Custodia in carcere per il rapinatore, insindacabile l’individuazione da parte della vittima

In tema di misure cautelari personali, l’individuazione fotografica effettuata davanti alla polizia giudiziaria, in assenza di profili di inattendibilità, è elemento idoneo per affermare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.

Così la Sezione II Penale della Cassazione con sentenza n. 119/18, depositata il 5 gennaio. Il caso. Il Tribunale di Bologna rigettava la richiesta di riesame dell’ordinanza del GIP che disponeva la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell’imputato in relazione al delitto di rapina aggravata. Avverso la decisione del Tribunale ricorre per cassazione l’interessato lamentando violazione dell’art. 273 c.p.p. Condizioni generali di applicabilità delle misure . Individuazione operata dalla persona offesa. Secondo il ricorrente il Tribunale del riesame non ha preso in considerazione che l’individuazione fotografica da parte della persona offesa difettava di precisione e completezza . Di conseguenza l’assenza di gravità indiziaria avrebbe dovuto portare all’annullamento dell’ordinanza cautelare impugnata. La Cassazione ha osservato che non possano essere mosse censure alla valutazione del Tribunale, il quale ha dato una congrua motivazione del rigetto attraverso la molteplicità degli elementi probatori che supportavano l’attendibilità del riconoscimento operato dalla persona offesa. Tra gli altri, emerge l’elemento oggettivo della prova della pregressa conoscenza del rapinatore da parte della persona offesa e il fatto che durante la rapina l’imputato le si era avvicinato togliendosi il casco. Sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Per questi motivi non è ravvisabile nessuna violazione di legge avendo il Tribunale, secondo la Corte, fatto corretta applicazione del principi enunciati in materia secondo i quali in tema di misure cautelari personali l’individuazione effettuata davanti alla polizia giudiziaria, dopo la prova dell’attendibilità della persona offesa, è elemento idoneo per affermare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, indipendente dall’accertamento delle modalità conformi a quelle previste per la formale ricognizione, perché lascia fondatamente ritenere il successivo sviluppo in un atto di riconoscimento, formale o informale, o in una testimonianza che tale riconoscimento confermi . In conclusione la Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 dicembre 2017 – 5 gennaio 2018, n. 119 Presidente Fumu – Relatore Ariolli Ritenuto in fatto 1. B.D. , attualmente sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di rapina aggravata giusta ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Reggio Emilia del 4/8/2017, ricorre a mezzo del difensore per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna dell’11/9/2017 che ha rigettato la richiesta di riesame. Al riguardo, deduce anzitutto la violazione di legge art. 273 cod. proc. pen. a proposito dei gravi indizi di colpevolezza, con particolare riguardo alla individuazione operata dalla persona offesa, avendo sul punto il Tribunale del riesame obliterato i criteri di valutazione di tale atto probatorio, la cui affidabilità non deriva dal riconoscimento in sé, ma dalla credibilità di chi, avendo esaminato la fotografia, si dica certo della sua identificazione. A tale proposito, l’operata individuazione difettava di precisione e completezza e dunque di attendibilità il narrato , avendo la persona offesa riferito che il malvivente dapprima indossava un casco bianco ed occhiali scuri, poi un casco integrale nero, nonostante avesse spostato gli occhiali. Né l’individuazione poteva dirsi certa sulla scorta di altri elementi, essendosi questa limitata a dichiarare che si trattava di persona robusta. Né poteva soccorrere il fatto che la persona offesa avesse già visto il rapinatore in una precedente occasione presso il distributore ove ella presta attività lavorativa, poiché anche in tale occasione si trattava di un uomo parzialmente travisato. Né emergevano altri elementi vicinanza della persona offesa con il rapinatore, accento di questi, ecc. che potevano supportare in termini di precisione l’individuazione. L’assenza, pertanto, di gravità indiziaria avrebbe dovuto portare il Tribunale del riesame ad annullare l’ordinanza cautelare impugnata. Lamenta, infine, la violazione di legge . Considerato in diritto 2. Tanto premesso, il ricorso è inammissibile per essere i motivi manifestamente infondati. Invero, il Tribunale del riesame risulta avere dato conto, con motivazione congrua e scevra da vizi logici, di una molteplicità di elementi che supportano l’attendibilità del riconoscimento operato dalla persona offesa. Al riguardo, infatti, si è valorizzata la pregressa conoscenza del rapinatore che aveva la persona offesa, la quale ha ricondotto le fattezze di colui che ebbe a rapinarla a soggetto che aveva visto più volte presso il distributore di benzina ove ella lavorava. L’attendibilità di tale riconoscimento è supportata, in una sorta di catena logico-fattuale, anzitutto da due precisi elementi che ne denotano quel substrato di attendibilità idoneo a farlo assumere a grave indizio di colpevolezza. Anzitutto, la circostanza che nell’occasione della rapina il malvivente le si avvicinò, alzandosi la visiera del casco, con gli occhiali sulla fronte, rivolgendole anche una domanda. Ciò consentì alla persona offesa di percepire con chiarezza le fattezze del rapinatore. Poi, il fatto che questi corrispondesse a persona che la stessa persona offesa aveva avuto modo di vedere più volte presso il distributore ove ella lavorava ed anche pochi giorni prima della rapina, per come dalla stessa riferito. In particolare, l’ omissis tre giorni prima del fatto per cui si procede ella ebbe modo di vederlo da vicino in occasione di un cambio banconote che lo stesso le aveva chiesto sempre presso il distributore ove ella lavorava. Trattasi, dunque, di un’individuazione di una persona che segue a molteplici momenti di percezione delle sue fattezze, tanto che la stessa persona offesa ne ha anche fornito una descrizione sommaria relativa alla sua corporatura, che corrisponde a quella dell’indagato e appartenenza alla comunità XXXXX che non risulta smentite. Tuttavia, ciò che rende pregante l’operata individuazione ed esclude che fonte di sostegno dell’attendibilità dell’atto sia un pregresso ed omologo atto avente la medesima natura e proveniente dallo stesso soggetto e dunque valenza soggettiva è che risulta asseverato per come constatato dalle immagini dei sistemi di video-sorveglianza ed i riscontri effettuati sulla targa del mezzo come l’indagato sia il proprietario del motociclo a bordo del quale giunse presso il distributore il giovane che pochi giorni prima della rapina chiese alla persona offesa di cambiargli una banconota. Ciò, dunque, da pieno conto dell’attendibilità della persona offesa in quanto l’esatta percezione delle fattezze di colui che più volte si sarebbe recato presso il distributore, sino a commettere poi la rapina ai suoi danni, trova riscontro e conferma in un elemento oggettivo di verifica a carattere univoco. Né inficia l’attendibilità dell’individuazione il differente colore del casco che la persona offesa avrebbe riferito nella versione relativa alla rapina, in quanto al di là della mancata produzione in questa sede del relativo verbale di dichiarazioni profilo che denota la mancata autosufficienza del ricorso sul punto , trattasi di elemento non decisivo in quanto non attinente alla descrizione delle fattezze fisiche del malvivente e non idoneo a scardinare sul piano della convergenza gli altri elementi valorizzati dal giudice della cautela a sostegno dell’attendibilità dell’individuazione. In conclusione non risulta, pertanto, ravvisabile alcuna violazione di legge avendo il Tribunale del riesame fatto corretta applicazione della norma di legge censurata art. 273 cod. proc. pen. e dei principi di diritto enucleati da questa Corte in materia, secondo cui in tema di misure cautelari personali, l’individuazione fotografica effettuata dinanzi alla polizia giudiziaria, in assenza di profili di inattendibilità, è elemento idoneo per affermare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, indipendentemente dall’accertamento delle modalità e quindi della rispondenza alla metodologia prevista per la formale ricognizione a norma dell’art. 213 cod. proc. pen., perché lascia fondatamente ritenere il successivo sviluppo in un atto di riconoscimento, formale o informale, o in una testimonianza che tale riconoscimento confermi Sez. 2, n. 6505 del 20/01/2015, Rv. 262599 . Parimenti va esclusa la paventata violazione di legge . Va, infatti, ribadito al riguardo che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto o meno ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie ex multis vedi Sez. 4, sent. n. 26992 del 29/5/2013, Rv. 255460 . 3. Va, pertanto, dichiarato inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., consegue la condanna della parte privata che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al versamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro 2.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. 4. Non conseguendo dall’adozione del presente provvedimento la rimessione in libertà dell’indagato, deve provvedersi ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro 2.000,00. Si provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc.pen