Sottrae il biglietto vincente alla nipote e al fidanzatino: nonna condannata

L’anziana signora si è resa colpevole di appropriazione indebita. Esclusa l’ipotesi del furto perché anche lei aveva contribuito ad acquistare il biglietto.

Colpo gobbo della nonna, che prova a buggerare la nipote e il fidanzato di lei, con cui aveva comprato un biglietto della lotteria, poi rivelatosi vincente. L’operazione, finalizzata a incassare da sola la cospicua somma – 500mila euro – non va a buon fine, e così l’anziana donna si ritrova, alla soglia degli 80 anni, con una condanna per appropriazione indebita Cassazione, sentenza n. 7634/2018, Sezione Seconda Penale, depositata il 16 febbraio . Incasso. Ricostruita nei dettagli la strana vicenda. La signora, in giro con la nipote e il fidanzato di quest’ultima in un centro commerciale, decide di comprare un biglietto della lotteria, e tutti e tre contribuiscono alla spesa cercando la fortuna. A sorpresa il biglietto si rivela vincente i tre fortunati possono passare all’incasso di 500mila euro. Ma la cifra fa venire l’acquolina in bocca alla nonna, che prova a portare a casa da sola l’intero malloppo, evitando di dividerlo con la nipote e soprattutto col fidanzato di lei. Significativa e inequivocabile, a questo proposito, la sua decisione di presentare il biglietto alla propria banca, nonostante le rimostranze degli altri due vincitori. Logica, di conseguenza, per i giudici la condanna dell’anziana signora per il reato di appropriazione indebita . Su questo punto concordano infine anche i giudici della Cassazione, i quali spiegano che proprio il fatto che si fosse trattato di un acquisto a tre del biglietto, con la conseguente comproprietà del denaro frutto della vincita, ha consentito di qualificare il fatto come appropriazione indebita e non come furto , anche perché la stessa anziana signora deteneva legittimamente il biglietto vincente .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 16 novembre 2017 – 16 febbraio 2018, numero 7634 Presidente Diotallevi – Relatore Imperiali Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17/2/2016, la Corte di appello di Milano confermava, in punto di responsabilità, la sentenza in data 25/03/2014 con la quale il Tribunale di Pavia aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia Ma. Lu. Pr., per il reato di appropriazione indebita commesso il 17/05/2009 in danno di Ni. Ro. Ga., dichiarando nel contempo non punibile l'imputata, ai sensi dell'art. 649, primo comma numero 2, cod. penumero , per il medesimo delitto commesso in danno della nipote. I giudici di merito ritenevano dimostrato che Ma. Lu. Pr. si fosse appropriata di un biglietto della lotteria, acquistato insieme alla nipote ed al giovane fidanzato, entrambi minorenni, risultato vincente per un importo di 500.000 Euro, avviando la procedura d'incasso per trattenere per sé l'intera vincita. 2. Propone ricorso il difensore dell'imputata chiedendo l'annullamento della sentenza, sulla base dei seguenti motivi 2.1. Inosservanza ed erronea applicazione delle norme del codice di rito, in relazione alla inattendibilità delle persone offese ed al principio della condanna oltre ogni ragionevole dubbio, con conseguente vizio motivazionale, emergendo dalla stessa sentenza che nessuno dei protagonisti della vicenda meriti pieno credito e non potendosi ritenere dimostrati, ad avviso della ricorrente, gli elementi del reato di appropriazione indebita né sotto il profilo oggettivo l'altruità ed il possesso della res né quanto all'elemento soggettivo, in relazione al quale non vi sarebbe alcun cenno nella motivazione. 2.2. Inosservanza ed erronea applicazione delle norme del codice penale e del codice di rito e vizio di motivazione, in ordine alla mancata riqualificazione del fatto da appropriazione indebita a sottrazione di cose comuni la sentenza impugnata in più passi dà atto della comproprietà del biglietto tra la ricorrente, la nipote ed il suo fidanzato, in favore dei quali, peraltro, il giudice di appello ha disposto la restituzione del biglietto. Assume la ricorrente che, sussistendo i requisiti dell'impossessamento dopo la sottrazione e della comproprietà del biglietto, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto riqualificare il fatto-reato in quello previsto dall'art. 627 cod. penumero , fattispecie depenalizzata dal D.Lgs. numero 7 del 15 gennaio 2016. Con motivi nuovi, depositati il 30/10/2017, la difesa sollecita la Corte a dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione, intervenuta il 20/11/2016, in assenza di cause di sospensione, previa valutazione di ammissibilità del ricorso proposto. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è manifestamente infondato, poiché il ricorrente ha reiterato in larga parte le doglianze già svolte in appello senza confrontarsi con le ampie argomentazioni con le quali la Corte ha disatteso i motivi di gravame. Secondo il consolidato e condivisibile orientamento di legittimità, da ultimo ribadito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte Sez. U., numero 8825 del 27/10/2016, Galtelli, Rv. 268822 , è inammissibile per difetto di specificità il ricorso che riproponga pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello, senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti. Contenuto essenziale dell'atto di impugnazione è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta in motivazione, Sez. 6 numero 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 . Sotto altro profilo, con lo stesso motivo di ricorso si sono introdotti rilievi fattuali tendenti ad una diversa ed alternativa ricostruzione del materiale probatorio utilizzato per la decisione, devono ritenersi, in presenza di una logica ed adeguata motivazione, quale quella presente nella sentenza impugnata, non consentite nel giudizio di legittimità. Va ricordato che nel caso di specie si è in presenza di una doppia conforme , cioè di una doppia pronuncia di eguale segno, per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in questa sede solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti con specifica deduzione che l'argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione della motivazione del provvedimento di secondo grado ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili ossia in assenza di alcun discrezionale apprezzamento di merito , il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti ex plurimis v. Sez. 4, numero 33772 del 15/06/2017, Dentice di Accadia Capozzi, non mass. Sez. 2, numero 7896 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217 Sez. 4, numero 5615 del 13/11/2013, dep. 2014, Nicoli, Rv. 258432 . La Corte di appello, poi, ha fatto corretta applicazione del consolidato principio, reiteratamente affermato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, in tema di dichiarazioni della persona offesa, la frazionabilità della valutazione del narrato è legittima, sempre che non sussista un'interferenza fattuale e logica tra la parte di esso ritenuta inattendibile e le rimanenti parti e che l'inattendibilità non sia talmente macroscopica, per accertato contrasto con altre sicure risultanze di prova, da compromettere la stessa credibilità del dichiarante Sez. 3, numero 1949 del 28/09/2016, dep. 2017, Rasia, non mass. Sez. 5, numero 46471 del 19/10/2015, Rosano, Rv. 265874 Sez. 6, numero 20037 del 19/3/2014, L, Rv. 260160 Sez. 3, numero 3256 del 18/10/2012, dep. 2013, B., Rv. 254133 . Nel contempo, nella sentenza impugnata sono state valorizzate le deposizioni di due testimoni, del tutto indifferenti, ritenute decisive ai fini della ricostruzione dei fatti sulla base di precise argomentazioni, solo genericamente contestate dal ricorrente, secondo il quale i testi, dato il loro limitato ruolo nella vicenda, non possono in alcun modo chiarire i rapporti intercorsi tra le parti in punto titolarità del biglietto vincente . 2. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo. Proprio il fatto che si fosse trattato di un acquisto del biglietto a tre , con la conseguente comproprietà del denaro frutto della vincita, ha consentito di qualificare il fatto come appropriazione indebita e non furto, atteso che la stessa ricorrente legittimamente deteneva il biglietto vincente, essendosi verificata l’interversio possessionis solo nel momento in cui l'imputata depositò presso la propria banca il biglietto vincente, incurante delle rimostranze altrui. La fattispecie prevista dall'art. 627 cod. penumero non è pertinente al caso di specie, atteso che, dalla ricostruzione del fatto operato nelle sentenze di merito, non vi fu una sottrazione la condotta delittuosa - lo si ribadisce - fu successiva agli eventi verificatisi nel centro commerciale. 3. L'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. penumero , fra cui la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso, come statuito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte in numerose pronunce numero 6903 del 27/5/2016, dep. 2017, Aiello, Rv. 268966 numero 26102 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818 numero 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164 numero 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531 numero 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266 . 4. All'inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. penumero , la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro 2000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 a favore della cassa delle ammende.