Messaggi a raffica per spettanze retributive: pressing legittimo

Assolto definitivamente il collaboratore scolastico di un Liceo. Non punibile la scelta di bombardare la direttrice amministrativa dell’istituto per rivendicare il pagamento di alcune retribuzioni. Impossibile, secondo i Giudici, parlare di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Messaggi a ripetizione sul telefonino. Destinataria la direttrice amministrativa di un Liceo, mittente un collaboratore scolastico, che rivendica con forza il pagamento delle retribuzioni. Nonostante la donna abbia vissuto male quel pressing, non si può parlare di comportamento punibile a livello penale Cassazione, sentenza n. 51678/2017, Sezione Sesta Penale, depositata il 13 novembre 2017 . Invio. Esclusa in Tribunale l’ipotesi di molestie , l’uomo è stato ritenuto invece colpevole di esercizio arbitrario e violento delle proprie ragioni . Secondo i Giudici egli ha fatto ricorso a minacce e violenza psicologica per convincere la direttrice amministrativa della scuola a erogargli pretese spettanze retributive con fondi dell’istituto . Ma ora in Cassazione vengono cancellate completamente le accuse mosse in origine nei confronti del collaboratore scolastico. I magistrati richiamano la valutazione con cui in Tribunale si è sancito che il solo invio di alcuni messaggi, tra l’altro dal contenuto attinente ad una questione legata a problemi in sede lavorativa – problemi di cui l’uomo riteneva responsabile la direttrice – non può costituire espressione di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell’altrui sera . Passaggio successivo e logico, secondo i giudici della Cassazione, è prendere atto della mancanza di violenza o di minaccia nei messaggi telefonici. In sostanza, la condotta tenuta dall’uomo è da valutare come assolutamente corretta.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 luglio – 13 novembre 2017, n. 51678 Presidente Petruzzellis – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con sentenza 2634/2015 il Tribunale di Lecce ha assolto, perché il fatto non sussiste, Pi. Ma., collaboratore scolastico nel Liceo classico statale di Casarano dal reato ascrittogli ex artt. 81 e 600 cod. pen. capo A per molestie nei confronti della direttrice amministrativa Ma. Sp. e lo ha condannato, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ex art. 393 cod. pen. per esercizio arbitrario delle proprie ragioni con minacce e violenza psicologica alla Sp., mediante numerosi messaggi telefonici, per indurla a erogargli pretese spettanze retributive con i fondi di istituto capo B . 2. Nel ricorso di Pi. Ma. si chiede che la sentenza sia annullata per violazione di legge, essendo la sua motivazione inesistente o meramente apparente perché priva di riferimenti specifici alla fattispecie concreta. 3. Con riferimento al reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, la motivazione della sentenza impugnata pag. 2 si è limitata a riprodurre il capo di imputazione capo B e a giustapporvi apoditticamente neanche richiamando gli elementi probatori rilevanti la configurazione, in termini astratti, della fattispecie incriminatrice senza stabilire un collegamento con le circostanze del caso concreto che consenta di valutare la sussumibilità delle seconde sotto la prima, così da determinarle come fattispecie storica concreta del reato ex art. 393 cod. pen Altra parte della motivazione ha escluso la stessa sussistenza dei fatti di molestia ricondotti nel capo A delle imputazioni agli artt. 81 e 600 cod. pen. in concorso formale con quelli indicati nel capo B. osservando che il solo invio di alcuni sms tra l'altro dal contenuto attinente ad una questione legata a problemi in sede lavorativa per problemi dei quali l'imputato riteneva responsabile la Sp. non può costituire espressione di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell'altrui sfera . In definitiva, neanche da questa porzione della motivazione possono desumersi dati fattuali integranti una fattispecie storica concreta sussumibile sotto la fattispecie normativa astratta pur riconosciuta ma nei termini del tutto apodittici sopra richiamati nella sentenza impugnata manca, infatti, la configurazione di una violenza o minaccia alle persone , elemento costitutivo del reato ex art. 393 cod. pen. Per questa, insanabile carenza la motivazione risulta avulsa dalle risultanze processuali Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, Rv. 263100 e, poiché mancano i passaggi necessari dell'/ter logico seguito per pervenire alla decisione adottata Sez. 3, n. 7134 del 30/04/1998, Rv. 211210 Sez. 2, n. 10456 del 15/11/1996, Rv. 206322 Sez. 1, n. 3262 del 25/05/1995, Rv. 202133 , il vizio non è emendabile con una diversa motivazione. Ne deriva l'annullamento senza rinvio della sentenza con la formula in dispositivo. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.