La citazione in giudizio notificata al familiare convivente è (quasi) sempre valida

Secondo gli Ermellini non in tutti i casi è applicabile il principio di affidamento sul quale riposa la validità ed efficacia della notifica eseguita nella dimora a mani del familiare convivente che presuppone che il familiare assente sarà reso edotto della notifica a lui diretta.

Sul punto la Cassazione con sentenza n. 53650/17, depositata il 28 novembre. La vicenda. I Giudici di merito avevano condannato l’imputato per il reato di violenza e minaccia al pubblico ufficiale di cui all’art. 336 c.p Il condannato ricorre in Cassazione deducendo la nullità della sentenza di condanna poiché il decreto di citazione a giudizio per l’udienza di primo grado veniva notificato, a mezzo posta, alla madre dello stesso qualificatasi come convivente familiare. In realtà il ricorrente sostiene la nullità della notifica, e la conseguente impossibilità di regolare istaurazione del contradditorio, in quanto il medesimo era stato allontano da più di un anno dal domicilio delle madre a seguito di un arresto per il delitto di maltrattamenti in famiglia. Cessazione di qualsivoglia contatto con i familiari. La Cassazione ha rilevato la fondatezza delle deduzioni difensive, in quanto la misura di allontanamento dalla casa familiare con il divieto di farvi rientro ha comportato una mera interruzione delle convivenza . La Corte ha osservato che, nel caso di specie, sussiste la cessazione di ogni contatto con i familiari ed, inoltre, il fatto che la notifica sia eseguita nella dimora della madre, la quale era persona offesa del reato di maltrattamenti, comporta il venir meno del principio dell’affidamento sul cui si basa la validità delle notifica eseguita nella dimora a mani di un familiare convivente, il quale si presume dia notizia della notifica all’interessato. Per queste ragioni la Suprema Corte annulla la sentenza e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale per l’ulteriore seguito.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 10 ottobre – 28 novembre 2017, n. 53650 Presidente Rotundo – Relatore Giordano Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. F.R. , con ricorso sottoscritto dal difensore di fiducia e di seguito sintetizzato ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., impugna con unico motivo, la sentenza indicata in epigrafe che ne ha confermato la condanna alla pena di mesi sei di reclusione per il reato di cui all’art. 336 cod. pen., commesso in omissis . 2. Il ricorrente deduce la nullità della sentenza e di quella di primo grado per violazione degli artt. 178, comma 1, lett. c , 179 e 185 cod. proc. pen. poiché il decreto di citazione a giudizio per l’udienza del 6 giugno 2014, in primo grado, gli veniva notificato, a mezzo posta, con raccomandata consegnata il 21 gennaio 2014 alla madre dell’imputato, signora S.A. , dichiaratasi familiare convivente. In realtà, sebbene il F. risultasse residente nel domicilio ove era stata eseguita la notifica - cioè in omissis -, fin dal 3 gennaio 2013 era stato allontanato dall’abitazione familiare con divieto di far rientro nell’abitazione dei genitori a seguito di arresto per il delitto di maltrattamenti in famiglia. Assume, pertanto, che le concrete modalità di notifica, incidendo sulla vocatio in iudicium, mai venuta a sua conoscenza, avevano impedito la regolare instaurazione del contraddittorio e determinato la nullità della sentenza di primo grado, denunciata in appello, e di quella oggetto di impugnazione, che erroneamente aveva disatteso la proposta eccezione. 3. Il ricorso è fondato e deve trovare accoglimento con annullamento della sentenza impugnata e di quella di primo grado. Rileva, ai fini della fondatezza delle deduzioni difensive, la circostanza che il F. era stato allontanato dalla casa familiare con il divieto di farvi rientro, misura che ha comportato non una mera interruzione della convivenza o il suo temporaneo allontanamento dal domicilio, ma la cessazione di qualsivoglia contatto dell’imputato con i propri familiari, in dipendenza della misura. A differenza di altre ipotesi pure esaminate nella giurisprudenza di questa Corte cfr. Sez. 1, n. 7046 del 01/02/2005, Dilernia, Rv. 230926 e tenuto conto che la madre convivente alla quale era stata eseguita la notifica era persona offesa del delitto di maltrattamenti per il quale la misura dell’allontanamento era stata disposta, viene meno, in tal caso, il principio dell’affidamento sul quale riposa la validità ed efficacia della notifica eseguita nella dimora a mani di familiare convivente, principio secondo il quale il familiare assente sarà reso edotto della notifica a lui diretta. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nonché quella di primo grado del Tribunale di Cagliari in data 30 marzo 2015 e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Cagliari per l’ulteriore seguito.