nelle loro caselle di posta elettronica. 2. Le considerazioni sviluppate esimono questa Corte dalla disamina dei rilievi censori sviluppati con il primo e il secondo motivo di ricorso. 3. Infondata è anche la doglianza che attinge la mancata concessione delle attenuanti generiche. L’impianto argomentativo sviluppato a corredo della sentenza impugnata depone per la correttezza della statuizione circa la mancata concessione delle circostanze di cui all’art. 62-bis cod. pen., avuto riguardo alle modalità delle condotte del ricorrente, particolarmente invasive della sfera privata della Vi.Ni. , alla loro durata e alla loro proiezione nei confronti di più persone anche Vi.De. , sorella della ex fidanzata . Inoltre, secondo la pacifica ermeneusi di questa Corte, se è vero che il giudice d’appello può legittimamente riconoscere le attenuanti generiche anche ex officio , tuttavia, il mancato esercizio di tale potere, eccezionalmente riconosciuto dall’art. 597, comma 5, cod. proc. pen., non è censurabile in cassazione, né è configurabile in proposito un obbligo di motivazione, in assenza di specifica richiesta nei motivi di appello, o nel corso del giudizio di secondo grado Sez. 5, n. 37569 del 08/07/2015, Tota e altro, Rv. 264552 Sez. 6, n. 6880 del 27/01/2010, Mezini, Rv. 246139 . 3. Dalle ragioni esposte consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente procedimento dovranno essere omessi i dati identificativi delle persone offese. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.