Quattro cavalli ed un cane bloccati in spazi angusti: legittimo il sequestro

Respinte le obiezioni del proprietario. Secondo i Giudici, dal quadro probatorio emergono le gravi sofferenze subite dai quadrupedi, privati anche della luce e della possibilità di muoversi.

Bloccati in spazi angusti e privati anche della luce. Palesi le sofferenze subite da quattro cavalli ed un cane, e l’unico modo per tutelali è il provvedimento di sequestro Cassazione, sentenza n. 2748/18, sez. III Penale, depositata il 23 gennaio . Custodia. Respinte le contestazioni proposte dal proprietario degli animali, ovviamente sotto accusa per maltrattamenti”. Anche secondo i Giudici della Cassazione, difatti, il quadro probatorio è di facile lettura, poiché esso ha permesso di accertare che i quattro cavalli e il cane erano costretti in condizioni igienico-sanitarie assai precarie , essendo custoditi in locali angusti, privi di aperture, a stretto contatto con le proprie deiezioni . Difficile, osservano i magistrati, non parlare di gravi sofferenze per gli animali, soprattutto tenendo presente che sia i cavalli che i cani necessitano di aria, luce, acqua, e di movimento all’aperto e di potersi muovere anche nel luogo di custodia .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 dicembre 2017 – 23 gennaio 2018, n. 2748 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 12/04/2017, il Tribunale del riesame di Catania ha respinto il ricorso, ex art. 322 cod.proc.pen., proposto da Gi. An. e, per l'effetto, ha confermato il decreto di sequestro preventivo, emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catania, relativo a quattro cavalli ed un cane, ravvisando la sussistenza del fumus commissi delicti in relazione al reato di cui all'art. 727 cod.pen. per il mantenimento degli animali in condizioni incompatibili con la loro natura, in condizioni igienico sanitarie assai precarie e custoditi, i predetti animali, in locali angusti, privi di aperture, a stretto contatto con le proprie deiezioni, senza acqua, e del periculum in mora sussistendo la necessità di evitare la protrazione delle conseguenze dannose del reato. 2. Propone ricorso per cassazione l'indagato, a mezzo del proprio difensore, deducendo con un unico motivo di ricorso la violazione dell'art. 606 comma 1 lett. b ed e cod.proc.pen. in relazione all'art. 727 cod.pen. e il vizio di illogicità di motivazione. Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe omesso di motivare in relazione alla circostanza che la detenzione degli animali non solo dovrebbe essere incompatibile con la loro natura, ma anche produttiva di gravi sofferenze, requisito che richiede anche la prova della lesività dell'integrità fisica dell'animale, requisito non valutato dal Tribunale e insussistente alla luce delle emergenze probatorie. 3. Il Procuratore generale ha chiesto, in udienza, l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso è inammissibile per la proposizione di un motivo manifestamente infondato. 5. In via preliminare, questa Corte osserva che, in tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l'art. 325 cod. proc. pen. consente il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge. Nella nozione di violazione di legge rientrano, in particolare, gli errores in iudicando o in procedendo , e anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893 Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093 . Non può, invece, essere dedotta l'illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui alla lett. e dell'art. 606, stesso codice v., per tutte Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710 Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S., Rv. 224611 . Tenuto conto dell'ambito cognitivo, ed escluso il dedotto vizio di motivazione, la dedotta violazione di legge è manifestamente infondata. 6. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di maltrattamento di animali, il reato permanente di cui all'art. 727 cod.pen., è integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note, al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali, per cui non è necessario l'accertamento di lesioni. Come osservato da Sez. 3, n. 1353 del 19/11/1997, Losi, Rv. 209795 le diverse ipotesi previste dal primo comma del nuovo testo dell'art. 727 cod.pen. maltrattamento di animali sono fattispecie ontologicamente distinte ed autonome. La conseguenza è che gli elementi materiali essenziali ad una fattispecie non possono assumersi come necessari anche per le altre ipotesi. In particolare l'elemento della sofferenza fisica, connaturato all'ipotesi di incrudelimento e sevizie, non è necessario per integrare le altre ipotesi, ed in particolare quella di detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali Sez, 3, n. 6829 del 17/12/2014, Ga., Rv. 262529 . Nel provvedimento impugnato si rileva come, dagli atti delle indagini, gli animali erano custoditi in condizioni certamente incompatibili con la loro natura e anche produttive di gravi sofferenze, giacché le condizioni della loro detenzione luogo angusto privo di luce, presenza di escrementi sono certamente incompatibili con la natura e produttivo di gravi sofferenze Sez. 3, n. 52031 del 04/10/2016, Ba., Rv. 268778 , essendo notorio che sia i cavalli che i cani necessitino di aria, luce, acqua e di movimento all'aperto e di potersi muovere anche nel luogo di custodia, non essendo necessaria la prova della sofferenza fisica e tanto meno di lesioni. Nello specifico, il Tribunale ha con motivazione congrua e dunque per nulla assente ritenuto sussistente il fumus del reato ovvero la condotta prevista dal capoverso dell'art. 727 cod.pen. ossia quella posta in atto da chiunque detenga animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze , da qui la manifesta infondatezza della censura difensiva. 7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.