Disoccupato e in cerca di lavoro: nessuna giustificazione per il mancato assegno di mantenimento

Il padre ha provveduto solo in parte a versare alla madre la cifra prevista in Tribunale come contributo al mantenimento delle figlie. Consequenziale la sua condanna. Nessun alibi per i problemi economici provocati dalla perdita del lavoro.

Licenziato all’improvviso e inserito nelle cosiddette ‘liste di disoccupazione’, però senza alcun frutto concreto. Ciò nonostante, l’uomo viene condannato per non avere provveduto a versare integralmente alla compagna l’assegno stabilito in Tribunale come contributo per il mantenimento delle figlie Cassazione, sentenza n. 7179/18, sez. VI Penale, depositata oggi . Situazione oggettiva e incolpevole di indisponibilità di introiti. Prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello i giudici non hanno dubbi sulla colpevolezza dell’uomo, che, osservano, non ha versato l’assegno mensile stabilito dal Tribunale e così ha fatto mancare i mezzi di sussistenza alle figlie minorenni, costringendo la madre a provvedere da sola alle loro primarie esigenze . Questa visione viene contestata in Cassazione. Il legale del genitore ne evidenzia soprattutto la mancanza di sufficiente disponibilità di risorse economiche , elemento, questo, che a suo parere rende ‘giustificabile’ la scelta di non versare in toto l’assegno. Su quest’ultimo punto, in particolare, si è appurato che l’uomo si è limitato a versare la somma di 100 euro mensili , invece dei 350 euro stabiliti in Tribunale . E tale versamento minimo, spiegano i Magistrati, è comunque punibile, poiché l’uomo ha solo sostenuto di essere stato licenziato e di non essere riuscito a trovare lavoro , seppure inserito nelle liste di disoccupazione, ma non ha dimostrato l’esistenza di una situazione di persistente, oggettiva e incolpevole indisponibilità di introiti . Per concludere, infine, i giudici del ‘Palazzaccio’, confermando la condanna pronunciata in Appello, ricordano che per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare è sufficiente anche il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 gennaio – 14 febbraio 2018, n. 7179 Presidente Paoloni – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza n. 780 del 15/10/2015, la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Enna a Filippo Ca. ex artt. 570, comma 2 n. 2, cod. pen. capo A e 12 sexies legge 1 dicembre 1970 n. 898 capo B per avere fatto mancare, non versando l'assegno mensile stabilito dal Tribunale i mezzi di sussistenza alle figlie minorenni e così costringendo la loro madre a provvedere da sola alle primarie esigenze delle figlie. 2. Nel ricorso di Ca. si chiede annullarsi la sentenza deducendo a violazione dell'art. 570, comma 2, n. 2, cod. pen. e vizio di motivazione, avendo affermato la responsabilità del ricorrente, trascurandone la mancanza di sufficiente disponibilità di risorse economiche, e violazione dell'art. 12 sexies legge n. 898/1970 sono così compendiati i primi 5 motivi del ricorso b violazione degli art. 157 e 161, comma 2, cod. proc. pen. per essere il reato ex art. 570 cod. pen. estinto per prescrizione sesto motivo di ricorso erroneamente indicato come settimo c per vizio di motivazione circa la sussistenza di un danno per la parte civile settimo motivo di ricorso . Considerato in diritto 1. I motivi di ricorso suindicati sub 2.a sono manifestamente infondati, avendo la Corte di appello applicata la consolidata giurisprudenza di questa Corte. Per quanto riguarda il capo A , la sentenza impugnata correttamente considera che a lo stato di bisogno di un figlio minorenne, presunto dalla legge, non è eliso dal fatto che alla erogazione dei mezzi di sussistenza provveda l'altro genitore, perché persiste comunque l'obbligo di entrambi i genitori di provvedere al mantenimento dei figli minorenni Sez. 6, n. 46060 del 22/10/2014, Rv. 260823 Sez. 6, n. 2736 del 13/11/2008, dep. 2009, Rv. 242854 Sez. 6, n. del 14/04/2008, Rv. 240558 b Ca. si è limitato a versare la evidentemente insufficiente somma di 100 Euro mensili non i 350 stabiliti e questa corresponsione parziale dell'assegno di mantenimento stabilito in sede civile ha ridotto notevolmente l'entità dei mezzi economici che Ca. doveva fornire ai beneficiari Sez. 2, n. 24050 del 10/02/2017, Rv. 270326 Sez. 6, n. 15898 del 04/02/2014, Rv. 259895 c è l'imputato che ha l'onere di allegare gli elementi da cui desumere la sua impossibilità di adempiere alla obbligazione - senza che basti la dimostrazione di una mera flessione degli introiti o la generica allegazione di difficoltà Sez. 6, n. 8063 del 8/02/2012, Rv. 25242 , perché l'impossibilità deve essere assoluta e integrare una situazione di persistente, oggettiva e incolpevole indisponibilità di introiti Sez. 6, n. 33997 del 24/06/2015, Rv. 264667 - invece il ricorso in esame pagg. 4-7 richiama dichiarazioni rese da testimoni in dibattimento allegate al ricorso e documenti non allegati per dimostrare che dal 2008, dopo il suo licenziamento, Ca. non è riuscito a trovare lavoro seppure inserito nelle graduatorie e per provare la sua indigenza, ma tale documentazione rimane priva di qualsiasi contenuto attestativo dell'asserita incapacità reddituale dell'imputato in relazione al periodo dedotto in contestazione pag. 3 della sentenza . Per quanto riguarda il capo B, va rilevato che comunque il reato è integrato dal mero inadempimento dell'obbligo di corresponsione dell'assegno, prescindendo dalla prova dello stato di bisogno dell'avente diritto Sez. 6, n. 44086 del 14/10/2014, Rv. 260717 Sez. 6, n. 3426 del 05/11/2008, dep. 2009, Rv. 242680 . 2. Manifestamente infondati sono anche i residui motivi di ricorso. La sentenza della Corte di appello è stata emessa il 15/10/2015 e il tempus commissi delicti del reato decritto nel capo a è da dicembre 2008 sino a febbraio 2010. Pertanto non si è prescritto prima dell'agosto 2017 e, quindi dopo la sentenza di primo grado. Il dedotto vizio di motivazione circa la sussistenza di un danno per la parte civile non risulta oggetto di appello in ogni caso, il Tribunale si è limitato a condannare al risarcimento del danno - che sta nello stesso inadempimento delle obbligazioni civilistiche da parte dell'imputato -rimettendone la quantificazione al giudice civile. 3. Dalla inammissibilità del ricorso deriva, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e in favore della cassa delle ammende della somma che è congruo determinare in Euro duemila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.