Configurabile il reato di riciclaggio in assenza di associazione a delinquere

Il reato di riciclaggio di cui all’art. 648- bis c.p. risulta configurabile nel caso in cui l’agente non abbia concorso nell’esecuzione dei reati-fine dell’associazione , i quali non possono identificarsi nella mera messa a disposizione di conti correnti su cui versare i proventi illeciti.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 6966/18, depositata il 13 febbraio. Il caso. Il Tribunale di Bologna rigettava l’istanza di riesame, avanzata dall’indagato, relativamente al decreto di sequestro preventivo ai fini della confisca, per i reati contestatigli di riciclaggio di denaro, avente ad oggetto i proventi derivanti da delitti tributari. Avverso il provvedimento del Tribunale l’indagato ricorre per cassazione denunciando l’errato riconoscimento dell’imputabilità, al ricorrente medesimo, del reato di riciclaggio, avendo questi concorso a commettere il delitto presupposto associazione a delinquere , e la violazione dell’art. 648- bis c.p. Riciclaggio , per non avere il Tribunale escluso che il mero spostamento di somme di denaro possa ostacolare l’individuazione delle somme medesime. Il riciclaggio e l’associazione a delinquere. Il Supremo Collegio riafferma che l’esclusione di responsabilità, invocata dal ricorrente ex art. 648- bis c.p. Riciclaggio , non opera, come nel caso di specie, nei confronti del partecipe dell’associazione che abbia il precipuo compito di ripulire e reimpiegare i proventi dei delitti, scopo alla cui realizzazione non abbia fornito alcun contributo, e che può in tal caso configurarsi il concorso tra i reati sopra menzionati artt. 648- bis e 648- ter c.p. nel caso dell’associato che ricicli o reimpieghi proventi dei soli delitti-scopo . Difatti, la Suprema Corte ha confermato le argomentazioni del Tribunale volte all’esclusione del concorso del ricorrente nell’esecuzione dei reati fine dell’associazione, di natura tributaria, che costituiscono i delitti presupposti da cui derivano i proventi illeciti oggetto di sequestro e tanto basta a ritenere a lei imputabile il delitto di riciclaggio . Lo spostamento delle somme. La Suprema Corte riconosce la correttezza della configurabilità del reato di riciclaggio addebitato al ricorrente, in considerazione del consolidato orientamento per cui costituisce reato di riciclaggio qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti, essendo sufficiente che la tracciabilità del percorso dei beni di provenienza illecita sia stata ostacolata . Nel caso in esame, la tracciabilità è stata ritenuta ostacolata dalla messa a disposizione da parte del ricorrente di conti correnti a questi intestati, sui quali venivano versati da altri correi ingenti somme di denaro . La Corte dunque rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 6 dicembre 2017 – 13 febbraio 2018, n. 6966 Presidente Cammino – Relatore Borsellino Ritenuto in fatto 1.Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Bologna ha rigettato l’istanza di riesame avanzata nell’interesse di R.R. avverso il decreto di sequestro preventivo ai fini della confisca, disposto dal G.I.P. del Tribunale di Bologna il 3 e il 15 maggio 2017, in relazione al reato di riciclaggio contestato all’indagata, avente ad oggetto i proventi derivanti da delitti di natura tributaria, limitatamente ai fatti commessi dopo il omissis e sino al 2013. 2.Ricorre per cassazione la difesa deducendo 1 violazione dell’articolo 321 cod.proc.pen in relazione all’articolo 416 cod.pen. e 648 bis cod.pen., sul rilievo che alla R. è contestata anche, al capo A della rubrica, la partecipazione in qualità di promotrice all’associazione a delinquere creata al fine di commettere delitti di natura fiscale e bancarotta, oltre al riciclaggio, con il precipuo ruolo di trasferire il denaro provento dei reati posti in essere dal sodalizio e facenti parte del programma criminoso. Ne consegue, a giudizio del ricorrente, che in forza del principio di diritto affermato dalle Sezioni unite della corte di legittimità con la sentenza n. 25191/2014 Iavarazzo, va esclusa l’imputabilità alla R. del delitto di riciclaggio, avendo la stessa concorso a commettere il delitto presupposto. La difesa evidenzia inoltre che nel caso in esame il tribunale ha omesso di considerare che alla R. è stata contestata non soltanto l’ipotesi associativa ma anche, al capo AS del procedimento penale R.G.N.R. 15105/11, riunito a quello principale, il reato di infedele dichiarazione ai fini tributari, riguardante le medesime somme di denaro oggetto del riciclaggio. 2 violazione di legge in relazione all’articolo 648 bis cod.pen. poiché la condotta contestata alla R. e cioè l’avere spostato somme di denaro da conti correnti a lei intestati ad altri aventi la medesima intestazione, non integra un comportamento diretto ad ostacolare l’individuazione delle somme di denaro, anche in ragione del fatto che l’indagata ha indicato le dette somme nella denunzia dei redditi. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato poiché il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza richiamata dalla difesa n. 25191/2017, Iavarazzo, mentre il difensore non si è confrontato con tali articolate argomentazioni, limitandosi a reiterare il contenuto del riesame proposto dinanzi al Tribunale. Nella richiamata pronunzia la corte di legittimità, nella sua più autorevole composizione, ha precisato che Non è configurabile il concorso fra i delitti di cui agli artt. 648-bis o 648-ter cod. pen. e quello di associazione mafiosa, quando la contestazione di riciclaggio o reimpiego nei confronti dell’associato abbia ad oggetto denaro, beni o utilità provenienti proprio dal delitto di associazione mafiosa, operando in tal caso la clausola di riserva contenuta nelle predette disposizioni . E tuttavia, come correttamente evidenziato dal Tribunale, nella medesima sentenza la corte ha affermato che la clausola di esclusione della responsabilità prevista dall’articolo 648 bis cod.pen. non opera nei confronti del partecipe dell’associazione che abbia il precipuo compito di ripulire e reimpiegare i proventi dei delitti scopo, alla cui realizzazione non abbia fornito alcun contributo, e che può in tal caso configurarsi il concorso tra i reati sopra menzionati nel caso dell’associato che ricicli o reimpieghi proventi dei soli delitti-scopo Sez. U, n. 25191 del 27/02/2014, Iavarazzo, Rv. 25958701 . Nel caso in esame il tribunale ha spiegato, con argomentazioni immuni da censure, che la R. non ha concorso nell’esecuzione dei reati fine dell’associazione, di natura tributaria, che costituiscono i delitti presupposti da cui derivano i proventi illeciti oggetto di sequestro e tanto basta a ritenere a lei imputabile il delitto di riciclaggio, come contestato nell’imputazione. La circostanza valorizzata dalla difesa per censurare tale impostazione, che la R. è stata indagata anche per un’ipotesi di infedele dichiarazione non appare conducente, poiché si tratta di circostanza che il G.I.P. ha correttamente considerato. Dalla lettura del provvedimento di sequestro emerge, infatti, che la R. è stata indagata per il reato di infedele dichiarazione negli anni 2006, 2007 e 2008 e pertanto il sequestro è stato disposto limitatamente alle condotte di riciclaggio successive al 29/12/2017, e in particolare sulle somme di 2.365.347,00 accreditate sui conti correnti all’estero della R. tra il 2011 e il 2013, e su altro importo bonificatole nel 2008, proprio sul presupposto che si tratta di somme diverse da quella oggetto del reato tributario a lei contestato. Anche il secondo motivo di doglianza è infondato poiché il tribunale ha fatto corretta applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui costituisce reato di riciclaggio qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti, essendo sufficiente che la tracciabilità del percorso dei beni di provenienza illecita sia stata ostacolata, e ha evidenziato nella motivazione del suo provvedimento che la R. ha messo a disposizione conti correnti a lei intestati, sui quali venivano versati da altri correi ingenti somme di denaro ha effettuato il trasferimento di rilevanti importi da un conto corrente aperto su una banca operante nel OMISSIS ad un conto accesso presso una banca austriaca a lei intestato e inoltre ha disposto il trasferimento di somme anche su conti esteri, facenti capo ad altri correi. La ricorrente non si è in alcun modo confrontata con queste specifiche argomentazioni, limitandosi a sostenere che i movimenti di denaro erano stati operati solo su conti della R. e che in nessun modo era stata ostacolata la loro tracciabilità. Si impone il rigetto del ricorso e la conseguente condanna della R. al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.