Valida la notifica presso la residenza dell’imputato se non elegge o dichiara domicilio

Qualora la notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e dell’informazione di garanzia avvenga presso la residenza dell’imputato, e questi non elegga o dichiari domicilio, la successiva notificazione del decreto di citazione a giudizio può efficacemente essere notificata presso la sua residenza.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 6936/18, depositata il 13 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Milano respingeva l’appello proposto dal legale rappresentante di una società in liquidazione, avverso la sentenza del Tribunale della medesima città, che lo aveva condannato alla reclusione per omesso versamento dell’IVA. Avverso la sentenza della Corte distrettuale il rappresentante legale ricorre per cassazione denunciando la nullità della sentenza di primo grado, in quanto la notifica del decreto di citazione a giudizio avveniva presso la sua residenza, luogo in cui non era stato né dichiarato né eletto domicilio, in violazione dell’art. 161, comma 4, c.p.p Difatti, successivamente al ricevimento dell’informazione di garanzia, il decreto di citazione veniva notificato, una seconda volta, presso la sua residenza ed in seguito all’irreperibilità del destinatario la notifica veniva compiuta per giacenza, quando, per il ricorrente, avrebbe dovuto essere effettuata presso il difensore d’ufficio. La notificazione presso la residenza. La Suprema Corte riconosce che correttamente il Giudice dell’Appello abbia ritenuto legittima la prima notificazione, presso la residenza dell’imputato, dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e della informazione di garanzia ex art. 415 c.p.p., con la quale lo stesso veniva invitato ad eleggere o dichiarare domicilio, nonché a nominare un difensore di fiducia, ed avvertito che in assenza le notifiche sarebbero state notificate nel luogo in cui era stato notificato l’atto, ovvero presso la sua residenza, dove quindi fu operata la successiva notifica del decreto di citazione a giudizio, andata a buon fine per compiuta giacenza . Solo successivamente l’imputato dichiarava quale domicilio la propria residenza, ossia il medesimo luogo in cui la prima notificazione veniva effettuata. La dichiarazione di domicilio. Giustamente dunque, secondo i Giudici di legittimità, la Corte distrettuale ha applicato il principio fissato dalla Suprema Corte per cui dopo la prima notifica, omessi la dichiarazione o l’elezione di domicilio e l’avvertimento ex art. 161, comma 2, c.p.p., le successive notificazioni devono essere effettuate secondo la norma generale dell’art. 157 c.p.p., a maggior ragione nel caso di specie, giacché la residenza dell’imputato, è rimasta la stessa ed è stata altresì dichiarata, a distanza di poco tempo, domicilio dell’imputato, considerato, inoltre, che contestualmente alla prima notificazione l’imputato era stato avvertito del fatto che, non avendo eletto/dichiarato domicilio, le successive notificazioni sarebbero state eseguite presso il luogo di residenza” . Da ciò è derivato il rigetto della doglianza, ritenendo eseguita esattamente la notificazione ex art. 157 c.p.p. presso la residenza dell’imputato del decreto di citazione a giudizio ove era stata effettuata la prima notificazione . La Corte dunque dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 23 novembre 2017 – 13 febbraio 2018, n. 6936 Presidente Savani – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 10 maggio 2107 la Corte d’appello di Milano ha respinto l’appello proposto da C.N. avverso sentenza del 21 ottobre 2015 con cui il Tribunale di Milano lo aveva condannato alla pena di sei mesi di reclusione per il reato di cui all’articolo 10 ter d.lgs. 74/2000 per avere, quale legale rappresentante di una società cooperativa in liquidazione, omesso di versare l’Iva per Euro 294.020 entro il termine previsto per pagare l’acconto del periodo d’imposta successivo. 2. Ha presentato ricorso il difensore, sulla base di quattro motivi che denunciano violazioni di legge processuale, e vizi motivazionali. Ha poi depositato pure due motivi aggiunti. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. 3.1.1 Il primo motivo, ex articolo 606, primo comma, lettera c , c.p.p., denuncia la violazione degli articoli 178, primo comma, lettera c , 179 e 161, primo comma e quarto comma, c.p.p. e conseguente nullità assoluta del decreto di citazione diretta a giudizio. Si rileva che la sentenza di primo grado è stata emessa dopo che l’imputato era stato dichiarato assente per tutto il giudizio di primo grado e aveva provveduto a nominare un difensore di fiducia solo al momento della conoscenza della sentenza. Nell’atto d’appello, quindi, il difensore aveva denunciato che la sentenza di primo grado era affetta da nullità per violazione dell’articolo 161, primo comma e quarto comma, c.p.p. in tema di notifica al difensore in caso di mancata elezione/dichiarazione di domicilio. Infatti la notifica del decreto di citazione a giudizio all’imputato sarebbe viziata perché avvenuta presso la residenza – ove non era stato dichiarato domicilio né domicilio era stato eletto in sede di informazione di garanzia – nonostante l’articolo, primo comma, preveda che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore”. E il quarto comma dello stesso articolo, equiparando l’impossibilità di disporre la notificazione al domicilio eletto alla mancanza di elezione/dichiarazione di domicilio, conferma che in tali casi le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore”. Quindi, tutte le notificazioni successive alla prima, se manca una valida elezione/dichiarazione di domicilio devono essere effettuate presso il difensore ex articolo 161, quarto comma, e non presso la residenza dell’imputato. Il 12 settembre 2014 all’imputato veniva notificato l’avviso ex articolo 415 bis c.p.p. con contestuale informazione di garanzia a mani proprie presso la sua residenza in tale occasione egli non eleggeva né dichiarava il proprio domicilio ma il decreto di citazione diretta a giudizio gli veniva poi notificato a mezzo posta il 12 marzo 2015 presso la sua residenza. E per la sua accertata irreperibilità” la notifica veniva per compiuta giacenza. Quindi, questa notifica successiva alla prima, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essere effettuata presso il difensore, a questo punto d’ufficio, non avendo fino ad allora l’imputato nominato difensore di fiducia. Avrebbe errato, invece, la corte territoriale nel ritenere che la notifica del decreto di citazione sia stata corretta. Si sarebbe realizzata una nullità assoluta per il combinato disposto degli articoli 168, primo comma, lettera c e 179, primo comma, c.p.p. 3.1.2 Il giudice d’appello dinanzi alla censura che chiedeva l’annullamento ex articolo 604, quarto comma, c.p.p. per nullità ex articoli 178, primo comma, lettera c , 179 e 161, quarto comma, c.p.p. del decreto di citazione diretta a giudizio, osserva che quando avvenne la prima notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini ex articolo 415 bis c.p.p. e della contestuale informazione di garanzia, tale notificazione fu effettuata a mani proprie dell’imputato presso il luogo di residenza dello stesso” in OMISSIS , e l’imputato venne invitato sia a nominare un difensore di fiducia, sia ad eleggere/dichiarare domicilio”, con l0avvertimento che in caso di mancanza, insufficienza od inidoneità della dichiarazione o della elezione le notificazioni successive sarebbero state effettuate nel luogo in cui era stato notificato l’atto”, ovvero presso la sua residenza, dove quindi fu operata il 12 marzo 2015 la successiva notifica del decreto di citazione a giudizio, andata a buon fine per compiuta giacenza. Qualche mese dopo, il 29 ottobre 2015, l’imputato dichiarava quale domicilio il proprio luogo di residenza, rimasto immutato dalla prima notificazione effettuata a OMISSIS ” e nominava il suo difensore di fiducia. Quindi la corte territoriale ha richiamato giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui, dopo la prima notifica, omessi la dichiarazione o l’elezione di domicilio e l’avvertimento ex articolo 161, secondo comma, c.p.p., le successive notificazioni devono essere effettuate secondo la norma generale dell’articolo 157 c.p.p. il giudice d’appello si riferisce correttamente a Cass. sez. 6, 21 aprile 1994 n. 1778 cfr. pure Cass. sez. 5, 10 aprile 1996 n. 4845, per cui le notifiche all’imputato non detenuto, finché non si sia provveduto all’invito a dichiarare o ad eleggere domicilio e all’avvertimento che, in mancanza, le notifiche saranno eseguite mediante consegna al difensore, sono ritualmente eseguite ex articolo 157 c.p.p. perché la nullità insorge, ai sensi dell’articolo 171, lettera e , c.p.p. solo se, in difetto del predetto avvertimento, la notifica viene attuata mediante consegna al difensore e ha ritenuto che il principio suddetto valga a maggior ragione nel caso di specie, giacché la residenza dell’imputato è rimasta la stessa ed è stata altresì dichiarata, a distanza di poco tempo, domicilio dell’imputato, considerato, inoltre, che contestualmente alla prima notificazione l’imputato era anche stato avvertito del fatto che, non avendo eletto/dichiarato domicilio, le successive notificazioni sarebbero state eseguite presso il luogo di residenza” di qui il rigetto della doglianza, ritenendo eseguita esattamente la notificazione ex art. 157 c.p.p. presso la residenza dell’imputato del decreto che dispone il giudizio ove era stata effettuata la prima notificazione” motivazione della sentenza impugnata, pagine 3-4 . È evidente che gli argomenti del motivo non confutano specificamente e quantomeno non adeguatamente questa ben argomentata illustrazione delle condivisibili ragioni del disattendimento dell’analoga doglianza proposta in appello. Ciò dimostra l’inconsistenza del motivo. 3.2. Il secondo motivo denuncia, ex articolo 606, primo comma, lettera c , c.p.p., nullità assoluta ex articoli 157, 159, 161, 178, primo comma, lettera c, e 179, primo comma, lettera c , c.p.p., sostenendo che la notifica effettuata alla residenza dell’imputato non si sarebbe perfezionata perché questi risultò irreperibile. La doglianza è manifestamente infondata, perché a tacer d’altro, dall’avviso di ricevimento allegato anche allo stesso ricorso, risulta che l’agente postale non ha certificato l’irreperibilità, bensì la temporanea assenza del destinatario e la mancanza di persone abilitate alla ricezione, immettendo pertanto l’avviso nella cassetta, atto questo che ovviamente non sarebbe stato compiuto se il destinatario in quell’indirizzo fosse stato irreperibile. 3.3. Il terzo motivo lamenta, erronea applicazione dell’articolo 133 c.p., ex articolo 606, primo comma, lettera b , c.p.p. e correlata omessa motivazione ex articolo 606, primo comma, lettera e , c.p.p., adducendo, in sintesi, che l’eccessività della pena irrogata dal giudice di primo grado esigeva una sua riduzione da parte del giudice d’appello, che avrebbe invece al riguardo fornito una motivazione tautologica. Anche questa doglianza è manifestamente infondata, poiché la corte territoriale ha motivato in modo congruo la conferma della pena irrogata dal giudice di prime cure, rilevando che la stessa già è assai prossima ai minimi edittali” motivazione, pagina 4 . 3.4 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 606, primo comma, lettera b , c.p.p., violazione dell’articolo 53 l. 689/1981 per omessa concessione di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria e manifesta contraddittorietà motivazionale ex articolo 606, primo coma, lettera e c.p.p. si sostiene che il giudice d’appello avrebbe ragionato in modo contraddittorio non concedendo tale conversione, visti i benefici già concessi dal giudice di prime cure, ovvero le attenuanti prevalenti, la sospensione della pena e la non menzione nel casellario giudiziale. Pure questa doglianza è manifestamente infondata, in quanto il giudice d’appello ha correttamente riconosciuto che la conversione della pena detentiva e la scelta della sanzione sostitutiva sono oggetto di un potere discrezionale del giudice di merito e, sul piano strettamente motivazionale, ha enunciato la incongruità della sostituzione considerato che la contestazione riguarda l’omesso versamento di una somma pari a Euro 294.000,00” e tenuto in conto dell’inesistenza di garanzie che l’imputato, qualora dovesse essere data esecuzione alla pena pecuniaria, eseguirebbe il relativo pagamento”. È più che evidente l’ontologica divergenza tra la valutazione non positiva sulla solvibilità del reo e la prognosi per i benefici addotti nel presente motivo come già concessi, tale da escludere, quindi, l’asserito vizio di contraddittorietà motivazionale. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n. Ndr testo originale non comprensibile 36, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.