Teste subornato: no alla rinnovazione delle dichiarazioni in sede di appello, anche in caso di overturning del verdetto assolutorio di primo grado

L’obbligo di rinnovazione delle dichiarazioni in sede di gravame sottintende che il teste sia stato ritenuto, nel corso del giudizio di primo grado, idoneo al confronto dibattimentale, ciò che evidentemente non accade in ipotesi di teste c.d. subornato”.

Lo ha stabilito la seconda sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 55068/17, depositata in cancelleria l’11 dicembre. Minorenne assolto in primo grado la Corte d’Appello ribalta il verdetto. Nel caso di specie, un minorenne è stato sottoposto a procedimento penale per i reati di lesioni, detenzione e porto d’armi ed estorsione. In esito al processo di primo grado, celebratosi dinanzi al Tribunale per i minori, il giovane è stato in parte condannato reati di lesioni e detenzione e porto d’armi ed in parte assolto reato di estorsione . La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato il verdetto, affermando la responsabilità dell’imputato in relazione a tutti i reati contestati i.e. overturning in appello . Rinnovazione delle prove dichiarative in appello. La vicenda è stata portata all’attenzione dei Giudici di legittimità dinanzi ai quali - tra vari motivi di censura - la difesa del ragazzo ha evidenziato l’illegittimità della pronuncia di secondo grado nella parte in cui la Corte territoriale avrebbe omesso di rinnovare il dibattimento attraverso l’assunzione delle prove dichiarative, tra le quali la testimonianza della persona offesa, acquisite al fascicolo dibattimentale ai sensi dell’art. 500, comma 4, c.p.p. testimone subornato”, i.e. sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità, affinchè non deponga ovvero deponga il falso . In particolare - sempre secondo la difesa – la scelta di non acquisire, nell’ambito del giudizio di appello, le dichiarazioni sopra richiamate avrebbe determinato, in danno dell’imputato, una violazione dell’art. 6 della Convenzione EDU oltre a porsi in contrasto con la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione in tema di obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa in caso di ribaltamento, in sede di gravame, della sentenza assolutoria nel caso di specie, parzialmente assolutoria . Nessun obbligo di rinnovazione in caso di teste subornato. I Giudici di legittimità, nel pronunciarsi sull’intricata questione processuale, hanno ripercorso - con approccio critico e riflessivo - gli importanti sviluppi normativi in particolare, la recente modifica, ad opera della l. n. 103/2017, dell’art. 603 c.p.p. e giurisprudenziali maturati in tema di rinnovazione della prova in sede di appello, prevendendo, nel caso di specie, al rigetto della tesi difensiva in ragione del concreto atteggiarsi della progressione processuale. Secondo in giudici capitolini, infatti, l’obbligo di rinnovazione delle dichiarazioni in sede di gravame necessita che il teste sia stato ritenuto, nell’ambito del pregresso iter processuale, idoneo al confronto dibattimentale, ciò che evidentemente non accade con riguardo all’ipotesi disciplinata all’art. 500, comma 4, sopra richiamato, laddove il teste è, per definizione, ritenuto inidoneo a testimoniare in conseguenza di eventi esterni ed imprevedibili che hanno inciso sulla relativa capacità di fornire contributi dichiarativi credibili. In altri termini, l’aggravamento processuale che deriva dagli obblighi di rinnovazione probatoria in appello è da assumersi doveroso nei limiti in cui la testimonianza risulti, pur sempre, assumibile”. Conseguentemente, l’acquisizione in primo grado delle testimonianze cartolari all’esito dell’incidente di cui all’art. 500, comma 4, cit. non implica in grado di appello alcun obbligo di rinnovazione dibattimentale, essendo – spiega la Cassazione – la matrice della cartolarizzazione individuabile nella subornazione, ovvero in una condizione del testimone incompatibile con l’assunzione diretta della prova dichiarativa . Overturning confermato. Sulla base di tale argomento, la Corte ha dunque rigettato il ricorso per Cassazione confermando l’apprezzamento svolto dai giudici della Corte territoriale in sede di gravame e, dunque, il ribaltamento del verdetto in parte qua assolutorio del Tribunale di prime cure.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 settembre – 11 dicembre 2017, n. 55068 Presidente Cammino – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Napoli, sezione per i minorenni, in riforma della sentenza del Tribunale, riteneva l’imputato colpevole sia per i reati di lesioni e detenzione e porto d’arma in relazione ai quali era stato condannato in primo grado, che per il reato di estorsione, per il quale invece vi era stata assoluzione veniva inflitta la pena complessiva di anni quattro di reclusione ed Euro 3500 di multa. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato che deduceva 2.1. vizio di legge nel decreto che ha disposto d’urgenza le intercettazioni ambientali non vi sarebbe la motivazione in ordine alla necessità di avvalersi di impianti esterni rispetto a quelli disponibili presso la Procura la motivazione offerta si risolverebbe in una formula di stile come, peraltro era stato riconosciuto dal Tribunale per il riesame 2.2. vizio di legge e di motivazione la sentenza impugnata aveva ribaltato il giudizio assolutorio di primo grado senza rinnovare il dibattimento attraverso l’assunzione delle prove dichiarative tra le quali quella relativa alla testimonianza della persona offesa acquisite al fascicolo del dibattimento ai sensi dell’art. 500 comma 4 cod.proc.pen. 2.3. vizio di legge e di motivazione in relazione all’accertamento di responsabilità per l’estorsione dall’analisi degli elementi di prova raccolta non emergerebbe alcun contributo dell’imputato, né causale, né agevolatore, alla consumazione del delitto di estorsione 2.4. vizio di legge e di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del concorso anomalo in relazione ai reati di lesioni e di detenzione e porto in pubblico di arma da fuoco. Considerato in diritto 1. Il primo motivo che deduce la carenza di motivazione in relazione alla necessità di utilizzare impianti esterni è manifestamente infondato. 1.1. Il ricorrente non si confronta con la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui il requisito dell’inidoneità dell’impianto, che a norma dell’art. 268, comma terzo, cod. procomma pen., giustifica l’utilizzo di apparecchiature esterne agli uffici della Procura della Repubblica, attiene non solo all’aspetto tecnico-strutturale , concernente le condizioni materiali dell’ impianto stesso, ma anche a quello cosiddetto funzionale , da valutare in relazione al tipo di indagine che si svolge e allo specifico delitto per il quale si procede Cass. sez. 6 n. 17231 del 14/04/2010, Rv. 247010 per il caso di inidoneità funzionale l’adempimento dell’obbligo di motivazione implica che sia data contezza, seppure senza particolari locuzioni o approfondimenti, delle ragioni che li rendono concretamente inadeguati al raggiungimento dello scopo, in relazione al reato per cui si procede ed al tipo di indagini necessarie Cass. sez. un. n. 30347 del 12/07/2007, Rv. 236754 . 1.2. Nel caso di specie, dal compendio motivazionale integrato emergente dalle due sentenze conformi di merito, emerge che il decreto contestato ha assolto all’onere motivazionale in quanto si chiarisce che alla base dell’uso di impianti esterni vi era la necessità di rispondere ad una esigenza funzionale indifferibile, quale quella di identificare gli interlocutori e di assumerli a sommarie informazioni nell’immediatezza dell’ascolto delle conversazioni veniva cioè rilevata l’esigenza di coordinare l’ascolto con i servizi sul territorio al fine di conseguire elementi indifferibili per accertare i fatti coordinando in tempo reale l’attività di ascolto con altre investigazioni v. pag. 22 sentenza di primo grado richiamata a pag. 4 della sentenza impugnata . Si tratta di una motivazione che non si presta ad alcuna censura in questa sede, in quanto si presenta rispettosa delle indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di legittimità, oltre che coerente con le emergenze probatorie emerse del corso della progressione processuale. 2. Il secondo motivo di ricorso è infondato. 2.1. Il ricorrente deduce il difetto di rinnovazione delle prove dichiarative acquisite in primo grado sulla base dell’art. 500 comma 4 cod. procomma pen. la mancata acquisizione non rispetterebbe le garanzie previste dall’art. 6 della Convenzione Edu e non sarebbe coerente con le linee ermeneutiche tracciate dalle Sezioni unite in materia di obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa in caso di ribaltamento in appello della sentenza assolutoria Cass. sez. U, n. 27620 del 28/04/2016 - dep. 06/07/2016, Dasgupta, Rv. 267486 Cass. sez. U, n. 18620 del 19/01/2017 - dep. 14/04/2017, Patalano, Rv. 269786 . 2.2. In materia di ribaltamento della sentenza assolutoria il collegio ricorda che il primo onere che incombe sul giudice di secondo grado è quello di fornire una motivazione rafforzata che si confronto con gli argomenti utilizzati dal primo giudice per giustificare l’assoluzione. Tale onere è generale ed è attivo anche ne casi in cui il compendio probatorio non abbia una struttura dichiarativa ma si fondi su altre prove prova scientifica, intercettazioni, perquisizioni, sequestri etc . Sul punto la Cassazione ha affermato, con giurisprudenza che il collegio condivide, che nella sentenza di condanna che ribalta la decisione assolutoria di primo grado devono essere confutate in via specifica tutte le ragioni poste a sostegno della decisione assolutoria di primo grado, dimostrando puntualmente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti ivi contenuti , questo perché la motivazione, sovrapponendosi a quella della sentenza riformata, deve dare compiuta ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati cfr., per tutte, Cass. sez. 5, n. 42033 del 17/10/2008, dep.11/11/2008, Pappalardo, Rv. 242330, Cass. sez. un, n. 33748 del 12/07/2005 - dep. 20/09/2005, Mannino, Rv. 231674 . 2.3. Le Sezioni unite hanno interpretato tale onere di fornire una motivazione rafforzata, affermando che esso implica anche la necessità di consolidare il compendio probatorio disponibile attraverso la rinnovazione della audizioni testimoniali Cass. sez. un, n. 27620 del 28/04/2016 - dep. 06/07/2016, Dasgupta, Rv. 267486 Cass. sez. un. n. 18620 del 19/01/2017 - dep. 14/04/2017, Patalano, Rv. 269786 . Tale approdo ermeneutico è fondato sulla valorizzazione della regola di valutazione contenuta nell’art. 533 cod. procomma pen. che richiede che la condanna sia pronunciata solo nei casi in cui non vi sia alcun dubbio ragionevole in ordine alla responsabilità. Secondo le Sezioni unite nel quadro ricostruttivo dei valori sottesi al processo penale, dovere di motivazione rafforzata da parte del giudice della impugnazione in caso di dissenso rispetto alla decisione di primo grado, canone al di là di ogni ragionevole dubbio , dovere di rinnovazione della istruzione dibattimentale e limiti alla reformatio in pejus si saldano sul medesimo asse cognitivo e decisionale pertanto la rinnovazione della istruzione dibattimentale si profila come assolutamente necessaria ex art. 603, comma 3, cod. procomma pen. tale presupposto, infatti, al dì là dei casi di incompletezza del quadro probatorio, si collega, più generalmente, alla esigenza che il convincimento del giudice di appello, nei casi in cui sia in questione il principio del ragionevole dubbio , replichi l’andamento del giudizio di primo grado, fondandosi su prove dichiarative direttamente assunte Cass. sez. un, n. 27620 del 28/04/2016 - dep. 06/07/2016, Dasgupta, Rv. 267486 . La Cassazione ha dunque ritenuto necessario che il rafforzamento motivazionale della sentenza d’appello che riforma l’assoluzione si esprima anche attraverso la valutazione diretta della prova dichiarativa decisiva, che deve essere riassunta nel dibattimento di secondo grado. Le Sezioni unite sono giunte ad estendere l’onere di rinnovazione anche il relazione al giudizio cartolare per eccellenza, ovvero l’abbreviato c.d. secco , senza rinnovazione istruttoria. Si è così affermato che perché, l’overturning si concretizzi davvero in una motivazione rafforzata, che raggiunga lo scopo del convincimento oltre ogni ragionevole dubbio , non si può fare a meno dell’oralità nella riassunzione delle prove rivelatesi decisive. La motivazione risulterebbe altrimenti affetta dal vizio di aporia logica derivante dal fatto che il ribaltamento della pronuncia assolutoria, operato sulla scorta di una valutazione cartolare del materiale probatorio a disposizione del primo giudice, contiene in sé l’implicito dubbio ragionevole determinato dall’avvenuta adozione di decisioni contrastanti. Invero, anche nell’ambito del giudizio abbreviato l’imperativo della motivazione rafforzata è destinato ad operare in tutta la sua ampiezza attraverso l’effettuazione obbligatoria di una istruttoria - quantunque non espletata nel giudizio di primo grado - e con l’assunzione per la prima volta in appello di una prova dichiarativa decisiva Cass. sez. un. n. 18620 del 19/01/2017 - dep. 14/04/2017, Patalano, Rv. 269786 . 2.4. Si tratta di un percorso ermeneutico che trova solo parziale conferma nella giurisprudenza della Corte Edu, che con giurisprudenza consolidata, ha ritenuto non rispettoso delle garanzie convenzionali il processo che si risolva in un ribaltamento dell’assoluzione sulla base di un compendio probatorio cartolare che si presenta deprivato rispetto a quello disponibile in primo grado, in quanto carente dell’audizione diretta dei testimoni già uditi, dei quali si pretende di rivalutare la attendibilità intrinseca e la credibilità dei contenuti accusatori, senza fare ricorso alla percezione diretta dell’evento dichiarativo Dan v. Moldavia, Corte Edu, 5 luglio 2011 Manolachi v. Romania, Corte EDU, III sez., 5 marzo 2013 Flueras v. Romania, Corte Edu, III sez., 9 aprile 2013 Corte Edu, III Sez., sent. 4 giugno 2013 Hanu v. Romania, ricomma 10890/04 più recentemente Moinescu v. Romania, Corte Edu, III sez. 15.9.2015 Nitulescu v. Romania, Corte Edu, III sez. 22.9.2015 Lorefice v. Italia, Corte Edu, 1 sez., 29 giugno 2017 . La Corte Europea, pur ribadendo che l’art. 6 della Convenzione non detta regole sulla ammissibilità delle testimonianze e sul modo di valutarle, rileva comunque che la mancata audizione dei testimoni, in particolari circostanze, può essere incompatibile con la tutela assicurata dalla Convenzione al diritto di difesa. Così, la condanna basata sulla rivisitazione del giudizio di attendibilità della testimonianza effettuata senza la percezione diretta dell’evento dichiarativo è stata giudicata iniqua nella misura in cui non garantisce una affidabile rivalutazione della prova decisiva già assunta. In sintesi secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo a se la Corte anche di seconda istanza ha pieni poteri in ordine alla valutazione della responsabilità, con integrale cognizione del fatto e del diritto b se l’accertamento della responsabilità avviene attraverso la rivalutazione su base cartolare dei soli contenuti della testimonianza, a prescindere dalla analisi della comunicazione extraverbale c se la nuova valutazione risulta decisiva per la sentenza di condanna e fonda l’overturning della sentenza di primo grado allora il diritto di difesa patisce una lesione, in quanto si nega all’accusato il diritto ad una valutazione affidabile della prova dichiarativa, che in queste condizioni risulta garantita solo dal rispetto del principio di oralità. Non può non rilevarsi una apparente distonia di tale interpretazione rispetto alla giurisprudenza Europea che consente di fondare le sentenze di condanna su dichiarazioni predibattimentali, cartolari anch’esse, qualora queste risultino accompagnate da adeguate garanzie procedurali si tratta dell’indirizzo inaugurato dalla sentenza emessa nel caso Tahery - Al-Kawaja v. Regno Unito, Corte Edu, Grande camera, 15 dicembre 2011 confermato, tra l’altro, anche dalla pronuncia, nel caso Tseber v. Repubblica Ceca, Corte Edu, 5 sez., 22.11.2012 nonché nella sentenza di Grande camera Schatschaschwili v. Germania, 15 dicembre 2015 . La attenuazione delle garanzie dell’accusato è del resto tollerata dalla Corte Europea anche quando risulta giustificata dalla necessità di salvaguardare i diritti del teste vulnerabile la assunzione della testimonianza in incidente probatorio è stata, infatti, ritenuta conforme al diritto convenzionale malgrado la prova non sia assunta dal giudice che accerta la responsabilità sebbene nel caso della testimonianza incidentale al contenuto cartolare fosse associata la videoregistrazione caso Accardi v. Italia, 3 sez., Corte Edu, 20.1.2005 . Pertanto la Corte Europea a legittima l’utilizzo della prova dichiarativa cartolare formata fuori dal contraddittorio per fondare sentenze di condanna ogni volta che emergano adeguate garanzie procedurali b legittima il sacrificio dell’oralità quando è in gioco il bilanciamento degli interessi della vittima con quelli dell’accusato la testimonianza formata in incidente probatorio si presenta anch’essa nello stato cartolare al giudice di merito, di regola diverso dal giudice di fronte al quale si è formata c censura, ciononostante, la rivalutazione in appello della prova dichiarativa decisiva rimarcando, con particolare rigore in questo caso, la incompatibilità del sacrificio dell’oralità con le garanzie previste dalla Convenzione. Ad essere giudicata in contrasto con le garanzie convenzionali è, dunque, non tanto l’uso della testimonianza documentale, quanto l’operazione di overturning effettuata su un compendio probatorio deprivato rispetto a quello esaminato dai giudici di prima istanza. La Corte Europea non ritiene cioè di certificare l’equità di un giudizio di condanna che si fonda sulla analisi di un minor numero di elementi rispetto a quelli esaminati dal giudice che aveva deciso l’assoluzione. Gli elementi probatori disponibili per i due giudizi sono infatti identici solo in apparenza anche se il contenuto delle dichiarazioni è lo stesso, i giudici di secondo grado non hanno avuto la possibilità di apprezzare il contegno dei dichiaranti, essenziale per la valutazione della loro credibilità. Si tratta di una interpretazione che valorizza non tanto il diritto dell’imputato ad entrare in contatto con la fonte delle accuse diritto che nei casi analizzati risultava essere stato esercitato di fronte ai giudici di primo grado ma il diritto dello stesso ad una condanna basata su un percorso valutativo affidabile. L’orientamento espresso dalla Corte di Strasburgo ha le caratteristiche per essere valutato come consolidato alla luce delle indicazioni che la Corte costituzionale ha fornito con la sentenza n. 49 del 2015. Pur non essendo stato suggellato da un pronuncia di Grande camera infatti, l’interpretazione in questione si presenta univoca e costante, sicché può ritenersi espressione di un orientamento non espressione di una valutazione episodica , ovvero indotta dalla necessità di risolvere un caso trattato sulla base di regole processuali non omogenee a quelle italiane. 2.5. A questo ricco panorama giurisprudenziale è succeduto l’intervento legislativo che ha modificato l’art. 603 cod. procomma pen. introducendo l’obbligo della rinnovazione dibattimentale nel caso in cui il giudizio di appello sia promosso dal pubblico ministero ed il proscioglimento sia fondato su motivi attinenti la valutazione della prova dichiarativa . 2.6. Delineato il quadro giurisprudenziale e normativa di riferimento il collegio deve valutare, in relazione al caso in esame, se le dichiarazioni cartolari acquisite con la procedura prevista dall’art. 500 comma 4 cod. procomma pen. debbano essere rinnovate in caso di ribaltamento in appello della sentenza assolutoria. Il collegio ritiene di dare risposta negativa a tale quesito. In primo luogo si rileva che il preteso obbligo di rinnovazione non promana dal diritto convenzionale come si è chiarito l’onere di rinnovare l’audizione deriva dalla iniquità della decisione su compendi probatori deprivati e presuppone, pertanto che l’audizione si sia già svolta in contraddittorio in primo grado. Nel caso di specie il Tribunale si limitava ad acquisire le dichiarazioni predibattimentali all’esito della procedura prevista dall’art. 500 comma 4 cod. procomma pen. non essendo stata effettuata alcuna valutazione diretta del teste in primo grado manca il presupposto convenzionale per la rinnovazione, dato che non si registra alcun disallineamento tra le prove utilizzate nel primo grado di giudizio e quelle disponibili per il giudizio di appello. In secondo luogo ragioni per disporre la rinnovazione, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, non si rinvengono neanche nella giurisprudenza della Corte di cassazione e, segnatamente nei principi di diritto espressi dalle Sezioni unite nelle sentenze emesse nei casi Dasgupta e Patalano. Invero la sentenza Dasgupta, analizza tutti i casi in cui il giudizio si fonda sull’apprezzamento della prova dichiarativa nella dimensione cartolare ad eccezione di quello in cui tale prova abbia fatto ingresso nel fascicolo del dibattimento all’esito dell’incidente previsto dall’art. 500 comma 4 cod. procomma pen La ratio decidendi che le Sezioni unite esprimono nell’indicare l’obbligo di rinnovazione della testimonianza decisiva come presupposto dell’adempimento dell’onere di motivazione aggravata si fonda sul riconoscimento della complessità delle valutazioni che sostengono la riforma del giudizio che ribalta l’assoluzione cui consegue la affermazione della conseguente necessità che la forza motivazionale della sentenza di secondo grado si esprima non solo su argomenti logici , ma si consolidi anche attraverso l’apprezzamento diretto delle fonti di prova dichiarativa. L’aggravamento strutturale del giudizio d’appello non conforme ha condotto la Cassazione ad estendere l’area di operatività degli oneri di rinnovazione anche alla sentenza di appello che riformi la sentenza di condanna Cass. sez. 2, n. 41571 del 20/06/2017, P.G., P.C. in procomma Marchetta e altro, Rv. 270750 si segnala che la questione per la sua rilevanza è stata rimessa al vaglio delle Sezioni unite . Tale profonda rivisitazione del processo nel caso di progressione processuale non conforme presuppone tuttavia che la testimonianza sia assumibile . Tale circostanza non si verifica nei casi in cui si accerti che il teste sia subornato e che, pertanto, la sua audizione non garantisca l’ingresso nel processo di contenuti probatori credibili e non supporti una percorso valutativo affidabile del compendio probatorio disponibile. Alta base della acquisizione della testimonianza cartolare del dichiarante subornato c’è infatti un giudizio di merito fondato su elementi concreti che se non possono coincidere con gli elementi di prova necessari per una pronuncia di condanna, non possono neanche risolversi in vaghe ragioni o in meri sospetti, ma devono consistere, secondo parametri correnti di ragionevolezza e di persuasività, in elementi sintomatici della violenza o dell’intimidazione subita dal teste, purché connotati da precisione, obiettività e significatività Cass. sez. 2, n. 22440 del 05/05/2016 - dep. 27/05/2016, P.G. in procomma Kosteva e altro, Rv. 267039 . Il meccanismo acquisitivo previsto dall’art. 500 comma 4 cod. procomma pen. presuppone dunque la valutazione della inidoneità del teste al confronto dibattimentale, ovvero l’accertamento di una sorta di incapacità sopravvenuta a rendere una testimonianza, di matrice esogena ed imprevedibile, ovvero non riconducibile a stati patologici o psicologici del dichiarante, ma a violenze e minacce agite da altri. 2.7. Si ritiene dunque che l’accertamento della subornazione del teste effettuata sulla base delle regole previste dall’art. 500 comma 4 cod. procomma pen. renda il teste inidoneo a testimoniare, in quanto eventi esterni ed imprevedibili hanno inciso sulla sua capacità di fornire contribuiti dichiarativi credibili. Tale stato, in assenza di emergenze indicative della sua eventuale modifica è incompatibile con la assunzione della testimonianza in qualunque fase processuale e, dunque, anche nel giudizio di appello. Pertanto l’acquisizione in primo grado delle testimonianze cartolari all’esito dell’incidente previsto dall’art. 500 comma 4 cod. procomma pen. non implica in grado di appello alcun obbligo di rinnovazione dibattimentale, essendo la matrice della cartolarizzazione individuabile nella subornazione, ovvero in una condizione del testimone incompatibile con l’assunzione diretta della prova dichiarativa ritenuta necessaria dalle Sezioni unite nelle sentenze Dasgupta e Patalano, ed oggi introdotta nel codice con la riforma dell’art. 603 cod. procomma pen. conseguente all’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017 . 2.8. Nel caso di specie le prove dichiarative alta base sia della assoluzione che del suo ribaltamento sono state acquisite nella dimensione cartolare all’esito dell’incidente ex art. 500 comma 4 cod. procomma pen. Inoltre nessuna modifica dello stato di subornazione emerge dall’esame delle sentenze che concorrono alla definizione dell’accertamento di responsabilità del P. né tale modifica risulta segnalata dal ricorrente. Non si rinviene, pertanto, alcun vizio della progressione processuale, dato che, in coerenza con le linee ermeneutiche sopra indicate, la Corte territoriale non procedeva legittimamente alla rinnovazione delle prove dichiarative. 3. Il terzo motivo con il quale si contesta l’accertamento di responsabilità in relazione al reato di estorsione è manifestamente infondato. In materia il collegio ribadisce che si ha concorso ai sensi dell’art. 110 Cod. Pen. e non semplice connivenza, ogni qualvolta l’agente partecipa in qualsiasi modo alla realizzazione dell’illecito e quindi anche quando con la propria presenza agevola o rafforza il proposito criminoso altrui, giacché tale situazione è ben diversa, sotto il profilo ontologico e giuridico dell’adesione interna ad una altrui realizzazione criminosa, che nessun contributo arreca alla connessione del delitto Cass. sez. 1, n. 1172 del 27/11/1991 - dep.1992, Terranova, Rv. 189075 Cass. sez. 5, n. 21082 del 13/04/2004, Terreno, Rv. 229200 . Dal compendio motivazionale integrato emergente dalle due sentenze di merito si rileva che l’imputato aveva guidato il motociclo a bordo del quale si trovava il complice armato che, sceso dal mezzo, aveva sparato alle gambe delle vittima di estorsione secondo la Corte d’appello lo scopo dell’azione era quello di intensificare e completare la condotta estorsiva giacché Girace non aveva ottemperato alla precedente richiesta pag. 11 della sentenza impugnata . Il contributo del P. alla definizione dell’azione estorsiva viene dunque puntualmente individuato nell’azione di accompagnamento del complice armato sul luogo ove la vittima veniva gambizzata si tratta di una azione che ha rilevanza pienamente causale , e non agevolatrice, e si insedia in un segmento dell’azione estorsiva espressamente contestata nel capo di imputazione, ovvero quella della azione minatoria violenta, agita attraverso la produzione delle lesioni non si tratta dunque, come ritenuto dal ricorrente, di un intervento successivo alla consumazione del reato, ma di una azione che contribuisce alla perfezione dell’azione minatoria, che sostanzia il tentativo di estorsione, come peraltro si ricava con chiarezza dalla descrizione effettuata nel capo di imputazione della condotta che descrive la minaccia e la violenza. La motivazione offerta, è pertanto coerente sia con le indicazioni ermetiche offerte dalla Corte di legittimità, che con le emergenze processuali e si sottrae ad ogni censura in questa sede. 4. Infine è manifestamente infondato anche il motivo di ricorso che invoca il riconoscimento del concorso anomalo. In materia di concorso anomalo il collegio ribadisce che in tema di concorso di persone nel reato, sussiste la responsabilità a titolo di concorso anomalo qualora l’evento ulteriore, benché prevedibile in quanto collegato da un nesso di pura eventualità rispetto al delitto base programmato, non sia stato dall’agente voluto neppure nella forma del dolo indiretto ricorre, invece, l’ipotesi del concorso ex art. 110 cod. pen., ove l’agente abbia effettivamente previsto l’evento o comunque accettato il rischio del suo verificarsi Cass. Sez. 1, n. 11595 del 15/12/2015 - dep. 18/03/2016, P.G. in procomma Cinquepalmi e altro, Rv. 266647 Cass. Sez. 2, n. 48330 del 26/11/2015, Lia, Rv. 265479 Cass. Sez. 2, n. 49486 del 14/11/2014, Cancelli, Rv. 261003 . L’inquadramento della condotta del P. come concorso anomalo, invocata dal ricorrente si basa sull’erroneo presupposto che l’azione di gambizzazione sia stata successiva all’estorsione, laddove nel capo di imputazione tale azione viene individuata proprio come il fulcro della condotta estorsiva, ovvero come l’azione violenta finalizzata ad ottenere il profitto estorsivo. La riconosciuta piena partecipazione al fatto estorsivo è incompatibile con l’invocato inquadramento, dato che gli altri reati contestati risultano funzionali alla consumazione del reato maggiore in relazione al quale si riconosce la partecipazione piena, ovvero l’estorsione. Nel caso di specie la Corte di appello escludeva in via principale la ricorrenza del concorso anomalo, ritenendolo tuttavia riconoscibile in via residuale pag. 12 si tratta di un passaggio della motivazione che, tenuto conto della incompatibilità del concorso pieno con quello anomalo, è illogico lo stesso tuttavia non incide sulla legittimità dell’accertamento di responsabilità, che si fonda sulla valorizzazione di dati probatori univoci e convergenti, coerenti con l’inquadramento della condotta del ricorrente come concorso pieno e consapevole pag. 11 della sentenza impugnata . 5. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.