L’applicazione della confisca richiede rigore metodologico

L’applicazione della misura della confisca richiede il rigoroso accertamento nella stima dei valori in raffronto, considerando il reddito dichiarato o le attività economiche, non al momento della adozione della misura e rispetto a tutti i beni presenti nel patrimonio, ma in riferimento ai rispettivi periodi dei singoli acquisti e mediante comparazione del loro valore e dei mezzi leciti a disposizione del proposto.

Sulla base di tali principi la Corte di Cassazione sentenza n. 54882/17, depositata il 6 dicembre ha nuovamente annullato il provvedimento della Corte di appello che illegittimamente non si era conformata ad analogo similare dettame della Suprema Corte. Da precedente rinvio La vicenda in esame trae le mosse da un precedente annullamento con rinvio della Corte di Cassazione, rispetto al quale al Corte d’Appello di Genova aveva dunque operato come giudice del rinvio, disponendo nuovamente nei confronti del proposto la misura di prevenzione patrimoniale della confisca in ordine ad un ampio novero di beni mobili, mentre aveva escluso la medesima misura rispetto ai residui immobili ancora in sequestro ed alla autovettura di proprietà dello stesso. Avverso il nuovo decreto di confisca propone ricorso per cassazione il proposto lamentando, in diversi motivi, violazione di legge estrinsecantesi nella forma della motivazione inesistente o apparente e dolendosi, in primo luogo, della mancata ottemperanza da parte del giudice del rinvio ai dettami imposti dal precedente annullamento della Suprema Corte. a nuovo rinvio. Nella precedente pronuncia gli Ermellini avevano evidenziato come il decreto impugnato si fondasse su asserzioni apodittiche siccome non accompagnate da specifici conteggi che evidenziassero, attraverso una disamina analitica ed intellegibile, gli elementi a raffronto, anche e soprattutto allorchè la Corte di appello aveva ritenuto di discostarsi dalle risultanze della relazione integrativa depositata dal perito, senza specificamente indicare le ragioni a fondamento di tale presa di distanza. La precedente pronuncia della Cassazione aveva, dunque, imposto al giudice del rinvio di porre rimedio a tali evidenti carenze attraverso un rigoroso accertamento dei valori a raffronto. Avrebbero, quindi, dovuto essere considerati il reddito dichiarato e le attività economiche a disposizione del proposto, anno per anno, in relazione alle annualità in cui erano avvenuti gli acquisti da parte del medesimo. Osservano, per contro, gli Ermellini come il nuovo decreto pronunciato dalla Corte d’Appello dopo il rinvio non abbia assolutamente assolto a tale compito. Infatti, la motivazione del provvedimento – osserva la Corte Suprema – non compie il rigoroso raffronto tra acquisizioni patrimoniali da un lato e redditi dichiarati ed attività economiche svolte dall’altro, limitandosi a ripercorrere didascalicamente gli acquisti immobiliari senza confrontarli con i redditi e le attività economiche svolte nei relativi anni di riferimento. In tale contesto, anche le specifiche censure mosse in chiave difensiva non erano state oggetto di attenzione alcuna da parte della Corte di appello genovese. La conclusione è che, dunque, la violazione di legge denunciata permane anche nel secondo provvedimento adottato dopo il primo rinvio, con conseguente ed ineluttabile nuovo provvedimento di annullamento con rinvio. I limiti imposti dal giudicato parziale. Con la medesima pronuncia gli Ermellini rigettano invece, siccome inammissibile, il quinto motivo di gravame con il quale il ricorrente si doleva della affermazione della propria pericolosità sociale e dell’ampio arco temporale in relazione al quale la Corte d’Appello aveva ritenuto si fosse manifestata. Su tali punti della decisione, osserva la Cassazione che non era intervenuta pronuncia di annullamento del primo decreto della Corte d’Appello genovese e, dunque, non è più consentito alcun sindacato o vaglio di legittimità trattandosi di aspetti ormai coperti dal c.d. giudicato parziale”.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 28 novembre – 6 dicembre 2017, n. 54882 Presidente Palla – Relatore Morosini Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato la Corte di appello di Genova, in funzione di giudice di rinvio, ha disposto, nei confronti di C.A. , la misura di prevenzione patrimoniale della confisca in relazione ai beni immobili indicati nel dispositivo e ai beni mobili costituiti dalle disponibilità bancarie, postali, titoli di credito nonché qualsiasi altra forma di investimento mobiliare, quote di partecipazione societaria, valori mobiliari mentre ha respinto la richiesta di confisca dei residui immobili ancora in sequestro e dell’autovettura Saab YS3G 2000, targata , disponendone la restituzione. 2. Avverso il decreto, ricorre il proposto, per il tramite dei suoi difensori, articolando cinque motivi. 2.1 Con il primo e il secondo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla confisca dei beni immobili. Secondo il ricorrente il giudice di rinvio avrebbe disatteso il compito demandatogli dalla sentenza rescindente circa la necessità di porre a raffronto, anno per anno, le acquisizioni patrimoniali, da un lato, con il reddito dichiarato e l’attività economica svolta, dall’altro, tenendo conto, eventualmente anche in chiave confutativa, delle specifiche censure mosse in chiave difensiva. 2.2 Con il terzo e il quarto motivo il ricorrente lamenta i medesimi vizi riferendoli alla inosservanza del dictum della sentenza rescindente in merito alla confisca per equivalente dei frutti civili e, in generale, delle somme di denaro rinvenute sui conti correnti, misura avente natura sanzionatoria, come tale non applicabile retroattivamente. 2.3 Con il quinto motivo denuncia violazione di legge, sul presupposto della mancata osservanza del principio di correlazione temporale tra acquisto del bene e manifestazione di pericolosità sociale. Assume il ricorrente che non sarebbe provata una manifestazione di pericolosità sociale già a partire dagli anni ‘80 e che, in ogni caso, il provvedimento impugnato avrebbe tenuto conto, illegittimamente, di un acquisto di immobile risalente all’anno 1978. 3. In data 21 novembre 2017 è stata depositata memoria difensiva. Con essa il ricorrente dichiara di concordare con la richiesta di annullamento, rassegnata dal Procuratore generale. Chiede, però, che l’eventuale rinvio ad altra Corte territoriale si confronti con le implicazioni derivanti dalla sentenza della Corte EDU de Tommaso , tenendo conto che la Corte di appello di Napoli ha sollevato questione di legittimità costituzionale in ordine alla disciplina dettata per le misure di prevenzione personale e patrimoniale fondate su fattispecie di pericolosità generica . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Con sentenza n. 27147 del 11 marzo 2016 la prima sezione della Corte di cassazione, in accoglimento dei ricorsi del proposto e del Procuratore Generale, aveva annullato con rinvio il precedente decreto di confisca emesso dalla Corte di appello di Genova. 2.1 La sentenza rescindente rilevava il vizio di violazione di legge sub specie di omessa e/o apparente motivazione in ordine agli specifici presupposti, richiesti dall’art. 24 D. lgs. n. 159/2011, nella individuazione dei beni oggetto del provvedimento ablatorio. 2.2 Non erano, invece, colpiti da annullamento i punti della decisione di merito afferenti alla pericolosità sociale del ricorrente, alla collocazione temporale della stessa, al riscontro positivo dei presupposti per l’applicabilità della misura di prevenzione patrimoniale della confisca ai sensi del D. lgs. n. 159 del 2011. Pertanto non sono più controvertibili in questo giudizio, i punti già decisi dalla Corte di cassazione C.A. rientra nella categoria dei soggetti pericolosi in quanto dedito a praticare usura, la sua pericolosità cd. generica si è manifestata nel periodo dal 1980 al 2005, ricorrono i presupposti per l’adozione, nei suoi confronti, della confisca di prevenzione. 3. La sentenza del giudice di rinvio è stata nuovamente impugnata dal solo proposto, con il ricorso qui in esame. Va premesso che, come già aveva chiarito la sentenza rescindente, nella presente materia il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge. Tale nozione ricomprende anche il caso di motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento. È dunque improprio il richiamo all’art. 606 comma 1 lett. e cod. proc. pen, contenuto nei motivi da uno a quattro del ricorso, con i quali in realtà si intende denunciare la violazione di legge sotto il profilo di motivazione inesistente o apparente. 4. Il primo motivo è fondato. 4.1 Con la sentenza rescindente si rilevava una eccessiva sintesi del decreto impugnato in quella sede, che si traduceva in asserzioni apodittiche e prive di efficacia esplicativa, non sostenute sul piano giustificativo dall’esposizione di alcun conteggio, o comunque da una disamina analitica ed intelligibile degli elementi a raffronto e nemmeno dal rinvio alla relazione integrativa del perito, dai cui esiti i giudici di appello si sono in parte discostati senza indicare le ragioni dell’opinione in parte dissenziente . Si demandava pertanto al giudice di rinvio il compito di procedere a un rigoroso accertamento nella stima dei valori in raffronto, considerando il reddito dichiarato o le attività economiche, non al momento dell’adozione della misura e rispetto a tutti i beni presenti nel patrimonio, ma in riferimento ai rispettivi periodi dei singoli acquisti e mediante comparazione del loro valore e dei mezzi leciti a disposizione del proposto, fornendo esauriente ed apprezzabile disamina, eventualmente anche in chiave confutativa, delle specifiche censure mosse in chiave difensive. 4.2 Il giudice del rinvio non ha assolto a tale compito. La motivazione, posta a base del nuovo decreto di confisca qui impugnato, non compie il rigoroso raffronto tra acquisizioni patrimoniali da un lato, redditi dichiarati e attività economiche svolte, dall’altro. Il provvedimento si limita a ripercorre gli acquisti immobiliari, ma non li confronta con i redditi dichiarati e le attività economiche svolte nei relativi anni di riferimento. Si cita, prima, la gestione di un negozio di riparazioni di radio e televisori nel 1977, poi l’attività di commercio all’ingrosso di strumenti musicali dal 1981 al 1985, cui segue l’affermazione che i redditi sarebbero esigui per i primi due anni da intendersi verosimilmente 1981 e 1982 e inesistenti per gli altri 1983 - 1985 . Non si rinviene nessuna indicazione analitica dell’ammontare dei redditi e delle attività economiche svolte con riferimento agli anni successivi, nei quali si collocano invece i numerosi acquisti di beni immobili sottoposti a confisca. Né tantomeno vi è traccia della comparazione tra valore dei beni e mezzi leciti a disposizione del proposto. Del tutto omessa è anche la disamina delle specifiche censure mosse in chiave difensiva. La violazione di legge, nei termini in premessa prospettati, permane ed è palese. 5. Nell’accoglimento del primo motivo è assorbito il secondo, che, in sostanza, invita a valutare una tabella approntata dalla difesa nel giudizio di merito. 5.1 Al riguardo va precisato, innanzitutto, che i criteri cui dovrà attenersi il giudice del nuovo rinvio sono quelli indicati nella sentenza rescindente e più volte citati rigoroso accertamento nella stima dei valori in raffronto, considerando il reddito dichiarato o le attività economiche, non al momento dell’adozione della misura e rispetto a tutti i beni presenti nel patrimonio, ma in riferimento ai rispettivi periodi dei singoli acquisti e mediante comparazione del loro valore e dei mezzi leciti a disposizione del proposto . Nella determinazione della disponibilità finanziaria netta di cui il C. avrebbe disposto anno per anno, quale esito differenziale tra redditi lordi e corrispettivi da cessione di beni, da un lato, spese sostenute per mantenimento o altri oneri documentati, dall’altro, occorrerà tenere conto, ovviamente nei limiti del devoluto, anche del presupposto, stabilito dall’art. 24 D. lgs. n. 159 del 2011 per la confiscabilità dei beni del soggetto pericoloso, costituito dal reinvestimento di quanto ricavato dalla dismissione di un cespite o di un valore acquisito illegalmente. Con la conseguenza che - dalle entrate lecite va escluso quanto ricavato dalla cessione di beni di provenienza ritenuta illecita e poi impiegato per l’acquisizione di ulteriori beni - va esclusa la liceità degli introiti, anche se inseriti in dichiarazioni dei redditi, oppure esposti in atti pubblici o scritture private, laddove provenienti da beni acquistati in periodi di accertata sproporzione patrimoniale. 5.2 In secondo luogo, vanno disattesi i diversi criteri che il ricorrente tenta di introdurre, in maniera surrettizia, dandoli per pacifici. La sentenza rescindente ha evidenziato che le deduzioni sulla disponibilità da parte del proposto di somme di denaro provenienti da elargizioni da parte di familiari abbienti, da lavoro svolto col padre o quale dipendente di altri datori di lavoro, da eredità, da attività d’impresa svolta personalmente, da lucrosi investimenti mobiliari, tutte circostanze di fatto che dovrebbero integrare sufficiente allegazione della provenienza lecita del proprio patrimonio, sono state in parte già considerate dal perito e quindi anche dalla Corte di appello, che ne ha recepito le indicazioni rettificate e nel resto sono state motivatamente disattese, in quanto non documentate e comunque sfornite di qualsiasi indicazione sulla tracciabilità di quanto conseguito e dei relativi importi, oltre che sulla loro adeguatezza a consentire gli acquisti immobiliari effettuati. Il mancato assolvimento dell’onere di allegazione di concreti elementi di valutazione -si pensi, ad esempio, a rapporti finanziari o bancari specifici, riportanti una provvista di importo apprezzabile, oppure ad altre emergenze documentali valorizzabili per rintracciare la sussistenza di disponibilità liquide-, che grava sul destinatario del provvedimento di confisca secondo quanto ribadito anche nella citata sentenza Spinelli delle Sezioni Unite, e che avrebbe consentito di condurre anche d’ufficio le necessarie verifiche, è indiscusso e non può comportare una diversa considerazione della tematica a fronte della generica deduzione delle difficoltà di fornire giustificazione dell’accumulo di ingente ricchezza . 6. Il terzo e il quarto motivo sono fondati. 6.1 La sentenza rescindente aveva investito il giudice di rinvio del compito di specificare meglio se si fosse inteso disporre la confisca per equivalente della somma di Euro 457.402, pari al ricavato della vendita di beni immobili entrati nel patrimonio del ricorrente in modo illecito ed in seguito ceduti, quindi non confiscabili in via diretta. In caso di risposta positiva, il giudice di merito avrebbe dovuto verificare la sussistenza dei presupposti applicativi, tenendo conto della natura sanzionatoria della confisca per equivalente e del conseguente divieto di applicazione retroattiva. 6.2 La medesima sentenza aveva inoltre demandato al giudice di rinvio di esporre gli argomenti a sostegno della determinazione assunta in merito ai frutti civili, precisando se la confisca sul punto avesse investito l’accumulo dei canoni locativi, rinvenuti in quanto tali nel patrimonio del soggetto inciso perché esistenti in un deposito bancario o di altra natura, oppure se abbia riguardato il relativo controvalore, il che rileva, potendo integrare un’ipotesi di confisca per equivalente, non ablabile nel caso di specie nei termini già esposti in precedenza . 6.3 Nessuna risposta a tali questioni si rinviene nel provvedimento impugnato. 7. Il quinto motivo è inammissibile. 7.1 Come si chiarito sopra sub 2.2, non sono più sindacabili in questo giudizio, perché già decisi dalla Corte con la sentenza rescindente, i punti della decisione afferenti alla pericolosità sociale del proposto e al periodo in cui la stessa si è manifestata dal 1980 al 2005 . 7.2 Manifestamente infondata la doglianza in ordine all’acquisto di un immobile effettuato nell’anno 1978, considerato che anche tale circostanza era stata devoluta al giudice di rinvio, in conseguenza dell’accoglimento del ricorso del Procuratore Generale. La Corte di cassazione aveva osservato che la prima decisione era, sul punto, frutto di acritica adesione alle conclusioni peritali e priva di qualsiasi indicazione esplicativa di tale giudizio e di un raffronto con le risultanze delle investigazioni condotte dalla D.I.A. come esposte nella memoria depositata dalla parte pubblica nel corso del procedimento di primo grado. 8. Del pari inammissibile è il motivo aggiunto coltivato con la memoria depositata il 21 novembre 2017. In estrema sintesi, la Corte EDU, con la sentenza emessa dalla Grande Camera in data 23 febbraio 2017, nel caso de Tommaso c. Italia, ha affermato la violazione dell’art. 2 del IV Protocollo, sulla libertà di circolazione, da parte della normativa italiana, che prevede l’applicabilità delle misure di prevenzione a soggetti a pericolosità generica, in quanto la disciplina censurata non garantirebbe la prevedibilità della misura, per difetto di tassatività. Come in precedenza ripetutamente osservato punti 2.2 e 7.1 , l’accertamento in ordine alla pericolosità sociale del proposto era già estranea al thema decidendum demandato al giudice di rinvio. Non rileva pertanto la questione della incidenza della pronuncia resa dalla Corte EDU su un punto già deciso. 9. Gli argomenti svolti conducono all’annullamento del decreto impugnato, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Genova. Nel nuovo giudizio di rinvio la Corte di appello dovrà emendare la violazione di legge per omessa motivazione nei medesimi termini già indicati nella prima sentenza rescindente, che, per comodità, si trascrivono di seguito, per stralcio, tra virgolette. 9.1 In particolare occorrerà procedere a un rigoroso accertamento nella stima dei valori in raffronto, considerando il reddito dichiarato o le attività economiche, non al momento dell’adozione della misura e rispetto a tutti i beni presenti nel patrimonio, ma in riferimento ai rispettivi periodi dei singoli acquisti e mediante comparazione del loro valore e dei mezzi leciti a disposizione del proposto . Nel fare ciò si dovrà - affrontare anche le specifiche censure mosse in chiave difensiva e fornirne esauriente ed apprezzabile disamina, eventualmente anche in chiave confutativa , escludendo comunque che possano comportare una diversa considerazione della tematica le deduzioni sulla disponibilità da parte del proposto di somme di denaro provenienti da elargizioni da parte di familiari abbienti, da lavoro svolto col padre o quale dipendente di altri datori di lavoro, da eredità, da attività d’impresa svolta personalmente, da lucrosi investimenti mobiliari , trattandosi di assunti che già la sentenza rescindente reputava inidonei a fornire prova di lecita provenienza perché sono stati in parte già considerate dal perito e quindi anche dalla Corte di appello, che ne ha recepito le indicazioni rettificate e nel resto motivatamente disattese, in quanto non documentate e comunque sfornite di qualsiasi indicazione sulla tracciabilità di quanto conseguito e dei relativi importi, oltre che sulla loro adeguatezza a consentire gli acquisti immobiliari effettuati . 9.2 il giudice del rinvio dovrà inoltre - chiarire se si fosse inteso imporre confisca per equivalente della somma di Euro 457.402, pari al ricavato della vendita di beni immobili entrati nel patrimonio del ricorrente in modo illecito ed in seguito ceduti, quindi non confiscabili in via diretta. In caso di risposta positiva, verificare la sussistenza dei presupposti applicativi, tenendo conto della natura sanzionatoria della confisca per equivalente e del conseguente divieto di applicazione retroattiva. - esporre gli argomenti a sostegno della determinazione assunta in merito ai frutti civili, precisando se la confisca sul punto avesse investito l’accumulo dei canoni locativi, rinvenuti in quanto tali nel patrimonio del soggetto inciso perché esistenti in un deposito bancario o di altra natura, oppure se abbia riguardato il relativo controvalore, il che rileva, potendo integrare un’ipotesi di confisca per equivalente, non ablabile nel caso di specie nei termini già esposti in precedenza . P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Genova.