Niente restituzione in termini se l’imputato è a conoscenza dell’estratto contumaciale

Affinché sia possibile la restituzione in termini per l’impugnazione dell’estratto contumaciale, notificato al difensore di fiducia, l’imputato non può limitarsi a dedurre la mera mancanza di conoscenza del medesimo.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 55544/17, depositata il 13 dicembre. Il caso. La Corte d’Appello di Venezia dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’imputato, contro la sentenza emessa dal Tribunale di Verona, e contestualmente ne rigettava l’istanza di restituzione nel termine. Avverso la sentenza della Corte distrettuale, l’imputato propone ricorso per cassazione dolendosi di non aver avuto notizia del provvedimento contumaciale di condanna. La conoscenza del provvedimento. La Suprema Corte rileva che l’imputato aveva avuto piena conoscenza della sentenza di condanna dal momento in cui al suo legale di fiducia nel giudizio di primo grado, presso cui aveva eletto domicilio, era stato notificato l’estratto contumaciale di condanna ed inoltre, così come evidenziato dal Giudice dell’Appello, la conoscenza del medesimo emergeva altresì dalla missiva citata nell’atto di appello presentato dal nuovo difensore dell’imputato. Pertanto, ai fini della restituzione nel termine per impugnare un provvedimento contumaciale notificato a mani del difensore di fiducia presso cui l’imputato ha volontariamente eletto domicilio, non è sufficiente la mera deduzione della sua mancata conoscenza, ma è necessaria quantomeno, l’allegazione delle ragioni in grado di vincere la presunzione per cui, la ritualità della notifica comporta l’effettiva conoscenza del provvedimento notificato . Inoltre, le allegazioni del ricorrente con le quali vengono prospettate situazioni fattuali che palesano incuria, negligenza o disinteresse all’esito del processo da lui stesso promosso con l’atto di appello, rientrano nell’ipotesi di volontaria rinuncia a proporre impugnazione e, quindi, non consentono la rimessione in termini . La Corte dunque dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 20 novembre – 13 dicembre 2017, n. 55544 Presidente Davigo – Relatore Gallo Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con sentenza del 25/10/2016, la Corte d’Appello di Venezia dichiarava inammissibile per tardività l’appello proposto da E.S. avverso la sentenza del Tribunale di Verona emessa in data 12/12/2007, previo rigetto dell’istanza di restituzione nel termine. 2. Propone ricorso l’avv. Tatiana Minciarelli, quale difensore dell’imputato, chiedendo l’annullamento della suddetta sentenza per violazione di norma processuale art. 175 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 178 lett. c . La Corte di appello, nel respingere l’istanza di restituzione nel termine per proporre appello avverso la sentenza di primo grado, ha affermato che la notifica del decreto di citazione a giudizio e dell’estratto contumaciale nel domicilio eletto presso il difensore di fiducia consente di ritenere, salvo prova contraria, che l’imputato avesse avuto conoscenza del provvedimento di condanna nel contempo, però, non ha considerato che la missiva in data 7/4/2008 del legale domiciliatario lo stesso avv. Minciarelli , citata nell’atto di appello del nuovo difensore avv. Luigi Nappa, costituiva la prova contraria in ordine alla effettiva conoscenza della sentenza di primo grado da parte dell’imputato. 3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza del motivo. Nel caso in esame - come osservato nella sentenza impugnata - è applicabile la normativa previgente alla modifica operata dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, alla luce di quanto previsto dall’art. 15-bis, comma 1, della legge n. 67 del 2014, inserito dalla legge 11 agosto 2014, n. 118, atteso che, prima dell’entrata in vigore del novellato art. 175 cod. proc. pen., era già stata emessa la sentenza di primo grado e che nel processo l’imputato era stato dichiarato contumace ma non irreperibile. La previgente disciplina, avendo previsto una presunzione iuris tantum di mancata conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del procedimento, poneva a carico del giudice l’onere di reperire, in atti, l’esistenza di una prova positiva da cui si potesse desumere la effettiva conoscenza del provvedimento di condanna e la rinuncia a proporre personale impugnazione, con la conseguenza che la mera regolarità formale della notifica non poteva essere considerata dimostrativa della conoscenza del giudizio. Tuttavia, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, costituisce un’attendibile prova di conoscenza effettiva del provvedimento - in mancanza di indicazioni contrarie - la notifica dell’estratto contumaciale della sentenza al difensore di fiducia, a condizione che sia perdurato il rapporto professionale tra patrono e cliente, sicché il principio non è invocabile quando vi è la prova che il legame sia venuto meno Sez. 3, n. 15760 del 13/03/2016, Kaya, Rv. 266583 Sez. 6, n. 5169 del 16/01/2014, Najimi, Rv. 258775 . Nel momento in cui l’imputato ha scelto di nominare un difensore di fiducia, egli ha chiaramente manifestato la volontà di essere assistito da quest’ultimo e, quindi, di assicurarsi la conoscenza dell’ulteriore sviluppo del procedimento. Nel caso di specie la notifica dell’estratto contumaciale avvenuta il 21/1/2008 presso il difensore di fiducia domiciliatario avv. Minciarelli consente di ritenere che l’imputato ebbe conoscenza anche della sentenza, valutazione che non può essere contrastata dal semplice dato inerente la irreperibilità dello stesso così come dedotta soltanto dallo stesso legale nella missiva richiamata in ricorso, datata 7 aprile 2008, inviata all’avv. Luigi Nappa, nominato nuovo difensore di fiducia per il giudizio di appello già in data 28 marzo 2008, quando evidentemente l’imputato era venuto a conoscenza della sentenza. Sotto altro profilo, come già statuito dalla Suprema Corte, con un principio condiviso dal Collegio, l’art. 175 cod. proc. pen. tende a tutelare la mancata involontaria conoscenza del provvedimento e non certo la mancata conoscenza dovuta ad incuria, negligenza o disinteresse, ipotesi che, a pieno titolo, ben possono farsi rientrare nella volontaria rinuncia a proporre impugnazione. Pertanto, ai fini della restituzione nel termine per impugnare un provvedimento contumaciale notificato a mani del difensore di fiducia presso cui l’imputato ha volontariamente eletto domicilio, non è sufficiente la mera deduzione della sua mancata conoscenza, ma è necessaria, quantomeno, l’allegazione delle ragioni in grado di vincere la presunzione per cui, in forza del dovere deontologico del difensore di far pervenire al proprio assistito gli atti a lui diretti, la ritualità della notifica comporta l’effettiva conoscenza del provvedimento notificato da parte dell’interessato. Le allegazioni del ricorrente con le quali vengono prospettate situazioni fattuali che palesano incuria, negligenza o disinteresse all’esito del processo da lui stesso promosso con l’atto di appello, rientrano nell’ipotesi di volontaria rinuncia a proporre impugnazione e, quindi, non consentono la remissione in termini Sez. 2, n. 52131 del 25/11/2014, Mennuni, Rv. 261965 . 4. All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro 2.000, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso di E.S. , che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 a favore della cassa delle ammende.