Il termine di 3 mesi per il pagamento del debito tributario residuo è obbligatorio o facoltativo?

Causa di non punibilità e rateizzazione in corso il termine di 3 mesi per il pagamento integrale del debito tributario deve essere concesso anche qualora sia già stato aperto il dibattimento.

La Corte di Appello conferma la condanna relativa al reato di omesso versamento IVA ex art. 10- ter , d.lgs. numero 74/2000, commesso con riferimento al periodo di imposta 2009. In data antecedente all’entrata in vigore delle modifiche apportate alla disciplina della causa di non punibilità per pagamento del debito tributario ex art. 13, d.lgs. numero 74/2000, l’imputato conclude con l’Amministrazione finanziaria un accordo per la rateizzazione del dovuto, con il quale si prevede che il pagamento dell’ultima rata avvenga entro il 31 maggio 2017. La Corte di Appello rigetta l’istanza di rinvio proposta dall’imputato ai sensi del comma 3, ritenendo la novella non applicabile qualora l’estinzione del debito non avvenga prima dell’apertura del dibattimento. Con la sentenza numero 52640/2017 la Sezione Terza della Corte di legittimità cassa con rinvio la pronuncia impugnata ed enuncia il seguente principio di diritto In tema di reati tributari, la causa sopravvenuta di non punibilità contemplata dall’art. 13, d.lgs. 74/2000, come sostituito dall’art. 11, d.lgs. numero 158/2015 – per la quale i reati di cui agli artt. 10- bis , 10- ter e 10- quater del decreto 74/2000 non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti – è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. numero 158/2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento, e quindi deve concedersi il termine di tre mesi nelle ipotesi di rateizzazione in corso del debito tributario, per il pagamento del debito residuo termine obbligatorio e non facoltativo come il secondo termine di tre mesi . La causa di non punibilità è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della novella. In base all’art. 13, d.lgs. numero 74/2000, come sostituito dall’art. 11, d.lgs. numero 158/2015, 1. I reati di cui agli articoli 10- bis , 10- ter e 10- quater , comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso. 2. I reati di cui agli articoli 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. 3. Qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dell’applicabilità dell’art. 13- bis , è dato un termine di 3 mesi per il pagamento del debito residuo. In tal caso la prescrizione è sospesa. Il Giudice ha facoltà di prorogare tale termine una sola volta per non oltre 3 mesi, qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione . Il Collegio rileva che tale disciplina è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della novella anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento. In applicazione di questo principio la Suprema Corte ha ritenuto ammissibile la rilevabilità della suddetta causa di non punibilità anche nel giudizio di legittimità, rinviando al giudice di merito per la valutazione circa la sussistenza in concreto delle condizioni previste dall’art. 13, d.lgs. numero 74 del 2000 Cass., sez. III penumero , numero 40314/2016 Cass., sez. III pen, numero 15237/2017 . Gli effetti della causa di non punibilità devono essere parificati anche nei casi in cui sia stata superata la preclusione della dichiarazione di apertura del dibattimento. L’integrale pagamento dei debiti tributari ha oggi efficacia estintiva e non più soltanto attenuante. La diversa natura giuridica e l’efficacia estintiva del reato implicano, nei procedimenti in corso al momento dell’entrata in vigore della novella, la necessità di una parificazione degli effetti della causa di non punibilità, anche nei casi in cui sia stata superata la preclusione della dichiarazione di apertura del dibattimento. Secondo la Suprema Corte, il riconoscimento di una efficacia estintiva del reato, infatti, va inquadrata nel diverso fenomeno della degradazione dell’illecito penale in ragione di condotte susseguenti al reato, nel caso di specie di carattere restitutorio, che rispondono alla differente logica incentivante e premiale il nuovo istituto, ancorché espressione evidente di esigenze di deflazione del processo penale, costituisce il frutto di una valutazione legislativa sull’opportunità di punire l’autore di un fatto antigiuridico colpevole a fronte di una condotta reintegrativa ex post del bene giuridico leso . Il Collegio si pone in una ottica costituzionale quando osserva che la condotta restitutoria [] assume rilievo nell’esclusione della finalità rieducativa o risocializzante assegnata alla sanzione penale dalla Costituzione art. 27, comma 3, Cost. e che la pena astrattamente prevista non ha più ragione di essere applicata allorquando la condotta restitutoria susseguente implichi il venir meno della funzione rieducativa ad essa assegnata . Ne consegue che nei procedimenti in corso, anche se sia stato oltrepassato il limite temporale di rilevanza previsto dalla norma, l’imputato debba essere considerato nelle medesime condizioni fondanti l’efficacia della causa estintiva , pena la violazione del principio di uguaglianza. A ciò si aggiunga che la preclusione assegnata, in maniera non irragionevole, ad un momento della scansione processuale, non può operare allorquando, in applicazione del principio del favor rei , la più favorevole disciplina – introdotta in pendenza del procedimento, ed allorquando la scansione era stata già superata – debba essere applicata agli imputati che hanno provveduto al pagamento integrale del debito tributario . La Corte di Cassazione respinge l’obiezione secondo cui la preclusione era contemplata anche in relazione alla previgente fattispecie attenuante, osservando che l’efficacia estintiva ora prevista è diversa e più ampia dell’efficacia attenuante, da essa dipendendo la stessa punibilità, e non solo la misura della pena . Il termine di 3 mesi per il pagamento del debito tributario residuo è obbligatorio e non facoltativo. Il novellato art. 13, d.lgs. numero 74/2000 prevede una causa sopravvenuta di non punibilità ciò vuol dire che il soggetto non è punito se elimina l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice se pone in essere un comportamento successivo alla commissione del reato nel caso di specie, il pagamento integrale del debito tributario . La ratio risiede nell’interesse concreto a incentivare comportamento antagonisti al fatto criminoso. Il comportamento del reo deve essere tenuto entro il termine individuato dal Legislatore. L’operatività di tale meccanismo è infatti garantita soltanto quando lo stato di sofferenza del bene giuridico è materialmente eliminabile e quando il legislatore giudichi particolarmente efficace l’intervento antagonistico da parte dell’autore del fatto . Il termine può essere riferito a una fase processuale o ad altre evenienze extraprocessuali, ma è sempre un termine sostanziale , anche qualora sia per praticità inserito all’interno della scansione temporale del processo esso infatti è connaturale alla causa sopravvenuta di non punibilità. L’art. 13, d.lgs. numero 74/2000 contiene una doppia previsione, la prima di natura sostanziale – il pagamento del debito che estingue il fatto-reato commesso prima della sua entrata in vigore – e una processuale – il pagamento prima dell’apertura del dibattimento –. Il comma 3 prevede un rinvio dovuto è dato” nelle ipotesi di rateizzazione in corso – come nel caso sub iudice – mentre solo il secondo termine è facoltativo, se ritenuto necessario dal giudice.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 26 settembre – 20 novembre 2017, numero 52640 Presidente Di Nicola – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. Con sentenza della Corte di appello di Milano, del 30 novembre 2016, è stata confermata la decisione del Tribunale di Milano del 28 ottobre 2014, che aveva condannato G.G.M. alla pena di mesi 5 di reclusione relativamente al reato di cui all’art. 10 ter, d.lgs. 74/2000 omesso versamento IVA per Euro337.517,00 reato commesso il 27 dicembre 2010, anno di imposta 2009. 2. L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, tramite difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. penumero . 2.1. Violazione di legge, art. 13, comma 3, d.lgs. 74/2000, art. 2, cod. penumero e 3. Costituzione vizio di motivazione sul punto della retroattività della legge più favorevole. Secondo l’accordo di rateizzazione stabilito con l’agenzia delle entrate in data antecedente la modifica dell’art. 13, d.lgs. 74/2000 il debito tributario sarà estinto mediante pagamento dell’ultima rata il 31 maggio 2017. La Corte di appello rigettava l’istanza di rinvio proposta ex art. 13, comma 3, d.lgs. 74/2000 ritenendo che la causa di non punibilità del pagamento riguardava solo coloro che estinguevano il debito, prima dell’apertura del dibattimento normativa quindi non applicabile, per la Corte di appello, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. 158/2015. Il pagamento esclude la rilevanza penale della condotta, e quindi il pagamento incide sulla necessità stessa di irrogare una sanzione, non solo sul quantum della sanzione. Il pagamento elimina l’offensività. La non applicabilità della norma ai processi in corso, alla data di entrata in vigore della norma, lederebbe il principio di uguaglianza Cass. sez. 3, 28 settembre 2016, 40314 . L’art. 13, nella sua nuova formulazione è entrato in vigore tra il giudizio di primo grado e quello di appello, quando il contribuente aveva già fatto domanda di rateizzazione, mediante l’accordo con l’agenzia delle entrate. La legge più favorevole deve essere applicata retroattivamente. 2.2. Violazione di legge, art. 27, Costituzione e 10 ter, d.lgs. 74/2000 motivazione contraddittoria ed illogica sull’elemento soggettivo del reato. A fronte di una obiettiva e comprovata carenza di liquidità è stato omesso il pagamento emerge dal dibattimento che dal 2008 la ditta del ricorrente versava in una difficile situazione di dissesto economico e finanziario, anche per un rifiuto degli istituti di credito di un affidamento di circa un milione di Euro. Il ricorrente si trovò a scegliere se pagare i fornitori o adempiere il debito tributario. Si pagarono i fornitori, per consentire la sopravvivenza dell’azienda. Il versamento dell’IVA avrebbe condotto al fallimento dell’azienda. Con il rinvio degli adempimenti tributari l’azienda non è fallita. Manca pertanto il dolo nella condotta del ricorrente. Ha chiesto pertanto l’annullamento della decisione impugnata. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato, relativamente al primo motivo inammissibile nel resto, per manifesta infondatezza e genericità. In tema di reati tributari, la causa di non punibilità contemplata dall’art. 13 del D.Lgs. numero 74 del 2000, come sostituito dall’art. 11 del D.Lgs. numero 158 del 2015 per la quale i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater del decreto 74 del 2000 non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. numero 158 del 2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento. In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto ammissibile la rilevabilità della suddetta causa di non punibilità anche nel giudizio di legittimità, rinviando al giudice di merito per la valutazione circa la sussistenza in concreto delle condizioni previste dall’art. 13 del D.Lgs. numero 74 del 2000 . Sez. 3, numero 15237 del 01/02/2017 dep. 28/03/2017, Volanti, Rv. 26965301 vedi anche Sez. 3, numero 40314 del 30/03/2016 dep. 28/09/2016, Fregolent, Rv. 26780701 . L’art. 11 del d.lgs. 24 settembre 2015, numero 158, sostituendo il previgente art. 13 d.lgs. 74 del 2000, ha attribuito all’integrale pagamento dei debiti tributari, nel caso dei reati di cui agli artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater, comma 1, d.lgs. 74 del 2000, efficacia estintiva, e non più soltanto attenuante. Pur indicando nella dichiarazione di apertura del dibattimento il limite di rilevanza della causa estintiva, nel senso che, per aversi estinzione dei reati, l’integrale pagamento degli importi dovuti deve avvenire prima dell’inizio del giudizio penale, va rilevato però che la diversa natura giuridica e l’efficacia estintiva del reato implica, nei procedimenti in corso al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. 158/2015, la necessità di una parificazione degli effetti della causa di non punibilità, anche nei casi in cui sia stata superata la preclusione della dichiarazione di apertura del dibattimento. La trasformazione della fattispecie attenuante in fattispecie estintiva implica che l’integrale pagamento del debito tributario non assuma più rilevanza normativa in termini di minore gravità del reato o di indice della capacità a delinquere del soggetto il riconoscimento di una efficacia estintiva del reato, infatti, va inquadrata nel diverso fenomeno della degradazione dell’illecito penale in ragione di condotte susseguenti al reato, nel caso di specie di carattere restitutorio, che rispondono alla differente logica incentivante e premiale il nuovo istituto, ancorché espressione evidente di esigenze di deflazione del processo penale, costituisce il frutto di una valutazione legislativa sull’opportunità di punire l’autore di un fatto antigiuridico colpevole a fronte di una condotta reintegrativa ex post del bene giuridico leso. In una analisi costituzionale, la condotta restitutoria l’integrale pagamento di debito, interessi e sanzioni assume rilievo nell’esclusione della finalità rieducativa o risocializzante assegnata alla sanzione penale dalla Costituzione art. 27, comma 3, Cost. . La pena astrattamente prevista non ha più ragione di essere applicata allorquando la condotta restitutoria susseguente implichi il venir meno della funzione rieducativa ad essa assegnata. La diversa natura assegnata al pagamento del debito tributario, quale comportamento che non riguarda più soltanto l’attenuazione del trattamento sanzionatorio, ma la stessa punibilità, comporta che nei procedimenti in corso, anche se sia stato oltrepassato il limite temporale di rilevanza previsto dalla norma, l’imputato debba essere considerato nelle medesime condizioni fondanti l’efficacia della causa estintiva il principio di uguaglianza, che vieta trattamenti differenti per situazioni uguali, impone, infatti, di ritenere che, sotto il profilo sostanziale, il pagamento del debito tributario assuma la medesima efficacia estintiva, sia che avvenga prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, sia, nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. 158 del 2015, che avvenga dopo tale limite, purché prima del giudicato. La preclusione assegnata, in maniera non irragionevole, ad un momento della scansione processuale, non può operare allorquando, in applicazione del principio del favor rei, la più favorevole disciplina introdotta in pendenza del procedimento, ed allorquando la scansione era stata già superata debba essere applicata agli imputati che hanno provveduto al pagamento integrale del debito tributario. Né potrebbe obiettarsi che la preclusione era prevista anche in relazione alla precedente fattispecie attenuante, in quanto l’efficacia estintiva ora attribuita al pagamento integrale del debito tributario è diversa e più ampia dell’efficacia attenuante, da essa dipendendo la stessa punibilità, e non solo la misura della pena. L’interesse a provvedere al pagamento dell’intero debito tributario è necessariamente diverso, e più intenso, ove sia collegato ad una efficacia estintiva del reato, anziché ad una efficacia soltanto attenuante quindi, nei soli procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. 158/2015, deve ritenersi che l’imputato sia nella medesima situazione giuridica che fonda, allorquando non vi sia ancora stata l’apertura del dibattimento, l’efficacia estintiva prevista dalla nuova causa di non punibilità viceversa, si registrerebbe una disparità di trattamento in relazione a situazioni uguali in ordine alla quale sarebbe prospettabile una questione di illegittimità costituzionale. Del resto trattandosi di causa di non punibilità deve trovare piena applicazione l’art. 2, cod. penumero e l’art. 7 della CEDU retroattività della legge più favorevole . 3.1. La norma prevede, quindi, una causa sopravvenuta di non punibilità, ovvero con un comportamento successivo alla commissione del reato nel caso il pagamento integrale , che elimina l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma, il soggetto può beneficiare della non punibilità. Le cause di punibilità sopravvenute implicano un termine entro il quale deve essere tenuto il comportamento del reo è il legislatore che individua il termine relativamente alla fattispecie concreta regolata. La ratio delle cause sopravvenute di non punibilità consiste nell’interesse concreto che ha l’ordinamento ad incentivare comportamenti antagonisti al fatto criminoso il ricorso a tali cause di non punibilità è possibile quando lo stato di sofferenza del bene giuridico è materialmente eliminabile, e quando il legislatore giudichi particolarmente efficace l’intervento antagonistico da parte del’autore del fatto il pagamento, pertanto, è per l’ordinamento un motivo valido in assoluto per la causa di non punibilità . Esempi di cause sopravvenute di non punibilità sono la desistenza volontaria art. 56, comma 3, cod. penumero Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso il termine qui è dato dalla non consumazione del reato, non realizzazione dell’evento e la ritrattazione art. 376, cod. proc. penumero Nei casi previsti il colpevole non è punibile se, nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio o reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso e manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattimento. Qualora la falsità sia intervenuta in una causa civile, il colpevole non è punibile se ritratta il falso e manifesta il vero prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile il termine qui è dato in relazione agli sviluppi del processo penale e del processo civile . Altra causa sopravvenuta di non punibilità è quella dell’art. 2, comma 1 bis, d. l. 12 settembre 1983, numero 463, il pagamento delle ritenute previdenziali entro tre mesi dalla contestazione o dall’avvenuto accertamento della violazione. Il termine che il legislatore individua può essere riferito, quindi, ad una fase processuale se necessario, e pratico -, o ad altre evenienze extraprocessuali. Il termine entro il quale deve essere tenuto il comportamento del reo, per l’applicazione della causa sopravvenuta di non punibilità è, però, sempre un termine sostanziale , anche se per praticità inserito all’interno della scansione temporale del processo. Il termine è connaturale alla causa sopravvenuta di non punibilità, non è una evenienza accessoria, ma strutturale essendo causa sopravvenuta alla commissione del reato, e il termine è inoltre incentivante per il reo al comportamento riparatore antagonista . Tutti i termini previsti dalla legge nelle ipotesi di cause sopravvenute di non punibilità ricevono in questo modo una parità di trattamento , per l’applicazione dell’art. 2, cod. penumero e 7, CEDU. Distinguere a tal fine i termini delle cause sopravvenute di non punibilità in processuali se inseriti nella dinamica degli atti del processo e sostanziali se relativi a scadenze non collegate con il processo , sarebbe sicuramente incostituzionale, e contrario alla ragionevolezza, costituirebbe inoltre un’interpretazione non restrittiva della norma penale, a scapito del favor rei vedi C.edu G.C. Grigoriades V/ Grecia, 25 novembre 1997, § 38 per la considerazione del termine come processuale, vedi Sez. 3, numero 30139 del 12/04/2017 dep. 15/06/2017, Fregolent, Rv. 27046401 Nel caso di specie, il requisito normativo secondo cui tale possibilità deve essere esperita prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado ha evidentemente natura processuale e non sostanziale. Pertanto, in assenza di disciplina transitoria, opera una preclusione processuale, prevista dalla legge che non contrasta con il principio della retroattività della lex mitior sostanziale. L’art. 13 ha una doppia previsione, una di natura sostanziale il pagamento del debito che estingue il fatto-reato commesso prima della sua entrata in vigore e una processuale il pagamento prima dell’apertura del dibattimento - . Non può ritenersi una causa sopravvenuta di non punibilità parzialmente processuale relativamente al termine entro il quale deve essere tenuto il comportamento del reo , in quanto il termine come visto è connaturale e strutturale alla stessa causa di non punibilità, a volte riferito al processo e altre volte a termini extraprocessuali. 4. Nel nostro caso il ricorrente aveva chiesto alla Corte di appello l’applicazione del comma 3, dell’art. 13, d. Igs. 74/2000, ovvero il rinvio in relazione alla rateizzazione in corso, ai fini dell’integrale pagamento e dell’applicazione della causa di estinzione del reato. Il rinvio è stato negato dalla Corte di appello In primo luogo non può trovare positiva valutazione la richiesta di rinvio per beneficiare della non punibilità riservata al contribuente che abbia provveduto al versamento di tutte le somme dovute. Nessuna delle facilitazioni previste dall’art. 13, d.lgs. 74/2000 contempla infatti la possibilità per l’imputato che nemmeno può derivargli da un’interpretazione estensiva, inibita dal dato letterale della norma e dall’eccezionalità del rimedio di giovarsi di un meccanismo che può trovare ingresso unicamente alle soglie del dibattimento di primo grado . La Corte di appello non si pone proprio il problema della applicabilità della norma ai processi in corso art. 2, cod. penumero . Invece, come sopra visto, la norma deve applicarsi ai processi in corso al momento della modifica dell’art. 13, d.lgs. 74/2000, ad opera del d.lgs. 24 settembre 2015, numero 158 in G.U. 7 ottobre 2015, numero 233, S.O. . L’articolo 13, comma 3, d.lgs. 74/2000, prevede del resto un rinvio dovuto è dato nelle ipotesi di rateizzazione in corso, come nel caso in giudizio Qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dell’applicabilità dell’art. 13 bis, è dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo. In tal caso la prescrizione è sospesa. Il giudice ha facoltà di prorogare tale termine solo una volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario . Solo il secondo termine è facoltativo, se ritenuto necessario dal giudice, non il primo. Può quindi affermarsi il seguente principio di diritto In tema di reati tributari, la causa sopravvenuta di non punibilità contemplata dall’art. 13 del d.lgs. numero 74 del 2000, come sostituito dall’art. 11 del D.Lgs. numero 158 del 2015 per la quale i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater del decreto 74 del 2000 non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. numero 158 del 2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento, e quindi deve concedersi il termine di tre mesi nelle ipotesi di rateizzazione in corso del debito tributario, per il pagamento del debito residuo termine obbligatorio e non facoltativo come il secondo termine di tre mesi . 5. Implicando una questione di fatto, la sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano, affinché valuti se sussiste l’integrale pagamento dei debiti tributari, comprensivo altresì delle sanzioni amministrative e degli interessi, in applicazione dell’art. 13, d.lgs. 74/2000. 6. Il motivo ulteriore è manifestamente infondato. È pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, che nel reato di omesso versamento di Iva art. 10-ter d.lgs. numero 74 del 2000 ai fini dell’esclusione della colpevolezza è irrilevante la crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo. Sez. 3, numero 2614 del 06/11/2013, dep. 2014, Saibene, Rv. 258595 ex multis, Sez. 3, numero 8352 del 24/06/2014, dep. 2015, Schirosi, Rv. 263128 . Il ricorso, quindi, nel resto deve dichiararsi inammissibile. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilità dell’art. 13, d.lgs. numero 74 del 2000 e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.