Prime applicazioni della condotta riparatoria introdotta dalla Riforma Orlando

La Cassazione, nel caso in esame, nega l’applicabilità della nuova disciplina introdotta dalla Riforma Orlando in tema di estinzione del reato per condotte riparatorie, in quanto il reato contestato è procedibile d’ufficio e non consente la remissione della querela.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 1580/18, depositata il 16 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Genova riconosceva l’imputato responsabile del reato di atti sessuali con minorenni. Avverso la sentenza della Corte distrettuale l’imputato ricorre per cassazione denunciando, tra i vari motivi di ricorso, la condanna al pagamento della provvisionale e la mancata pronuncia in merito all’applicazione del nuovo art. 162- ter c.p. Estinzione del reato per condotte riparatorie introdotto dalla l. n. 103/2017, ossia la c.d. Riforma Orlando. L’inapplicabilità dell’art. 162-ter c.p Il Supremo Collegio riconoscendo che ai sensi della nuova disciplina sia possibile nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione la dichiarazione di estinzione del reato, sentite le parti e l’offeso, qualora l’imputato abbia riparato interamente, ed entro l’apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato mediante restituzioni o il risarcimento e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose del reato,rileva che la norma appare prima facie inapplicabile ai reati de quibus . Infatti, anche a volere prescindere dalla problematica compatibilità con il giudizio di legittimità di un procedimento che per come strutturato, richiederebbe alla Corte di Cassazione compiti estranei alle attribuzioni proprie di un Giudice di legittimità, è di ostacolo il fatto che, procedibili comunque, come visto sopra, d’ufficio i reati come nella specie contestati, anche in caso di procedibilità a querela, quest’ultima è comunque, per espresso dettato dell’art. 609- septies , comma 3, c.p., irrevocabile .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 ottobre 2017 – 16 gennaio 2018, numero 1580 Presidente Savani – Relatore Andreazza Fatto e diritto 1. R.F. ha proposto, rispettivamente tramite l’Avv. Lamonaca e l’Avv. Di Vito, due ricorsi di identico contenuto avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova in data 29/10/2015 di conferma, quanto all’affermazione di responsabilità, della sentenza del G.u.p. del Tribunale di Genova di condanna per il reato di cui agli articolo 81, comma 2, e 609 quater, comma 1, cod. penumero perché, in più occasioni e con azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 609 bis cod. penumero , compiva atti sessuali con minore di anni quattordici e cugina di sua moglie, descritti ai capi da a a e dell’imputazione. 2. Con un primo motivo lamenta la violazione degli articolo 129 cod. proc. penumero e 609 septies cod. penumero perché i fatti contestati, punibili a querela, sarebbero stati improcedibili per la tardiva proposizione della querela stessa, proposta da parte della minore non avendo invece i genitori, unicamente sentiti a sommarie informazioni, sporto alcuna querela solo in data 20/12/2011, e quindi ben oltre il termine semestrale ex articolo 609 septies cit. decorrente dal periodo agosto - primi giorni di ottobre 2010. Il ricorrente, inoltre, contesta l’affermata procedibilità di ufficio del fatto di cui alla lettera c del capo di imputazione, non essendo l’ospitalità prevista dall’articolo 609 septies numero 2 cod. penumero quale circostanza aggravante per la procedibilità d’ufficio, essendo infatti emerso che la minore era ospite nell’abitazione dell’imputato non in quanto a lui affidata per ragioni di cura e custodia ma esclusivamente per soddisfare un suo preciso desiderio di stare a casa da Elisa, moglie del ricorrente. I giudici, inoltre, avrebbero erroneamente affermato la sussistenza nel caso di specie di una ipotesi di connessione, ex articolo 609 septies, comma 4 numero 4, cod. penumero tale da rendere il reato contestato perseguibile d’ufficio, mentre, nella specie, si è trattato della reiterata violazione di una sola norma. 3. Con un secondo motivo lamenta, quanto alla già invocata, in atto di appello, inattendibilità della minore, non avere la Corte territoriale motivato, con riguardo al profilo soggettivo, in ordine alle conclusioni contenute nella perizia disposta dal G.u.p. nella quale si era affermato che questi esempi rendono conto della confusione che si può generare in A. quando è presente una sollecitazione emotiva, confusione che può portare a percepire non correttamente e a riferire non correttamente . Lamenta inoltre non avere la Corte motivato, quanto al profilo oggettivo, circa la già rilevata contraddizione tra il contenuto delle sommarie informazioni rese dai Sig.ri P.G. e M.G. , zii della persona offesa che avevano riferito come le condizioni dell’appartamento e la dislocazione delle stanze da letto rendessero praticamente impossibile essere avvenuto quanto riferito dalla ragazza con riferimento al fatto sub d , e le motivazioni in senso contrario della sentenza di primo grado. Analoga mancata motivazione, incentrata sulla assoluta secondarietà dei fatti, viene dedotta in ordine all’inattendibilità della minore emersa dalle dichiarazioni della stessa circa il non avere ella mai avuto attenzioni particolari nei confronti del Prof. A. , fatto, questo, invece, smentito dallo stesso Professore. Inoltre, analoga mancata motivazione vi è stata circa l’inattendibilità della minore emersa anche in relazione alla circostanza che, secondo la stessa, nell’ambito delle conversazioni sul social network Facebook intrattenute con l’imputato, questi avrebbe anche scritto che non si sarebbe tirato indietro ove vi fosse stato un bacio o qualcosa di più, tale frase in realtà non essendo mai stata trovata né essendo stato provato che la stessa sia stata, come altre, cancellata tra l’altro sussistendo comunque numerose conversazioni tra i due pur essendo stato a suo tempo sollecitato un accertamento di carattere tecnico mai svolto sul punto. 4. Con un terzo motivo lamenta la totale omessa motivazione sul motivo di appello relativo all’esclusione del fatto di minore gravità ex articolo 609 quater cod. penumero intervenuta su un presupposto, ovvero l’affermata esistenza da parte del G.u.p. di danni gravi ma non irreparabili , mai emerso dalla perizia svolta sul punto. 5. Infine, con un ultimo motivo, lamenta l’omessa pronuncia sui motivi di appello relativi al risarcimento del danno, con cui in particolare si deduceva avere il giudice di primo grado disposto conda. al pagamento di provvisionale nonostante la mancanza di prova emersa dalla stessa perizia effettuata circa i danni derivati dalla condotta e alle spese di lite liquidate in Euro 7.000 senza alcuna specificazione dei criteri seguiti ed in contrasto con i valori tabellarmente fissati dal d.m. numero 140 del 2012. 6. Successivamente sono stati presentati motivi nuovi in realtà del tutto ripropositivi di quelli già presentati nonché memoria con la quale, dopo essersi precisato che, in forza di accordo transattivo del 30/01/2014, la parte offesa è stata integralmente risarcita del danno mediante il complessivo pagamento della somma di Euro 28.881,60, con qualsivoglia rinuncia dei genitori alla costituzione di parte civile e dichiarazione di completa soddisfazione di ogni pretesa, si richiede declaratoria di estinzione del reato ex articolo 162 ter cod. penumero . CONSIDERATO IN DIRITTO 1. In ordine al primo motivo di ricorso la sentenza impugnata, sul presupposto della mancata proposizione di tempestiva querela, ha ritenuto le condotte di cui ai capi a , b d ed e per le quali non è stata contestata circostanza aggravante alcuna integranti il reato continuato addebitato procedibili d’ufficio perché connesse con quella di cui al capo c contestata come commessa da persona cui la minore era stata affidata in altri termini, quindi, la procedibilità d’ufficio per tale reato prevista, in ragione appunto della predetta aggravante, dall’articolo 609 septies, comma 4 numero 2, cod. penumero , avrebbe reso procedibili d’ufficio le ulteriori condotte ad esso connesse in virtù di quanto disposto appunto dall’articolo 609 septies, comma 4 numero 4, cod. penumero . Il ricorrente contesta tale assunto deducendo la inconfigurabilità, nella specie, da un lato della connessione e dall’altro comunque della circostanza aggravante contestata. Il motivo è infondato. Quanto alla connessione, va infatti rilevato che la continuazione rientra tra le ipotesi di connessione processuale specificamente disciplinate dall’articolo 12, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero mentre, quanto alla condizione dell’affidamento, va sottolineato che la stessa ben può consistere anche in un affidamento temporaneo od occasionale per ragioni anche solo di semplice custodia tra le tante, Sez. 3, numero 16461 del 26/01/2010, dep. 28/04/2010, R., Rv. 246755 , ben potendovi rientrare, dunque, anche l’ipotesi, come quella di specie, in cui la persona offesa sia stata accolta come ospite in casa della cugina, moglie dell’imputato con connessi doveri di custodia discendenti dalla legge, a fronte dell’età minore, in capo a quest’ultima e al marito per l’ipotesi analoga di affidamento, per il fine settimana, di minore alla zia e al suo convivente, Sez. 3, numero 11559 del 12/10/2016, dep. 10/03/2017, G., Rv. 269171 . Né può evidentemente rilevare in senso contrario il fatto che l’ospitalità possa essere stata determinata dal desiderio della minore di stare a casa della cugina. 2. Il secondo motivo è inammissibile. Va ribadito che al giudice di legittimità è preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno Sez. Unumero , numero 12 del 31/05/2000, dep. 23/06/2000, Jakani, Rv. 216260 resta dunque esclusa, pur dopo la modifica dell’articolo 606, lett. e , cod. proc. penumero , la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova tra le altre, Sez. 2, numero 7380 dell’11/01/2007, dep. 22/02/2007, Messina ed altro, Rv. 235716 Sez. 2, numero 23419 del 23/05/2007, dep. 14/06/2007, P.G. in proc. Vignaroli, Rv. 236893 . Nella specie, ciò che il ricorrente a ben vedere richiede, valorizzando in particolare elementi invocati come distonici rispetto alla valutazione operata dalla Corte territoriale, è, in realtà, una rilettura del significato e delle risultanze tratte, dal compendio probatorio acquisito, dai giudici di merito al di là dei limiti cognitivi assegnati al giudice di legittimità e a fronte di sentenza impugnata che, invece, quanto agli aspetti fisiologicamente sindacabili da questa Corte, ha proceduto in termini logici e congrui ad esporre in particolare le ragioni per le quali la minore persona offesa è stata ritenuta attendibile. In particolare, la sentenza impugnata ha richiamato la sentenza del Tribunale laddove sono stati posti in rilievo l’alto grado di attendibilità intrinseca della persona offesa, autrice di rievocazioni precise, dettagliate e coerenti in sede di incidente probatorio analiticamente riportate da pag. 7 a pag. 15 della sentenza di primo grado , rese con linguaggio accurato e preciso nonché gli elementi di riscontro elencati da pag.16 a pag.21 dati dalle testimonianze della moglie dell’imputato nonché cugina della persona offesa, dei genitori della stessa, nonché di insegnanti della minore tra cui in particolare L.B. , cui la ragazza ebbe a confidare le attenzioni rivoltele da un parente . In tale quadro, dunque, nessuno degli elementi indicati dal ricorrente appare tale da incidere sulla tenuta logica della motivazione della sentenza impugnata. Non in primo luogo il passaggio della perizia disposta dal G.u.p. menzionato dal ricorrente in relazione alla confusione ingenerabile nella persona offesa a seguito di sollecitazione emotiva che potrebbe portare a non percepire e riferire correttamente posto che la sentenza di primo grado ha, proprio in relazione a tale specifico aspetto, precisato quanto conclusivamente argomentato dallo stesso perito, all’esito della valutazione psicodiagnostica svolta, circa la mancanza di disturbi della sfera cognitiva tali da interferire sulla percezione della realtà ovvero sulla capacità di ricordare e di riferire a terzi non in secondo luogo quanto dichiarato dagli zii della minore circa la dislocazione assai ravvicinata delle stanze da letto posto che la sentenza impugnata ha sottolineato in maniera non illogica la irrilevanza della mancata percezione di cigolii notturni non in terzo luogo la pretesa negazione da parte della minore di una infatuazione provata nei confronti di professore di scuola, dal medesimo invece confermata, posto che la sentenza impugnata ha unicamente rilevato una irrilevante diversità di versione circa il fatto che la ragazza attendesse o meno il professore presso la moto di questi per parlargli. Infine, correttamente non dirimente in ordine alla commissione del reato è stata giudicata la veridicità o meno della circostanza del messaggio che l’imputato, tramite facebook, avrebbe inviato alla minore circa il non volersi tirare indietro ove tra i due potesse esserci un bacio o qualcosa in più, alla luce dei plurimi riscontri indicati dalla sentenza di primo grado cui quella impugnata si è richiamata. E, del resto, il vizio di motivazione che denunci la mancata risposta alle argomentazioni difensive, può essere utilmente dedotto in Cassazione unicamente quando gli elementi trascurati o disattesi abbiano un chiaro ed inequivocabile carattere di decisività, nel senso che una loro adeguata valutazione avrebbe dovuto necessariamente portare, salvo intervento di ulteriori e diversi elementi di giudizio, ad una decisione più favorevole di quella adottata Sez.2, numero 37709 del 26/09/2012, dep. 28/09/2012, Giarri, Rv. 253445 . Inoltre, la denunzia di minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione ma che non siano inequivocabilmente muniti di un chiaro carattere di decisività , non possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto. Al contrario, è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi, oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione Sez.2, numero 9242 del 08/02/2013, dep. 27/02/2013, Reggio, Rv. 254988 Sez.2, numero 18163 del 22/04/2008, dep. 06/05/2008, Ferdico, Rv. 239789 . 3. Con riguardo al terzo e quarto motivo, è inammissibile anzitutto la censura svolta con riguardo al pagamento di provvisionale posto che la stessa omette di considerare la regula iuris al riguardo costantemente enunciata da questa Corte tra le altre, Sez. 3, numero 18663 del 27/01/2015, dep. 06/05/2015, D.G., Rv. 263486 Sez. 6, numero 50746 del 14/10/2014, dep. 03/12/2014, P.C. e G., Rv. 261536 Sez. 4, numero 34791 del 23/06/2010, dep. 27/09/2010, Mazzamurro, Rv. 248348 Sez. 5, numero 5001 del 17/01/2007, dep. 07/02/2007, Mearini e altro, Rv. 236068 Sez. 5, numero 40410 del 18/03/2004, dep. 15/10/2004, Farina ed altri, Rv. 230105 secondo cui la pronuncia circa l’assegnazione di una provvisionale in sede penale ha carattere meramente delibativo e non acquista efficacia di giudicato in sede civile, mentre la determinazione dell’ammontare della stessa è rimessa alla discrezionalità del giudice del merito che non è tenuto a dare una motivazione specifica sul punto. Ne consegue che il relativo provvedimento non è impugnabile per cassazione in quanto, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato, è destinato ad essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento. Sono invece fondate le restanti censure di cui ai due motivi infatti, né in ordine alla richiesta di concessione dell’attenuante di cui all’ultimo comma dell’articolo 609 quater cod. penumero né in ordine al quantum delle spese liquidate in sede di giudizio di primo grado in favore della parte civile, profili entrambi a suo tempo dedotti ritualmente e con caratteri di specificità con l’atto di appello, la sentenza impugnata ha in alcun modo motivato, in tal modo incorrendo in totale omessa pronuncia. 4. Infine, con riguardo alla richiesta di applicazione del nuovo articolo 162 ter cod. penumero di cui alla memoria, la stessa è manifestamente infondata. Recita, tale nuova disposizione, introdotta nel codice dall’articolo 1, comma 1, della I. numero 103 del 2017, al comma 1, che nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo a ciò conseguendo, come previsto dal comma 3 sempre del novello articolo 162 ter cod. penumero , la estinzione del reato. Quanto al regime intertemporale, precisa il comma 2 dell’articolo 1 cit., che le nuove disposizioni si applicano anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della legge e che l’estinzione può essere dichiarata anche quando le condotte riparatorie siano state compiute oltre il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. Ciò posto, allora, la norma appare prima facie inapplicabile ai reati de quibus. Infatti, anche a volere prescindere dalla problematica compatibilità con il giudizio di legittimità di un procedimento che, per come strutturato laddove si richiede che vengano sentite le parti e la persona offesa, richiederebbe alla Corte di cassazione compiti estranei alle attribuzioni proprie di un giudice di legittimità per altro verso dovendosi però sottolineare che la espressa esclusione del giudizio di legittimità operata dal comma 2 con riguardo alla possibilità per l’imputato, nella prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della legge, di chiedere la fissazione di un termine non superiore a sessanta giorni per provvedere alle restituzioni e al pagamento, sembrerebbe muovere proprio dal presupposto della applicabilità, per il resto, del procedimento anche dinanzi a questa Corte , è di ostacolo il fatto che, procedibili comunque, come già visto sopra, d’ufficio i reati come nella specie contestati, anche in caso di procedibilità a querela, quest’ultima è comunque, per espresso dettato dell’articolo 609 septies, comma 3, cod. penumero , irrevocabile. 5. In definitiva, rigettato nel resto il ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova, limitatamente alla ricorribilità o meno della circostanza attenuante di cui all’articolo 609 quater, comma 4, cod. penumero nonché in relazione alla determinazione del quantum di liquidazione delle spese da rifondere dall’imputato in favore della parte civile. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al ricorrere della attenuante di cui all’articolo 609 quater, comma 4, cod. penumero nonché in relazione alla determinazione dell’ammontare di liquidazione delle spese in favore della parte civile. con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova. Rigetta nel resto il ricorso. a