Se l’imputato è stato assolto, il bene precedentemente sequestrato non può essere sottoposto a confisca

L’avvenuta assoluzione dell’imputato impedisce all’autorità giudiziaria di procedere alla confisca di un bene precedentemente sottoposto a sequestro preventivo.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2404/18, depositata il 22 gennaio. Il fatto. La Corte d’Appello di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, disponeva la confisca di un immobile accogliendo l’istanza del P.G Il bene era già stato sottoposto a sequestro prevenivo nell’ambito della contestazione di alcuni reati fiscali rispetto ai quali l’imputato risulta però assolto. Quest’ultimo ricorre dunque in Cassazione dolendosi per la violazione e l’erronea applicazione degli artt. 322- ter c.p. Confisca , 649 Divieto di un secondo giudizio e 669 c.p.p. Pluralità di sentenze per il medesimo fatto contro la stessa persona . Confisca annullata. Il Collegio accoglie il ricorso sottolineando come la misura della confisca non avrebbe dovuto essere disposta proprio per l’intervenuta assoluzione del ricorrente. Precisa poi la Corte che risulta palese la violazione del disposto dell’art. 322- ter c.p. che ammette la confisca solo a fronte di una sentenza di condanna, fermo restando che la giurisprudenza di legittimità ammette la confisca del prezzo o del profitto del reato anche in caso di sentenza di estinzione del reato per prescrizione a condizione però che via sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto rimanga inalterato nel merito ne successivi gradi di giudizio . Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e annulla senza rinvio la pronuncia impugnata disponendo la restituzione del bene sequestrato al ricorrente.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 settembre 2017 – 22 gennaio 2018, n. 2404 Presidente Cavallo – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza depositata in data 25.11.2016, la Corte d’appello di Milano, con funzione di giudice dell’esecuzione, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 18.11.2016 - fissata al fine di decidere sull’istanza del P.G. presso la predetta Corte territoriale con cui era stato chiesto che, ad integrazione della sentenza della stessa Corte d’appello del 28.04.2015, irr. 17.05.2016, venisse disposta la confisca ex art. 322-ter c.p. anche del bene immobile sito in omissis , come meglio descritto nel provvedimento impugnato, in quanto oggetto di sequestro preventivo -, accoglieva l’istanza, disponendo la confisca del predetto bene. 2. Giova precisare, per migliore intelligibilità dell’impugnazione, che l’istanza del P.G. presso la Corte d’appello di Milano ed avente ad oggetto l’immobile soprade-scritto seguiva al sequestro preventivo del medesimo bene, disposto in data 13.11.2012 nel quadro della contestazione di due reati frode fiscale sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte rispetto ai medesimi, risulta essere intervenuta assoluzione in primo grado per il delitto di cui all’art. 11, d.lgs. n. 74 del 2000 reato non più oggetto di contestazione in appello , mentre per il delitto di cui all’art. 2, d.lgs. citato, a fronte dell’intervenuta condanna in primo grado, il giudizio di appello risulta essersi concluso con sentenza di proscioglimento per precedente giudicato ex art. 649 c.p.p., atteso che, per l’identica condotta contestata di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, lo S. era già stato giudicato con sentenza assolutoria della Corte d’appello di Milano del 17.01.2014, irr. 4.04.2014. 3. Ha proposto ricorso per cassazione lo S. a mezzo dei difensori di fiducia, iscritti all’Albo speciale ex art. 613 cod. proc. pen., prospettando un unico, articolato motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen 3.1. Deduce, con tale motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b , c.p.p., sotto il profilo della violazione ed erronea applicazione degli artt. 322-ter, c.p. e 649 e 669 c.p.p In sintesi, sostiene la difesa del ricorrente che erroneamente la Corte territoriale avrebbe disposto la confisca dell’immobile in questione, integrando il dispositivo della sentenza di proscioglimento emessa dalla stessa Corte d’appello il 28.04.2015, per non rispondenza al vero del presupposto fondante l’ablazione, ossia che lo S. fosse stato condannato nel procedimento penale parallelo, conclusosi invece con la sentenza della stessa Corte d’appello del 17.01.2014, irr. 4.04.2014, che aveva assolto il medesimo dall’identica imputazione di cui all’art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000, contestata anche nel proc. pen. conclusosi con il proscioglimento ex art. 649 c.p.p. erroneamente, dunque, sarebbe stata richiesta dal P.G. presso la Corte d’appello di Milano, e disposta dalla stessa Corte, quale giudice dell’esecuzione, la integrazione della sentenza,con l’indicazione della confisca del bene immobile di cui sopra, non ravvisandosi in realtà alcun errore nella sentenza 29.10.2013 con cui il GUP del Tribunale di Milano, nel disporre la confisca di diversi beni, non aveva riportato tra i decreti di sequestro quello del 13.11.2012, relativo proprio ai reati per cui era intervenuta assoluzione art. 11 e proscioglimento ex art. 649 c.p.p. art. 2 , in quanto/in relazione a tale imputazione,egli era già stato assolto per insussistenza del fatto dalla medesima Corte d’appello con la sentenza 17.01.2014 quanto sopra, ad avviso della difesa, avrebbe, da un lato, determinato la violazione dell’art. 322-ter c.p. che legittima la confisca solo ove sia intervenuta condanna ciò che nel caso di specie non si sarebbe verificato e, dall’altro, la violazione del combinato disposto degli artt. 649 e 669, co. 7, c.p.p. in quanto a seguito della declaratoria di proscioglimento per precedente giudicato emessa con la sentenza 28.04.2015 non vi sarebbe alcuna giustificazione se si ammettesse il permanere di un provvedimento ablatorio per condotte in relazione alle quali, nel procedimento parallelo, conclusosi con la sentenza assolutoria 17.01.2014,, per il medesimo delitto di cui all’art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000, nulla era stato disposto. Conclusivamente, si insta affinché questa Corte voglia annullare l’ordinanza 18.11.2016 con cui la Corte d’appello di Milano, quale g.e., ha disposto la confisca del bene sopradescritto oggetto del decreto di sequestro preventivo 13.11.2012, ordinando contestualmente la restituzione di quanto in sequestro all’avente diritto o al curatore del Fallimento , dott. G. , parte civile costituita nel giudizio a quo. 4. Con requisitoria scritta depositata presso la cancelleria di questa Corte in data 22.05.2017, il P.G. presso la S.C. di Cassazione ha chiesto annullarsi con rinvio l’impugnata ordinanza in particolare, osserva il P.G. che nel provvedimento impugnato, pur dandosi atto che la sola sussistenza di uno dei due addebiti tale riconosciuto in altro procedimento parallelo giustifichi l’attuale legittimità del vincolo imposto all’immobile in questione e la necessaria sua evoluzione in confisca , si sarebbe omesso di specificare, con congrua motivazione, quale sia il procedimento parallelo conclusosi con condanna idonea a giustificare la misura ablatoria, in riferimento a reati ben determinati ma non indicati , in grado di rivelare l’esistenza di un vincolo di pertinenza o derivazione con i beni confiscati. 5. Con memoria difensiva depositata presso la Cancelleria di questa Corte in data 26.07.2017, infine, la difesa dello S. nel concordare con le conclusioni del P.G. presso questa Corte, insiste tuttavia perché venga annullata con rinvio l’ordinanza impugnata, essendo in realtà intervenuta, anche nel parallelo procedimento penale, sentenza assolutoria irrevocabile per il reato art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000 in relazione al quale, in primo grado, era stata pronunciata condanna. Considerato in diritto 6. Il ricorso è fondato. 7. Ed invero, rileva il Collegio come, dall’esame della documentazione allegata al ricorso, emerge inequivocabilmente che non avrebbe dovuto essere disposta la confisca del bene immobile descritto in precedenza, oggetto di decreto di sequestro preventivo disposto dal GIP in data 12.11.2012 in relazione ai reati di cui agli artt. 2 e 11, d.lgs. n. 74 del 2000, ascritti allo S. quale amministratore della S.p.A. in particolare, per ambedue i reati risulta essere intervenuta a assoluzione, quanto al delitto di cui all’art. 11, d.lgs. n. 74 del 2000, pronunciata già nel giudizio di primo grado b proscioglimento per precedente giudicato, ex art. 649 c.p.p., in relazione all’imputazione di cui all’art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000, per essere stato già lo S. assolto perché il fatto non sussiste e non già condannato, come erroneamente sembrerebbe supporsi nell’impugnata ordinanza laddove si parla di sussistenza di uno dei due addebiti , con ciò dando per presupposto un dato di fatto non rispondente al vero con sentenza irrevocabile, resa nel parallelo procedimento conclusosi con sentenza della Corte d’appello di Milano 17.01.2014. 8. Alla stregua di quanto sopra, fondato è il ricorso dello S. , atteso che palese è la violazione, nel caso in esame, del disposto dell’art. 322 ter c.p., applicabile ratione temporis al delitto tributario di cui all’art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000, essendo infatti ammissibile la confisca solo a fronte di una sentenza di condanna, in realtà non intervenuta in relazione ad alcuno dei reati per cui si è proceduto a carico dello S. medesimo. La stessa giurisprudenza di questa Corte ammette la confisca del prezzo o del profitto del reato ai sensi dell’art. 322 ter cod. pen., anche ove sia intervenuta sentenza di estinzione del reato per prescrizione, a condizione però che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015 - dep. 21/07/2015, Lucci, Rv. 264434 condizione, quest’ultima, che non si è verificata nel caso in esame, essendo stato infatti assolto l’imputato non solo dal delitto di cui all’art. 11, d.lgs. n. 74 del 2000, ma anche nel processo parallelo, conclusosi con sentenza 17.01.2014 dal reato di cui all’art. 2, d.lgs. citato, sentenza che ha costituito il precedente irrevocabile cui è seguita la declaratoria ex art. 649 c.p.p. nel giudizio di appello conclusosi con la sentenza 28.04.2015. 9. All’accoglimento del ricorso, segue l’ordine di restituzione del bene sopra descritto all’avente diritto. Segue quanto disposto dal combinato disposto degli artt. 626 c.p.p. e 28, reg. esec. c.p.p P.Q.M. La Corte annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la restituzione all’avente diritto del bene immobile sito in omissis , censito a fgl. 14, part. 79, sub 701, cat. D/8 di cui al decreto di sequestro preventivo del GIP/Milano 12.11.2012. Dispone comunicarsi immediatamente a cura della cancelleria il dispositivo al Procuratore Generale in sede perché dia i provvedimenti occorrenti.