Dati reddituali errati nell’istanza per il gratuito patrocinio: la punibilità non può prescindere dall’accertamento del dolo

L’art. 95 del T.U. spese di giustizia punisce con la reclusione da 1 a 5 anni e con la multa le falsità e le omissioni riscontrabili nella dichiarazione sostitutiva di certificazione dei redditi, oltre che nelle altre dichiarazioni necessarie per l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7192/18, depositata il 14 febbraio. La vicenda. Il Giudice di seconde cure confermava la condanna inflitta in primo grado ad un imputato per il reato di falso continuato nella dichiarazione prodotta assieme all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentato nell’ambito di un distinto procedimento penale, concluso con la condanna alla pena di giustizia. L’imputato ricorre, per mezzo del proprio difensore, in Cassazione deducendo la carenza di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato. In particolare il ricorrente sostiene di essere caduto in errore nell’omettere la menzione ad un lavoro occasionale prestato nell’anno di riferimento, errore dovuto ad una dimenticanza proprio per la natura occasionale dell’attività. Sussistenza del reato. Il delitto di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115/2002 è integrato laddove siano riscontrabili false indicazioni od omissioni – anche parziali – dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva della certificazione, nonché in ogni altra dichiarazione, presentata ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni per l’ammissione al beneficio. Sul piano oggettivo della falsità, è dunque irrilevante l’idoneità o meno del dato alterato a costituire il discrimine tra ammissione ed esclusione dal beneficio. Dal punto di vista soggettivo, fermo restando che si tratta di un reato a dolo generico che richiesta dunque la mera consapevolezza e volontà della falsità, va comunque tenuto presente – afferma la Corte – che il dolo generico non può essere considerato in re ipsa ” ma deve essere rigorosamente provato, dovendosi escludere il reato quando risulti che il falso deriva da una semplice leggerezza ovvero da una negligenza dell’agente, poiché il sistema vigente non incrimina il falso documentale colposo . Posto che nel caso di specie, il giudice di merito ha completamento omesso l’indagine sul dolo e sull’eventuale sussistenza dell’invocato errore scusabile, la Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 11 gennaio – 14 febbraio 2018, n. 7192 Presidente Fumu – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Paola, con la quale Z.F. era stato giudicato responsabile del reato di falso continuato nella dichiarazione prodotta in uno all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato art. 95 d.p.r. n. 115/2002 presentata nell’ambito di un procedimento penale ed era stato condannato alla pena ritenuta equa. La Corte distrettuale, in particolare, ha ritenuto la sussistenza del dolo richiesto dal reato che occupa, non assumendo rilievo il preteso errore nel quale sarebbe caduto il dichiarante. 2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato, con atto sottoscritto dal difensore avv. Paolo Montemarano, deducendo la carenza di motivazione in ordine all’elemento soggettivo del reato, non avendo la Corte di Appello indicato gli elementi dai quali ha dedotto che la condotta dell’imputato era stata cosciente e volontaria e non già frutto di una mera dimenticanza, giustificata dalla natura occasionale del lavoro prestato nell’anno di riferimento, il 2010. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati. 3.1. Giova prendere le mosse dalla considerazione dalla decisione con la quale le Sezioni Unite hanno statuito che integrano il delitto di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002 le false indicazioni o le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio Sez. U, n. 6591 del 27/11/2008 - dep. 16/02/2009, Infanti, Rv. 242152 . Tanto conduce a giudicare irrilevante, sul piano della oggettiva sussistenza della falsità, l’eventuale inidoneità del dato alterato a fare da elemento di discrimine tra ammissione ed esclusione dal beneficio, giacché il bene giuridico tutelato - per come identificato dal S.C. - non è l’interesse patrimoniale dello Stato ma lo si è già scritto l’attività del giudice preposto alla verifica del diritto al beneficio. Volgendo lo sguardo al versante soggettivo, se è vero che il reato del quale ci si occupa richiede il dolo generico, e quindi la mera consapevolezza e volontà della falsità, senza che assuma rilievo la finalità di conseguire un beneficio che non compete, è pur sempre da tener presente che il dolo generico non può essere considerato in re ipsa ma deve essere rigorosamente provato, dovendosi escludere il reato quando risulti che il falso deriva da una semplice leggerezza ovvero da una negligenza dell’agente, poiché il sistema vigente non incrimina il falso documentale colposo cfr. Sez. 3, n. 30862 del 14/05/2015 - dep. 16/07/2015, Di Stasi e altri, Rv. 264328 Sez. 5, n. 29764 del 03/06/2010 - dep. 28/07/2010, Zago, Rv. 248264 . In questa prospettiva deve essere rimarcato che concreta errore sulla legge penale, come tale inescusabile, sia quello che cade sulla struttura del reato, sia quello che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, introdotte nella norma penale ad integrazione della fattispecie criminosa, dovendosi intendere per legge diversa dalla legge penale ai sensi dell’art. 47 cod. pen. quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale, o da questa non richiamata anche implicitamente Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015 - dep. 02/04/2015, Bucca, Rv. 263013, proprio in tema di falso nella dichiarazione concernente istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato . Pertanto, nel caso in cui si erri, ad esempio, in ordine alla nozione di reddito valevole ai fini dell’applicazione della disciplina del patrocinio a spese dello Stato come quando non dovendosi tener conto del reddito percepito ai fini della tassazione lo si reputa non rilevante ai fini delle condizioni per l’ammissione al beneficio si versa in ipotesi di errore inescusabile. Tuttavia, non può ritenersi l’assoluta irrilevanza della inidoneità della falsa dichiarazione a determinare effetti favorevoli al dichiarante, perché essa può rappresentare, in via astratta, segno di una condotta colposa, come tale estranea al dolo. La necessità del dolo generico esclude che si possa rispondere per un difetto di controllo, che in termini giuridici assume necessariamente le fattezze della condotta colposa, salva l’emersione di un dolo eventuale. Dolo eventuale che tuttavia non può essere evocato alla stregua di una formula di chiusura, per sottrarsi al puntuale accertamento giudiziario. Al contrario, esso deve essere compiutamente dimostrato, non ignorando le prescrizioni metodologiche impartite dalle Sezioni Unite, per le quali, per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l’agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che in casi come quello in esame assume la connotazione di evento in senso giuridico che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa. Con gli ovvi adattamenti richiesti dalla specificità della vicenda all’esame, deve farsi applicazione delle indicazioni metodologiche provenienti dal S.C., per il quale l’indagine giudiziaria, volta a ricostruire l’ iter e l’esito del processo decisionale, può fondarsi su una serie di indicatori, tra i quali - non può sfuggire - si pongono anche il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261105 . 3.2. Nel caso di specie l’indagine in ordine alla sussistenza del dolo generico è del tutto mancata, perché la Corte di Appello si è limitata a constatare l’esistenza oggettiva della falsità. Nonostante i giudici di secondo grado abbiano avuto ben presente la giurisprudenza di questa Corte, che indica la necessità che sussista la volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto e la consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero, essi hanno omesso qualsiasi indagine sul punto. Anche la valutazione della deduzione difensiva, secondo la quale la mancata indicazione in un’istanza presentata nel 2012 del reddito percepito nell’anno 2010, pari a 3.167,00 Euro, era stata determinata da una dimenticanza giustificata dalla natura saltuaria ed occasionale dell’attività lavorativa prestata, è stata operata sulla base di un principio che non risulta pertinente, perché si è evocata la inescusabilità dell’errore che ha ad oggetto norme extrapenali integratrici del precetto penale. Ben diversamente, quella deduzione prospettava un errore sul fatto non aver percepito alcun reddito , che andava quindi valutato come tale. E non soddisfa l’onere motivazionale a ciò relativo l’affermazione secondo la quale l’imputato non poteva non essere a conoscenza dei redditi omessi e percepiti dal proprio lavoro dipendente perché affermazione che non è correlata ad alcuna circostanza della specifica vicenda come tale risulta presunzione che vale ad indicare una direzione di indagine e non l’esito di questa. Indagine sul dolo che nelle ipotesi in cui non è di immediata evidenza l’utilità che sostiene l’azione/omissione tipica richiede una compiuta analisi delle circostanze di fatto tra le quali, la corretta indicazione del reddito percepito nell’anno 2011, di 3.322 Euro . Analisi del tutto assente nella pronuncia qui impugnata. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro per nuovo esame. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro per nuovo giudizio.