Anziano imbavagliato e legato muore durante la rapina: è omicidio volontario

Affinché possa configurarsi il reato di omicidio preterintenzionale, anziché volontario, gli agenti devono aver escluso ogni possibile previsione dell’evento-morte. Diversamente, in presenza di piena consapevolezza delle conseguenze derivanti dall’azione posta in essere, si configura il reato di omicidio volontario.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 56701/17, depositata il 19 dicembre. Il caso. Il GIP del Tribunale di Sciacca e, in seguito, la Corte d’Assise d’Appello di Palermo condannavano gli imputati per i reati di omicidio volontario e rapina ai danni di un anziano il quale, legato ed imbavagliato, decedeva per soffocamento. Gli imputati propongono ricorso per cassazione dolendosi della configurabilità del reato di omicidio volontario, anziché preterintenzionale, non essendosi questi introdotti nell’abitazione della vittima con lo scopo di cagionarne la morte, nonché del concorso degli imputati medesimi nella commissione dell’illecito. La previsione dell’evento-morte. La Suprema Corte ribadisce la linea di confine, nota in giurisprudenza, tra l’omicidio volontario e quello preterintenzionale, laddove in quest’ultima fattispecie la volontà dell’agente esclude ogni possibile previsione del verificarsi dell’evento-morte, causato da fattori esterni. Orbene nel caso di specie le modalità dell’azione conosciuta, per come già visto, individuano un’azione idonea a cagionare la morte nella piena consapevolezza degli imputati, i quali non hanno dedotto nessun fattore esterno ed anzi hanno ammesso di essersi rappresentata la morte della vittima . Inoltre, il fatto che questi avessero portato con loro il nastro utilizzato per imbavagliare l’anziano risulta idoneo ad escludere il concorso c.d. anomalo. La Corte dunque dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 ottobre – 19 dicembre 2017, n. 56701 Presidente Di Tomassi – Relatore Minchella Ritenuto in fatto e considerato in diritto Con sentenza in data 20/03/2015 il GIP del Tribunale di Sciacca, in esito a rito abbreviato, condannava C.A. e S.M.C. alla pena di anni diciotto di reclusione ciascuno per omicidio e rapina. Si legge in sentenza che il 23/09/2013 veniva rinvenuto il corpo del novantenne I.L. nella sua casa in la casa era a soqquadro, il corpo mostrava gli arti superiori legati dietro la schiena, la testa era coperta da una tovaglia intrisa di sangue annodata dietro la nuca e nella bocca vi era un pezzo di tessuto un televisore era stato portato via dalla cucina. Le indagini conducevano agli imputati, i quali ammettevano le loro responsabilità, confessando di avere programmato un furto notturno nell’abitazione della vittima, che si era svegliata così l’avevano immobilizzata, tappandole la bocca. Il racconto era riscontrato dal televisore rinvenuto, da un maglione del S. sporco di sangue e di tracce biologiche riconducibili alla vittima, da scarpe ritrovate proprio dove essi avevano indicato le cui suole corrispondevano alle tracce lasciate nella casa della vittima, da impronte digitali del C. in casa della vittima, la quale presentava plurime lesioni contusive al capo, al viso, al torace e agli arti superiori la morte era riconducibile ad asfissia acuta da soffocamento. Il soffocamento era stato causato dal pezzo di stoffa conficcato nella bocca gli stessi imputati, del resto, nell’interrogatorio avevano ammesso di avere avuto la convinzione che il vecchio uomo potesse morire non era ipotizzabile un concorso anomalo, poiché entrambi gli imputati si erano rappresentati l’evento-morte della vittima ed avevano concorso in un’azione violenta attuativa di una rapina, rispetto alla quale un epilogo letale rappresentava un prevedibile sviluppo, specialmente nella situazione concreta età della vittima, soffocamento della stessa, legatura per impedirgli di cercare soccorsi . La confessione valeva loro il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come equivalenti alle circostanze aggravanti contestate. Interposto appello da imputati e P.G , con sentenza in data 10/05/2016 la Corte di Assise di Appello di Palermo confermava la condanna la causa di morte era accertata il nastro adesivo che bloccava la stoffa era stato portato dal C. le lesioni al dorso delle mani attestavano una colluttazione con cui la vittima tentò di opporsi ai malviventi certamente l’azione aveva richiesto il concorso di due soggetti, ma non poteva attribuirsi la morte alla sola azione di imbavagliamento bensì al complesso delle azioni compiute da entrambi, che avevano contato sulla loro prestanza, sulla ridottissima capacità di difesa di un novantenne, sull’isolamento della casa della vittima dopo le percosse, la vittima era stata lasciata legata, soffocata e chiusa in un ripostiglio peraltro, i due imputati avevano portato con sé il nastro adesivo perché si attendevano di trovare in casa l’anziano e si proponevano di vincerne la resistenza. Di conseguenza, il dolo era omicidiario e non preterintenzionale e non poteva riconoscersi un concorso anomalo. Avverso detta sentenza propone ricorso C.A. personalmente, deducendo erronea applicazione di legge sostiene che la causa della morte era stata individuata sulla base di presunzioni e non su responsi scientifici, facendone derivare il concorso di entrambi gli imputati afferma che il ricorrente aveva voluto porre in essere soltanto un furto credendo che la casa fosse vuota, tanto da essere stato sorpreso dalla presenza della vittima di conseguenza non vi era mai stata una volontà omicidiaria né una accettazione nemmeno eventuale di un evento mortale in ogni caso doveva essere riconosciuto il delitto preterintenzionale poiché la morte non rientrava nella volontà del ricorrente infine censura la sola equivalenza delle circostanze attenuanti generiche con le circostanze aggravanti invece della prevalenza che avrebbe premiato adeguatamente la confessione. Propone ricorso anche S.M.C. a mezzo del difensore Avv. Francesco Di Giovanna, deducendo erronea applicazione di legge sostiene che il ricorrente si era limitato a cooperare in una azione che era stata compiuta per lo più dal correo e che il giudice aveva determinato la causa di morte con presunzioni fondate sul presupposto del concorso degli imputati afferma che doveva essere riconosciuto il delitto preterintenzionale poiché la morte non rientrava nella volontà del ricorrente infine censura la sola equivalenza delle circostanze attenuanti generiche con le circostanze aggravanti invece della prevalenza che avrebbe premiato adeguatamente la confessione. I motivi di ricorso si prestano ad una trattazione unitaria e sono tutti manifestamente infondati. Corretta è stata la ricostruzione della dinamica degli eventi da parte della Corte territoriale, che si è basata sugli accertamenti medico-legali e sulla rigorosa individuazione della causa di morte nell’azione di soffocamento della stoffa infilata nella bocca della vittima pertanto, non vi è stato spazio per mere presunzioni o congetture. Parimenti corretta è stata la conclusione del concorso pieno degli imputati, poiché l’azione di sopraffazione, imprigionamento e soffocamento della vittima non poteva che essere stata posta in essere da due persone congiuntamente. Il portare con sé il nastro adesivo e la previsione di vincere la resistenza della vittima ha fatto correttamente escludere per entrambi il c.d. concorso anomalo il nucleo differenziale, per ritenere integrato a carico del concorrente il concorso anomalo ex art. 116 cod. pen., si incentra sulla particolarità che costui non abbia voluto, neppure nella forma del dolo indiretto, l’evento ulteriore invece, se si agisce in gruppo si aderisce alle conseguenze che sono legate, in un logico e naturale divenire, all’azione programmata e laddove si programmi un delitto che rientra nell’ambito di un’azione violenta orientata alla persona la progressione e la degenerazione nell’evento lesivo maggiore o nella morte è ipotesi plausibile, poiché la stessa aggressione al bene materiale integrità fisica , che si è accettato di mettere in discussione, può naturalmente progredire verso una lesività di maggiore intensità, nel perimetro di un bene giuridico omogeneo Sez. 1, n. 4330 del 15/11/2011, Rv. 251849 . Ed ancora, è priva di errore o di illogicità l’esclusione, ad opera della Corte territoriale, della ipotesi del delitto preterintenzionale il criterio distintivo tra l’omicidio volontario e preterintenzionale è che in questo secondo caso la volontà dell’agente esclude ogni previsione dell’evento-morte, che si determina per fattori esterni e l’accertamento deve fondarsi su elementi oggettivi desunti dalla modalità dell’azione orbene nel caso di specie le modalità dell’azione conosciuta, per come già visto, individuavano un’azione idonea a cagionare la morte nella piena consapevolezza degli imputati, quali non hanno dedotto nessun fattore esterno ed anzi hanno ammesso di essersi rappresentata la morte della vittima Sez. 1, n. 30304 del 30/062009, Rv. 244743 Sez. 1, n. 4425 del 05/12/2013, Rv. 259014 . Infine corretta appare la ritenuta equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e le circostanze aggravanti contestate, poiché nemmeno la confessione resa, pur apprezzata, poteva sopravanzare la richiamata grave modalità del fatto, l’evidente sproporzione di forze con la vittima e la barbara modalità di soppressione. I ricorsi vanno quindi dichiarati inammissibili. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue di diritto, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen., comma 1, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di ciascuno di essi, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte cost. sentenza n. 186 del 2000 , al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare, tra il minimo e il massimo previsti, in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro duemila alla cassa delle ammende.