In macchina da Bergamo alla Svizzera portando materiale esplosivo: esclusa la giurisdizione italiana

Ai fini del radicamento della giurisdizione nazionale, è necessario accertare che almeno un frammento della condotta penalmente rilevante posta in essere all’estero si sia verificato sul territorio italiano, non potendosi però riscontrare tale connotazione in comportamenti privi di concretezza e specificità.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 56953/17, depositata il 20 dicembre. La vicenda. Il Tribunale di Torino dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in relazione ai reati di atti terroristici, detenzione e porto di esplosivi, nonché riciclaggio, contestati a tre imputati. Il difetto di giurisdizione si fondava sulla constatazione che i fatti contestati erano stati posti in essere in territorio svizzero. Il Procuratore della Repubblica impugna in appello la pronuncia, ricostruendo la vicenda e nello specifico i movimenti degli imputati che avevano raggiungo la Svizzera partendo da Bergamo, motivo per cui doveva ritenersi sussistente la giurisdizione italiana ex art. 6, comma 2, c.p La Corte d’Appello, riqualificando il ricorso come di legittimità per l’impossibilità di proporre appello avverso le sentenze che dichiarano il difetto di giurisdizione, ha trasmesso gli atti alla Suprema Corte. Giurisdizione. Il Collegio ritiene manifestamente infondato il ricorso del PM che propone una ricostruzione del fatto integrativa rispetto a quella cristallizzata nella sentenza del Tribunale, risultando dunque mere ipotesi alternative prive però di riscontri probatori concreti. La Corte coglie comunque l’occasione per richiamare la costante giurisprudenza secondo cui, ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in parte all’estero, è sufficiente che nel territorio nazionale si sia verificato anche un mero frammento della condotta, intesa in senso naturalistico,e, quindi, un qualsiasi atto dell’iter criminoso, seppur privo dei requisiti di idoneità e di in equivocità richiesti per il tentativo , resta però fermo che tale connotazione non può essere riconosciuta ad un generico proposito, privo di concretezza e specificità, di commettere all’estero fatti delittuosi, anche se poi effettivamente realizzati . Il Tribunale ha dunque correttamente escluso che il mero viaggio” da Bergamo alla Svizzera potesse considerarsi frammento della condotta penalmente rilevante ai fini della sussistenza della giurisdizione italiana, non essendo nello stesso rinvenibile alcun apprezzabile collegamento con la condotta posta in essere dagli imputati in territorio straniero. Per questi motivi, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 settembre – 20 dicembre 2017, n. 56953 Presidente Conti – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 23 marzo 2016 il Tribunale di Torino ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in ordine al reato di atti terroristici con ordigni esplosivi capo A , nonché ai reati di detenzione e porto di esplosivi e di ricettazione, con l’aggravante della finalità di terrorismo capi B e C , contestati a G.S. , R.C. e B.L.C. , in quanto i reati non risultano commessi, neppure in parte, nel territorio dello Stato italiano, ma in Svizzera. Inoltre, il Tribunale ha aggiunto che, anche se ricorressero le condizioni previste dagli artt. 7 - 10 cod. pen., a giudicare i tre imputati osterebbe il disposto dell’art. 11, secondo comma, cod. pen., in quanto, essendo stati già giudicati per gli stessi fatti dall’autorità giudiziaria svizzera e avendo scontata per intero la pena inflitta, l’autorità giudiziaria italiana sarebbe comunque priva di giurisdizione non essendovi la richiesta del Ministro della giustizia. 2. Contro questa decisione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino ha proposto appello. Preliminarmente ricostruisce i movimenti degli imputati, i quali partiti da Bergamo il 14.4.2010 e giunti in Svizzera, vennero arrestati il giorno successivo, nei pressi di Zurigo località Langnau am Albis , perché, durante un controllo della polizia cantonale, furono sorpresi in possesso di materiale esplosivo, tra cui quattro cartucce di eurogelatina 2, cinque bombole di gas, alcune taniche di benzina, una miccia di sicurezza in cui erano avvolti dei detonatori, nonché varia documentazione, tra cui molte copie di un comunicato avente ad oggetto la rivendicazione di un attentato esplosivo al centro di ricerca di nanotecnologia di Ruschlikon in Svizzera. I tre venivano tratti a giudizio davanti alla Corte penale svizzera che con sentenza del 22.7.2001, confermata dal Tribunale Federale il 7.11.2013, li condannava per i reati di occultamento e trasporto di materie esplosive e di atti preparatori di incendio doloso, condanna che veniva interamente scontata. In data 22.7.2014 il pubblico ministero italiano presentava richiesta di rinvio a giudizio per i reati sopra indicati, non ritenendo sussistere i presupposti del ne bis in idem. Secondo l’accusa i tre imputati, appartenenti all’area dell’ecologismo radicale di ispirazione anarchica, progettavano un attentato esplosivo al centro di nanotecnologie di Ruschlikon, attentato organizzato in seno all’ELF Earth Liberation Front , movimento internazionale riconducibile proprio all’ambiente anarco-ambientalista. Sulla base di questa ricostruzione, il ricorrente ritiene sussistente la giurisdizione del giudice italiano sulla base dell’art. 6, secondo comma, cod. pen., in quanto una parte dell’azione posta in essere dagli imputati risulta svolta in Italia, da dove i tre sono partiti il giorno prima di essere arrestati in Svizzera. Si precisa che una ditta di Fiorenzuola aveva denunciato il furto di centinaia di metri di miccia a lenta combustione, del tipo di quella ritrovata sull’auto degli imputati e che i candelotti di eurogelatina 2 sequestrati risultavano appartenere allo stesso lotto di esplosivo rinvenuto in occasione del fallito attentato contro l’Istituto Sperimentale per la Zootecnica di San Cesario sul Panaro nel 2006 e contro un traliccio di alta tensione della linea La Spezia – Acciaiolo nel comune di Camaiore del 2008. Inoltre, nell’appello si esclude che possa parlarsi di ne bis in idem internazionale, dal momento che l’art. 11 cod. pen. prevede la rinnovazione del giudizio nei casi indicati dall’art. 6 cod. pen., sicché nella specie sarebbe possibile procedere alla rinnovazione del giudizio davanti alla giurisdizione italiana. In ogni caso, si rileva che nei rapporti con la Svizzera trova applicazione la Convenzione di Applicazione dell’Accordo Schengen CAAS , resa esecutiva dall’Italia con la legge n. 388 del 1993, che all’art. 54 introduce il principio di ne bis in idem tra le Parti contraenti l’accordo. Tuttavia, l’Italia, sulla base dell’art. 55 della CAAS, si è avvalsa della possibilità di inserire una riserva che deroghi al principio di cui all’art. 54 cit Infatti con l’art. 7 della legge n. 388 cit. si prevede che il principio del ne bis in idem internazionale non si applichi per la categoria dei delitti contro la personalità dello stato, categoria che ricomprende sicuramente il reato di cui all’art. 280-bis cod. pen. contestato agli imputati. Per quanto riguarda gli altri due reati, si precisa nell’impugnazione che non sono stati oggetto di contestazione da parte dell’autorità svizzera e, comunque, risultano commessi in Italia. In ogni caso, si ritiene che anch’essi possano rientrare all’interno della categoria dei delitti contro la personalità dello stato, attraverso il riferimento all’aggravante della finalità di terrorismo. 3. Con ordinanza del 15 febbraio 2017 la Corte d’appello di Torino, premesso che contro le sentenze che dichiarano il difetto di giurisdizione non può essere proposto appello, ma solo in ricorso per cassazione, ha qualificato l’impugnazione come ricorso per cassazione e ha trasmesso gli atti a questa Corte. 4. In data 17 agosto 2017 il difensore di B. ha depositato una articolata memoria, in cui si sostiene il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana. Nella prima parte della memoria si ribadiscono le argomentazioni che hanno portato la sentenza del Tribunale di Torino a negare la propria giurisdizione, escludendo l’applicabilità dell’art. 6, secondo comma, cod. pen., in quanto nessun frammento significativo dell’azione delittuosa posta in essere dagli imputati sarebbe mai avvenuto nel territorio italiano. La seconda parte della memoria è, invece, dedicata a censurare l’impugnazione del pubblico ministero, là dove nega l’applicabilità del principio del ne bis in idem internazionale. Si sostiene infatti che l’art. 7 delle legge n. 388 del 1993, con cui l’Italia si è avvalsa della possibilità di prevedere le deroghe sancite nell’art. 55 della CAAS, non sia più applicabile dopo l’introduzione dell’art. 50 della Carta di Nizza, nell’ambito della quale il principio del ne bis in idem deve configurarsi come un vero e proprio principio di diritto fondamentale del cittadino Europeo, essendo ricompreso nell’ambito dei principi giuridici fondamentali di cui all’art. 6 par. 1 del Trattato di Lisbona. In sostanza, la norma interna rappresentata dall’art. 7 cit., sarebbe in insanabile contrasto con quella Europea. Peraltro, si assume che la dichiarazione con cui l’Italia si è avvalsa della facoltà di non essere vincolata all’applicazione del principio del ne bis in idem art. 7 legge n. 388 del 1993 deve ritenersi non più in vigore dopo l’incorporazione dell’Accordo di Schengen nel Trattato di Amsterdam. Considerato in diritto 1. Preliminarmente deve verificarsi se la sentenza del Tribunale di Torino, che ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, è ricorribile in cassazione. Secondo un orientamento di questa Corte la sentenza che decide sulla giurisdizione è inoppugnabile, anche se affetta da nullità assoluta, ferma la possibilità delle parti di denunciare conflitto nel caso in cui due diversi giudici prendano cognizione ovvero si rifiutino di conoscere lo stesso fatto attribuito al medesimo soggetto Sez. 1, n. 33891 del 26/06/2009, Toscano, v. 244832 . Tuttavia, la ricorribilità è ammessa, in via eccezionale, quando la sentenza non può essere oggetto di conflitto, cioè nel caso in cui il giudice italiano rinunci alla giurisdizione a favore dell’Autorità giudiziaria straniera v., Sez. 2, n. 20223 del 15/04/2009, Sabeur, Rv. 244889 . Ed è quanto accaduto nella presente fattispecie, in cui il Tribunale ha declinato la propria giurisdizione nei confronti degli imputati, ritenendo che i reati a questi attribuiti siano stati commessi interamente all’estero. 2. Passando all’esame del ricorso, si ritiene che il motivo principale, con cui si assume che i reati ipotizzati siano stati commessi, almeno in parte, in Italia, sicché avrebbe dovuto trovare applicazione l’art. 6, comma secondo, cod. pen., è manifestamente infondato. 2.1. Il pubblico ministero ricorrente propone una ricostruzione del fatto integrativa rispetto a quella offerta dalla sentenza impugnata, tesa a dimostrare che una parte dell’azione posta in essere dagli imputati, quella iniziale, si sarebbe svolta in Italia. A questo fine individua alcuni elementi a sostegno di tale tesi, riferendosi, in particolare, al rinvenimento nella disponibilità degli imputati di micce a lenta combustione, dello stesso tipo di quelle oggetto di furto presso una ditta di Fiorenzuola, nonché di candelotti di eurogelatina 2, appartenenti allo stesso lotto di esplosivo utilizzato per due falliti attentati in Italia, nel 2006 e nel 2008. Si tratta di elementi che, secondo la tesi accusatoria, consentirebbero di affermare che il porto del materiale esplosivo ovvero la ricettazione dello stesso sono iniziati in Italia, con conseguente applicabilità dell’art. 6, comma secondo, cod. pen 2.2. Si tratta di una ricostruzione che si basa su elementi che sono stati considerati dal primo giudice, che, con una motivazione coerente dal punto di vista logico e completa rispetto all’esame del materiale probatorio acquisito, ha escluso la propria giurisdizione, affermando che non è stato in alcun modo provato che gli imputati abbiano posto in essere in Italia almeno un segmento della azioni di acquisizione, predisposizione e trasferimento in Svizzera degli esplosovi e degli altri materiali sequestrati all’esito del controllo da parte degli agenti svizzeri . Infatti, il Tribunale ha evidenziato come dagli elementi probatori raccolti non è stato possibile accertare dove e in che modo gli imputati abbiano reperito gli esplosivi ed il resto del materiale i detonatori, la miccia, le bombole, le taniche ecc. né che gli stessi abbiano trasferito dall’Italia alla Svizzera tali beni , precisando inoltre come, in assenza di elementi certi, non possa scartarsi l’ipotesi che tale materiale sia stato acquisito in Svizzera. In sostanza, deve riconoscersi che quelle formulate nel ricorso dal pubblico ministero sono ipotesi alternative, che seppur astrattamente formulabili, risultano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali così come descritte e ritenute in sentenza e, inoltre, non appaiono idonee ad evidenziare alcuna illogicità o incoerenza nella motivazione resa dai giudici di merito, completa anche nell’escludere l’esistenza di elementi dai quali desumere che gli imputati abbiano ideato o organizzato in Italia la realizzazione dei reati contestati. 2.3. L’unica azione che è avvenuta con certezza in Italia è il viaggio da Bergamo alla Svizzera effettuato da G. e R. , ma, secondo il Tribunale, si tratta di un dato che non presenta di per sé alcun significativo collegamento con le condotte illecite commesse dagli imputati in Svizzera , sicché non può considerarsi una parte dell’azione rilevante ai sensi dell’art. 6 cit In giurisprudenza si è chiarito che sebbene ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana, in relazione a reati commessi in parte all’estero, sia sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, intesa in senso naturalistico, e, quindi, un qualsiasi atto dell’iter criminoso, seppur privo dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, tuttavia tale connotazione non può essere riconosciuta ad un generico proposito, privo di concretezza e specificità, di commettere all’estero fatti delittuosi, anche se poi effettivamente realizzati cfr., Sez. 3, n. 35165 del 02/03/2017, Sorace, Rv. 270686 Sez. 6, n. 16115 del 24/04/2012, G., Rv. 252507 Sez. 6, n. 1180 del 07/01/2008, Lichtemberger, Rv. 238228 . Nella specie, il Tribunale ha fatto applicazione di questa giurisprudenza, sostenendo correttamente che il viaggio , in quanto tale, non può considerarsi un frammento della condotta rilevante ai fini del radicamento della giurisdizione, ai sensi dell’art. 6, comma secondo, cod. pen., in quanto non è rinvenibile alcun apprezzabile collegamento con la condotta realizzata nel territorio estero dagli imputati si tratta, in sostanza, di una condotta neutra, inidonea a ricollegarsi con l’attività illecita realizzata all’estero, in assenza di elementi ulteriori che la connotino seriamente come condotta prodromica. Queste considerazioni valgono per tutti e tre i reati contestati agli imputati. 3. La manifesta infondatezza del primo motivo travolge anche gli altri, il cui esame diventa superfluo una volta esclusa l’applicabilità dell’art. 6, comma secondo, cod. pen. Il ricorso del pubblico ministero deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.