Lesioni personali contro il persecutore: una condotta ingiustificata

Le lesioni personali aggravate cagionate al persecutore, da parte del soggetto che subisce le persecuzioni, non configurano la causa di giustificazione della legittima difesa.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 53313/17, depositata il 23 novembre. Il caso. Il Tribunale di Milano condannava l’imputato per lesioni personali aggravate ai danni di una giovane, a suo dire per legittima difesa, in considerazione dell’attività persecutoria da questa posta in essere nei confronti dell’imputato. La Corte d’Appello di Milano, riformava la sentenza del giudice di prime cure riducendo la pena. Nonostante ciò, l’imputato ricorreva per cassazione lamentando l’omessa valutazione della deposizione di un teste che confermava le continue persecuzioni perpetrate dalla donna e la mancata acquisizione degli atti di denuncia-querela sporti dall’imputato. La legittima difesa. La Suprema Corte nega la sussistenza della legittima difesa in relazione alla condotta dell’imputato. Difatti, tale causa di giustificazione ricorre solamente in presenza di una proporzione tra offesa e difesa nel caso di specie, l’attività persecutoria invocata non vale a giustificare le lesioni personali aggravate inflitte dall’imputato consistenti nell’averla colpita con calci e pugni al volto . La mancata acquisizione della denuncia-querela. Il Supremo Collegio evidenzia che, contrariamente a quanto riportato dal ricorrente, la sentenza impugnata aveva già dato atto delle denunce sporte dall’imputato nei confronti della persona offesa, che infatti, era stata escussa ex art. 210 c.p.c. Esame di persona imputata in un procedimento connesso . Perciò la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 ottobre – 23 novembre 2017, n. 53313 Presidente Settembre – Relatore Catena Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Milano in composizione monocratica in data 07/02/2014 - con cui M.G. era stato condannato a pena di giustizia in relazione al delitto di cui agli artt. 582, 585 cod. pen., perché colpiva A.S. al volto, nonché con calci e pugni, causandole una contusione di sedi multiple con frattura composta delle ossa nasali proprie, giudicata guaribile in giorni dieci in omissis - previa esclusione del contestato nesso teleologico, riduceva la pena. 2. Con ricorso depositato il 23/04/2017 M.G. , a mezzo del difensore di fiducia Avv.to Patrizia De Natale, ricorre per 2.1. vizio di motivazione, ex art. 606, lett. e , cod. proc. pen., sotto l’aspetto del travisamento della prova, costituita, in particolare, dalla omessa valutazione della deposizione della teste T. , che avrebbe sostenuto la versione difensiva rappresentata dalla persecuzione posta in essere dalla persona offesa ai danni dell’imputato, rendendo, in tal modo, credibile che questi si fosse difeso in particolare, sarebbe stata omessa la valutazione della deposizione della T. nella parte in cui la teste aveva riferito specifiche circostanze indicate in ricorso - a sostegno dell’inattendibilità della persona offesa, come si evince dal verbale trascrittivo integrale della deposizione della teste, allegato al ricorso emergerebbe, inoltre, da una complessiva valutazione di detta deposizione, un atteggiamento ossessivo ed anche violento dell’A. nei confronti del M. , con totale verosimiglianza di una reazione difensiva da parte di quest’ultimo 2.2. inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, ex art. 606, lett. c , cod. proc. pen., in relazione all’art. 237 cod. proc. pen., in quanto nel giudizio di primo grado l’A. era stata escussa ex art. 210 cod. proc. pen., a seguito delle numerose querele sporte nei suoi confronti nel corso dell’esame la persona offesa, dopo aver risposto ad alcune domande, a seguito di contestazioni del pubblico ministero, si avvaleva della facoltà di non rispondere e, tuttavia, non venivano acquisiti gli atti di denuncia-querela su cui si era basato l’esame ex art. 210 cod. proc. pen., nonostante specifica richiesta ribadita con l’atto di appello, respinta dalla Corte territoriale in quanto la documentazione è stata ritenuta tardivamente prodotta, nonostante si trattasse di documentazione proveniente dall’imputato e, come tale, acquisibile senza limiti temporali ed anche d’ufficio, ex art. 237 cod. proc. pen Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. La sentenza impugnata ha affermato che la documentazione di cui la difesa aveva chiesto l’acquisizione era stata tardivamente prodotta, che il P.G. non aveva prestato il consenso e che, comunque, si trattava di documentazione non indispensabile, in quanto il giudizio aveva ad oggetto il solo episodio del omissis . In ogni caso, la sentenza impugnata ha dato atto delle denunce sporte dall’imputato nei confronti della persona offesa, che, infatti, era stata escussa ex art. 210 cod. proc. pen. la A. , inoltre, in relazione ad alcune domande formulate nel corso dell’esame del pubblico ministero, si era avvalsa della facoltà di non rispondere, per cui la sua deposizione era stata valutata con cautela dal primo giudice, che aveva limitato la condanna al solo episodio del OMISSIS , rispetto al quale la persona offesa - come si evince dalla motivazione della sentenza -, comunque si era avvalsa della facoltà di non rispondere. Quindi la sentenza ha analizzato la deposizione della teste T.G. , riportando anche affermato di non spesso ubriaca. Quanto all’episodio di lesioni, la sentenza ha riferito dell’intervento dell’ambulanza e della documentazione sanitaria redatta, affermando come, anche volendo prescindere dalle dichiarazioni della persona offesa, non vi fosse incertezza sull’autore del reato, atteso che lo stesso imputato non aveva negato la sua responsabilità. La Corte di merito ha poi affermato che il M. non avesse indicato elementi specifici a suo favore, al di là della generica tesi difensiva, peraltro smentita dalla natura e dalla tipologia delle lesioni, che rendevano evidente l’uso di una condotta concretamente offensiva, al di là, quindi, della mera difesa personale. La sentenza di primo grado, a sua volta, aveva affermato che - secondo quanto riferito dalla teste T. - l’A. era stata sua ospite per circa tre anni, nel corso delle quali ella aveva riferito delle violenze subite, alle quali la T. , peraltro, non aveva creduto perché la ragazza era spesso ubriaca, pur avendo spesso visto dei lividi sulle gambe della A. , che riferiva di essere stata picchiata dal M. quest’ultimo, però, in un’occasione, aveva detto che la ragazza si era procurata le lesioni nel tentativo di scavalcare il cancello per penetrare nella sua abitazione. Anche il primo giudice aveva riferito della versione resa dall’imputato in merito all’episodio del OMISSIS , definendola come fantasiosa, atteso che il M. aveva riconosciuto di aver procurato le lesioni alla T. , in quanto, mentre si trovava al bar con degli amici, aveva sentito qualcuno colpirlo alle spalle con calci e pugni e, resosi conto che era la sua ex fidanzata, si era diretto a casa senza reagire ciò nondimeno, l’A. lo aveva seguito ed aggredito di nuovo ed egli, nel divincolarsi, aveva inavvertitamente colpito la donna. In riferimento a detta versione il primo giudice aveva affermato che essa contrastava palesemente con il certificato medico, attestante non solo la frattura del setto nasale, ma anche contusioni di sedi multiple, non compatibili con il gesto inavvertito posto in essere dal M. , secondo quanto da questi riferito. La stessa T. , inoltre - aveva proseguito il primo giudice, che aveva espressamente ritenuto la stessa una teste non compiacente - aveva visto dette lesioni, ed aveva appreso dalla persona offesa che a causargliele era stato l’imputato. Secondo la diversa prospettazione difensiva contenuta in ricorso, inoltre, l’imputato avrebbe reagito a condotte ossessive ed anche aggressive reiterate nel tempo, da parte dell’A. , apparendo evidente come detta versione sia del tutto eccentrica rispetto a quanto sostenuto dallo stesso imputato in primo grado in relazione allo specifico episodio di lesioni a lui ascritto. La sentenza impugnata, a sua volta, dà sufficientemente, anche se sinteticamente, conto della circostanza che la T. non avesse creduto a quanto riferitole dalla A. , per cui non sembra sussistere alcuna omissione circa la valutazione della detta deposizione. In ogni caso, l’affermazione di responsabilità dell’imputato risulta essenzialmente basata sulla sua stessa ammissione dei fatti, rispetto alla quale non appare rilevante la deposizione della T Ciò che la Corte territoriale esclude, in ogni caso, è la sussistenza della scriminante dell’eccesso colposo di legittima difesa, in considerazione della natura delle lesioni refertate alla persona offesa. Detta valutazione appare del tutto incensurabile dal punto di vista logico, anche considerato quanto pacificamente affermato da questa Corte regolatrice in relazione all’accertamento della proporzione e della necessità della legittima difesa, anche putativa, da effettuare con giudizio ex ante, alla luce delle circostanze di fatto al momento della reazione, restando del tutto irrilevanti gli stati d’animo ed i timori personali ne consegue che l’assenza dei presupposti della scriminante in esame impedisce anche di ravvisare l’eccesso colposo Sez. 4, sentenza n. 33591 del 03/05/2016, Bravo, Rv. 267473 Sez. 1, sentenza n. 18926 del 10/04/2013, Paoletti ed altro, Rv. 256017 Sez. 1, sentenza n. 13370 del 05/03/2013, R., Rv. 255268 Sez. 5, sentenza n. 26172 del 11/05/2010, P., Rv. 247898 Sez. 5, sentenza n. 2505 del 14/11/2008, dep. 21/01/2009, P.G. in proc. Diari ed altri, Rv. 242349 . In ogni caso va ricordato che il requisito della proporzione tra offesa e difesa viene meno nel caso di conflitto fra beni eterogenei, allorché la consistenza dell’interesse leso - l’integrità fisica della persona - sia molto più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali, di quelli difesi - la tranquillità personale, l’integrità dei beni, l’onore ed il decoro -, ed il danno inflitto con l’azione difensiva abbia un’intensità e un’incidenza di gran lunga superiore a quella del danno cagionato Sez. 1, sentenza n. 47117 del 26/11/2009, Carta, Rv. 245884 . Nel caso in esame, quindi, appare evidente la sproporzione tra le lesioni cagionate alla persona offesa e la condotta ossessiva che dalla stessa sarebbe stata tenuta nei confronti del M. , senza considerare che questi, in ricorso, ha sostenuto una versione - quella della necessità di difendersi dall’ossessività della sua ex fidanzata - anche parzialmente diversa dalla versione di cui dà atto la sentenza di primo grado. Ne risulta, quindi, l’estrema genericità delle argomentazioni poste a fondamento del ricorso e l’inconferenza delle stesse, che non appaiono aver considerato in maniera adeguata l’impianto motivazionale delle sentenze di merito. Ne discende, pertanto, l’inammissibilità del ricorso, con condanna, ex art. 616 cod. proc. pen., del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.