La porta, stretta, d’accesso nel giudizio penale per i portatori di interessi meramente civilistici

Per i soggetti portatori di interessi meramente civilistici nel processo penale deve trovare applicazione la regola che l’art. 100 c.p.p. prevede espressamente per la parte civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, ossia che tali soggetti possono stare in giudizio solo con il ministero di un difensore munito di procura speciale.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 815/18, depositata l’11 gennaio. La distinzione tra nomina difensiva e procura speciale va ricercata nella loro diversa natura la prima è relativa ad un semplice negozio unilaterale di investitura per il difensore del potere di rappresentare la parte in giudizio che vale per tutta la durata del processo fino a revoca o rinuncia e per l’esercizio di tutti e solo dei poteri propri del difensore in quanto tale, la seconda invece, prevista dall’art. 100 c.p.p., assume le caratteristiche proprie del mandato con il quale il professionista viene incaricato di svolgere la sua opera professionale in favore della parte, nel compiere determinati atti di cui essa è titolare in proprio ed in relazione ad un determinato procedimento. La mancanza della procura speciale ai sensi dell’art. 100 c.p.p. delle parti private diverse dall’imputato e dal difensore non può essere sanata previa concessione di un termine da parte del giudice ai sensi dell’art. 182, comma 2, c.p.c., ma comporta l’inammissibilità dell’impugnazione. Il caso. Il Tribunale del riesame di Chieti dichiarava inammissibile l’istanza di riesame proposta ai sensi dell’art. 324 c.p.p. nell’interesse di un soggetto terzo ed estraneo al reato poiché il gravame risultava essere stato sottoscritto unicamente dal difensore senza il preventivo conferimento della procura speciale di cui all’art. 100 c.p., essendo presente in atti una mera e generica nomina a difensore di fiducia rilasciata dal terzo estraneo al reato senza alcun esplicito riferimento all’attività processuale da compiersi. Avverso detto ordinanza proponeva ricorso per cassazione il terzo estraneo al reato lamentando violazione inosservanza ed errata applicazione della norma penale con riferimento agli artt. 100 e 122 c.p.p., nonché 83 e 84 c.p.c. evidenziando come la procura speciale di cui il terzo interessato deve essere munito per proporre istanza di riesame non sia riconducibile all’istituto previsto dall’art. 122 c.p.p Con il secondo motivo lamentava la violazione del disposto dell’art. 182, comma 2, c.p.c. osservando che quand’anche si fosse ritenuta inidonea la procura rilasciata la parte avrebbe comunque dovuto essere rimessa in termini ai fini di sanare il vizio di rappresentanza. L’articolo 100 c.p.p L’art. 100 del codice di rito detta regola espressamente per la parte civile ed il civilmente obbligato per la pena pecuniaria, indicando come detti soggetti possano stare in giudizio esclusivamente con il ministero di un difensore munito di procura speciale. La posizione processuale del terzo interessato è infatti distinta, in modo marcato, da quella dell’indagato e dell’imputato, che, oltre che di persona, possono stare in giudizio con la sola necessità di munirsi di un difensore che li rappresenta ex lege per il solo fatto di esserne difensore senza alcuna necessità di ricevere procura speciale. Ora la distinzione trova ragion d’essere in quella diffidenza naturale” tipica dei sistemi accusatori verso le parti terze” rispetto all’oggetto ed alla funzione del processo penale che, almeno allo stato, è quella di attribuire penale responsabilità ad un soggetto attraverso l’esercizio della pretesa punitiva da parte dello Stato. Detta diffidenza si riverbera, o se si preferisce si è riverberata, nella necessità per il soggetto, i soggetti terzi, rispetto al reato, di munirsi e di munire il proprio difensore di poteri particolari e ben identificati, concedibili attraverso le forme della procura speciale richiamate dagli artt. 100 e 122 del codice di rito. I diversamente giovani” ricorderanno come agli albori della entrata in vigore del codice del 1989 si discusse, anche piuttosto a lungo, addirittura circa la possibilità per il difensore di autenticare” la procura speciale rilasciatagli ex art. 100 e 122 c.p.p. essendo rappresentata opinione che identificava quale unico soggetto legittimato a farlo il Notaio. Effetti, collaterali, di quella presenza, incidente necessario vien definita nella relazione al codice di rito, che è la parte civile. Dunque nessuna novità nell’apprendere che la Corte ribadisca principi ben noti, ovvero che la semplice nomina a difensore fiduciario non legittima il terzo rispetto al reato a compiere atti capaci di dare impulso a fasi processuali od a richiedere tutele in assenza di specifico e puntuale potere all’uopo concessogli dal titolare del diritto. La norma processual civilistica. Gli Ermellini riconfermano l’insegnamento delle Sezioni Unite espresso e contenuto in principio di diritto ormai inattaccabile la mancanza della procura speciale ai sensi dell’art. 100 c.p.p. delle parti private diverse dall’imputato e dal difensore non può essere sanata previa concessione di un termine da parte del giudice ai sensi dell’art. 182, comma 2, c.p.c., ma comporta l’inammissibilità dell’impugnazione . Con buona pace di ogni ulteriore approfondimento o questione. Le norme di rito sopraintendono e disegnano due distinti sistemi che, fra loro, se non del tutto impermeanbili sono distinti ed autonomi.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 novembre 2017 – 11 gennaio 2018, n. 815 Presidente Savani – Relatore Zunica Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 20 luglio 2017 il Tribunale di Chieti, Sezione Riesame, dichiarava inammissibile l’istanza di riesame proposta ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen. nell’interesse di S.E. , terza estranea al reato, avverso il provvedimento del 30 maggio 2017, con cui il G.I.P. del Tribunale di Chieti, nell’ambito di un procedimento a carico di 43 indagati, relativo a un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di illeciti tributari procedimento inizialmente instaurato presso il Tribunale di Pescara , aveva disposto il sequestro preventivo delle disponibilità liquide, del denaro contante, dei depositi e degli investimenti finanziari delle società Civita Pak s.r.l., Immobilifermo s.r.l., I.co.c. s.r.l. e Italmarche s.r.l. società riconducibili a S.F. , nonché, in difetto, limitatamente alla parte residua, il sequestro preventivo, anche per equivalente, dei beni immobili e degli altri beni nella disponibilità dell’imputato S.F. , sino al raggiungimento della somma di Euro 13.161.640,16, corrispondente, nella prospettiva accusatoria, al profitto dei reati addebitati al medesimo S. . Il Tribunale rilevava in particolare che il ricorso di S.E. figlia dell’indagato S.F. era stato sottoscritto dal difensore senza il preventivo conferimento della procura speciale di cui all’art. 100 cod. proc. pen., essendo presente una mera e generica nomina di difensore di fiducia, senza il necessario riferimento all’attività processuale da compiere. 2. Avverso l’ordinanza del Tribunale di Chieti S.E. , tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi. Con il primo motivo, viene lamentata la violazione, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli art. 100 e 122 cod. proc. pen. e 83 e 84 cod. proc. civ., evidenziandosi che la procura speciale di cui il difensore del terzo interessato deve essere munito per proporre istanza di riesame contro il decreto di sequestro preventivo non è riconducibile all’istituto previsto dall’art. 122 cod. proc. pen., per cui nel caso di specie non era necessario alcun riferimento all’attività da compiere, vertendosi invece nell’ambito della procura di cui all’art. 100 cod. proc. pen., che non richiede la necessità di indicare le specifiche attività processuali da svolgersi, salva la contestuale indicazione di particolari atti altrimenti preclusi al difensore, tra cui non rientrerebbe il riesame ex art. 322 e 324 cod. proc. pen. in tal senso, osserva la difesa, la procura rilasciata da S.E. in calce all’istanza di riesame non era una semplice nomina a difensore ex art. 96 cod. proc. pen., ma una valida procura ex art. 100 cod. proc. pen., non avendo rilievo l’indicazione testuale nomina a difensore di fiducia , posto che la nomina effettuata non lasciava alcun dubbio circa la volontà della S. di affidare a un determinato professionista l’incarico di svolgere l’attività difensiva volta a contestare la legittimità del sequestro operato nei suoi confronti. In definitiva, si sostiene nel ricorso, si era in presenza di una vera e propria procura, la cui specialità era la conseguenza dell’essere posta in calce all’atto di impugnazione. Con il secondo motivo, la ricorrente si duole della violazione di legge in ordine all’art. 182 comma 2 cod. proc. civ., osservando che, quando anch’anche il Tribunale di Chieti avesse ritenuto la procura rilasciata dalla S. in calce all’istanza di riesame inidonea ai sensi dell’art. 83 cod. proc. civ., avrebbe dovuto comunque rimettere in termini la parte, in applicazione dell’art. 182 comma 2 cod. proc. civ., come modificato dalla legge n. 69/2009. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. 2. In ordine al primo motivo, quanto alla problematica delle modalità di costituzione in giudizio dei terzi interessati, occorre richiamare la costante affermazione di questa Corte Sez. 1, n. 8361 del 10/01/2014, Rv. 259174, Sez. 6, n. 46429 del 17/09/2009, Rv. 245440 Sez. 6, n. 11796 del 4/03/2010, Rv. 246485, Sez. 6, n. 13798 del 20/01/2011, Rv. 249873 , secondo cui per i soggetti portatori di interessi meramente civilistici deve trovare applicazione la regola che l’art. 100 cod. proc. pen. prevede espressamente per la parte civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, ossia che tali soggetti possono stare in giudizio solo con il ministero di un difensore munito di procura speciale. La posizione processuale del terzo interessato è infatti nettamente distinta sotto il profilo difensivo da quella dell’indagato e dell’imputato, i quali, in quanto assoggettati all’azione penale, possono stare in giudizio di persona, avendo solo necessità di munirsi di un difensore che, oltre ad assisterli, li rappresenta ex lege ed è titolare di un diritto di impugnazione nell’interesse del proprio assistito per il solo fatto di rivestire la qualità di difensore, senza alcuna necessità di procura speciale, che è imposta solo per i casi di atti cd. personalissimi . Non così per il terzo interessato, perché questi, al pari dei soggetti indicati dall’art. 100 cod. proc. pen., è portatore di interessi civilistici, per cui, oltre a non poter stare personalmente in giudizio, ha un onere di patrocinio, che è soddisfatto attraverso il conferimento di procura alle liti al difensore, come del resto avviene nel processo civile ex art. 183 cod. proc. civ In applicazione di tale principio, la prevalente giurisprudenza di legittimità ha affermato che è inammissibile l’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo proposta dal difensore del terzo interessato privo di procura speciale cfr. Sez. 2, n. 31044 del 13/06/2013, Rv. 256839 Sez. 3, n. 23107 del 23/04/2013, Rv. 255445, oltre che la già citata Sez. 1, 8361 del 10/01/2014, Rv. 259174, nella quale vi è ulteriore ampiezza di richiami di massime conformi . Quanto ai criteri distintivi tra nomina difensiva e procura speciale, è stato correttamente osservato Sez. 5, n. 25478 del 15.05.2014 che la differenza tra le due figure giuridiche è che la nomina del difensore prevede formalità che riguardano il momento della presentazione art. 96 cod. proc. pen. , ma nulla è sancito dalla legge quanto al contenuto. E deve ritenersi perciò che si tratti di un semplice negozio unilaterale di investitura, per il difensore, del potere di rappresentare la parte in giudizio, che vale per tutta la durata del processo fino a revoca o rinuncia v. SS.UU. sent. n. 35402 del 09/07/2003 e per l’esercizio di tutti e solo dei poteri propri del difensore in quanto tale, quale ad esempio il potere di impugnazione, che è previsto, dall’art. 571, comma 3 in capo al difensore, con titolarità diversa e disgiunta da quella dell’imputato o del suo procuratore speciale. Invece la procura speciale prevista dall’art. 100 cod. proc. pen. non può che essere un mandato con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte, opera che nel caso di specie è la rappresentanza nel compimento di determinati atti di cui è titolare in proprio il conferente la procura stessa in relazione ad un determinato procedimento, tanto che, salvo manifestazione di volontà diversa, la procura non sarebbe nemmeno automaticamente estensibile a più gradi del processo come invece è la nomina del difensore , potendo anche comprendere, solo se espressa, anche la potestà di disposizione del diritto in contesa art. 100 cod. proc. pen. . Sul punto deve solo aggiungersi che, non essendo richiesto l’uso di formule sacramentali al fine di stabilire il reale contenuto di un atto, la nomina difensiva ben possa valere anche come procura speciale, ma solo a condizione che contenga tutti gli elementi integrativi della procura speciale richiesta dall’art. 100 cod. proc. pen., cioè il conferimento di poteri in ordine alla specifica procedura introdotta. Tanto premesso, ritiene il Collegio che l’ordinanza impugnata abbia fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati, escludendo la riconducibilità alla categoria della procura speciale dell’atto di nomina posto in calce al ricorso. Ed invero l’atto in questione, qualificato testualmente come nomina a difensore di fiducia , aveva il seguente contenuto La sottoscritta S.E. . , nomina quale proprio difensore di fiducia l’avv. Paolo Rosselli del Foro di Macerata ed elegge domicilio presso il suo studio . . Si tratta evidentemente di una mera nomina difensiva che non specifica né lo strumento processuale prescelto né il provvedimento da impugnare, per cui, a prescindere dalla circostanza, di per sé non dirimente, che tale nomina sia posta in calce al ricorso, deve convenirsi con il Tribunale che l’atto de quo non soddisfi i requisiti di specificità imposti dal combinato disposto degli art. 100 e 122 cod. proc. pen 3. In ordine al secondo motivo, relativo alla possibilità di attivare in favore del terzo interessato di cui si accerti il difetto di procura speciale il meccanismo sanante previsto dall’art. 182 comma 2 cod. proc. civ., va richiamato l’indirizzo ermeneutico maggioritario di questa Corte Sez. 3, n. 11966 del 16/12/2010, Rv. 249766 Sez. 6, n. 1289 del 20/11/2012, Rv. 254287 , secondo cui l’impugnazione proposta dal difensore del terzo interessato, ove sia rilevato il difetto della procura speciale, non può che essere dichiarata inammissibile, senza obbligo per il giudice, in applicazione dell’art. 182 comma 2 cod. proc. civ., di assegnare alla parte un termine perentorio per munirsi di una valida procura, posto che, secondo le regole del codice di procedura penale, i termini per proporre impugnazione sono stabiliti a pena di decadenza, per cui, in assenza di una disposizione che consenta il rinvio alle regole dettate nel diverso contesto del processo civile, non è permesso derogare ad essi. Su questa specifica questione sono intervenute anche le Sezioni Unite di questa Corte sentenza n. 47239 del 30.10.2014 che, dopo un’ampia ricostruzione delle coordinate normative e interpretative di riferimento, hanno affermato il principio di diritto secondo cui la mancanza della procura speciale ai sensi dell’art. 100 c.p.p. delle parti private diverse dall’imputato al difensore non può essere sanata previa concessione di un termine da parte del giudice, ai sensi dell’art. 182 comma secondo c.p.c., ma comporta l’inammissibilità dell’impugnazione . 4. Da tale autorevole orientamento la Corte non ritiene di doversi discostare, per cui, stante la manifesta infondatezza delle doglianze proposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto poi conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.