Sul concetto di “luoghi abitualmente frequentati da minori” al fine della punibilità degli atti osceni

Il d.lgs. n. 8/2016 ha depenalizzato la condotta di atti osceni in luogo pubblico prevista dall’art. 527, comma 1, c.p Residua però la punibilità delle condotte poste in essere all’interno o nelle immediate vicinanza di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano .

La vicenda. Con la sentenza n. 2269/18, depositata il 19 gennaio, la Corte di Cassazione si pronuncia sul ricorso presentato dalla difesa di un imputato al quale il GIP aveva applicato la pena richiesta ex art. 444 c.p.p. per il reato di atti osceni commessi alla presenza di minori art. 527, comma 2, c.p. . Il ricorrente contesta, in particolare, la qualificazione del luogo in cui si erano svolti i fatti – una stazione marittima – quale luogo abitualmente frequentato dai minori, circostanza richiesta dal comma 2 della disposizione contestata ed erroneamente ritenuta sussistente dal giudice, che avrebbe dovuto invece ricondurre la condotta al comma 1 con la conseguente irrilevanza penale della stessa. Depenalizzazione. Il motivo risulta fondato in quanto, ricordano gli Ermellini, il delitto di atti osceni è stato depenalizzato dall’art. 2, comma 1, lett. a , d.lgs. n. 8/2016 limitatamente all’ipotesi di cui al comma 1 dell’art. 527 c.p., restando invece la fattispecie descritta dal comma 2 punita penalmente. Quest’ultima punisce il fatto commesso all’interno o nelle immediate vicinanza di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano . Sull’interpretazione di tale concetto, al giurisprudenza ha affermato che sono luoghi abitualmente frequentati da minori” tutti i luoghi in cui ordinariamente si svolge la loro vita sociale e ciò in virtù della ratio della norma di tutelare non solo il comune senso del pudore ma anche l’integrità morale dei minori. Tali luoghi sono dunque quelli specificamente destinati alla frequentazione dei minori e dunque asili, scuole, luoghi di formazione fisica e culturali, recinti ricreativi all’interno di parchi, impianti sportivi ecc. La Corte precisa poi che il reato può ritenersi sussistente non perché accidentalmente agli atti osceni abbia assistito un minore, ma perché nel luogo prescelto dal suo autore per realizzarli è prevedibile e non solo possibile , con giudizio prognostico ex ante , che siano presenti persone minori in quanto abituate” a frequentarlo perché assiduamente ed appositamente in quel posto si recano o si incontrano , accertamento che compete al giudice di merito. In conclusione, non avendo la sentenza impugnato fornito alcuna motivazione in ordine alla configurabilità dell’aggravante in commento, posto che i fatti si erano verificati su un vaporetto presso una stazione marittima, la S.C. esclude la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 527, comma 2, c.p. e annulla la sentenza senza rinvio perché il fatto riconducibile al comma 1 della norma citata non è previsto dalla legge come reato. Gli atti vendono trasmessi all’autorità amministrativa per la relativa sanzione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 novembre 2017 – 19 gennaio 2018, n. 2269 Presidente Savani – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 19 luglio 2016 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia ha applicato a G.S. , su sua richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di mesi tre di reclusione, in relazione al reato di cui all’art. 527, comma 2, cod. pen. contestatogli perché, a bordo di un vaporetto, compiva atti osceni, consistiti nell’abbassarsi i pantaloni e mostrare i genitali a un bambino ivi presente . 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, affidato a due motivi. 2.1. Con un primo motivo ha denunciato violazione dell’art. 444, comma 2, cod. proc. pen., per l’insufficiente verifica da parte del giudice per le indagini preliminari della correttezza della qualificazione giuridica del fatto e della insussistenza di cause di proscioglimento, a proposito delle quali la motivazione risultava del tutto generica e inidonea a dare conto della indagine svolta dal giudice. 2.2. Mediante un secondo motivo ha lamentato violazione dell’art. 527 cod. pen., per essere stata affermata la correttezza della qualificazione giuridica del fatto ed esclusa la sussistenza di cause di proscioglimento, nonostante l’evidenza della configurabilità della fattispecie di cui al primo comma dell’art. 527 cod. pen Ha esposto che la condotta contestata era stata commessa in una stazione marittima, che non è un luogo abitualmente frequentato da minori, come invece richiesto dal secondo comma della disposizione denunciata, con la conseguenza che erroneamente era stata affermata la configurabilità della fattispecie dalla stessa contemplata, che richiede che la condotta sia posta in essere nei pressi di luoghi abitualmente frequentati da minori e che ne sia derivato il pericolo che gli stessi vi potessero assistere. La condotta avrebbe, quindi, dovuto essere ricondotta alla ipotesi di cui al primo comma della disposizione, costituente illecito amministrativo ai sensi del d.lgs. n. 7 de 2016, con la conseguente irrilevanza penale della stessa, che avrebbe dovuto condurre al suo proscioglimento perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Ha, inoltre, prospettato la mancanza di elementi riguardo alla presenza di minori in occasione della consumazione del reato, con la conseguenza che non si era verificata neppure la visione accidentale della condotta da parte di minori. Ha pertanto concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Il delitto di atti osceni è stato depenalizzato dall’articolo 2, comma 1, lett. a , d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, limitatamente all’ipotesi base contemplata dal primo comma dell’articolo 527 del codice penale, residuando come fattispecie autonoma di reato nel caso previsto dal secondo comma, ossia quando il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano . Nel caso in esame, è stata contestata ed è stata ritenuta configurabile l’originaria circostanza aggravante, sul rilievo che alla condotta aveva assistito un minore. Va dunque ricordato che il secondo comma dell’articolo 527 del codice penale è stato introdotto dall’articolo 3, comma 22, della legge 15 luglio 2009, n. 94 e il legislatore, nel configurare quella che originariamente costituiva una circostanza aggravante, non ha indicato - a differenza di altre fattispecie art. 61, comma 11 ter, art. 609 ter, comma 1, n. 5 bis, art. 609-nonies, cod. pen., art. 80, comma 1, lett. g , d.P.R. n. 309 del 1990 - quali debbano essere detti luoghi avendoli deliberatamente non determinati. È stato, dunque, al riguardo chiarito Sez. 3, n. 29239 del 17/02/2017, Capurso, Rv. 270166 conf. Sez. 3, n. 30798 del 18/10/2016, P., Rv. 270231 , e si tratta di principi che il Collegio condivide e ribadisce, che rientrano nella nozione di luoghi abitualmente frequentati da minori, tutti i luoghi dove ordinariamente si svolge la socialità di essi, sul rilievo che la ratio che sostiene la disposizione è ravvisabile nell’esigenza di tutelare, oltre che il comune senso del pudore, l’integrità morale dei minori in tutti i luoghi ove gli stessi abitualmente, non solo prevalentemente, si trovino. Tali luoghi sono prima di tutto quelli specificamente destinati alla frequentazione dei minori ossia a titolo esemplificativo, gli asili, le scuole, i luoghi di formazione fisica e culturale, i luoghi prossimi agli edifici scolastici, i recinti ricreativi all’interno dei parchi, gli impianti sportivi, gli oratori, le ludoteche e simili , cioè i luoghi immediatamente riconoscibili come tali e dove i minori assiduamente si recano, e quelli che siano tali per elezione specifica, ossia che, di volta in volta, costituiscono un punto di incontro nel quale i minori assiduamente si recano, ivi trattenendosi reiteratamente per un lasso di tempo non breve muretto su una pubblica via, piazzali, pubblica via trasformata abitualmente in luogo ludico, cortile condominiale ove i minori si recano per socializzare e simili . Il fatto di reato può, dunque, ritenersi sussistente non perché accidentalmente agli atti osceni abbia assistito un minore, ma perché nel luogo prescelto dal suo autore per realizzarli è prevedibile e non solo possibile , con giudizio prognostico ex ante, che siano presenti persone minori in quanto abituate a frequentarlo perché assiduamente ed appositamente in quel posto si recano o si incontrano. L’accertamento circa la qualificazione di un luogo come abitualmente frequentato da minori, che deve essere seguito con giudizio prognostico ex ante, costituisce giudizio di fatto che, se adeguatamente motivato e privo di vizi di manifesta illogicità, non è sindacabile in sede di controllo di legittimità. 3. Nel caso in esame al ricorrente è stato contestato di essersi abbassato i pantaloni e aver mostrato i genitali a un bambino mentre si trovava a bordo di vaporetto e sulla base di tale circostanza è stata ritenuta configurabile la aggravante ora elemento costitutivo dell’unica fattispecie penalmente rilevante di cui al secondo comma dell’art. 527 cod. pen., senza alcuna spiegazione delle ragioni per le quali il luogo, in cui si svolsero i fatti e che costituiscono senza dubbio atti osceni, fosse riconoscibile come luogo abitualmente frequentato da minori ed erroneamente, perciò, ritenendo integrata, come risulta dal testo della sentenza impugnata, la fattispecie sulla sola base della occasionale presenza di un minore al momento del fatto. Deve pertanto essere esclusa la fattispecie tipizzata nel secondo comma dell’articolo 527 del codice penale, residuando soltanto quella del primo comma trasformata in illecito amministrativo, e, assorbiti i restanti motivi, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, con conseguente trasmissione degli atti all’autorità amministrativa sulla base del combinato disposto di cui agli articoli 8, comma 1, e 9 comma 1, d.lgs. n. 8 del 2016. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e dispone la trasmissione degli atti al Prefetto di Venezia.