La ricevitoria che riscuote e non versa allo Stato…

Il mancato versamento all’erario delle somme riscosse dalle ricevitorie per il pagamento delle tasse automobilistiche costituisce peculato.

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 52729/17, depositata il 20 novembre. Il caso. La Corte d’Appello di Trieste confermava la sentenza del Tribunale della medesima città, con la quale veniva condannata la titolare di una ricevitoria per essersi appropriata delle somme riscosse per il pagamento delle tasse automobilistiche. La titolare della ricevitoria propone ricorso per cassazione domandando l’annullamento della sentenza, deducendo che il reato di peculato contestatole non potesse configurarsi per un semplice ritardo nel versamento delle somme all’erario e che, in ogni caso, non aveva ricevuto né costituzione in mora né tantomeno il termine per il versamento era spirato. In aggiunta, ribadiva di aver acceso una fideiussione per dare maggiore garanzia dei propri versamenti nelle casse dello Stato. In via subordinata, la ricorrente domandava la riqualificazione del reato contestatole in peculato d’uso. La configurabilità del peculato. Il Supremo Collegio evidenzia che il peculato è un c.d. reato istantaneo, ossia un illecito penale che si consuma nel momento stesso in cui l’agente entra in possesso di un bene altrui per ragioni d’ufficio, disponendone uti dominus . In altre parole, il reato si consuma, come nel caso di specie, quando il titolare della ricevitoria prende possesso del denaro omettendone il versamento nelle casse dell’erario entro il giorno stesso della riscossione o comunque entro il giorno a tal fine stabilito nel caso degli intermediari alla riscossione è quello successivo alla fine della settimana contabile che va convenzionalmente dal mercoledì al martedì . Risulta inoltre agli atti che la ricorrente non solo non aveva versato le somme riscosse, ma che la stessa era stata altresì costituita in mora tramite raccomandata e che aveva provveduto ad un pagamento parziale dell’importo dovuto. Pertanto, risultano provate tanto la volontarietà della condotta di confusione di denaro pubblico con quello della ricorrente nonché la destinazione di esso ad uso personale. Il valore della fideiussione e il peculato d’uso. Secondo quando stabilito dai Giudici di legittimità, la circostanza che la ricorrente avesse acceso una fideiussione è irrilevante, giacché può assumere valore solo in ambito civile ed amministrativo. Per quanto attiene alla riqualificazione del reato, la Corte afferma che non sussistono i presupposti per il peculato d’uso, in quanto non è configurabile con riferimento alle cose di quantità rispetto alle quali sarebbe possibile soltanto la restituzione del tantundem . La Corte dunque dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 settembre – 20 novembre 2017, n. 52729 Presidente Ippolito – Relatore Bassi Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Trieste ha confermato la sentenza del 27 gennaio 2015, con la quale il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trieste ha condannato M.D. per il reato di cui agli artt. 81, comma secondo, e 314 cod. pen., per essersi appropriata, quale titolare di una ricevitoria omissis , di somme riscosse quale pagamento delle tasse automobilistiche. 2. M.D. ricorre avverso il provvedimento, a mezzo del difensore di fiducia Avv. C.P., e ne chiede l’annullamento per un unico motivo con il quale deduce la violazione di legge penale ed il vizio di motivazione in relazione all’art. 314, commi primo e secondo, cod. pen La ricorrente evidenzia come, nella specie, faccia difetto l’appropriazione che sostanzia la materialità del delitto di peculato là dove, per un verso, si versa in un caso di vuoto di cassa da parte di un soggetto privato che ha assunto la qualifica di pubblico ufficiale e, pertanto, di un semplice ritardo nel versamento delle somme, non potendosi il reato ritenere consumato fintantoché non vi sia stata la messa in mora o sia scaduto il termine prescritto per il versamento per altro verso, l’imputata aveva acceso una fideiussione a prima richiesta, sicché l’obbligazione di versare all’erario le somme non ha mai perso la connessione funzionale con l’interesse dell’amministrazione ad assicurarsi l’effettivo incasso delle spese da parte dell’agenzia delle entrate sic . Ad ogni modo, il denaro è un bene fungibile sicché, stante l’accessione della fideiussione, fa comunque difetto il dolo. In via subordinata, la ricorrente evidenzia come il fatto possa essere qualificato come peculato d’uso. 3. Il ricorso è inammissibile. 4. La ricorrente sottopone al vaglio di questa Corte le stesse identiche doglianze già poste a base del gravame e non si confronta con le risposte date dai giudici di merito nelle sentenze di condanna di primo e di secondo grado c.d. doppia conforme . 5. Con motivazioni puntuali nell’ancoraggio alle emergenze processuali e conformi a logica, i decidenti di merito hanno difatti evidenziato, in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte, come il peculato sia reato istantaneo, che si consuma nel momento stesso in cui l’agente, entrato in possesso di un bene altrui per ragioni d’ufficio, ne dispone uti dominus e come pertanto il reato si consumi nel momento in cui pubblico funzionario non versa le somme nelle casse dell’ente pubblico entro il giorno stesso della riscossione o comunque entro il giorno tal fine stabilito nel caso degli intermediari alla riscossione è quello successivo alla fine settimana contabile che va convenzionalmente dal mercoledì al martedì . Ne discende che anche il semplice ritardo nel versamento delle somme riscosse vale ad integrare il delitto in oggetto. In particolare, si è affermato che integra il delitto di peculato la condotta del soggetto autorizzato alla riscossione delle tasse che omette di versare le somme di denaro ricevute nell’adempimento della funzione pubblica di riscossione, atteso che quel denaro entra nella disponibilità della P.A. nel momento stesso della consegna all’incaricato dell’esazione. Fattispecie relativa all’appropriazione di somme di denaro da parte di un gestore di un agenzia di pratiche automobilistiche autorizzato alla riscossione delle tasse regionali . Sez. 6, n. 45082 del 01/10/2015, Marrocco, Rv. 265342 . Giova inoltre ribadire che, secondo i principi consolidati di questa Corte di legittimità, nel delitto di peculato il concetto di appropriazione comprende anche la condotta di distrazione in quanto imprimere alla cosa una destinazione diversa da quella consentita dal titolo del possesso significhi esercitare su di essa poteri tipicamente proprietari e, quindi, impadronirsene Sez. 6, n. 25258 del 04/06/2014, Pg in proc. Cherchi e altro, Rv. 260070 . 5.1. Nel caso di specie, la M. non solo non aveva versato le somme entro il termine convenzionalmente stabilito, ma era stata messa in mora con raccomandata con la quale veniva invitata al pagamento di 21.580 Euro non riversati relativi a tre settimane contabili, raccomandata seguito della quale l’imputata si limitava ad un versamento parziale di 5900 Euro. Come evidenziato dai Giudici della cognizione, l’imputata destinava le somme della pubblica amministrazione al soddisfacimento di esigenze personali, segnatamente il pagamento del canone d’affitto del bar. 6. Immune da vizi logico giuridici coltivabili in questa sede è il compendio argomentativo sviluppato dal Collegio del gravame in ordine all’elemento soggettivo del reato integrato dal dolo generico e dunque dalla coscienza e volontà di appropriarsi di denaro o cosa mobile altrui a prescindere dal fine di trarne profitto , là dove ha congruamente evidenziato come risultino provate tanto la volontarietà della condotta di confusione del denaro pubblico con il proprio, quanto la destinazione di esso al soddisfacimento di esigenze diverse da quelle pubbliche. 7. Ineccepibile è anche il passaggio della motivazione nel quale i Giudici della cognizione hanno rilevato l’irrilevanza ai fini della integrazione del delitto del fatto che la M. avesse acceso una fideiussione attivatasi non appena si era verificato il mancato versamento delle tasse riscosse. 7.1. La fideiussione costituisce una garanzia legale di pagamento posto a tutela della pubblica amministrazione per il servizio di riscossione delle tasse automobilistiche. L’istituto assume rilevanza soltanto sul piano civile ed amministrativo - tenendo indenne l’ente creditore in caso di mancato versamento del dovuto da parte del pubblico ufficiale - e non assume nessun rilievo sul piano penale, là dove, per un verso, siffatta garanzia si attiva una volta che il versamento non sia stato compiuto dal pubblico ufficiale e, dunque, una volta che il reato di peculato - in quanto istantaneo - si sia già perfezionato per altro verso, la stipula di tale contratto non è tale da conferire al pubblico ufficiale stipulante una sorta di patente ad appropriarsi impunemente delle somme altrui . 8. Conforme al costante insegnamento di questa Corte è ritenuta insussistenza dei presupposti per il peculato d’uso, che non è configurabile con riferimento alle cose di quantità rispetto le quali sarebbe possibile soltanto la restituzione del tantundem ex plurimis Sez. 6, n. 49474 del 04/12/2015, Stanca, Rv. 266242 . 9. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in 2.000,00 Euro. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della cassa delle ammende.