I dati e i messaggi contenuti nel cellulare non sono corrispondenza

All’interno della procedura di sequestro probatorio di un cellulare, i dati, nonché i messaggi di testo, contenuti nella memoria dello stesso devono considerarsi documenti ex art. 234 c.p.p. e non già corrispondenza, potendo altresì essere acquisiti tramite copia forense.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 1822/18, depositata il 16 gennaio. Il caso. Il Tribunale d’Imperia confermava con ordinanza il decreto di sequestro probatorio disposto dal PM – nell’ambito di un procedimento penale avente ad oggetto dei reati fallimentari connessi al fallimento di una società – delle e-mail nonché del cellulare dell’indagato titolare della medesima società soggetta alla procedura fallimentare. Premettendo che l’interesse all’impugnazione del decreto di sequestro avente ad oggetto un dispositivo elettronico permane anche successivamente alla restituzione dello stesso, l’indagato ricorre per cassazione avverso l’ordinanza denunciando la mancata adozione, per l’acquisizione delle e-mail, della procedura sulle intercettazioni di cui all’art. 266 ss. c.p.c. Limiti di ammissibilità , nonché la violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, essendosi proceduto tramite duplicazione di copia forense e all’apprensione indiscriminata di tutti i dati presenti nel dispositivo mobile dell’indagato. L’interesse ad impugnare e la natura dei dati acquisiti. Il Supremo Collegio, coerentemente al principio fissato dalle Sezioni Unite Cass. UU. n. 40963/17 circa il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di conferma del sequestro probatorio di un computer o supporto informatico ritiene, nel caso di specie, sussistente l’interesse concreto e attuale alla esclusiva disponibilità dei dati. Pertanto ribadisce che i dati acquisiti dalla memoria del cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p. Prova documentale e la relativa attività acquisitiva non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche , non essendo nemmeno possibile il sequestro dei messaggi di testo rinvenuti nel dispositivo ai sensi dell’art. 254 c.p.p. Sequestro di corrispondenza , non potendosi questi considerare come corrispondenza”, la cui nozione implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi del recapito . La proporzionalità ed adeguatezza. La Suprema Corte ritiene non invocabile il principio di proporzionalità ed adeguatezza, essendo l’acquisizione dei dati informatici, attraverso copia forense, una modalità conforme alla legge, avendo inoltre già chiarito in una recente pronuncia che non merita censura, sotto il profilo dell’adeguatezza e della proporzionalità, il sequestro di supporti contenenti dati informatici poi restituiti, previa estrazione di copia integrale della relativa memoria e che, nel caso di specie, la doglianza sollevata dalla difesa in merito alla acquisizione di copia anche di documenti non rilevanti e, comunque, non sequestrabili siccome non pertinenti al reato o addirittura relativi al mandato difensivo, non inficia la validità del provvedimento di sequestro . La Corte dunque rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 novembre 2017 – 16 gennaio 2018, n. 1822 Presidente Lapalorcia – Relatore Morosini Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Imperia, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il decreto di sequestro probatorio disposto dal Pubblico Ministero nell’ambito di un procedimento penale che vede l’odierna ricorrente indagata per reati fallimentari connessi ai fallimento della società Marina degli Aregai s.r.l. Il sequestro aveva ad oggetto, tra l’altro, le e-mail spedite e ricevute da account in uso all’indagata, nonché il telefono cellulare del tipo smartphone dell’indagata, successivamente restituitole previa estrazione di copia integrale dei dati informatici memorizzati sms, messaggi WhatsApp, e-mail . 2. Avverso l’ordinanza ricorre P.B. , per il tramite del difensore, articolando due motivi. 2.1 Con il primo deduce violazione di legge. Innanzitutto premette che l’interesse alla impugnazione del decreto di sequestro relativo a un apparato elettronico permane anche dopo la restituzione del bene sequestrato. Eccepisce, quindi, l’invalidità della procedura di acquisizione dei messaggi e delle e-mail, assumendo che si sarebbe dovuto adottare quella stabilita dagli artt. 266 e ss. cod. proc. pen., venendo in rilievo un’attività di intercettazione di flussi di comunicazioni telematiche. 2.2 Con il secondo motivo lamenta violazione di legge per mancato rispetto del principio di proporzionalità e adeguatezza, essendosi proceduto, tramite duplicazione di copia forense, alla integrale e indiscriminata apprensione di tutti i dati archiviati nella memoria del telefono cellulare in uso all’indagata. Rileva, infine, la mancata risposta, da parte del Tribunale del Riesame, in ordine alla eccepita violazione del divieto di sequestro della corrispondenza tra indagato e difensore, ai sensi dell’art. 103 comma 6 cod. proc. pen Considerato in diritto 1. Va premesso che la questione dell’interesse ad impugnare, coltivato dalla ricorrente con il primo motivo, è stato risolto dalle Sezioni Unite con una decisione intervenuta dopo la presentazione del ricorso. Si è affermato il principio che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di conferma del sequestro probatorio di un computer o di un supporto informatico - nel caso in cui ne risulti la restituzione previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti - è ammissibile soltanto se sia dedotto l’interesse, concreto e attuale, alla esclusiva disponibilità dei dati Sez. U, n. 40963 del 20/07/2017, Andreucci, Rv. 270497 . Nella specie il tenore complessivo del ricorso lascia emergere la sussistenza di un interesse, concreto e attuale, alla esclusiva disponibilità dei dati, collegato alla dedotta natura personale e riservata degli stessi. 2. Ferma, dunque, l’ammissibilità del ricorso, si ritiene che i motivi dedotti siano privi di fondamento. 3. Il primo motivo è infondato. I dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono in uso all’indagata sms, messaggi whatsApp, messaggi di posta elettronica scaricati e/o conservati nella memoria dell’apparecchio cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen La relativa attività acquisitiva non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche. Secondo l’insegnamento della Corte di legittimità non è applicabile la disciplina dettata dall’art. 254 cod. proc. pen. con riferimento a messaggi WhatsApp e SMS rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro, in quanto questi testi non rientrano nel concetto di corrispondenza , la cui nozione implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito Sez. 3, n. 928 del 25/11/2015, dep. 2016, Giorgi, Rv. 265991 . Non è configurabile neppure un’attività di intercettazione, che postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, mentre nel caso di specie ci si è limitati ad acquisire ex post il dato, conservato in memoria, che quei flussi documenta. 4. Il secondo motivo è del pari infondato. 4.1 I principio di proporzionalità e adeguatezza non è invocabile nella specie, poiché l’acquisizione di dati informatici mediante la cd. copia forense è una modalità conforme a legge, che mira a proteggere, nell’interesse di tutte le parti, l’integrità e affidabilità del dato così acquisito. La Corte di cassazione, intervenendo in un caso analogo a quello oggetto del presente scrutinio, ha già avuto occasione di chiarire che non merita censura, sotto il profilo dell’adeguatezza e proporzionalità, il sequestro di supporti contenenti dati informatici poi restituiti, previa estrazione di copia integrale della relativa memoria, poiché l’attività di analisi per la selezione dei documenti contabili è particolarmente complessa investendo in toto l’attività imprenditoriale dell’indagato. Né le operazioni di estrazioni di copia dei documenti rilevanti a tal fine avrebbe potuto essere condotta in loco in un limitato arco temporale, investendo l’attività di selezione una significativa attività di studio e analisi proprio al fine di un’eventuale selezione Sez. 5, n. 25527 del 27/10/2016, dep. 2017, Storari, in motivazione . La doglianza sollevata dalla difesa in merito alla acquisizione di copia anche di documenti non rilevanti e, comunque, non sequestrabili siccome non pertinenti al reato o addirittura relativi al mandato difensivo, non inficia la validità del provvedimento di sequestro, e dunque non può trovare rimedio in questa sede. 4.2 In merito alla questione del sequestro di informazioni scambiate tra indagata e difensore, è sufficiente osservare che, non vertendosi in tema di sequestro di corrispondenza per le ragioni esposte al punto 2, è inconferente il richiamo al divieto di cui all’art. 103 comma 6 cod. proc. pen 5. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.