Istanza di revoca della misura cautelare e notifica alla persona offesa

Reati commessi con violenza alla persona l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare va notificata alla persona offesa che sia priva di difensore e non abbia eletto domicilio?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8691/18, depositata il 22 febbraio, ha chiarito che l’istanza di revoca o di modifica della misura cautelare deve essere notificata alla persona offesa anche nel caso in cui la stessa non abbia nominato un difensore di fiducia e non abbia dichiarato od eletto domicilio tuttavia, in tali casi, destinatarie della notifica saranno solo le persone offese i cui dati identificativi siano immediatamente ricavabili dal fascicolo processuale. Il caso. Il Tribunale di Bologna dichiarava inammissibile l’appello proposto ex art. 310 c.p.p. da A.A. – avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere – sulla scorta della mancata notifica dell’istanza difensiva alla persona offesa, in violazione dell’art. 299, comma 3, c.p.p Avverso la declaratoria di inammissibilità ricorreva per Cassazione l’indagato, deducendo la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b e c , c.p.p. in particolare, il ricorrente lamentava che il Tribunale, nel dichiarare inammissibile l’appello cautelare, avesse violato i limiti del principio devolutivo, potendo dichiarare l’inammissibilità del gravame solo per una delle cause ex art. 592 c.p.p., rientrando invece nella competenza esclusiva del Giudice per le Indagini Preliminari la declaratoria pronunciata ex art. 299, comma 3, c.p.p Fermo restando, argomentava ulteriormente A.A., che, in ogni caso, la persona offesa non aveva eletto domicilio né aveva nominato un difensore di fiducia, con conseguente oggettiva impossibilità di notifica. Il principio devolutivo in fase cautelare. Relativamente alla dedotta violazione del principio devolutivo, la Suprema Corte chiarisce come il Tribunale di Bologna, nel dichiarare l’inammissibilità dell’istanza difensiva, non abbia usurpato un potere attribuito dalla legge esclusivamente al giudice competente a provvedere sulla istanza ex art. 279 c.p.p., ma abbia deciso legittimamente. In effetti, l’inammissibilità quale conseguenza della mancata notifica alla persona offesa della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare avanzata dall’indagato è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo cautelare e non può essere sanata fino al formarsi del giudicato. Donde, la causa di inammissibilità è deducibile e rilevabile anche nella sede del giudizio di appello ai sensi dell’art. 310 del codice di rito il controllo officioso del giudice della impugnazione, infatti, prescinde totalmente dal principio devolutivo invocato dal ricorrente, che attiene invece al differente profilo della delimitazione del perimetro cognitivo determinato dai motivi di gravame e non anche alle questioni rilevabili di ufficio che attengono alla legittimità del provvedimento impugnato. L’art. 299, comma 3, c.p.p. ed il contrasto giurisprudenziale. Per ciò che concerne, poi, l’eccepito inadempimento, da parte della persona offesa, degli oneri di comunicazione del domicilio o del difensore di fiducia al fine di una regolare partecipazione all’incidente cautelare, ritenuto dal ricorrente ostativo rispetto all’esercizio delle relative facoltà partecipative, la Corte Regolatrice ha chiarito come, sul punto, sussistano due differenti orientamenti di legittimità. Il primo orientamento ritiene che l’istanza di revoca della custodia cautelare in carcere presentata nel corso dell’udienza preliminare non deve essere notificata alla persona offesa che non abbia nominato un difensore o eletto domicilio, fermo restando il diritto dell’offeso di ricevere avviso della revoca o sostituzione della misura. Il secondo e contrapposto orientamento afferma, invece, che l’istanza di revoca o di modifica de qua deve essere notificata alla persona offesa anche se la stessa sia priva di difensore ed in assenza di una formale dichiarazione o elezione di domicilio. La ratio della norma quale elemento per superare il contrasto. Ora, la Sesta Sezione Penale della Suprema Corte, chiamata a decidere sul ricorso presentato da A.A., ha ritenuto di dover condividere tale ultima interpretazione giurisprudenziale significativa si rileva, a riguardo, la stessa ratio sottesa alla modifica del testo del codice di rito, avendo il legislatore inteso garantire alla vittima del reato commesso con violenza alla persona il diritto alla informazione. Chiaramente, al fine di superare le preoccupazioni manifestate dalla dottrina – afferenti l’eccessiva onerosità dell’incombente della notificazione della istanza cautelare in caso di difficile reperimento del domicilio della persona offesa che non abbia eletto domicilio o nominato un difensore – i Supremi Giudici specificano che destinatari della notifica saranno solo per persone offese i cui dati identificativi siano immediatamente ricavabili dal fascicolo processuale. Tra l’altro, nel caso di specie, la parte lesa era il coniuge del ricorrente, donde era certamente noto il relativo domicilio e nessun onere di ricerca gravava sull’indagato istante.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 novembre 2017 – 22 febbraio 2018, n. 8691 Presidente Rotundo – Relatore D’Arcangelo Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello interposto ex art. 310 cod. proc. pen. da A.A. avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza difensiva volta ad ottenere la revoca o la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere in atto, sul rilievo che l’istanza non era stata notificata alla persona offesa, secondo quanto previsto dall’art. 299, comma 3, cod. proc. pen 2. A.A. ricorre personalmente avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento, deducendo, con unico motivo, la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b e c , cod. proc. pen Si duole il ricorrente che, nel dichiarare l’inammissibilità dell’appello cautelare, il Tribunale di Bologna aveva violato i limiti del principio devolutivo. Il Tribunale chiamato a decidere sull’appello proposto ex articolo 310 può, infatti, dichiarare la inammissibilità del gravame soltanto in presenza di una delle cause tipizzate dalla articolo 592 cod. proc. pen. e non già appropriarsi di competenze del Giudice per le indagini preliminari, quale quella di rilevare la inammissibilità della istanza ai sensi dell’art. 299, comma 3, cod. proc. pen La persona offesa, inoltre, non aveva mai eletto domicilio né tanto meno nominato un difensore di fiducia e la giurisprudenza di legittimità subordina la notifica dell’istanza ex art. 299, comma 3, cod. proc. pen. all’esercizio di almeno una di queste due facoltà processuali. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato in quanto i motivi nello stesso dedotti si rivelano infondati. 2. Il ricorrente si duole, in via preliminare, della violazione del principio devolutivo. Il Tribunale di Bologna, adito ex art. 310 cod. proc. pen. dall’A. , nel dichiarare la inammissibilità della istanza di attenuazione della misura coercitiva in corso di esecuzione ai sensi dell’art. 299, comma 3, cod. proc. pen., non ha, tuttavia, usurpato un potere attribuito dalla legge processuale esclusivamente al giudice competente a provvedere sulla istanza ex art. 279 cod. proc. pen., secondo quanto opina il ricorrente, ma ha operato tale declaratoria legittimamente. L’inammissibilità dell’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare personale applicata nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, prevista dall’art. 299, comma 3, cod. proc. pen., come modificato dall’art. 2 D.L. 14 agosto 2013, n. 93, conv. nella legge 15 ottobre 2013, n. 119, quale conseguenza della mancata notifica della richiesta medesima, a cura della parte richiedente alla persona offesa, è, infatti, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo cautelare Sez. 2, n. 33576 del 14/07/2016, Fassih, Rv. 267500, nella motivazione la Corte ha altresì precisato che, in sede di appello cautelare, il controllo officioso del giudice prescinde totalmente dal principio devolutivo, fissato in via generale dall’art. 597 cod. proc. pen., in quanto attiene alla legittimità del provvedimento impugnato e non può essere sanata fino al formarsi del giudicato Sez. 2, n. 29045 del 20/06/2014, Isoldi, Rv. 259984, in applicazione del principio, la Corte ha annullato senza rinvio sia il provvedimento di revoca della misura sia quello di rigetto dell’appello cautelare, sebbene la causa di inammissibilità dell’istanza non fosse stata dedotta tra i motivi di impugnazione proposti al tribunale della libertà ex art. 310, cod. proc. pen. . L’inammissibilità, costituendo una patologia che riguarda esclusivamente gli atti di una parte processuale, nel caso di specie dell’imputato, può, infatti, essere rilevata d’ufficio sino al formarsi del giudicato, senza che possano verificarsi forme, non previste dalla legge, di sanatoria Sez. 6, sent. n. 6717 del 5/02/2015, Rv. 262272 . Ne consegue, pertanto, che la causa di inammissibilità è deducibile e rilevabile in ogni stato e grado del processo cautelare e, dunque, anche in sede di giudizio di appello. Il controllo officioso del giudice della impugnazione cautelare prescinde, infatti, totalmente dal principio devolutivo invocato dal ricorrente, che attiene invece al diverso profilo della delimitazione del perimetro cognitivo determinato dai motivi di gravame e non anche alle questioni rilevabili di ufficio che attengono alla legittimità del provvedimento impugnato. 3. Parimenti infondata si rivela la seconda doglianza formulata dal ricorrente, relativamente alla insussistenza nella specie della obbligatorietà della notifica della istanza formulata ex art. 299 cod. proc. pen. alla persona offesa. Il ricorrente, infatti, ha dedotto che il Tribunale di Bologna si è limitato ad affermare che la istanza doveva essere notificata alla persona offesa presso il suo domicilio indicato in atti , ma non aveva precisato se la parte offesa avesse previamente adempiuto gli oneri che condizionano il proprio diritto alla partecipazione all’incidente cautelare. La questione dedotta dal ricorrente verte sulla esatta definizione dell’ambito applicativo dell’art. 299 ai commi 3 e 4-bis cod. proc. pen. e, segnatamente, sulla necessità o meno che la persona offesa abbia eletto o dichiarato il domicilio per avere diritto alla notifica e poter, in tal modo, esercitare le facoltà partecipative accordatele da tale norma. La formulazione dei commi 2-bis e 3 dell’art. 299 cod. proc. pen., nel testo modificato dall’art. 2, comma 1, lett. b , n. 2 , D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119, prevede, infatti, che la richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, che non sia stata proposta in sede di interrogatorio di garanzia, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest’ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio . La facoltà di interlocuzione nel merito delle istanze de libertate è, inoltre, riconosciuta sia nella fase delle indagini preliminari, che in quella successiva alla loro chiusura, come specificamente previsto dell’art. 299, comma 4-bis cod. proc. pen L’art. 299, comma 3, cod. proc. pen. introduce, pertanto, in termini di netta discontinuità rispetto all’assetto previgente, il diritto della persona offesa di partecipare al procedimento incidentale, mediante una interlocuzione cartolare sulla permanenza o meno dei presupposti della misura coercitiva, anteriormente alla decisione del giudice sull’istanza di revoca o di sostituzione della misura. Si tratta di un rilevante riconoscimento operato dal legislatore al diritto della vittima a partecipare al procedimento incidentale sulle modifiche alla cautela e ad apportare tutti gli elementi a sua conoscenza utili per la decisione. 4. La giurisprudenza di legittimità risulta, tuttavia, divisa sull’ambito applicato della previsione dell’art. 299, comma 3, cod. proc. pen Secondo l’orientamento invocato dal ricorrente, infatti, l’istanza di revoca della custodia cautelare in carcere presentata nel corso dell’udienza preliminare non deve, infatti, essere notificata alla persona offesa che non abbia nominato un difensore o eletto domicilio, fermo il diritto dell’offeso di ricevere avviso della revoca o della sostituzione della misura Sez. 2, n. 12325 del 03/02/2016, Spada, Rv. 266435 Sez. 2, n. 36167 del 03/05/2017, Adelfio, Rv. 270690 Sez. 1 n. 34132 del 13/07/2015 . In tale prospettiva interpretativa, si rileva come il legislatore, nel tentativo di bilanciare i contrapposti interessi della vittima ad essere informata, assistita e protetta e dell’autore del reato a non vedere compressa la propria aspirazione alla libertà , abbia inteso limitare tale onere informativo all’ipotesi in cui la persona offesa si sia effettivamente interessata della vicenda processuale, attivandosi mediante la nomina di un difensore, ovvero eleggendo domicilio e, quindi, rendendosi reperibile, escludendo tale obbligo nel caso in cui la parte lesa si sia completamente disinteressata della dinamica del processo. Secondo un diverso orientamento della giurisprudenza di legittimità, invece, la istanza di revoca o di modifica della misura cautela deve essere notificata alla persona offesa anche in assenza di una formale dichiarazione o elezione di domicilio Sez. 2, n. 19704 del 01/04/2016 Sez. 3, n. 13610 del 3/03/2015 Sez. 2, n. 52127 del 19/11/2014 . 5. Ritiene, tuttavia, il Collegio che tale ultima interpretazione sia quella preferibile alla stregua di rilievi di ordine esegetico, sistematico e funzionale. Ad onta delle contrarie indicazioni reperibili nei lavori parlamentari, la locuzione salvo che non contenuta nella norma non esprime, infatti, una condizione per l’esercizio del diritto di partecipazione, bensì prescrive solo la prevalenza della notifica nel luogo eventualmente eletto sulla notifica diretta. Invero la norma prevede solo distinte modalità di notifica dell’istanza, a seconda che la persona offesa abbia nominato un difensore di fiducia, nel qual caso si considera ivi domiciliata ex art. 33 disp. att. cod. proc. pen. , o non lo abbia nominato, nel qual caso la notifica andrà eseguita alla persona offesa, personalmente, salva l’ipotesi in cui questa abbia eletto o dichiarato il domicilio per cui la notifica al fine, ad esempio, di celare il proprio attuale domicilio al proprio aggressore ed in tal caso la stessa verrà ivi eseguita in deroga a quanto previsto dall’art. 33 disp. att. cod. proc. pen L’inciso salvo che in quest’ultimo caso essa non abbia provveduto ad eleggere o dichiarare un domicilio , deve, quindi, intendersi quale eccezione alla regola secondo cui la persona offesa che ha nominato il difensore, è sempre ed incondizionatamente presso di lui domiciliata. In tale caso deve, pertanto, ritenersi prevalente la notifica presso il domicilio eletto o dichiarato e non può ricavarsi dalla omessa indicazione del domicilio o dalla mancata nomina del difensore la decadenza della persona offesa dal diritto a ricevere la notifica dell’istanza e prendere parte alla vicenda cautelare. 6. Significativa si rivela anche la ratio sottesa a tale modifica al testo del codice di rito, avendo il legislatore della riforma inteso garantire alla vittima del reato commesso con violenza alla persona, in termini ampi ed incondizionati, il diritto all’informazione, alla protezione in ossequio alla direttiva 2012/29/UE considerando 19 , ove all’art. 1 si legge che Scopo della presente direttiva è garantire che le vittime di reato ricevano informazione, assistenza e protezione adeguate e possano partecipare ai procedimenti penali. Gli Stati membri assicurano che le vittime siano riconosciute e trattate in maniera rispettosa, sensibile, personalizzata, professionale e non discriminatoria, in tutti i contatti con servizi di assistenza alle vittime o di giustizia riparativa o con un’autorità competente operante nell’ambito di un procedimento penale . . Né d’altra parte paiono fondate le pur comprensibili preoccupazioni manifestate da parte della dottrina circa l’eccessiva onerosità dell’incombente della notificazione della istanza cautelare rispetto ai diritti dell’imputato, in relazione alla necessità di reperire il domicilio della persona offesa che non abbia eletto domicilio o nominato difensore di fiducia. Tali difficoltà operative sono, infatti, superabili alla stregua del canone della ordinaria diligenza esigibile nella fattispecie concreta e, segnatamente, considerando destinatari della notifica solo le persone offese i cui dati identificativi siano immediatamente ricavabili dal fascicolo processuale. Nella specie, peraltro, essendo la parte lesa il coniuge del ricorrente, era certamente noto il domicilio della stessa ed in caso di allontanamento dal domicilio per destinazione ignota, nessun onere di ricerca grava sulla parte istante. 7. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. La cancelleria è tenuta agli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, l. n. 69 del 2005. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen