Puntualizzazioni sull’elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta per distrazione

L’elemento soggettivo del reato va colto nella consapevole volontà di imprimere al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalità dell’impresa e di compiere atti suscettibili di arrecare danno ai creditori. Di qui la definizione di dolo generico del reato in termini di consapevolezza e volontà di determinare, con il proprio comportamento dissipativo o distrattivo, un pericolo di danno per i creditori, non essendo sufficiente la sola consapevolezza e volontà del fatto distrattivo.

Con la medesima pronuncia Cass., n. 8997/2018, depositata il 27 febbraio la Corte, nel chiarire i confini del dolo del delitto di bancarotta, ha altresì precisato che resta comunque escluso che ai fini dell’elemento psicologico del reato la volontà dell’agente debba investire lo stato di insolvenza e il dissesto economico dell’impresa ed è sufficiente la consapevolezza che la condotta distrattiva mette a rischio la garanzia patrimoniale apprestata a favore dei creditori . Una rondine non fa primavera, ma La nota pronuncia Corvetta” Cass. Pen. Sez. V, 47502/2012 , affermando la necessità di una verifica della sussistenza della rappresentazione e volizione del dissesto nel momento in cui si poneva in essere la condotta distrattiva, ha senza dubbio rappresentato un caso assolutamente isolato nel panorama giurisprudenziale ed è dunque stato ben lontano dal contrassegnare l’arrivo di una nuova stagione interpretativa del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione. Come noto, infatti, venne smentito lo stesso giorno da una pronuncia adottata dalla medesima sezione e da una lunghissima serie di pronunce successive che altro non hanno fatto se non consolidare e rendere granitico il contrario orientamento che, invero, appariva già univoco. È comunque vero che la pronuncia Corvetta” ha senza dubbio stimolato e fornito nuova linfa vitale ai ricorsi sul punto delle difese e spinto, dunque, la Corte Suprema a prendere, in molte occasioni, nuova ed esplicita posizione quanto meno per contrastare l’applicazione, invocata dalle difese, dei principi dettati nella medesima sentenza Corvetta”. In tale contesto si inserisce a pieno titolo la sentenza in commento che, se da un lato non esita a dichiarare inammissibile – siccome manifestamente infondato – il motivo di ricorso che si richiamava alla pronuncia Corvetta”, dall’altro lato è motivo di interessanti approfondimenti sulla struttura del dolo di tale fattispecie criminosa. Timidi cenni di una maggior sensibilità Se la sentenza Corvetta” è rimasta senza dubbio una pronuncia isolata, si segnalano per contro una serie di pronunce che hanno cominciato a denotare una certa maggior sensibilità della giurisprudenza rispetto al più risalente orientamento, che non esitava a connotarsi per una totale indifferenza sulla necessità di un vincolo di qualsivoglia natura tra l’operazione distrattiva, l’insolvenza ed anche il pregiudizio arrecato ai creditori fallimentari. Così anche la pronuncia in commento ricorda la nota sentenza Palitta Cass. Pen. Sez. V, 17819/2017 , in cui si è affermato che la bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare si configura come un reato di pericolo concreto, in cui l’atto di depauperamento deve risultare idoneo ad esporre a pericolo l’entità del patrimonio della società in relazione alla massa dei creditori e deve permanere tale fino all’epoca che precede l’apertura della procedura concorsuale. Ed in effetti anche la sentenza in commento, pur ritenendo inammissibile, siccome manifestamente infondato, il motivo di ricorso basato sul richiamo al precedente Corvetta”, giunge ad affermare che, sotto il profilo psicologico, non è sufficiente, nella bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare, la sola consapevolezza e volontà del fatto distrattivo, ma occorre altresì consapevolezza e volontà di determinare, con il proprio comportamento dissipativo o distrattivo, un pericolo di danno per i creditori. Come nel prosieguo dettagliano gli Ermellini, onde integrare la contestata bancarotta per distrazione è quindi sufficiente la consapevolezza che la condotta distrattiva metta a rischio la garanzia patrimoniale apprestata a favore dei creditori, non essendo invece necessario che la volontà investa anche la condizione di insolvenza ed il dissesto della società. Il fronte opposto la pronuncia Santoro. Giova ricordare – ed in effetti lo fa pure la sentenza in commento – che alla aperture garantiste appena tratteggiate si contrappone un tanto recente quanto rigido orientamento, che ha trovato espressione nella recente pronuncia Santoro” Cass. Pen. Sez. V, 13910/2017 e che, per la sua portata innovativa, è stato oggetto di una tempestiva informazione provvisoria” di regola riservata, come noto, alle sole pronunce a Sezioni unite. Con la sentenza Santoro, infatti, la Sezione V ha chiarito che 1 la dichiarazione di fallimento non integra un elemento costitutivo del reato e non ne costituisce l’evento 2 la dichiarazione di fallimento, dunque, ha funzione di mera condizione oggettiva di punibilità. L’ incipit della motivazione della pronuncia Santoro” è tanto lapidario quanto chiaro ed innovativo questo Collegio ritiene, in adesione all'opinione della prevalente dottrina, che la dichiarazione di fallimento costituisca, rispetto al reato di bancarotta prefallimentare, condizione obiettiva estrinseca di punibilità, ai sensi dell'art. 44 c.p. , aderendo con ciò a un diffuso orientamento accademico, ma ad una impostazione assolutamente minoritaria in giurisprudenza. Ciò basta per affermare, in questo tanto breve quanto incompleto commento, che le questioni interpretative sulla ormai risalente formulazione del delitto di bancarotta fraudolenta prefallimentare paiono lungi dall’esser definite e sopite. Sulla attenuante della particolare tenuità del danno. A chiusura, merita menzione anche l’argomento speso dalla Suprema Corte circa i requisiti per la concedibilità della attenuante della particolare tenuità del danno prevista dall’art. 219, ultimo comma. L.F Specificamente investiti sul punto osservano gli Ermellini come detta circostanza implichi la totale assenza di danno arrecato ai creditori ovvero la particolare tenuità del medesimo, considerati non solo gli importi non registrati nelle scritture contabili, ma anche le dimensioni dell’impresa, il movimento degli affari, l’ammontare del passivo e dell’attivo, nonché l’incidenza della condotta illecita sul danno derivato alla massa dei creditori. È sufficiente tuttavia ad escludere la sussistenza di detta attenuante il fatto che sia stato oggetto di distrazione un bene di rilevante entità idoneo ad incidere sul piano di riparto. Così nel caso di specie la Cassazione ritiene correttamente esclusa la sussistenza di detta attenuante a fronte di una contestata distrazione del valore di euro 14.000 e di un prelievo dalla casse sociali pari ad euro 8.546.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 ottobre 2017 – 27 febbraio 2018, n. 8997 Presidente Pezzullo – Relatore Scotti Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 23/11/2015 la Corte di appello di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Vasto del 1/04/2014, ha riconosciuto C.A. colpevole dei reati a lui ascritti per i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e bancarotta preferenziale e, diversamente qualificata l’imputazione di bancarotta fraudolenta documentale a norma dell’articolo 217 l.f., lo ha condannato alla pena di anni due di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata, con cui l’imputato era stato dichiarato inabilitato, per la durata di anni dieci, all’esercizio di un’impresa commerciale, incapace, per la medesima durata, ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa ed interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque. C.A. è stato altresì condannato al risarcimento dei danni alla parte civile e alla refusione delle spese del grado da essa sostenute. L’imputato era stato riconosciuto colpevole dei reati di cui all’articolo 216, comma 1 e 3, e 217, comma 2, l.f., per avere, in qualità di amministratore pro tempore della società II Quadrifoglio s.r.l., dichiarata fallita in data 17/3/2006, tenuto in modo irregolare le scritture contabili ed occultato il libro soci, i verbali delle assemblee ed il libro dell’amministratore unico, nonché per aver distratto merce in rimanenza per un valore di Euro 14.000,00= e per aver effettuato pagamenti preferenziali in favore di creditori chirografari, pur essendo accertata la presenza di creditori privilegiati. 2. Ha proposto ricorso nell’interesse dell’imputato il difensore di fiducia, avv. Giovanni Cerella, con il supporto di cinque motivi. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del nesso causale e dell’elemento soggettivo richiesti ai fini del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione. La difesa invoca i principi della sentenza di questa Sezione n. 47502 del 2012, c.d. Corvetta , osservando che l’indirizzo giurisprudenziale ivi affermato impone una verifica circa la rappresentazione e volizione del dissesto al momento dell’adozione della condotta questione che la Corte d’appello di L’Aquila aveva ignorato, a dispetto dei motivi di gravame sviluppati sul punto, non considerando il fatto che le distrazioni, gli occultamenti di beni e i pagamenti erroneamente ritenuti al fine di favorire solo alcuni creditori erano stati effettuati nell’intento esclusivo di salvare l’azienda e di risanare la posizione debitoria della propria attività. Inoltre, il C. non avrebbe potuto essere ritenuto autore di un comportamento capace di cagionare il dissesto della società, non essendo stato provato un rapporto causale tra la condotta dell’agente e il fallimento che, in virtù dei principi di diritto enunciati nella sentenza c.d. Corvetta , è doveroso individuare per affermare la responsabilità per il reato in esame. 2.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge ex articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen., perché la Corte territoriale aveva omesso di dichiarare estinto il reato di bancarotta preferenziale per intervenuta prescrizione. 2.3 Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 219, ultimo comma, I.f. Il ricorrente fa presente che i Giudici di secondo grado avevano escluso la configurabilità dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità in considerazione dell’entità delle distrazioni e dei pagamenti preferenziali effettuati. Tale valutazione sarebbe errata, atteso che la circostanza in esame deve essere rapportata solo all’entità del danno cagionato ai creditori dal fatto-reato, nel caso di specie indimostrato, e non già alla quantificazione dei debiti societari. Secondo il ricorrente, inoltre, la motivazione della Corte territoriale era palesemente illogica e contraddittoria, nella misura in cui nell’escludere la sussistenza dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità affermava che il danno non può essere ritenuto di particolare tenuità per poi sostenere, subito dopo, che si tratterebbe comunque di danno non rilevante , tale da giustificare la concessione delle attenuanti generiche. 2.4. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 163 e 164 cod. pen., perché la Corte d’Appello di L’Aquila, a fronte di un’esplicita richiesta di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, aveva omesso qualsiasi motivazione sul punto. Il ricorrente fa presente come, nel caso di specie, sussistessero tutti i presupposti per la configurabilità del beneficio, avendo il C. riportato due soli remoti precedenti penali, peraltro depenalizzati, e altri di modesto spessore sul piano dell’offensività, trattandosi di fattispecie per le quali è prevista la sola multa. Sul punto, la difesa dell’imputato richiama il principio di diritto enunciato nella sentenza delle Sezioni Unite Penali n. 38344 del 2014, a cui mostra di aderire, secondo il quale le precedenti condanne relative a fatti non più costituenti reato per abolitio criminis non sono preclusive della concessione del beneficio . 2.5 Con il quinto motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla legge 241/2006, in quanto la Corte territoriale ha omesso la concessione dell’indulto, senza fornire alcuna motivazione sul punto, sebbene il tempus commissi delicti del reato di bancarotta fraudolenta coincidente con la data della sentenza dichiarativa di fallimento - risulti anteriore alla data limite per la fruizione del beneficio del 2/5/2006, di cui alla legge n. 241/2006. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è inammissibile. Il ricorrente richiama i principi di diritto affermati nella sentenza di questa Sezione, n. 47102 del 2012 - c.d. Corvetta , che esprime una tesi rimasta del tutto isolata nel panorama giurisprudenziale di legittimità, che, partendo dalla corretta qualificazione della dichiarazione di fallimento quale elemento essenziale del reato, giunge ad affermare che la stessa debba porsi in rapporto causale con la condotta dell’agente ed essere, altresì, sorretta dall’elemento soggettivo del dolo. Tali conclusioni non possono essere accolte. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale è sufficiente la consapevole volontà di imprimere al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte ex plurimis Sez. 5, n. 33268 del 08/04/2015, Bellocchi, Rv. 26435401 Sez. 5, n. 51715 del 05/11/2014, Rebuffo, Rv. 261739 Sez. 5, n. 35093 del 04/06/2014, P.G. in proc. Sistro, Rv. 261446 Sez. 5, n. 40981 del 15/05/2014, Giumelli, Rv. 261367 . Infatti con il reato di bancarotta fraudolenta, propria e impropria, la legge punisce l’imprenditore che ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato e non già l’imprenditore che ha cagionato il fallimento si intende infatti reprimere la condotta distrattiva per la sua pericolosità per la tutela del bene giuridico protetto, anche prima dell’intervento del giudice che emette la sentenza di fallimento, a tutela degli interessi della massa dei creditori pregiudicati dall’ingiustificato depauperamento della funzione di garanzia del patrimonio dell’imprenditore o della società. Pertanto la condotta peculiare e connotativa del reato, di mera condotta e di pericolo, di bancarotta fraudolenta patrimoniale è costituita da quei comportamenti descritti nella norma, idonei a porre in pericolo gli interessi dei creditori. In definitiva, quindi, l’elemento soggettivo del reato va colto nella consapevole volontà di imprimere al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalità dell’impresa e di compiere atti suscettibili di arrecare danno ai creditori. Di qui la definizione del dolo generico del reato in termini di consapevolezza e volontà di determinare, con il proprio comportamento distrattivo o dissipativo, un pericolo di danno per i creditori non essendo sufficiente la sola consapevolezza e volontà del fatto distrattivo. Non è quindi necessario che il fuoco della volontà investa anche lo stato di insolvenza e il dissesto economico dell’impresa, essendo sufficiente la consapevolezza che la condotta distrattiva mette a rischio la garanzia patrimoniale apprestata a favore dei creditori Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli e altro, Rv. 266805 . Questa Sezione in un più recente arresto ha proposto una diversa costruzione della qualificazione giuridica della sentenza dichiarativa di fallimento, in tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare, considerata come evento estraneo all’offesa tipica e alla sfera di volizione dell’agente, e pertanto costituente una condizione obiettiva di punibilità, che circoscrive l’area di illiceità penale alle sole ipotesi nelle quali, alle condotte del debitore, di per sé offensive degli interessi dei creditori, segua la dichiarazione di fallimento, di per sé sottratta delle condizioni obiettive di punibilità alla regola della rimproverabilità ex articolo 27, comma primo, Cost. Sez. 5, n. 13910 del 08/02/2017, Santoro, Rv. 269388 . Ovvero, in altra successiva pronuncia il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è stato configurato come un reato di pericolo concreto, in cui l’atto di depauperamento deve risultare idoneo ad esporre a pericolo l’entità del patrimonio della società in relazione alla massa dei creditori e deve permanere tale fino all’epoca che precede l’apertura della procedura fallimentare Sez. 5, n. 17819 del 24/03/2017, Palitta, Rv. 269562 . E tuttavia resta comunque escluso che ai fini dell’elemento psicologico del reato la volontà dell’agente debba investire lo stato di insolvenza e il dissesto economico dell’impresa ed è sufficiente la consapevolezza che la condotta distrattiva mette a rischio la garanzia patrimoniale apprestata a favore dei creditori. Il motivo di ricorso è peraltro del tutto generico, anche nella prospettiva interpretativa caldeggiata il ricorrente non indica neppure le date delle operazioni contestate, in rapporto alla dichiarazione di fallimento, non illustra le ragioni per le quali al momento delle contestate appropriazioni non sarebbe stato prevedibile il dissesto della società e neppure tratteggia le ragioni in base alle quali le predette appropriazioni non sarebbero state concretamente idonee a ledere la funzione di garanzia dei diritti dei creditori del patrimonio aziendale. Anzi, contraddittoriamente il ricorrente argomenta, in modo illogico e inverosimile, equiparando le appropriazioni e gli occultamenti di beni ai pagamenti preferenziali, estranei alla contestata bancarotta fraudolenta distrattiva, e assumendo che le distrazioni e gli occultamenti di beni sarebbero stati effettuati nell’intento esclusivo e spasmodico di salvare l’azienda e la posizione debitoria dell’attività. Il che, da un lato, è del tutto illogico, perché non si vede come appropriare o occultare dei beni possa servire a estinguere, sia pur irregolarmente, delle posizioni debitorie, dall’altro è contraddittorio perché il ricorrente ammette che il C. stava agendo in un contesto operativo già connotato dallo stigma dell’insolvenza o almeno del dissesto, che evidentemente è un quid pluris rispetto alla sufficiente mera consapevolezza di ledere con la propria azione la funzione di garanzia per i creditori del patrimonio dell’impresa. 2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge ex articolo 606, comma 1, lett. b cod. proc. pen., perch{ la Corte territoriale ha omesso di dichiarare estinto il reato di bancarotta preferenziale per intervenuta prescrizione. La censura è fondata. Dai verbali delle udienze di primo grado 18/10/2011 3/4/2012 17/7/2012 27/11/2012 5/7/2013 25/06/2013 3/12/2013 1/4/2014 , non risulta esservi stato alcun rinvio per legittimo impedimento dell’imputato o del suo difensore, n{ astensione del difensore dell’imputato, n{ alcuna delle altre cause di sospensione indicate all’articolo 159 cod. pen Dai verbali di udienza del giudizio di appello risulta un solo rinvio per legittimo impedimento del difensore, per cui l’udienza del 16/09/2015 viene rinviata all’udienza del 23/11/2015. Poiché la differenza tra le due date è maggiore di sessanta giorni, la prescrizione è rimasta sospesa per sessanta giorni. Ne consegue, tenuto conto della data di dichiarazione del fallimento 17/3/2006 , della diversa pena prevista per le varie figure di reato e dei sessanta giorni di sospensione da aggiungersi al conteggio ex articolo 161 cod.pen. che - il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ex articolo 216, comma 1, l.f., per cui è prevista pena massima di anni 10, si prescrive ex articolo 161 cod.pen. il 16/11/2018, data successiva alla sentenza della Corte d’appello - il reato di bancarotta preferenziale ex articolo 216, comma 3, l.f., per cui è prevista pena massima di anni 5, con conseguente periodo prescrizionale di anni 6 ex articolo 157 cod.pen., si è prescritto ex articolo 161 cod.pen.il 16/9/2013, data anteriore alla sentenza d’appello - il reato di bancarotta semplice documentale ex articolo 217, comma secondo, l.f. per cui è prevista pena massima di anni 2, con conseguente periodo prescrizionale di anni 6 ex articolo 157 cod.pen., si è prescritto ex articolo 161 cod.pen. il 16/9/2013, data anteriore alla sentenza d’appello. L’estinzione del reato di bancarotta preferenziale, va accompagnata alla dichiarazione d’ufficio, ex articolo 129 cod.proc.pen. anche del concorrente reato di bancarotta semplice documentale, al cui riguardo il ricorrente non ha proposto specifico motivo di ricorso. La sentenza va pertanto annullata senza rinvio, limitatamente a tali due ipotesi di reato senza rideterminazione della pena per la residua ipotesi di bancarotta fraudolenta per distrazione, posto che essa è stata determinata in due anni di reclusione per effetto della concessione delle attenuanti generiche e quindi non è ulteriormente riducibile. 3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 219, ultimo comma, l.f. perché la Corte d’appello si sarebbe contraddetta I Giudici di secondo grado avrebbero escluso la configurabilità dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità in considerazione dell’entità delle distrazioni e dei pagamenti preferenziali effettuati, sebbene la circostanza in esame attenga solo all’entità del danno cagionato ai creditori dal fatto-reato e non alla quantificazione dei debiti societari, che, nel caso di specie, non risulta dimostrata. Secondo il ricorrente, la motivazione della Corte territoriale era palesemente illogica e contraddittoria, nella misura in cui nell’escludere la sussistenza dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità affermava che il danno non può essere ritenuto di particolare tenuità per poi sostenere, subito dopo, che si tratterebbe comunque di danno non rilevante , tale da giustificare la concessione delle attenuanti generiche. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’articolo 219, comma 3, l. f., è configurabile quando il danno arrecato ai creditori è particolarmente tenue o manca del tutto, e la valutazione rimessa al giudice non può limitarsi alla considerazione degli importi delle somme non registrate nelle scritture contabili, ma deve estendersi alle dimensioni dell’impresa, al movimento degli affari, all’ammontare dell’attivo e del passivo, nonché all’incidenza che la condotta illecita ha avuto sul danno derivato alla massa dei creditori. Sez. 5, n. 20695 del 29/01/2016, Chiti, Rv. 267147 Sez. 5, n. 17351 del 02/03/2015, Pierini, Rv. 263676 . Il giudizio relativo alla particolare tenuità del fatto di cui all’articolo 219, comma terzo, l. f., deve essere posto in relazione alla diminuzione non percentuale, ma globale che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto, ove non si fossero verificati gli illeciti non è necessario che l’entità dell’attivo sia interamente e dettagliatamente ricostruita, ma è sufficiente, al fine di escludere la circostanza attenuante di cui all’articolo 219, comma 3, l. f., la distrazione di beni di rilevante entità, idonea di per sé ad incidere, in misura consistente, sul riparto Sez. 5, n. 13285 del 18/01/2013, Pastorello, Rv. 255063 Sez. 5, n. 5300 del 16/01/2008, De Biase, Rv. 239118 . Nel caso di specie, non è stata rinvenuta merce per Euro 14.000,00= ed è stata effettuata un’operazione di prelievo dalle casse sociali di Euro 8.546,00=, somme che non possono certo essere definite di lieve entità, a cui devono si aggiungono i pagamenti effettuati ai creditori chirografari, nonostante la sussistenza di creditori privilegiati. La motivazione della sentenza d’appello non è neppure illogica o contraddittoria, come sostiene il ricorrente, poiché la Corte territoriale ai fini della concessione delle attenuanti generiche ha escluso la rilevanza del danno provocato, considerando tale elemento in sinergia con la sopravvenuta esclusione dei presupposti della bancarotta fraudolenta documentale. Il predicato della speciale tenuità del pregiudizio non contraddice logicamente quello della rilevanza, in una sorta di contrapposizione esaustiva, come sembrerebbe presupporre l’argomentazione del ricorrente, come se tutto ciò che non è rilevante debba ritenersi, per ciò solo specialmente tenue . Tale affermazione non regge né sul piano logico, perché le connotazioni quantitative espresse dai due aggettivi declinano, in positivo e in negativo, varianti rispetto ad un’ampia fascia di valori medi, né rilevanti, né tenui, né, soprattutto, specialmente tenui, né sul piano giuridico, laddove la circostanza attenuante della speciale tenuità del danno ex articolo 219, comma 3, l.f., si contrappone alla circostanza aggravante dell’articolo 219, comma 1. 4. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 163 e 164 cod. pen., perché la Corte d’Appello di L’Aquila, a fronte di un’esplicita richiesta di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, ha omesso qualsiasi motivazione sul punto. Il ricorrente tuttavia si era limitato a formulare istanza, del tutto genericamente, di sospensione condizionale della pena nelle conclusioni dell’atto di appello, senza accompagnarla con la deduzione di apposito specifico motivo ex articolo 581, lett.c , cod.proc.pen., con la conseguente inammissibilità della richiesta. Questa Corte ha recentemente ricordato che non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello. Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316 nella fattispecie la Corte ha ritenuto inammissibile il dedotto vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, perché la relativa questione non era stata prospettata in appello, ove il ricorrente si era limitato a dolersi dell’illegittimo diniego all’imputato del beneficio della pena sospesa . 5. La censura proposta con il quinto motivo è inammissibile per carenza di interesse. La mancata applicazione dell’indulto può costituire valido motivo di ricorso in cassazione solo quando il giudice di merito abbia erroneamente escluso l’applicazione del beneficio e non anche quando abbia semplicemente omesso di pronunciare al riguardo Sez. 4, n. 1869 del 21/02/2013 - dep. 2014, Leo, Rv. 258174 . Infatti quando all’applicazione dell’indulto non abbia provveduto il Giudice della cognizione, procede a norma dell’articolo 672 cod. proc. pen. il Giudice dell’esecuzione conseguentemente il ricorso per Cassazione con il quale si lamenti la mancata applicazione del condono è ammissibile solo quando il Giudice di merito l’abbia erroneamente esclusa, con specifica statuizione nel dispositivo della sentenza Sez. 2, n. 21977 del 28/04/2017, Brancher, Rv. 269800 Sez. 2, n. 710 del 01/10/2013 - dep. 2014, Forin, Rv. 258073 Sez. 3, n. 6593 del 06/04/1994, Guglielmetti, Rv. 198065 . 6. In conclusione deve essere annullata senza rinvio la sentenza impugnata perché i fatti di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice sono estinti per intervenuta prescrizione per il resto il ricorso va dichiarato inammissibile. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i fatti di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice estinti per intervenuta prescrizione inammissibile nel resto il ricorso.