Famiglia numerosa occupa abusivamente l’immobile: non c’è stato di bisogno nel furto di corrente

Nell’ipotesi di immobile occupato abusivamente, non può riconoscersi la scriminante dello stato di bisogno per il reato di furto di energia elettrica in presenza di recidiva, nè in ragione dell’elevato nucleo familiare a carico dell’agente.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 53151/17, depositata il 22 novembre. Il caso. Il Tribunale di Palermo e, successivamente, la Corte d’Appello della medesima città condannavano l’imputato per il reato di furto di energia elettrica, riconoscendone altresì la recidiva. L’imputato ricorreva per cassazione lamentando il mancato riconoscimento dello stato di bisogno economico che lo avrebbe indotto al furto, anche in considerazione del suo nucleo familiare composto da cinque figli di minore età. La regola sullo stato di bisogno. La Suprema Corte rileva che affinché possa applicarsi la scriminante dello stato di necessità è necessaria la ricorrenza del pericolo attuale di un danno grave alla persona – non volontariamente causato dall’agente – eliminabile solo attraverso l’atto penalmente illecito. Ora, la Corte evidenzia che il furto di energia elettrica avvenne successivamente all’occupazione abusiva di un’abitazione, alla quale era stata peraltro interrotta la somministrazione di energia per morosità e che, in aggiunta, l’agente avrebbe potuto ovviare alla circostanza di disagio attraverso comportamenti non criminalmente rilevanti. Dunque, non sussistendo il presupposto per la concessione della scriminante dello stato di bisogno economico, ossia il pericolo attuale di un danno grave alla persona, ed essendo stato il ricorrente più volte condannato in passato per il medesimo furto, i Giudici di legittimità escludono l’applicabilità della scriminante e confermano la recidiva. La Corte quindi dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 28 settembre – 22 novembre 2017, n. 53151 Presidente Romis – Relatore Bellini Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. L.C.N. ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo di conferma della decisione del Tribunale di Palermo che lo aveva ritenuto colpevole del reato di furto di energia elettrica e, con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle contestate circostanze aggravanti mezzo fraudolento e bene destinato a pubblico servizio e alla recidiva, con la riduzione per la scelta del rito, lo condannava alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 200,00 di multa. 2. Il ricorrente deduce violazione di legge penale in ragione dell’omesso riconoscimento della causa di giustificazione dello stato di necessità laddove la sottrazione dell’energia elettrica era giustificato dallo stato di indigenza e dalla necessità di assistenza della propria famiglia composta da cinque figli minori di cui un neonato. Con una ulteriore articolazione si doleva della mancata esclusione della recidiva, laddove il giudice di merito si era limitato a considerare la mera reiterazione nel crimine senza alcun riferimento al fatto che il reato manifestasse maggiore riprovevolezza quale conseguenza dei trascorsi criminali. 3. I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. 3.1 Il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità - e analizza in maniera del tutto congrua ed esente da vizi logici la questione sollevata, escludendo che nel caso in specie ricorressero i presupposti dello stato di necessità sotto il profilo della cogenza e della attualità del pericolo di danno alla persona. 3.2 Sul punto la giurisprudenza del S.C. è concorde nell’escludere efficacia scriminante allo stato di bisogno economico, qualora allo stesso possa comunque ovviarsi attraverso comportamenti non criminalmente rilevanti sez. III, 11.5.2016, Mbaye, Rv. 267640 , laddove l’esimente dello stato di necessità postula il pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo non volontariamente causato dall’agente, eliminabile esclusivamente mediante l’atto penalmente illecito, laddove nel caso in specie l’allaccio abusivo avvenne a seguito di occupazione abusiva di abitazione privata e pertanto in una condizione di genetica antidoverosità , cui aveva fatto seguito l’interruzione della somministrazione dell’energia elettrica per morosità sez. F., 31.8.2017 n. 39884 esclude che la mancanza di energia elettrica comporti un pericolo attuale di danno grave alla persona, trattandosi di bene non indispensabile per la vita , e avendo comunque il giudice territoriale rappresentato come il L.C. non avesse attivato tutti i possibili canali per ottenere dalle pubbliche istituzioni i sussidi e gli strumenti di tutela per le famiglie numerose e bisognose con minori a carico. 4. Assolutamente infondato è poi il motivo di ricorso relativo alla recidiva avendo il giudice di appello ampiamente e logicamente rappresentato pagine 8 e 9 della sentenza come il reato in questione rappresentava l’ennesimo furto perpetrato dall’odierno appellante senza che si rilevi una discontinuità con il passato, una soluzione di continuità che induca a ritenere che l’imputato non viva di espedienti e non tragga i mezzi di sostentamento dalle continue azioni criminose. 4.1 Con condivisibile argomentazione, del tutto priva di contraddizioni, era poi a rilevare che la condotta di cui al presente procedimento traeva scaturigine ed espressione nel passato criminoso del L.C. , in quanto appare idonea a rilevare la maggiore capacità a delinquere, poiché essa discende dalle modalità dell’azione delittuosa, come illustrata, che denota spregiudicatezza ed abitudinarietà nel commettere reati, non senza una previa organizzazione e messa a punto per assicurarsi il buon esito. Attraverso tali lineari e logiche argomentazioni il giudice di appello ha perfettamente corrisposto agli oneri motivazionali richiesti, in relazione al riconoscimento della recidiva facoltativa S.U. 27.5.2010 n. 35738 Calibè ed altro, Rv. 247839 . 5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 , alla condanna dee ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila Euro alla cassa delle ammende.