Libertà vigilata troppo restrittiva rischia di diventare detenzione domiciliare

Nell’ipotesi di applicazione della misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata, il giudice deve evitare di imporre limitazioni o prescrizioni che istaurino un carattere detentivo nella misura, altrimenti vi sarebbe il rischio di violare il principio di legalità.

Lo ha ribadito la Suprema Corte con sentenza n. 3640/18, depositata il 25 gennaio. Il caso. Il Tribunale di Sorveglianza di Campobasso riformava il provvedimento emesso precedentemente, con il quale l’odierno ricorrente veniva dichiarato delinquente abituale e sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata. Il Giudice autorizzava il richiedente ad uscire dal proprio domicilio ogni giorno dalle ore 9 alle 11, con divieto assoluto di allontanarsi dal territorio del proprio Comune. Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il soggetto sottoposto alla misura di sicurezza, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato in quanto, secondo lo stesso, non sussistevano i presupposti per le limitazioni imposte dal Tribunale, le quali non tenevano conto della natura non detentiva della misura di sicurezza della libertà vigilata . Limiti alla libertà vigilata. Gli Ermellini si pronunciano in favore delle fondatezza del ricorso. Infatti il divieto assoluto di allontanarsi dal territorio del Comune comporta una restrizione che rende la libertà vigilata applicata nei confronti del ricorrente assimilabile alla detenzione domiciliare, così come prefigurata dagli artt. 284, comma 3, c.p.p. Arresti domiciliari e 47- ter ord. pen. Detenzione domiciliare , trascurando al contempo di considerate le finalità di reinserimento sociale, proprio delle misura di sicurezza in esame, richiamate dall’art. 55 ord. pen. Interventi del servizio sociale nella libertà vigilata . A sostegno di ciò la Corte ha ribadito il principio secondo il quale nell’ipotesi di applicazione della misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata, il giudice deve evitare di imporre limitazioni o prescrizioni che istaurino un carattere detentivo nella misura, altrimenti vi sarebbe il rischio di violare il principio di legalità. Per le ragioni esposte la Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale per un nuovo esame, il quale dovrà rideterminare il contenuto percettivo della libertà vigilata tenendo conto della natura di misura di sicurezza non detentiva e delle finalità di reinserimento sociale .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 22 dicembre 2017 – 25 gennaio 2018, n. 3640 Presidente Carcano – Relatore Centonze Rilevato in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Campobasso, pronunciandosi sull’appello proposto da T.G. , in parziale riforma del provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza di Campobasso il 24/01/2017, autorizzava l’appellante a uscire dal proprio domicilio, con divieto assoluto di allontanarsi dal territorio del Comune di Campobasso, tutti i giorni della settimana dalle ore 9 alle ore 11. Veniva, in questo modo, modificata l’ordinanza emessa dal Magistrato di sorveglianza di Campobasso, sopra citata, con cui T.G. era stato dichiarato delinquente abituale e sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di un anno. 2. Avverso tale ordinanza T.G. , a mezzo dell’avv. Renato Potente, ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento alla ritenuta sussistenza dei presupposti per le limitazioni imposte dal Tribunale di sorveglianza di Campobasso, che erano stati valutati con un percorso argomentativo incongruo, che non teneva conto della natura non detentiva della misura di sicurezza della libertà vigilata irrogata al ricorrente. Queste ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati. 2. Osserva il Collegio che, con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Campobasso autorizzava T.G. a uscire dal suo domicilio, con divieto assoluto di allontanarsi dal territorio del Comune di Campobasso, tutti i giorni della settimana dalle ore 9 alle ore 11. Deve, tuttavia, rilevarsi che tali prescrizioni comportano per il ricorrente restrizioni che rendono la libertà vigilata applicata nei suoi confronti assimilabile alla detenzione domiciliare, così come prefigurata dagli artt. 284, comma 3, cod. proc. pen. e 47-ter Ord. Pen., trascurando al contempo di considerare le finalità di reinserimento sociale, proprie della misura di sicurezza in esame, richiamate dall’art. 55 Ord. Pen. Il contenuto di tali prescrizioni, pertanto, non appare armonico con le finalità perseguite dalla misura di sicurezza applicata a T. , così come canonizzate dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui Nell’ipotesi di applicazione provvisoria della misura di sicurezza della libertà vigilata, il giudice non può imporre, stante il principio di legalità, prescrizioni che ne snaturino il carattere non detentivo Sez. 2, n. 49497 dell’11/11/2014, Pratis, Rv. 26099 si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 26702 dell’11/06/2013, La Torre, Rv. 25602 . Occorre, pertanto, che il Tribunale di sorveglianza di Campobasso rivaluti la posizione di T.G. , rideterminando il contenuto precettivo della libertà vigilata applicata nei suoi confronti, tenendo conto della sua natura di misura di sicurezza non detentiva e delle finalità di reinserimento sociale, previste dall’art. 55 Ord. Pen., che vi sono sottese. 3. Per queste ragioni, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Campobasso, affinché provveda a un nuovo esame, conformandosi ai principi di diritto che si sono enunciati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Campobasso.