Pioggia fatale per l’automobilista che si immette nel sottopasso

In tema di circolazione stradale, anche le autorità preposte alla sicurezza stradale devono prevedere la possibile condotta imprudente e inosservante degli utenti della strada e, pertanto, adottare apposite misure di sicurezza anche in caso di eventi atmosferici nessuna efficacia causale può essere attribuita all’imprudenza alla guida da parte della vittima quando la condotta colposa dell’utente della strada sia da ricondurre proprio alla mancanza di cautele che, qualora adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del comportamento del conducente.

Il caso. La Corte d’appello salentina confermava la sentenza di condanna emessa nei confronti dell’imputata, dirigente comunale, che era stata ritenuta responsabile dell’omicidio colposo di un utente della strada e cagionato, in particolare, a causa di un allagamento di un sottopasso stradale sotto il quale la vittima transitava. In particolare emergeva dalla ricostruzione che la vittima era alla guida della propria autovettura e si immetteva in un sottopasso mentre era in corso una violenta precipitazione atmosferica. L’accesso al sottopasso, inoltre, non era impedito tramite alcun tipo di barriera e ciò sebbene fosse nota l’insufficienza dell’impianto di smaltimento delle acque piovane e si fossero già verificati in loco gravi episodi di auto bloccate. Fatale l’evento la vittima veniva sommersa dall’acqua presente nel sottopasso e, a causa dell’invasione dell’acqua nell’abitacolo, annegava. Omicidio per colpa confermata anche in appello la responsabilità della dirigente comunale. L’imputata era dirigente dell’Ufficio tecnico lavori pubblici del Comune pugliese e, precisamente, le si addebitava di aver cagionato la morte per negligenza, imprudenza o imperizia a titolo di omissione per non aver assolto all’obbligo di prevenzione del pericolo scaturente dall’allagamento. Davanti al Giudice d’Appello si era sostenuto che la vittima non era deceduta per annegamento, che, in ogni caso, aveva avuto un comportamento abnorme, che la precipitazione atmosferica del giorno dei fatti era eccezionale e altro ancora. La Corte territoriale, però, respingeva la tesi prospettata dall’imputata, confermandone la condanna. Il comportamento della vittima ha portata interruttiva? Secondo la difesa dell’imputata la condotta della vittima avrebbe portata interruttiva perché atipica ed eccezionale l’automobilista aveva proseguito la marcia a tutta velocità e con i finestrini abbassati verso il sottopasso mentre altri automobilisti si erano fermati. La vittima avrebbe perciò violato il Codice della Strada art. 141 che impone l’arresto di fronte a qualsiasi ostacolo prevedibile. Inoltre, secondo la tesi della difesa non sarebbe provato che, qualora la dirigente pubblica avesse adottato il comportamento alternativo diligente, cioè l’apposizione di idonee segnaletiche in prossimità del sottopasso, l’automobilista si sarebbe arrestato e la sua morte non si sarebbe verificata. La Corte di Cassazione ritiene il motivo di ricorso manifestamente infondato. La tesi che attribuisce al comportamento della vittima il carattere dell’eccezionalità e dell’imprevedibilità ignora che la vittima era un utente della strada e, come tale, sull’osservanza da parte di esso delle regole cautelari non era lecito fare affidamento incondizionato. In tema di circolazione stradale, la condotta imprudente e inosservante degli automobilisti costituisce una condizione concretamente prevedibile non solo dagli altri utenti della strada ma altresì dalle autorità preposte alla sicurezza stradale. È per tale ragione che quando si verificano peculiari condizioni di pericolo si impone l’adozione di apposite misure di sicurezza anche in caso di eventi atmosferici. Il giudizio controfattuale. Stando così le cose, secondo la Corte, ne deriva che la condotta imprudente alla guida tenuta dalla vittima sarebbe stata impedita dal comportamento alternativo diligente richiesto alla dirigente comunale e consistente nel prevenire il pericolo scaturente dall’allagamento del sottopasso e di interdire l’accesso ai veicoli. La Corte di Cassazione rimarca il principio secondo cui in caso di sinistro originato dall’assenza delle necessarie misure di sicurezza stradali nessuna efficacia causale può essere attribuita all’imprudenza alla guida da parte della vittima nel caso in cui la condotta colposa dell’utente della strada sia da ricondurre proprio alla mancanza di cautele che, qualora adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del comportamento del conducente. La dirigente era informata dell’allagamento? Si è obiettato che l’imputata non fosse stata informata dai geometri dell’allagamento del sottopasso. La Corte di legittimità sottolinea però che competeva all’ufficio diretto dall’imputata il compito di curare le criticità delle reti idriche e fognarie e che situazioni simili a quella in questione si erano già manifestate due mesi prima. Tale evento, poi, era stato posto a conoscenza di almeno due funzionari dell’Ufficio tecnico, con la conseguenza che è insostenibile ritenere che l’imputata che ne era responsabile ne fosse rimasta all’oscuro. Inoltre, l’evento non poteva passare inosservato stante l’evidente consistenza della precipitazione. La dirigente era funzionalmente competente. Un ulteriore profilo esaminato concerne la ripartizione di competenze. All’interno del Comune pugliese la competenza per la viabilità e la relativa segnaletica era attribuita ad altro Settore, diverso da quello di cui era dirigente l’imputata. Tuttavia il riparto di competenze, secondo la Corte, non esimeva la dirigente dal suo dovere di intervento, in funzione delle attribuzioni proprie del settore lavori pubblici”. Del resto l’intervento tanto della polizia municipale che del settore lavori pubblici”, secondo la Corte, conferma la contemporaneità di obblighi concorrenti di intervento dei due settori in casi simili a quello che ha cagionato la morte della vittima. In conclusione, il ricorso è dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi proposti.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 31 gennaio – 28 febbraio 2018, n. 9161 Presidente Piccialli – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. La Corte d’appello di Lecce, in data 25 novembre 2016, ha confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Lecce il 17 luglio 2014 nei confronti di B.C. in relazione al delitto di omicidio colposo in danno di D.P.C.A. , contestato come commesso in omissis . Con la stessa pronunzia, la Corte distrettuale ha riformato la sentenza di primo grado quanto ai coimputati P.P. e U.R. , che sono stati assolti dai reati loro rispettivamente ascritti con la formula ritenuta di giustizia. Tanto in relazione a un episodio occorso presso un sottovia che collega Viale a Viale il D.P. , alla guida della sua autovettura, percorreva Viale e si immetteva nel sottopasso mentre era in corso una forte precipitazione atmosferica l’accesso al sottopasso non era impedito da alcuna segnalazione o barriera, sebbene fosse nota l’insufficienza dell’impianto di smaltimento delle acque piovane e sì fossero già verificati in quel punto gravi episodi di auto bloccate dall’acqua una volta immessosi nel sottopasso, il D.P. veniva sommerso dall’acqua che invadeva l’abitacolo causandone, secondo l’imputazione, l’annegamento. 1.1. Alla B. il reato è contestato nella sua qualità di dirigente dell’Ufficio tecnico lavori pubblici del Comune di Lecce l’addebito di cui all’art. 589 cod.pen. le viene mosso per avere cagionato il fatto per negligenza, imprudenza o imperizia non è stata infatti stata contestata la violazione di una disposizione specifica. In definitiva, la B. risponde dell’accaduto a titolo di omissione per colpa generica, non avendo assolto all’obbligo di prevenzione del pericolo scaturente dall’allagamento. Secondo i giudici d’appello, il gravame presentato nell’interesse della B. non ha meritato accoglimento in quanto è stata destituita di fondamento la tesi secondo la quale il D.P. non sarebbe morto per annegamento è stata ritenuta inaccoglibile la prospettazione di un comportamento abnorme della vittima del pari, non ha meritato accoglimento l’assunto secondo cui la precipitazione in corso il 21 giugno 2009 sarebbe stata affatto eccezionale. È stata poi respinta la tesi dell’imprevedibilità dell’evento da parte della B. , ed è stato infine disatteso l’asserto della mancanza di prova che l’Amministrazione comunale avesse ricevuto formale avviso di precedenti allagamenti. 2. Avverso la prefata sentenza ricorre la B. , per il tramite del suo difensore di fiducia. Il ricorso è affidato a cinque motivi di lagnanza. 2.1. Con il primo l’esponente denunzia vizio di motivazione e travisamento della prova, con riguardo al fatto che il decesso del D.P. è stato attribuito, sul piano eziologico, ad annegamento. Le conclusioni cui è giunta la Corte leccese secondo la quale la vittima morì, appunto, per annegamento sono riprese acriticamente dalla tesi sostenuta dal consulente del P.M., dott. T. , sebbene non sia stata neppure eseguita un’autopsia sul cadavere e sebbene il C.T. della difesa, dott. F. , avesse evidenziato che le ipostasi riscontrate sul cadavere erano di colore violaceo scuro, il che contrasta con quanto si afferma in letteratura scientifica nei casi di annegamento le ipostasi sarebbero infatti di color rosso chiaro . Inoltre sul cadavere mancava il c.d. fungo schiumoso, ossia la caratteristica massa schiumosa bianca che fuoriesce dal cadavere del soggetto annegato dopo qualche ora dal momento in cui viene estratto dall’acqua. Il ricorrente quindi si diffonde nell’illustrare le diverse implicazioni delle predette tesi medico-legali a confronto nel corso del processo, e riprende la tesi sostenuta dal C.T. della difesa, secondo cui il D.P. , soggetto ultraottantenne e che teneva nell’occorso una condotta di guida affatto particolare velocità elevata, traiettoria di accostamento verso il muro, finestrini abbassati , sarebbe morto di edema polmonare. 2.2. Con il secondo motivo, riprendendo il tema della condotta alla guida della vittima, l’esponente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, deducendo la portata interruttiva del comportamento del D.P. , atipico ed eccezionale, che tuttavia la Corte di merito ha considerato solo genericamente imprudente. In realtà, come riferito da alcuni testimoni menzionati nel ricorso, il D.P. proseguì la marcia a tutta velocità e con i finestrini abbassati verso il sottopasso, sebbene gli altri automobilisti si fossero arrestati in precedenza. In tal modo la vittima violò il disposto dell’art. 141 del Codice della Strada, che gli faceva obbligo di arrestarsi di fronte a qualsiasi ostacolo prevedibile perciò, quand’anche la B. avesse posto in essere il comportamento alternativo diligente indicato dalla Corte di merito ossia quello di disporre l’apposizione di idonee segnaletiche in prossimità del sottopasso , non vi è certezza che il D.P. si sarebbe arrestato in tempo. 2.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia vizio di motivazione in ordine alla certezza della prova che la ricorrente sarebbe stata formalmente informata dell’allagamento avvenuto, nel medesimo sottopasso, il omissis gli unici elementi noti al riguardo concernono la comunicazione telefonica della Polizia municipale al geometra dell’Ufficio Tecnico circa l’allagamento del sottopasso, e la nota scritta di un altro geometra dello stesso Ufficio alla ICOS S.p.A. ditta incaricata della localizzazione delle esondazioni per gli immediati interventi di competenza. Il fatto che l’arch. B. fosse la dirigente dell’Ufficio tecnico non implica che la stessa fosse stata posta a conoscenza dell’allagamento dai due geometri da lei dipendenti i quali oltretutto hanno negato di avere ricevuto, in quell’occasione, segnalazioni di un incidente avvenuto nel sottopasso. 2.4. Con il quarto motivo si denuncia vizio di motivazione in riferimento alla competenza funzionale attribuita alla B. , alla corretta formulazione del giudizio controfattuale e alla ritenuta idoneità del comportamento alternativo lecito, costituito dalla chiusura del sottopasso. In primo luogo, nel Comune di Lecce la competenza per la viabilità e la relativa segnaletica è attribuita ad apposito Settore, diverso da quello diretto dalla B. in secondo luogo, non vi è prova che la semplice apposizione di cartelli segnaletici avrebbe evitato che il D.P. ponesse in essere la condotta alla guida che si è in precedenza descritta. 2.5. Con il quinto e ultimo motivo l’esponente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, in presenza dell’integrale risarcimento della parte civile, su iniziativa dell’odierna ricorrente. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato ed è teso, nell’essenziale, a proporre una nuova valutazione del materiale probatorio raccolto in dibattimento, in termini del tutto incompatibili con il presente giudizio di legittimità e di esclusiva pertinenza dei giudici di merito. Ciò a fronte dell’accurato vaglio con cui la Corte salentina ha esaminato la questione delle cause della morte del D.P. , aderendo alla tesi dell’annegamento sostenuta dal CT del Pubblico ministero, dott. T. , e adeguatamente illustrata con dovizia di elementi tecnico-scientifici e con assoluta logicità e coerenza nel percorso motivazionale della sentenza impugnata vds. in particolare p. 17 . È, del resto, ius receptum che, in tema di valutazione della prova, atteso il principio della libertà di convincimento del giudice e della insussistenza di un regime di prova legale, il presupposto della decisione è costituito dalla motivazione che la giustifica. Ne consegue che il giudice può scegliere, tra le varie tesi prospettate dai periti e dai consulenti di parte, quella che maggiormente ritiene condivisibile, purché illustri le ragioni della scelta operata anche per rapporto alle altre prospettazioni che ha ritenuto di disattendere in modo accurato attraverso un percorso logico congruo che il giudice di legittimità non può sindacare nel merito cfr. Sez. 4, Sentenza n. 46359 del 24/10/2007, Antignani, Rv. 239021 . 2. Il secondo motivo di ricorso è, a sua volta, manifestamente infondato attribuire alla condotta alla guida del D.P. il carattere dell’eccezionalità e dell’imprevedibilità per avere egli violato l’art. 141 Cod. Strada significherebbe trascurare il fatto che la vittima era un utente della strada, sulla cui osservanza delle regole cautelari non era lecito fare incondizionato affidamento. La condotta imprudente e inosservante degli automobilisti costituisce infatti una condizione che, per esperienza comune, è concretamente prevedibile non solo dagli altri utenti della strada, ma anche dalle autorità preposte alle misure di sicurezza stradali, ed è per questo che il verificarsi di peculiari condizioni di pericolo impone l’adozione nella specie al Comune, trattandosi di rete stradale urbana cfr. art. 37, Cod. Strada di apposite misure, ad esempio segnaletiche, anche in caso di eventi atmosferici si veda ad esempio quanto prescritto dall’art. 77, comma 4, Reg. al Codice della Strada, in ordine all’adozione di segnali verticali al fine di preavvisare i conducenti delle reali condizioni della strada per quanto concerne situazioni della circolazione, meteorologiche o altre indicazioni di interesse dell’utente . In tale quadro, non può affermarsi che la condotta imprudente alla guida tenuta dal D.P. non sarebbe stata impedita dal comportamento alternativo diligente richiesto alla B. quello, cioè, di prevenire il pericolo scaturente da allagamenti del sottopasso e di interdirne l’accesso ai veicoli e, valendo il principio in base al quale, in caso di sinistro originato dall’assenza delle necessarie misure di sicurezza stradale a cura di enti e soggetti competenti, nessuna efficacia causale può essere attribuita alla imprudenza alla guida da parte della parte offesa, nel caso in cui tale condotta sia da ricondurre proprio alla mancanza delle suddette cautele che, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del comportamento del conducente cfr. in linea di principio Sez. 4, Sentenza n. 26394 del 20/05/2009, Agnello e altri, Rv. 244509 . 3. È manifestamente infondato anche il terzo motivo di ricorso. Vale la pena chiarire, a premessa delle considerazioni relative al motivo in esame, che è certamente ipotizzabile la sussistenza di profili di colpa generica anche in relazione a condotte omissive per violazione di regole cautelari non scritte la relativa valutazione deve discendere da un processo ricognitivo che individui i tratti tipici dell’evento, per poi procedere formulando l’interrogativo se questo fosse prevedibile ed evitabile ex ante, con il rispetto della regola cautelare in oggetto, alla luce delle conoscenze tecnico scientifiche e delle massime di esperienza da ultimo vds. Sez. 4, Sentenza n. 9390 del 13/12/2016, dep. 2017, Di Pietro e altro, Rv. 269254 . Ciò premesso, in base a quanto è dato evincere in atti competeva all’Ufficio retto dalla B. il compito di curare le criticità delle reti idriche e fognarie, anche per il tramite della ditta affidataria della gestione della fognatura pluviale la ICOS e, quindi, di intervenire in situazioni simili, come quella manifestatasi già due mesi prima dell’evento per cui è processo ossia il omissis . Il fatto che tale evento fosse stato posto a conoscenza di almeno due funzionari dell’Ufficio tecnico, circostanza della quale la sentenza impugnata offre un’ampia ricostruzione pp. 5-15 , rende del tutto insostenibile l’assunto secondo il quale la B. , nella sua qualità di responsabile dell’ufficio stesso, sarebbe rimasta all’oscuro di tale circostanza, addirittura fino al 21 giugno 2009 e, del resto, non poteva passare inosservata per le sue ben descritte caratteristiche di copiosità e, in punto di prevedibilità, per le possibili implicazioni della stessa sulla circolazione stradale e sulla rete fognaria l’evidente consistenza della precipitazione verificatasi il giorno dell’evento mortale. Perciò, correttamente è stato addebitato alla B. l’avere omesso di intervenire e di attivarsi, con idonee misure, in relazione alle prevedibili criticità del sottovia in caso di eventi atmosferici, criticità peraltro già palesatesi due mesi prima. 4. Per ragioni in parte già illustrate, è manifestamente infondato anche il quarto motivo di ricorso. Il riparto di competenze interne al Comune di Lecce non esimeva la B. dal suo dovere di intervento, in funzione delle attribuzioni proprie del Settore tecnico dei lavori pubblici, a nulla rilevando che la viabilità e la segnaletica stradale fossero attribuite ad altro Settore del resto, a conferma della contemporaneità di obblighi concorrenti di intervento in casi simili sulla quale vds. il paragrafo 3.2. a pag. 25 della sentenza impugnata , è agevole rammentare sulla scorta della ricostruzione degli eventi desumibile in atti che non a caso, in occasione dell’evento occorso il omissis , vi era stato un intervento tanto della Polizia municipale, quanto del Settore lavori pubblici. Per quanto poi concerne il giudizio controfattuale, oltre a quanto si è già osservato a proposito del secondo motivo di ricorso, deve muoversi dalla considerazione che il comportamento alternativo diligente attiene alla possibilità di evitare l’evento attenendosi alle regole di cautela pertinenti nel caso di specie, non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con valutazione ex ante, non avrebbe potuto comunque essere evitato cfr. da ultimo Sez. 4, Sentenza n. 34375 del 30/05/2017, Fumarulo, Rv. 270823 ma, proprio per il fatto che il giudizio de quo deve operarsi con valutazione ex ante, è di tutta evidenza che l’adozione di misure idonee ad agevolare il deflusso delle acque meteoriche e, nelle more, di misure interdittive della circolazione nel sottopasso si poneva appunto nel quadro di siffatta valutazione come idonea ad evitare eventi del tipo di quello per cui è processo eventi il cui verificarsi, in caso di mancata adozione delle suddette misure, si poneva come concretizzazione del rischio che tali misure miravano a prevenire. 5. È, infine, parimenti manifesta l’infondatezza del quinto e ultimo motivo di ricorso. Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione cfr. Sez. 3, Sentenza n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899 Sez. 5, Sentenza n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 . Nella specie, la Corte salentina ha adeguatamente motivato il diniego delle attenuanti generiche in base alla gravità della condotta omissiva tenuta dall’imputata, e tanto basta a rendere conforme alla legge il trattamento sanzionatorio e sufficiente il percorso motivazionale seguito sul punto nella sentenza impugnata. 6. La manifesta infondatezza di tutti i motivi di ricorso renderebbe comunque privo di rilievo il decorso del termine di prescrizione termine che peraltro, in dipendenza dei periodi sospensivi risultanti in atti, non è ad oggi ancora spirato. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , la ricorrente va condannata al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.