Frode assicurativa: anche la compagnia assicurativa che gestisce il sinistro può proporre querela

In tema di legittimazione a proporre querela per il reato di cui all’art. 642 c.p. Fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona , il diritto è riconosciuto sia alla compagnia assicuratrice che gestisce il sinistro che a quella debitrice, in quanto entrambe sono coinvolte, seppur in ruoli diversi, nella richiesta di risarcimento del danno.

Sul tema la sentenza della Corte di legittimità n. 9506/18, depositata il 2 marzo. Il fatto. La Corte d’Appello di Bologna confermava la condanna di prime cure inflitta all’imputato per il reato di cui all’art. 642 c.p. Fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona . Il difensore ricorre in Cassazione deducendo la carenza di procedibilità in quanto la querela era stata presentata dalla compagnia assicuratrice della controparte che non poteva essere considerata legittimata in tal senso. Querela. La giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di chiarire che, in tema di legittimazione a proporre querela per il reato di cui all’art. 642 c.p., il diritto è riconosciuto sia alla compagnia assicuratrice che gestisce il sinistro che a quella debitrice, in quanto entrambe sono coinvolte, seppur in ruoli diversi, nella richiesta di risarcimento del danno ed hanno dunque interesse alla corretta gestione del sinistro. In generale il soggetto titolare del diritto di querela viene individuato in colui che subisce la lesione dell’interesse penalmente protetto e ben possono coesistere più soggetti passivi di un singolo reato in relazione, appunto, alla titolarità del bene giuridico protetto. È il caso del reato previsto dall’art. 642 c.p. che tutela la genuinità dei rapporti assicurativi e si caratterizza quale reato plurioffensivo a consumazione anticipata in quanto prescinde dall’effettiva riscossione dell’indennizzo. Di conseguenza – afferma la Suprema Corte – soggetti passivi del reato vanno ritenute sia la compagnia gestionaria del sinistro, sia quella debitrice , in quanto la compagnia gestionaria del sinistro deve ritenersi legittimata a proporre querela proprio perché è ad essa che la falsa denuncia è inoltrata . Non trova dunque condivisione il motivo di ricorso che prospetta un vizio inerente la procedibilità. La Corte dichiara dunque l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 14 febbraio – 2 marzo 2018, n. 9506 Presidente Davigo – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Bologna confermava la condanna dell’imputato alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione per il reato previsto dall’art. 642 cod. pen 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato che deduceva 2.1. vizio di legge per carenza di condizione di procedibilità la querela non sarebbe stata presentata dalla persona offesa che doveva identificarsi nella compagnia assicuratrice legata da rapporto contrattuale con l’imputato ovvero la UGF e tenuta al risarcimento diretto pertanto non poteva considerarsi persona offesa la compagnia assicuratrice della controparte CREDITRAS s.p.a. che rivestirebbe la funzione di semplice danneggiata, non legittimata alla presentazione della querela 2.2. si deduceva altresì il decorso del termine di prescrizione alla data del 16 aprile 2017, essendo il reato contestato a consumazione anticipata, dunque perfetto alla data della denuncia di sinistro. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 1.1. In materia di legittimazione a proporre querela per il reato previsto dall’art. 642 cod. pen. si ribadisce la giurisprudenza secondo cui, il diritto di querela spetta sia alla Compagnia assicuratrice che gestisce il sinistro, sia a quella debitrice, perché entrambe, in quanto parti direttamente coinvolte, seppur con ruoli diversi, nella richiesta di risarcimento del danno, hanno interesse alla corretta gestione del sinistro e a non vedere depauperato il proprio patrimonio da false denunce Cass. sez. 2, n. 24075 del 27/04/2017 - dep. 15/05/2017, Pm in proc. Mannarino e altri, Rv. 270268 . Più in generale si ritiene che il soggetto titolare del diritto di querela deve essere individuato in colui che subisce la lesione dell’interesse penalmente protetto. Possono pertanto coesistere più soggetti passivi di un medesimo reato, che vanno individuati, appunto, con riferimento alla titolarità del bene giuridico protetto Cass. sez. 2, n. 2862 del 27/01/1999 - dep. 02/03/1999, Brogi R, Rv. 212766 Cass. 21090/2004 Rv.228810 Cass. 2862/1999 Rv. 212766. . Nel caso previsto dall’art. 642 cod. pen. l’interesse protetto è genuinità dei rapporti assicurativi, essendo punita ogni attività fraudolenta finalizzata ad ottenere un vantaggio patrimoniale derivante da un contratto di assicurazione. L’art. 642 cod. pen. è, infatti, un reato plurioffensivo diretto alla tutela, fra l’altro, a tutelare del patrimonio degli enti assicuratori, ed è un delitto a consumazione anticipata in quanto prescinde dall’effettiva riscossione dell’indennizzo . Di conseguenza, soggetti passivi del reato vanno ritenute sia la Compagnia gestionaria del sinistro, sia quella Debitrice perché entrambe, in quanto parti coinvolte direttamente - seppure con ruoli diversi - nella richiesta di liquidazione del sinistro a seguito e per effetto della denuncia, hanno interesse alla corretta gestione del medesimo e a non vedere depauperato - sebbene in diversa misura il proprio patrimonio da false denunce. In particolare, la Compagnia gestionaria del sinistro deve ritenersi legittimata a proporre querela in proprio perché è ad essa che la falsa denuncia è inoltrata, è essa che deve istruire la pratica ed è essa che deve liquidare il danno ferma la successiva regolazione con l’imprese debitrice ex art. 149/3 dlgs cit. Peraltro, nonostante la successiva regolazione , sulla base del suddetto meccanismo, la Compagnia gestionaria, subisce comunque un danno diretto perché, come ha correttamente osservato il ricorrente, il meccanismo di compensazione nei confronti della società debitrice che si attiva una volta che la gestionaria abbia liquidato il danno, da una parte, non tiene affatto conto dei costi di apertura e gestione della pratica di sinistro, nonché delle relative attività istruttorie che restano a completo carico della Gestionaria, senza riconoscimento alla stessa di alcun rimborso e, dall’altra, alla società debitrice viene addebitato un importo predeterminato, parametrato forfettariamente alle somme liquidate dalla società Gestionaria a titolo di risarcimento del danno, ma non corrispondente al quantum erogato in concreto così in parte motiva Cass. sez. 2, n. 24075 del 27/04/2017 - dep. 15/05/2017, Pm in proc. Mannarino e altri, Rv. 270268. Se così è la persona offesa del reato previsto dall’art. 642 cod. pen. non è solo l’assicurazione che è tenuta al rifondere il danno, ma anche quella alla quale viene immediatamente rivolta la richiesta di risarcimento salva la successiva regolazione dei rapporti tra Compagnie assicuratrici pertanto nel caso di specie, contrariamente a quanto dedotto, non si rileva alcun vizio inerente la procedibilità. 1.2. Il motivo che deduce il decorso del termine di prescrizione è manifestamente infondato. il Collegio osserva che non possono trovare applicazione le norme sulla prescrizione del reato, pur essendo maturati i relativi termini, dal momento che secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla mancanza, nell’atto di impugnazione, dei requisiti prescritti dall’articolo 581 cod. proc. pen., ovvero alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’articolo 129 cod. proc. pen. cfr. Cass., Sez. Un., n. 21 del 11.11.1994 dep. 1995, rv 199903 Cass. Sez. Un., n. 32 del 22.11.2000, rv 217266 . 2. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro 2000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000.00 in favore della Cassa delle ammende.