Alle Sezioni Unite: va rinnovata in ogni caso l’istruttoria dibattimentale per condannare i già assolti?

I Giudici individuano una zona grigia fra le opposte esigenze di diritto alla prova della difesa e di genuinità della prova dichiarativa. Si tratta dei già assolti in primo grado a seguito dell’abbreviato, per reati a matrice mafiosa. Ecco il primo banco di prova per l’art. 603, comma 3-bis, c.p.p., introdotto dalla legge n. 103 del 2017.

Così la Cassazione, seconda sez. penale, n. 55419/2017, depositata il 12 dicembre. Il processo. Contestati gravi fatti di usura ex art. 644 c.p., violenza privata ex art. 610 c.p. ed estorsione ex art. 629 c.p. in associazione a delinquere, la Corte d’Appello – disposta la parziale rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ex art. 603 c.p.p. - condanna gli imputati in riforma della sentenza assolutoria in primo grado, resa in abbreviato ex art. 438 ss. c.p.p., riconosciuta per la prima volta in appello la configurazione dell’aggravante del metodo mafioso ex art. 7 d.lgs. n. 152/1991. Il ricorso ed il principio delle SS.UU. c.d. Patalano, n. 18920/17 l’istruttoria avrebbe dovuto essere completa e la prova dichiarativa riassunta. Questi impugnano in Cassazione, deducendo in punto di inattendibilità del narrato di alcune persone offese in assenza di riscontri confermativi ex art. 192 c.p.p., a gravare sulla tenuta motivazionale della sentenza. Deducono altresì il travisamento aritmetico della prova sulla soglia superata per l’integrazione del tasso usurario e la violazione del divieto di reformatio in pejus , verificata l’inammissibilità dell’atto di impugnazione del pubblico ministero alla sentenza di primo grado. Ed, in particolare – sulle tracce delle SS. UU. cit. -, si lagnano della mancata assunzione delle prove decisive dichiarative in rinnovazione dibattimentale ex art. 603 c.p.p., da integrare in ogni caso di volontà giudiziale di riforma in appello di una sentenza assolutoria fondata su dichiarazioni accusatorie rese solo in via cartolare – pervenuta la decisione assolutoria di primo grado solo all’esito del giudizio abbreviato -, pena la violazione dell’ogni ragionevole dubbio necessario a condannare ex art. 533 c.p.p La mitigazione del principio. Quando la prova decisiva” non deve essere assunta per condannare, ex art. 606, lett. d, c.p.p Per la giurisprudenza, va esclusa la riassunzione nel caso in cui la prova risulti identica e differente solo la valutazione dell’intero compendio probatorio ovvero in caso di differente interpretazione giudiziale della disposizione incriminatrice oppure di una differente lettura della fattispecie concreta. La zona grigia da qualificare, il caso dell’abbreviato nei delitti mafiosi. Si giunge al quesito rimesso alle Sezioni Unite. La seconda sezione si occupa di un caso specifico, in cui paiono collidere i due principi contrapposti all’espansione e alla restrizione della prova dichiarativa. In particolare, quando si tratta di reati di matrice mafiosa, operano le restrizioni alla riassunzione della prova dichiarativa ex art. 190- bis c.p.p. relativa a persone che abbiano già deposto, a tutela dell’esigenza di conservazione della genuinità della prova in contesti sociali oggetto frequente di intimidazione e minacce. In direzione opposta propende il principio precipitato dalle SS.UU. Patalano cit., che impone in ogni caso – anche dell’abbreviato - la rinnovazione dibattimentale in caso di intento riformatorio dell’assoluzione di primo grado. D’altro lato, - sotto il profilo del rito - la l. n. 103/2017 ha introdotto l’art. 603, comma 3- bis , c.p.p. che impone in caso di appello del pubblico ministero contro il proscioglimento in primo grado, la rinnovazione della prova dichiarativa – sembrerebbe però essere escluso il caso di condanna in primo grado a seguito di abbreviato, in cui la prova è solo cartolare, salvo l’eccezione dell’abbreviato condizionato ex art. 438, comma 5, c.p.p. -. Il dubbio mosso alle Sezioni Unite si muove nella terra di mezzo fra correnti in conflitto, fra le garanzie difensive alla oralità delle prove a carico e la necessità di non usurare prove dichiarative a rischio di intimidazione E’ necessario procedere alla rinnovazione dibattimentale in caso di delitti di matrice mafiosa ex art. 7 d.lgs. n. 152/1991, per condannare imputati assolti in primo grado con sentenza resa all’esito di giudizio abbreviato? .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, ordinanza 8 novembre – 12 dicembre 2017, numero 55419 Presidente Davigo – Relatore Gallo Ritenuto in fatto 1. D.M.V. , D.M.S. , D.M.E. , D.M.G. , D.S.A. , D.S.G. , P.B. e S.D. venivano tratti a giudizio innanzi al Tribunale di Napoli per rispondere di associazione a delinquere, aggravata ex art. 7, L. 203/91, al fine di commettere più reati di usura ed estorsione e di una serie di reati fine, commessi in danno di più soggetti. A seguito di giudizio abbreviato, il Gup, con sentenza in data 27/4/2015, così decideva dichiara D.M.V. , D.S.G. , D.S.A. , D.M.S. , P.B. , responsabili del reato di cui al capo a , esclusa la contestata aggravante di cui all’art. 7 L. 203/1991 D.M.V. , responsabile dei reati di cui ai capi b , c , - esclusa la contestata aggravante di cui all’art. 7 l. 203/1991 -, d , e , f , esclusa l’aggravante di cui all’art. 644 co. 5, numero 3, c.p., g , m , n , o , s , u , z , aa , ab P.B. , D.M.S. responsabili dei reati di cui ai capi b , c , f esclusa per il capo b la contestata aggravante di cui all’art. 7 L. 203/1991 ed esclusa per i capi b ed f l’aggravante di cui all’art. 644, co. 5, numero 3, c.p. D.M.S. Anche dei reati di cui ai capi h , i , l , o , p , q , r , z , aa , ab D.S.G. Responsabile dei reati di cui ai capi c , f , g , esclusa per il capo f la contestata aggravante di cui di cui all’art. 644, co. 5, numero 3, c.p., m , o , p , aa , ab D.S.A. Responsabile dei reati di cui ai capi o , p D.M.E. Responsabile dei reati di cui ai capi aa , ab S.D. . omissis Per l’effetto, non applicata-la recidiva contestata a D.S.A. , ritenuta la recidiva contestata a D.M.S. , concesse a P.B. e S.D. le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti rispettivamente contestate ai capi c ed ae , ritenuta la continuazione tra i reati, condanna i predetti alle pene di seguito indicate D.M.V. , anni otto e mesi due di reclusione ed Euro 8.000,00 di multa D.M.S. , anni 8 di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa D.S.G. anni sei e mesi dieci di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa P.B. , anni 4 e mesi due di reclusione ed Euro 800,00 di multa D.S.A. , anni quattro e mesi dieci di reclusione ed Euro 4.600,00 di multa D.M.E. , anni quattro e mesi otto di reclusione ed Euro 4.200,00 di multa Condanna gli imputati predetti al pagamento delle spese processuali . Letti gli artt. 538 ss. c.p.p. condanna - in solido D.M.V. , D.S.G. , P.B. , D.M.S. al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile F.R. , da liquidare in separata sede, e al pagamento di una provvisionale, provvisoriamente esecutiva come per legge, in favore della stessa, pari ad Euro 3.000,00 - condanna D.M.V. al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile B.A. , da liquidare in separata sede, e al pagamento di una provvisionale, provvisoriamente esecutiva come per legge, in favore della stessa, pari ad Euro 1.500,00 - condanna altresì D.M.V. , D.S.G. , P.B. , D.M.S. al pagamento delle spese processuali dovute dalle parti civili F.R. e B.A. , liquidate in complessivi Euro 1.700,00, oltre IVA e CPA come per legge, disponendo altresì- ai sensi dell’art. 110, co. 3, d.p.r. 1-15/2002 - che la quota spettante a B.A. , ammessa al patrocinio a spese dello Stato, pari ad Euro 200,00 al netto della riduzione di 1/3 di cui all’art. 106 bis TUSG sia pagata in favore dello Stato - condanna D.M.V. , D.S.G. , P.B. , D.M.S. al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile T.S. , da liquidare in separata sede, e al pagamento di una provvisionale, provvisoriamente esecutiva come per legge, pari ad Euro 4.000,00, nonché al pagamento delle spese processuali in favore di T.S. liquidate in Euro 1.500,00, oltre IVA e CPA come per legge - condanna in solido D.M.V. , D.S.G. , D.M.S. , D.S.A. al risarcimento del danno nei confronti delle costituite parti civili D.G. ed E.F. da liquidare in separata sede, ed al pagamento di una provvisionale, provvisoriamente esecutiva come per legge, in favore degli stessi, pari ad Euro 5.000,00 - condanna in solido D.M.V. , D.S.G. , D.S.A. , D.M.S. , P.B. , D.M.E. , S.D. al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile associazione ALILACCO - SOS IMPRESA, con sede in XXXX, in persona del legale rappresentante P.T., da liquidare in separata sede, ed al pagamento di una provvisionale provvisoriamente esecutiva come per legge pari ad Euro 800,00 - condanna in solido D.M.V. , D.S.G. , D.S.A. , D.M.S. , P.B. , D.M.E. , S.D. al pagamento delle spese processuali sostenute da D.G. , E.F. , associazione ALILACCO - SOS IMPRESA liquidate in complessivi Euro 1.800,00 oltre IVA e CPA come per legge - Letto l’art. 12 sexies l. 356/1992, aggiunto dall’art. 2 l. 501/1994, nonché l’art. 644, u.c., c.p. ordina - la confisca degli immobili e delle somme di denaro sequestrate il 19.11.2013, oggetto del sequestro preventivo disposto dal GIP in data 26.9.2014. Letto l’art. 530 c.p.p., assolve D.S.G. dal reato di cui al capo d per non aver commesso il fatto D.M.S. dal reato di cui al capo g per non aver commesso il fatto D.M.G. dai reati di cui ai capi f e g per non aver commesso il fatto D.M.E. dal reato di cui al capo n perché il fatto non costituisce reato e dal reato di cui al capo a per non aver commesso il fatto D.S.A. dal reato di cui al capo s per non aver commesso il fatto . 2. Avverso detta sentenza proponevano appello il Pubblico Ministero presso il Tribunale e tutti gli imputati. Con sentenza in data 6/7/2016, la Corte di appello di Napoli, così provvedeva Letto l’art. 599 c.p.p., in riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Napoli del 27.4.15 appellata da D.M.V. , D.M.S. , D.M.E. , D.S.A. , D.S.G. , P.B. , S.D. , nonché dal P.M. nei confronti di D.M.E. in ordine all’assoluzione per i capi A ed N D.M.S. per l’assoluzione per il reato sub G , D.M.G. per l’assoluzione in ordine ai reati sub F e G D.S.A. per l’assoluzione in ordine al capo S , nonché in relazione alla sussistenza della aggravante ex art. 7 legge 203/91 relativamente ai capi A - B - C - P - AB nonché dell’aggravante di cui all’art. 644 co 5 numero 3 cp relativamente ai capi sub B F N 0 S U AA ed AD cosi provvede ritenuta sussistente con riferimento ai reati sub A - B - C - P ed AB la contestata aggravante di cui all’art. 7 legge 203/91 e, limitatamente ai reati sub N , S , AA e AD , l’aggravante dell’art. 644 co 5 numero 3 cp, dichiara - D.M.E. colpevole dei reati a lei ascritti ai capi sub A ed N - D.M.S. colpevole del reato sub G - D.M.G. colpevole dei reati sub F e G ridetermina la pena per D.M.V. in anni nove mesi otto di reclusione ed Euro diecimila di multa per D.M.S. , ritenuta la continuazione tra il reato sub G e quelli per cui è già intervenuta condanna, in anni nove mesi otto di reclusione ed Euro diecimila di multa per D.S.G. , escluso l’aumento per il reato sub AB in anni otto di reclusione ed Euro seimila ottocento di multa per D.M.G. , ritenuta la continuazione tra i reati, alla pena di anni quattro, mesi quattro di reclusione ed Euro quattromila di multa per P.B. , in anni cinque mesi quattro di reclusione ed Euro millecento di multa per D.S.A. in anni sei, mesi due di reclusione ed Euro cinquemila seicento di multa per D.M.E. , ritenuta la continuazione tra i reati sub A ed N e quelli per cui è già intervenuta condanna, in anni sei, mesi otto di reclusione ed Euro cinquemila seicento di multa. Conferma nel resto. Condanna D.M.S. , D.M.E. , D.M.G. , D.S.A. , P.B. , S.D. al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio nonché D.M.G. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. Condanna D.M.G. al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile T.S. , da liquidare in separata sede, nonché al pagamento delle spese sostenute da detta parte civile per il primo grado di giudizio liquidate in Euro 1.500,00, oltre IVA e CPA come per legge . . 3. Avverso tale sentenza propongono ricorso personalmente, con unico atto, D.M.S. , D.M.E. e P.B. , nonché D.M.G. per mezzo dell’avv. Virginia De Marco, D.M.V. , D.S.A. e D.S.G. con unico atto per mezzo degli avvocati Giovanni Aricò e Antonio Alaio. 4. D.M.S. , D.M.E. e P.B. deducono violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione con riferimento all’art. 192 cod. proc. penumero . In particolare per quanto riguarda le dichiarazioni della persona offesa F.R. , si dolgono dell’inattendibilità della denunziante, sia con riferimento alla posizione di D.M.S. che di P.B. ed eccepiscono che le sue dichiarazioni non trovano riscontro nelle intercettazioni in atti. Deducono, inoltre, l’inattendibilità delle dichiarazioni di T.S. ed eccepiscono che le conversazioni telefoniche, riportate da pag. 42 a pag. 47 dell’OCC non riscontrano l’ipotesi dell’accusa. Deducono, altresì, l’inattendibilità delle dichiarazioni rese da D.G. , essendo palese l’inverosimiglianza del suo narrato. Eccepiscono l’assenza di riscontri oggettivi alle dichiarazioni del D. sul conto di D.M.S. . Infine contestano l’attendibilità delle accuse mosse da C.A. e da C.E. nei confronti di D.M.S. e di D.M.E. . 5. Successivamente l’avv. Marcello Severino ha depositato memoria motivi nuovi nell’interesse di D.M.S. , D.M.E. e P.B. , articolando tre censure. 5.1 Con la prima, facendo riferimento al motivo unico sollevato con il ricorso ed al motivo primo del ricorso di D.M.V. , D.S.A. e D.S.G. , del quale invoca l’effetto estensivo, deduce il travisamento della prova con riferimento al capo B dell’imputazione usura nei confronti di F.R. . Al riguardo deduce che la Corte territoriale avrebbe travisato la prova nel calcolo delle somme versate dalla F. che la Corte indica in Euro 24.000 + 6.650 , a fronte del prestito ricevuto di Euro 40.000, determinando un totale di Euro.64.080 ed errando nel calcolo degli interessi, che la Corte indica nel 60%, a fronte del 10% annuo effettivo. La difesa quindi eccepisce che le conclusioni a cui arriva la Corte sono completamente illogiche ed aritmeticamente impossibili e contesta la valutazione del tasso d’interesse anche con riferimento agli altri capi d’imputazione capi F, N, O, Z, AA . 5.2 Con la seconda censura la difesa invoca l’effetto estensivo con riferimento al motivo numero 3 sollevato dalla difesa di D.M.V. ed altri. Al riguardo eccepisce l’inammissibilità dell’appello del Pubblico Ministero nella parte in cui impugna la sentenza di primo grado, resa in giudizio abbreviato, per aver escluso le aggravanti di cui all’art. 7 L. 203/91 e dell’art. 644, co. 5 cod. penumero . Si duole che sia stata disposta la rinnovazione del dibattimento per l’esame dei due collaboratori di giustizia, richiesto dal RM., sebbene l’appello fosse inammissibile. 5.3 Con la terza censura la difesa si duole della omessa rinnovazione delle prove dichiarative in relazione alla riforma peggiorativa adottata per D.M.E. in primo grado assolta dai reati di cui ai capi A ed N e condannata in appello , per D.M.S. assolto in primo grado dal reato di cui al capo G e condannato in appello e per tutti e tre per i capi per i quali sono state riconosciute le aggravanti ex art. 7 L. 203/91 e 644, co. 5 cod. penumero , escluse nel giudizio di primo grado. In proposito invoca l’applicazione del principio di diritto di cui alle SS.UU., sentenza numero 18620/2017 Patalano . In particolare eccepisce che, con riferimento ai capi B, C, D ed E, l’aggravante della mafiosità riconosciuta in appello deriva dalla rivalutazione della prova dichiarativa di F.R. . Ugualmente nella vicenda C. - capi AA e AB - la riforma peggiorativa si fonda su una diversa valutazione della prova dichiarativa di C.E. , senza che la stessa fosse nuovamente assunta nel giudizio d’appello. Con riferimento ai capi A - N per D.M.E. e G per D.M.S. , la difesa eccepisce che il ribaltamento della pronuncia di assoluzione del primo giudice si fonda su una mera rivalutazione delle prove dichiarative espletate in primo grado e non rinnovate in appello. In particolare per il capo A, le conclusioni della Corte si fondano su una rilettura delle dichiarazioni della p.o. C.A. . Per il capo N, deduce che la Corte fonda la condanna sull’attendibilità del narrato della parte offesa Ca. . Per il capo G eccepisce che la condanna di D.M.S. si fonda solo ed esclusivamente sulla rivalutazione delle denunce fatte dalla parte offesa T.S. . 6. D.M.G. si duole della condanna in appello per i reati di usura ed estorsione in concorso a lui ascritti ai capi f e g e deduce violazione di legge e vizio della motivazione. In particolare, per quanto riguarda il reato di usura deduce l’insussistenza del coefficiente psicologico in testa all’agente e contesta che lo si possa ricavare dall’intercettazione numero 123 del 9/10/2012 per quanto riguarda il reato di estorsione contesta la sussistenza di una condotta minacciosa, tale da coartare la volontà della parte lesa. 7. Successivamente il difensore di D.M.G. ha depositato una memoria con motivi nuovi in relazione al motivo 1 del ricorso principale. Al riguardo deduce violazione della legge processuale e violazione dei canoni di valutazione della prova ex art. 192 cod. proc. penumero , nonché travisamento della prova, omissione ed illogicità della motivazione in relazione ai capi F e G . 8. D.M.V. , D.S.A. e D.S.G. mediante un comune ricorso articolano sei motivi con i quali deducono 9. Motivazione inesistente, omessa valutazione di prove dichiarative essenziali e decisive evidenziate nell’atto di appello, insussistenza oggettiva dei reati di usura indeterminatezza dei tassi d’interesse ritenuti in sentenza con riferimento a ciascun prestito contestato - omessa indicazione e valutazione dei tassi soglia relativi a ciascun periodo di erogazione dei prestiti contestati - insussistenza oggettiva e soggettiva dei reati di estorsione. 9.1 Insussistenza oggettiva del reato di usura a carico di F.R. lba capi b, c, d, e . Al riguardo la difesa ricorrente si duole che la sentenza d’appello si sia riportata alla motivazione della sentenza di primo grado senza tener conto delle specifiche contestazioni sollevate con i motivi d’appello. In particolare eccepisce che la Corte ha errato nel valutare il carattere usurario degli interessi, non avendo calcolato che gli interessi richiesti Euro.24.000 su un capitale di Euro.40.000 devono essere spalmati in un arco di tempo di sei anni e mezzo, con la conseguenza che il tasso d’interesse effettivo è del 10% annuo. Non sussistendo l’elemento oggettivo dell’usura capo b , verrebbe meno anche il reato di estorsione capo c per l’insussistenza dell’ingiusto profitto. 9.2 Omessa valutazione di prova dichiarativa essenziale, con riferimento al tasso del 30% riferito dalla F. in denuncia. 9.3 Omessa valutazione di prova dichiarativa decisiva della F. in merito all’entità della somma restituita 9.4 Travisamento della prova dichiarativa della F. che non ricollega il pagamento dei 500 Euro mensili ai soli interessi. 10. Mancata assunzione di una prova decisiva per l’omessa nomina di un CTU, richiesta dalla difesa appellante, al fine di calcolare gli interessi applicati ed il tasso globale medio relativo a ciascun prestito contestato. Ad opinione della difesa, il mancato espletamento di una perizia contabile avrebbe reso impossibile configurare l’usurarietà dei prestiti. 11. Violazione di legge in relazione all’art. 443, co 3 cod. proc. penumero per l’inammissibilità dell’appello proposto dal P.M. sulle aggravanti ex art. 7 L. 203/91 e 644, co 5 numero 3 in relazione ai capi d’imputazione per le quali dette aggravanti erano state escluse con la sentenza di primo grado vizio della motivazione per la mancata rinnovazione delle prove decisive già valutate dal giudice di primo grado per escludere le aggravanti poi riconosciute dalla Corte. 11.1 Inammissibilità dell’atto di appello del Pubblico Ministero e conseguente illegittimità della reformatio in peius 11.2 In relazione all’aggravante ex art. 7 L. 203/91 la difesa ricorrente eccepisce che, essendo inammissibile l’appello del P.M., la Corte non avrebbe dovuto rinnovare il dibattimento, ammettendo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia intervenute nelle more. I ricorrenti si dolgono, inoltre, del mancato rinnovamento delle fonti dichiarative a loro carico ed eccepiscono la violazione del principio di diritto affermato dalla Sezioni Unite con la nota sentenza Dasgupta. 11.3 Inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia D.F.C. e D.R.A. per violazione dell’art. 195 cod. proc. penumero , non avendo la Corte territoriale ammesso l’escussione di D.S.U. a cui i due cdg avevano fatto riferimento. 11.4 Insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 L.203/91 e vizio della motivazione sul punto. 11.5 Violazione dell’art. 521 cod. proc. penumero in relazione all’art. 7 L.203/91. Eccepiscono che la sentenza impugnata, alla luce delle dichiarazioni dei due ha attribuito a D.S.U. un ruolo attivo tanto nell’associazione, quanto nella commissione dei reati fine, avendo costui svolto - secondo la Corte d’appello - un ruolo di finanziatore dell’attività usuraria con compartecipazione ai proventi. Ciò avrebbe comportato l’introduzione di un fatto nuovo, non contestato, con la conseguente violazione del principio di correlazione fra imputazione e sentenza. 11.6 In relazione all’aggravante di cui all’art. 644 co 5 numero 3 cod. penumero i ricorrenti deducono che la Corte territoriale ha operato una rivalutazione delle prove dichiarative, senza provvedere alla loro rinnovazione. 12. Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al capo a per l’insussistenza dell’associazione. In particolare i ricorrenti si dolgono di vizio della motivazione perché la Corte, avendo riconosciuto che alcuni degli associati agivano in proprio, tale circostanza di fatto non sarebbe coerente con l’esistenza di una struttura organizzativa fondata su un programma criminoso concordato fra tutti gli associati avente ad oggetto il prestito ad usura. 13. Violazione dell’art. 521 cod. proc. penumero per la mancata correlazione a causa del travisamento della prova dichiarativa delle pp.oo. in merito all’entità dei rispettivi prestiti, ai tassi d’interesse applicati, all’ammontare delle rate mensili, al tempo della restituzione fra il fatto come contestato nei capi d’imputazione e quello ritenuto in sentenza. Vizio della motivazione per la mancata valutazione dello specifico motivo d’appello relativo al travisamento della prova dichiarativa. 13.1 Con riferimento al reato di usura in danno di F.R. capo b , la difesa eccepisce la mancata correlazione fra la somma oggetto del prestito, indicata nel capo d’imputazione in 4.000 Euro e quella ritenuta nelle due sentenza di merito, pari a Euro 40.000. Analoghi difetti di correlazione riguarderebbero il capo F usura in danno di T.S. , il capo M usura in danno di P.F. , il capo N usura in danno di Ca.Vi. , il Capo O usura in danno di D.G. , il capo S usura in danno di So.Mi. , il capo U usura in danno di B.A. , il capo Z usura in danno di T.G. , il capo AA usura in danno di C.A. e C.E. . 14. Mancata assunzione di una prova documentale decisiva ai fini della decisione di conferma della confisca degli immobili in sequestro. Al riguardo la difesa si duole che la Corte d’appello non si sia pronunziata sulla richiesta di acquisizione, ex art. 603 cod. proc. penumero di un faldone blu contenente documenti lavorativi dai quali si poteva evincere che i D.S. avevano eseguito lavori su tutto il territorio nazionale, esercitando l’attività di imprenditori di fatto con l’effetto di produrre in nero il reddito necessario per l’acquisto dei due immobili. 15. Successivamente l’avv. Antonio Alaio ha depositato memoria con motivi aggiunti. 15.1 In riferimento al motivo sei del ricorso, deduce che pochi giorni dopo l’emissione della sentenza d’appello agli imputati D.S.A. e D.S.G. veniva notificata ordinanza cautelare per altro procedimento nel quale veniva contestato, fra gli altri, anche il reato di cui all’art. 10 quater del D.Lgs 74/2000 con l’accusa di aver espletato 5035 ore di lavoro nei soli anni 2011 e 2012 con una presunta evasione dell’IVA di Euro 78.625,24. Tale dato dimostrerebbe che i D.S. non erano semplici operai, bensì lavoratori a cottimo di elevata capacità professionale, gestori di una propria squadra di operai, come gli appellanti avevano tentato di provare mediante la documentazione contenuta nel faldone blu, che la Corte partenopea aveva completamente ignorato. 15.2 In riferimento al motivo relativo all’art. 7 L. 203/91, di cui al punto 3.2 del ricorso, deduce che, dopo l’emissione della sentenza d’appello la Procura richiedeva l’emissione di misura cautelare per D.S.U. per fatti connessi a quelli per cui è causa, ma il Gip rigettava tale richiesta. Successivamente nell’aprile del 2017 la Procura notificava avviso ex art. 415 cod. proc. penumero a D.S.U. contestandogli solo il reato di cui all’art. 416 bis e non il reato di usura. Considerato in diritto 1. Nel presente procedimento, celebrato con il rito del processo abbreviato, la Corte d’appello, a seguito di appello del Pubblico Ministero, ha ribaltato il giudizio di assoluzione formulato dal giudice di prime cure nei confronti di D.S.G. , con riferimento al reato di violenza privata cui al capo d , commesso in concorso con D.M.V. , in danno di F.R. al fine di costringerla a ritirare la denuncia presentata nei confronti di D.M.V. D.M.S. , con riferimento al reato di estorsione di cui al capo G , commesso in concorso con D.M.V. , D.S.G. e D.M.G. , in danno di T.S. D.M.G. , con riferimento al reato di usura di cui al capo F , commesso in concorso con D.M.V. , D.S.G. e D.M.S. , in danno di T.S. ed al reato di cui al capo G D.M.E. , con riferimento al reato di cui al reato di associazione per delinquere al fine di commettere più reati di usura ed estorsione, di cui capo A , commesso in concorso con D.M.V. ed altri, ed al reato di usura di cui al capo N , commesso in concorso con D.M.V. in danno di Ca.Vi. . La Corte d’appello ha disposto il rinnovamento parziale dell’istruttoria dibattimentale assumendo una prova nuova attraverso l’esame testimoniale dei collaboratori di giustizia D.F.C. e D.R.A. , che hanno riferito sull’attività di usura ed estorsione praticata dalla famiglia D.M. principalmente sulla base di informazioni de relato apprese da D.S.U. , camorrista imparentato con la famiglia D.M. . La Corte territoriale è pervenuta al riconoscimento delle aggravanti escluse dal primo giudice in particolare l’art. 7 D.L. 152/91 ed al ribaltamento della pronunzia di assoluzione nei confronti di D.M.S. , D.M.G. e D.M.E. sulla base di elementi già presenti agli atti soprattutto intercettazioni telefoniche ed ambientali e non valutati adeguatamente dal giudice di prime cure, oltre che sull’apporto dato in sede di rinnovazione dai collaboratori di giustizia. 2. A fronte delle conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale, i ricorsi della difesa si dolgono della mancata rinnovazione del dibattimento per procedere all’esame testimoniale delle parti offese che hanno reso dichiarazioni accusatorie, integranti la prova cartolare nel giudizio abbreviato, eccependo la violazione del principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite, Patalano, secondo cui è affetta da vizio di motivazione, per mancato rispetto del canone di giudizio al di là di ogni ragionevole dubbio , la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità dell’imputato, in riforma di una sentenza assolutoria emessa all’esito di un giudizio abbreviato non condizionato, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, senza che nel giudizio di appello si sia proceduto all’esame delle persone che abbiano reso tali dichiarazioni. Per decidere in ordine alla tenuta della sentenza d’appello con specifico riferimento alla riforma della sentenza assolutoria nei confronti dei ricorrenti D.M.S. , D.M.G. e D.M.E. è necessario risolvere due questioni pregiudiziali che il Collegio ritiene opportuno rimettere alle Sezioni Unite. 3. La prima questione riguarda la latitudine del concetto di prove dichiarative ritenute decisive . Sul punto si sono pronunciate le Sezioni Unite Dasgupta Sentenza numero 27620/2016 , osservando al punto 10 Quanto al presupposto della decisività delle prove dichiarative delle quali non sia stata disposta la rinnovazione, va subito chiarito che, ai fini della presente decisione, tale nozione non può ridursi a quella presa in considerazione dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento al caso di ricorso di cui all’art. 606, comma 1, lett. d , cod. proc. penumero , secondo cui per prova decisiva deve intendersi quella che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia fra le tante, Sez. 4, numero 6783 del 23/01/2014, Di Meglio, Rv.259323 . Questa giurisprudenza si è infatti focalizzata sulla ipotesi, testualmente prevista dal citato caso di ricorso, in cui la mancata assunzione derivi da un rigetto, anche implicito, di una richiesta della parte, limitatamente ai casi previsti dall’art. 495, comma 2, che è espressione del diritto alla prova a carico o discarico in un contesto in cui il dibattimento di primo grado è alle battute iniziali. Nello scenario qui preso in esame, invece, il giudice di appello deve prendere in considerazione non prove negate ma prove da riassumere, il cui contenuto rappresentativo si era già completamente dispiegato in primo grado, e ha dunque già formato oggetto della decisione impugnata, che proprio su esso ha fondato l’esito assolutorio. Ne discende che, ai fini della valutazione del giudice di appello investito di una impugnazione del pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione, devono ritenersi prove dichiarative decisive quelle che, sulla base della sentenza di primo grado, hanno determinato o anche soltanto contribuito a determinare un esito liberatorio, e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso del materiale probatorio, si rivelano potenzialmente idonee a incidere sull’esito del giudizio di appello, nell’alternativa proscioglimento-condanna. Appaiono parimenti decisive quelle prove dichiarative che, ritenute di scarso o nullo valore probatorio dal primo giudice, siano, nella prospettiva dell’appellante, rilevanti, da sole o insieme ad altri elementi di prova, ai fini dell’esito di condanna. Non potrebbe invece ritenersi decisivo un apporto dichiarativo il cui valore probatorio, che in sé considerato non possa formare oggetto di diversificate valutazioni tra primo e secondo grado, si combini con fonti di prova di diversa natura non adeguatamente valorizzate o erroneamente considerate o addirittura pretermesse dal primo giudice, ricevendo soltanto da queste, nella valutazione del giudice di appello, un significato risolutivo ai fini dell’affermazione della responsabilità per questo ordine di idee, v. Sez. 6, numero 47722 del 06/10/2015, Arcone, Rv. 265879 Sez. 2, numero 41736 del 22/09/2015, Di Trapani, Rv. 264682 Sez. 3, numero 45453 del 18/09/2014, P., Rv. 260867 Sez. 6, numero 18456 del 01/0712014, dep. 2015, Marziali, Rv. 263944 . Neppure può ravvisarsi la necessità della rinnovazione della istruzione dibattimentale qualora della prova dichiarativa non si discuta il contenuto probatorio, ma la sua qualificazione giuridica, come nel caso di dichiarazioni ritenute dal primo giudice come necessitanti di riscontri ex art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. penumero , e inquadrabili dall’appellante in una ipotesi di testimonianza pura v. in tal senso Sez. 3, numero 44006, del 24/09/2015, 8., Rv. 265124 . Per contro non rileva, ai fini della esclusione della doverosità della riassunzione della prova dichiarativa, che il contenuto di essa, come raccolto in primo grado, non presenti ambiguità o non necessiti di chiarimenti o integrazioni vedi invece, per tale limitazione, Sez. 3, numero 32798 del 05/06/2013, N.S., Rv. 256906 , proprio in quanto una simile valutazione che compisse il giudice di appello fonderebbe non su un apprezzamento diretto della fonte dichiarativa ma sul resoconto documentale di quanto registrato in primo grado, con ciò venendosi a riprodurre il vizio di un apprezzamento meramente cartolare degli elementi di prova su cui il giudice di appello è chiamato dall’appellante a trarre il convincimento di un esito di condanna . 4. Successivi arresti di questa Corte intervenuti sul tema, hanno precisato che non sussiste l’obbligo di procedere alla rinnovazione della prova testimoniale decisiva per la riforma in appello dell’assoluzione, quando la deposizione è valutata in maniera del tutto identica sotto il profilo contenutistico, ma il suo significato probatorio viene diversamente apprezzato nel rapporto con le altre prove Sez. 3, Sentenza numero 19958 del 21/09/2016 dep. 27/04/2017 , Chiri, Rv. 269782 che non sussiste l’obbligo di procedere alla rinnovazione della prova testimoniale decisiva per la riforma in appello dell’assoluzione, quando l’attendibilità della deposizione è valutata in maniera del tutto identica dal giudice di appello, il quale si limita a procedere ad un diverso apprezzamento del complessivo compendio probatorio ovvero ad una diversa interpretazione della fattispecie incriminatrice Sez. 5, Sentenza numero 33272 del 28/03/2017, Carosella, Rv. 270471 che nel caso di condanna in appello, non sussiste l’obbligo di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale qualora il giudice abbia riformato la sentenza assolutoria di primo grado non già in base al diverso apprezzamento di una prova dichiarativa, bensì all’esito della differente interpretazione della fattispecie concreta, fondata su una complessiva valutazione dell’intero compendio probatorio Sez. 5, Sentenza numero 42746 del 09/05/2017, Fazzini, Rv. 271012 . 5. Il successivo intervento delle Sezioni Unite con la sentenza Patalano numero 18620/2017 ha precisato che il principio di diritto formulato dalla sentenza Dasgupta in ordine alla necessaria rinnovazione in appello delle prove dichiarative ritenute decisive deve essere applicato anche al giudizio abbreviato non condizionato malgrado la natura cartolare delle fonti di prova utilizzate nel rito, osservando che Sarebbe infatti difficilmente comprensibile come, di fronte ad un risultato dichiarativo cartolare, che caratterizza il giudizio abbreviato non condizionato, il giudice di appello - al quale, come osservato dalla sentenza Dasgupta, non può certo essere riconosciuta in termini ordinamentali una autorevolezza maggiore rispetto a quello di primo grado, ma solo una diversa funzione - possa pronunciare, in riforma di quella assolutoria, una sentenza di condanna espressione del giusto processo e perciò equa, fondata solo sul rapporto mediato che esso ha con le prove, senza il diretto esame delle fonti dichiarative . La sentenza Patalano, tuttavia, non esplora ulteriormente il tema della latitudine del concetto di prova ritenuta decisiva , ma valorizza l’esigenza che si faccia ricorso al metodo di assunzione della prova epistemologicamente più affidabile, osservando Perché, insomma, l’overturning si concretizzi davvero in una motivazione rafforzata, che raggiunga lo scopo del convincimento oltre ogni ragionevole dubbio, non si può fare a meno dell’oralità nella riassunzione delle prove rivelatesi decisive . 6. A questo punto rimane aperto uno spazio di incertezza quando, come nel caso di specie il giudice d’appello abbia ritenuto la prova dichiarativa cartolare delle persone offese, di maggiore peso dimostrativo alla luce di elementi di riscontro non adeguatamente valutati dal primo giudice id est le intercettazioni oppure sopravvenuti, a seguito della parziale rinnovazione del dibattimento, mediante l’assunzione delle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia che hanno fornito informazioni su dati di contesto. Non è chiaro, alla luce degli enunciati argomentativi della sentenza Patalano, se nell’ipotesi di una diversa valutazione del peso probatorio delle dichiarazioni delle persone offese, alla luce di elementi di riscontro non conosciuti o non correttamente valutati dal primo giudice, la regola del convincimento del giudice oltre ogni ragionevole dubbio , come interpretata dalle Sezioni Unite Dasgupta e Patalano, comporti la necessità di procedere al diretto esame delle fonti dichiarative, ovvero se debba trovare applicazione la giurisprudenza citata al punto 4 che ne esclude la rinnovazione. Un ulteriore punto di perplessità riguarda la compatibilità del principio di diritto che impone la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per permettere al giudice d’appello l’esame diretto della prova dichiarativa, con i limiti che l’art. 190 bis pone al riesame dei testimoni nei processi per taluno dei delitti indicati nell’art. 51, comma 3 bis cod. proc. penumero , questione rilevante nel presente procedimento dal momento che alcuni delitti contestati risultano aggravati ex art. 7 D.L. 152/1991. Com’è noto la ratio della disposizione è quella di evitare l’usura dei mezzi di prova, in processi particolarmente delicati nei quali i testimoni sono potenzialmente vulnerabili. Vero è che le limitazioni al riesame dei testimoni valgono soltanto quando la prova dichiarativa è stata già espletata nel contraddittorio delle parti in dibattimento o in sede di incidente probatorio. Tali limitazioni non si pongono per il giudizio abbreviato fondato sul carattere cartolare della prova, tuttavia nel momento in cui la natura dell’abbreviato in appello viene modificata con l’introduzione dell’esame diretto delle prove dichiarative, si pone il problema del raccordo con le disposizioni di cui all’art. 190 bis questione che non risulta esaminata né dalla sentenza Dasgupta, né dalla sentenza Patalano. 7. La seconda questione di carattere pregiudiziale riguarda la tenuta dei principi di diritto espressi dalla sentenza Patalano a seguito della recente riforma che ha riguardato il processo penale legge 23 giugno 2017 numero 103 , intervenuta anche nell’ambito operativo della rinnovazione istruttoria in appello, che trova la sua disciplina nell’art. 603 c.p.p In particolare, dopo il comma 3 dell’art. 603 del codice di procedura penale è stato inserito il seguente 3 bis, che recita nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale . Non v’è dubbio che, con tale intervento normativo il legislatore ha fatto propri gli approdi a cui è pervenuta la Corte di Cassazione sulla base delle sollecitazioni provenienti dalla Corte EDU, che hanno trovato compiuta espressione nella sentenza Dasgupta. Ma la doverosa valutazione della giurisprudenza formatasi in epoca anteriore all’introduzione del nuovo comma 3 bis dell’art. 603 c.p.p., pone all’interprete problemi di non agevole soluzione. A prima vista un’elementare riflessione sul tenore letterale e sulla ratio della nuova disposizione, dovrebbe indurre ad escludere la sua applicabilità alle vicende processuali definite in primo grado con rito abbreviato, salve le limitate ipotesi in cui il Giudice procedente in primo grado abbia direttamente assunto alcune fonti dichiarative ex art. 438, comma 5, c.p.p., ovvero ex art. 441, comma 5, c.p.p Se, sotto il profilo letterale, il concetto di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, presupporrebbe un’istruttoria dibattimentale in primo grado che nel rito abbreviato è esclusa per definizione, la ratio sottesa alla nuova disposizione in esame dovrebbe essere quella di escludere che una diversa valutazione contra reum di una fonte dichiarativa rispetto alla valutazione che di tale prova rappresentativa è stata effettuata dal giudice che ha proceduto all’assunzione nella pienezza dell’oralità del contraddittorio , sia possibile ove il secondo giudicante non riviva previamente l’oralità dell’assunzione. Con il corollario che se il primo giudice ha effettuato una valutazione soltanto cartolare della fonte dichiarativa, non v’è ragione per imporre l’assunzione della prova dichiarativa al Giudice di secondo grado, investito della questione da un appello del pubblico ministero che sollecita una reformatio in peius, posto che non v’è alcuna esigenza di far rivivere un’oralità che non v’è mai stata. Di conseguenza occorre chiedersi se il principio di diritto espresso dalla sentenza Patalano sia ancora vigente alla luce del tenore letterale della norma sopravvenuta e della sua ratio. Al riguardo è utile considerare che con un suo recentissimo arresto richiesta numero 37978/13 nel caso Fornataro contro Italia , la Corte EDU ha ribadito la piena compatibilità del giudizio abbreviato con il principio del giusto processo di cui all’art. 6 della CEDU. 8. Alle luce delle considerazioni svolte deve essere rimessa alla Sezioni Unite la seguente questione Se nel processo con rito abbreviato, relativo a delitti aggravati ex art. 7 D.L. 152/1991, la condanna in appello di imputati assolti in primo grado, fondata sulla rivalutazione di elementi già presenti agli atti intercettazioni e sulla rinnovazione parziale del dibattimento, attraverso l’esame di due collaboratori di giustizia, che hanno fornito informazioni su dati di contesto, comporti la necessità di procedere all’esame delle persone offese che hanno sporto denunzia in ordine ai fatti incriminati, in conformità del principio di diritto espresso dalle S.U. Patalano sentenza numero 18620/2017 , ovvero se tale principio non risulti superato alla luce del nuovo comma 3 bis dell’art. 603 cod. proc. penumero , introdotto dalla L.23/06/2017 numero 103, secondo cui nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, norma che sembrerebbe escludere l’obbligo di rinnovare le prove cartolari, contemplando soltanto la necessità di far rivivere l’oralità dell’assunzione, tenendo conto anche della recente pronuncia della Corte EDU nel caso Fornataro c/o Italia che ha ribadito la compatibilità del giudizio abbreviato con la CEDU . P.Q.M. Rimette la questione alle Sezioni Unite.