Valida la notifica consegnata alla madre che convive con l’imputato

E’ efficace la consegna della notificazione del decreto penale di condanna effettuata al familiare convivente con l’imputato, poiché, in tale circostanza, deve ritenersi possibile la conoscibilità dell’atto da parte del destinatario.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 2733/18, depositata il 23 gennaio. Il caso. Il GIP presso il Tribunale di Cagliari rigettava con ordinanza l’istanza di restituzione nel termine proposta dall’imputato per la presentazione di opposizione al decreto di condanna. Avverso l’ordinanza l’imputato ricorre per cassazione denunciando di non essere venuto tempestivamente a conoscenza di tale decreto poiché notificato alla madre del medesimo, dovendosi escludere, in tale circostanza, la conoscibilità dell’atto. La consegna dell’atto al familiare. Il Supremo Collegio ribadisce che la consegna al familiare convivente legittima nell’agente notificatore il ragionevole affidamento che l’atto perverrà all’interessato e non può esservi dubbio che, legittimamente, un tale affidamento possa sorgere ancor più laddove, come nella specie, tra destinatario dell’atto e ricettore effettivo del medesimo sussista un tale nesso di parentela, come quello tra madre e figlio, da fare ragionevolmente supporre che l’atto pervenga al secondo, tanto più ove, come nella specie, la madre sia convivente nel medesimo appartamento . La Corte pertanto dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 settembre 2017 – 23 gennaio 2018, numero 2733 Presidente Savani – Relatore Ciriello Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 25.02.2017 il Gip presso il Tribunale di Cagliari ha, per quanto qui rileva, rigettato l’istanza di restituzione nel termine proposta dall’imputato M.N. , condannato per il reato di cui all’art. 28 D. lgs. 758/1994, per presentare opposizione al decreto penale di condanna, con la quale questi allegava di non essere venuto tempestivamente a conoscenza della notifica del decreto avvenuta in data 20.02.2015, tramite consegna alla madre G.A. che, tuttavia, avrebbe omesso di comunicarglielo e di averne appreso l’esistenza solo in seguito alla richiesta di copia del certificato del casellario giudiziale, richiesto in data 27.10.2016. 2.- Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione l’imputato, tramite il proprio difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento in ragione del vizio di motivazione e di violazione di legge in cui sarebbe incorso il giudice di merito, pervenendo al rigetto dell’istanza sulla base di una motivazione illogica, fondata su una presunzione di conoscenza dell’atto, pervenuto presso la residenza dell’imputato, consegnato a soggetto convivente la madre , in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale consolidato per il quale la regolarità formale della notifica del decreto penale di condanna esclude ogni dubbio sulla effettiva conoscenza, solo quando la stessa è stata effettuata nelle mani dell’interessato, non incombendo su quest’ultimo alcun onere di allegazione in ordine alla mancata conoscenza, e restando in capo al giudice l’obbligo di rinvenire prove contrarie e concrete rispetto alla presunzione di ignoranza incolpevole. Considerato in diritto 3.- Il ricorso appare manifestamente infondato. 3.1.- Quanto alla nullità invocata sul presupposto che l’atto sarebbe stato notificato non a mani del destinatario bensì a mani del genitore convivente va ricordato che, per costante indirizzo di questa Corte, la consegna al familiare convivente legittima nell’agente notificatore il ragionevole affidamento che l’atto perverrà all’interessato tra le tante, da ultima, Sez. 3, numero 5930/15 del 17/12/2014, Currò, Rv. 263177 e non può esservi dubbio che, legittimamente, un tale affidamento possa sorgere ancor più laddove, come nella specie, tra destinatario dell’atto e ricettore effettivo del medesimo sussista un tale nesso di parentela, come quello tra madre e figlio, da fare ragionevolmente supporre che l’atto pervenga al secondo, tanto più ove, come nella specie, la madre sia convivente nel medesimo appartamento. 3.2.- Quanto alla richiesta di restituzione in termini, va anzitutto chiarito che, nella specie, deve applicarsi la disciplina di cui all’art. 175, comma 2, c.p.p. come modificata dalla l. numero 67 del 2014 che, tuttavia, si pone in termini di continuità, sul piano del riparto tra istante e giudice degli oneri probatori relativi alla dimostrazione della mancata effettiva conoscenza del provvedimento rispetto alla disciplina previgente cfr. Sez. 5, numero numero 138/16 del 14/10/2015, Cogliandro, Rv.265558 . Pertanto, va ricordato che, in più occasioni questa Corte, già nella vigenza della legge numero 50 del 2005, aveva affermato gravare sull’istante l’onere di allegazione di circostanze rilevanti ad hoc, suscettibili di verifica da parte dell’A.G., a carico del soggetto interessato ad ottenere la rimessione in termini Sez. 2, numero 9776 del 22/11/2012 El Badaoui, Rv. 254826, in motivazione . L’obbligo in capo al giudice di verificare l’effettività della conoscenza dell’atto e la consapevole rinuncia dell’interessato, infatti, si era detto, sussiste non già indiscriminatamente, ma solo in quanto emergano in atti o siano dedotte situazioni tali da far ragionevolmente dubitare che, nonostante la piena ritualità della notifica, non sia stata conseguita l’effettiva conoscenza da parte del destinatario Sez. 5, numero 25406 del 15/02/2013 Levacovic, Rv. 256316 , sicché il compimento da parte dell’autorità giudiziaria di ogni necessaria verifica ai fini della decisione sulla richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione od opposizione presuppone che l’interessato abbia indicato le ragioni della mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato, senza che ciò comporti l’attribuzione al richiedente dell’onere di provare le circostanze poste a fondamento della domanda Sez. 1, numero 2934 del 09/12/2008, Fiocco, Rv. 242627 e, se è vero che il giudice investito della richiesta in esame ha l’obbligo di compiere ogni necessaria verifica in relazione all’effettiva conoscenza del provvedimento, è altrettanto vero che chi avanza una istanza ha l’onere di documentarla e di circostanziarla, segnalando all’organo destinatario della stessa, quantomeno, la ipotesi da verificare Sez. 5, numero 7604 del 01/02/2011, Badara, Rv. 249515 . Ora, dunque, a fronte di un tale onere, tuttora persistente, per quanto già detto, anche nella vigenza della nuova normativa, per nulla innovativa sul punto, l’interessato, a fronte della notificazione del decreto di condanna a mani della madre, capace e convivente nel senso sopra ricordato, non ha dedotto per nulla circostanze specifiche, che avrebbero impedito al medesimo di conseguire la conoscenza effettiva del provvedimento, restando così precluso ogni accertamento sul punto da parte del giudice. 4. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.