L’approvazione del rendiconto deve sempre essere effettuata, anche nel caso in cui vi sia infedeltà dell’amministratore

L’eventuale sentenza di approvazione del rendiconto non preclude uno specifico autonomo accertamento da parte del giudice investito dell’azione di responsabilità.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 51710/2017, depositata il 13 novembre, ha chiarito un aspetto estremamente delicato dell’impianto normativo concernente l’approvazione del conto finale della gestione depositato da amministratori giudiziari, che abbiano violato i doveri inerenti al loro ufficio e che abbiano commesso irregolarità nella gestione e nel conto. Approvazione del rendiconto? In sostanza, pur non dubitandosi affatto della sussistenza delle irregolarità compiute, si è ciò nondimeno annullato con rinvio il provvedimento del Tribunale di prevenzione, in quanto la mancata approvazione del conto presentata dagli amministratori cessati lascia irrisolto ed incompleto l’esito del giudizio di approvazione del rendiconto e determina una stallo procedimentale, che paralizza, di fatto, l’ulteriore corso della procedura ablatoria, in quanto non risulta definito il risultato della gestione, essenziale per la fase successiva di gestione e di destinazione dei beni confiscati . Risulta insomma, in maniera del tutto condivisibile, che il procedimento di contestazione delle infedeltà compiute, così come le rettifiche da apportare in ragione dei rilievi emersi, anche a seguito di segnalazioni dei nuovi amministratori, non possono di per sé avere come conseguenza la mera mancanza dell’approvazione del conto, ma, semmai, l’approvazione di un rendiconto rettificato” con riguardo alle singole poste e voci in contestazione. Del resto, il procedimento di approvazione del rendiconto, come ha chiaramente riconosciuto la stessa Corte di cassazione, ha natura giurisdizionale e non meramente amministrativa, in quanto alla luce dell’art. 111 Cost. per sentenza non deve intendersi solo il provvedimento giurisdizionale avente tale forma, ma anche qualsiasi provvedimento che, pur diversamente qualificato, abbia, da un canto, carattere decisorio e capacità di incidere in via definitiva su situazioni giuridiche di diritto soggettivo producendo, con efficacia di giudicato, effetti di diritto sostanziale e processuale sul piano contenzioso della composizione di interessi contrapposti e, dall’altro, non sia soggetto ad alcun mezzo di impugnazione . Ma se così è, è indubbio che la decisione da adottare nel procedimento pubblico” in questione non può essere semplicemente configurata alla stregua del principio dispositivo, ma va evidentemente riferita al carattere pubblicistico del procedimento, che implica la possibilità di interventi non solo d’ufficio, ma anche la possibilità di adottare provvedimenti finali” diversi da quelli richiesti con la domanda” inizialmente proposta dall’istante. Si spiega così il dovere di intervento del Tribunale di sorveglianza in materia e la possibilità logico-giuridica di una integrazione del conto e, quindi, la possibilità di pervenire sempre ad una sua approvazione. Responsabilità degli amministratori negligenti”. Così ricostruita la sentenza in commento, come accennato, è ampiamente condivisibile anche perché ha espressamente escluso che l’approvazione del rendiconto, specie se rettificato”, possa fare stato in senso favole agli amministratori negligenti”, posto che l’eventuale sentenza di approvazione del rendiconto non preclude uno specifico autonomo accertamento da parte del giudice investito dell’azione di responsabilità . Insomma, allorché il giudice non solo penale è chiamato, come nel caso di specie, ad adottare un provvedimento univoco” ed unico”, id est a contenuto non alternativo, la sua autonomia” non viene meno e con essa la responsabilità del giudicare, poiché vi è comunque la necessità di una verifica del petitum ” e della causa petendi ” e, dunque, di una istruttoria e di una decisione il cui contenuto è sì prefissato dalla legge, ma solo astrattamente, poiché non è affatto necessitato nel suo contenuto specifico e, quindi, alla luce dal singolo caso. Il divieto del sibi non liquet ”, dunque, vale anche nel caso di specie, ove l’aspetto giurisdizionale pare affievolito dalla struttura procedimentale amministrativa. Là dove c’è un potere di giudicare, là vi è il dovere di giudicare.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 luglio – 13 novembre 2017, n. 51710 Presidente Mogini – Relatore Criscuolo Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Reggio Calabria - Sezione Misure di Prevenzione - non ha approvato il conto finale della gestione, depositato dagli amministratori giudiziari L.C.F. e S.R. , condannati in solido al pagamento delle spese processuali in favore dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati, ritenendo non superate le contestazioni formulate dai nuovi amministratori giudiziari dr. M.F. e avv. L.S. , nominati in sostituzione dei precedenti. Dopo aver premesso che, con ordinanza emessa il 28 gennaio 2014 all’esito dell’udienza camerale per l’approvazione del rendiconto, il giudice delegato aveva rimesso le parti dinanzi al collegio, ai sensi dell’art. 5 D.M. n. 293/2011 per l’udienza del 19 marzo 2014, non essendo stato raggiunto l’accordo sulle contestazioni mosse dai nuovi amministratori giudiziari, il Tribunale, respinte le eccezioni sollevate dalla difesa dei precedenti amministratori, all’esito della fase contenziosa non ha approvato il conto della gestione in ragione delle numerose e gravi irregolarità emerse nel corso della gestione degli amministratori giudiziari S. e L.C. , sottoposti a procedimento penale presso il Tribunale di Forlì, conclusosi in primo grado con la condanna del primo e l’assoluzione del secondo e pendente in grado di appello. 2. Avverso la sentenza propongono ricorso i difensori e procuratori speciali del L.C. e dello S. , che, preliminarmente, pongono il tema del mezzo di impugnazione esperibile avverso il provvedimento conclusivo della fase contenziosa del procedimento di approvazione del rendiconto, in quanto gli artt. 2 sexies, 2 octies l. 575/65, 7 d.l. n. 230/89 e 5 D.M. 293/91 applicabili ratione temporis nella fattispecie, non lo indicano né individuano il giudice competente civile o penale trattandosi di sentenza, si è ritenuto proponibile il ricorso per cassazione ex art. 568, comma 2, cod. proc. pen., ma, nel caso in cui questa Corte fosse di diverso avviso, si chiede di riqualificare l’impugnazione e di trasmettere gli atti al giudice competente ex art. 568, comma 5, cod. proc. pen Il ricorso del L.C. articola i seguenti motivi 2.1 violazione degli artt. 606 lett. b , c ed e cod. proc. pen., 2 octies comma 3 e 4 l. 575/65, 5, comma 6, D.M. 293/91, 100, 161 e 167 cod. proc. civ. e 512, 522 cod. proc. pen. si deduce che alla data del 17 dicembre 2012-data dell’ordinanza con la quale il giudice delegato fissava l’udienza camerale del 21 febbraio 2013 per l’approvazione del rendiconto - i nuovi amministratori giudiziari, che avevano formulato contestazioni all’operato dei precedenti revocati, erano cessati dall’incarico, in quanto la confisca era divenuta definitiva e l’unico soggetto legittimato a partecipare al giudizio era il direttore dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati di seguito ANBSC , atteso che ai sensi dell’art. 2 nonies l. 575/65 dopo la confisca definitiva, l’amministratore, se confermato, prosegue la propria attività sotto la direzione dell’Agenzia. Ne discende la nullità della richiesta di intervento dei nuovi amministratori nel giudizio di rendiconto e la inutilizzabilità delle contestazioni formulate per carenza di legittimazione degli stessi con conseguente nullità della costituzione nella fase non contenziosa ed in quella successiva, nullità dell’ordinanza del GD di rimessione delle parti dinanzi al collegio e della sentenza impugnata. Si eccepisce inoltre, la tardività della costituzione dell’Avvocatura distrettuale, intervenuta solo all’udienza del 22 ottobre 2014, quindi, oltre i 20 giorni previsti dall’art. 167 cod. proc. civ. e con atto nullo per mancanza dei requisiti specifici previsti dall’art. 167 cod. proc. civ., in quanto la costituzione in giudizio si limitava a richiamare i motivi di contestazione al rendiconto, formulati dai nuovi amministratori giudiziari l’insanabile nullità degli atti indicati e dell’ordinanza ammissiva della costituzione dell’Avvocatura dello Stato per conto dell’ANBSC rende nulla la sentenza 2.2 violazione degli artt. 606 lett. b , c ed e cod. proc. pen., 2 octies, comma 3 e 4, I. 575/65, art. 5, comma 6, D.M. 293/91, 112 cod. proc. civ. e 512, 522 cod. proc. pen. si deduce la mancanza di motivazione in ordine alla posizione del L.C. , assimilata a quella dello S. in base agli elementi acquisiti nel processo penale, ma relativi ad episodi di mala gestio commessi dal solo S. . Si sostiene l’erroneità della valutazione, in quanto ai sensi dell’art. 5 D.M. 293/91 l’oggetto del giudizio di approvazione del rendiconto è la regolarità formale del conto di gestione, gli errori, le eventuali omissioni documentali e la loro correzione ed integrazione, non il risultato o i criteri di gestione peraltro, il risultato della gestione può essere contestato solo se essa abbia cagionato un danno al patrimonio, nella specie non ravvisabile. Si deduce l’erronea applicazione analogica della disciplina prevista per il rendiconto fallimentare, incompatibile con il procedimento di prevenzione, e si censura la decisione, in quanto era stato depositato il conto particolareggiato delle movimentazioni effettuate ed allegata la relativa documentazione cosicché il giudizio doveva concludersi con l’approvazione del conto, non essendo previsto esito diverso, tenuto conto della finalità dell’amministrazione nelle misure di prevenzione. Si rileva inoltre, che il procedimento si conclude con ordinanza prescrittiva degli adempimenti necessari all’approvazione del conto, esito indispensabile per consentire la prosecuzione della gestione e della procedura ablatoria 2.3 violazione degli artt. 606 lett. b , c ed e cod. proc. pen., art. 2 octies, comma 3 e 4, I. 575/65, art. 5, comma 6, D.M. 293/91 si deduce l’illegittimità del ricorso all’istituto della soccombenza, erroneamente applicato nella fattispecie, in quanto il modello procedimentale, mutuato dal diritto civile, si limita ad imporre il contraddittorio per consentire le difese degli amministratori, senza qualificare i soggetti legittimati a partecipare come parti contrapposte. 3. Il ricorso dello S. articola i seguenti motivi 3.1 violazione degli artt. 606 lett. b , c ed e , 521, 522 cod. proc. pen., art. 2 sexies, 2 octies l. 575/65, art. 7 d.l. 230/989, art. 5, comma 6, D.M. 293/91, art. 360, comma 1 n. 3 e 4, cod. proc. civ. artt. 81, 99, 100, 105, 267, 268, 111, 112, 115, 159, 163, 164 e 167 cod. proc. civ. si deduce che i nuovi amministratori non erano legittimati a partecipare al procedimento di rendiconto ed a sollevare contestazioni al conto della gestione dei precedenti amministratori, in quanto all’epoca l’amministrazione dei beni era passata ex lege all’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati ai sensi dell’art. 2 sexies l. 575/65, applicabile al presente procedimento ratione temporis, essendo già intervenuto il decreto di confisca di primo grado pertanto, unico soggetto legittimato a stare in giudizio era il direttore dell’Agenzia, che nella fase contenziosa è rappresentato dall’Avvocatura dello Stato. Anche nella fase non contenziosa la legittimazione attiva spettava solo all’ANBSC, all’Agenzia del Demanio ed eventualmente ai titolari dei beni confiscati, ai sensi dell’art. 5, comma 4, D.M. 293/91. Si reputa erroneo il parallelismo operato tra la figura del curatore succeduto a quello cessato e la figura dell’amministratore giudiziario succeduto a quello cessato, stante la diversità delle situazioni si eccepisce la nullità del provvedimento di rimessione delle parti davanti al collegio, in quanto il giudice delegato avrebbe dovuto prendere atto dell’assenza di contestazioni ed approvare il conto. Si segnala che la stessa Agenzia ha riconosciuto che al tempo in cui era iniziato il procedimento era già stato emesso il decreto di confisca ed i nuovi amministratori erano decaduti dall’ufficio, tant’è che la nomina come coadiutori dell’Agenzia è del 28 marzo 2014, successiva all’ordinanza di rimessione delle parti al collegio, cosicché non erano legittimati a formulare alcuna contestazione al conto presentato ed è errato il ragionamento del Tribunale laddove ha ritenuto che l’art. 2 sexies, comma 7, l. 575/65 sia applicabile solo ai procedimenti relativi a proposte depositate dopo il 15 marzo 2012, data di entrata in vigore dei regolamenti attuativi dell’ANBSC, in quanto l’art. 7 del d.l. n. 4/2010 prevede l’applicazione delle nuove norme a tutti i procedimenti pendenti. Si contesta l’ordinanza con la quale il Tribunale, all’udienza del 12 novembre 2014, ha ritenuto legittima ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ. la costituzione dell’ANBSC per essere divenuta definitiva la confisca, stante l’erroneo riferimento all’art. 111 cod. proc. civ. e la nullità dell’intervento tardivo dell’Agenzia, mediante un atto inesistente e dal contenuto generico con integrale rinvio recettizio alle contestazioni sollevate da soggetti non legittimati. 3.2 Altra censura riguarda le contestazioni mosse al ricorrente per l’attività svolta in qualità di amministratore delle società ed in particolare della Srl Sor-Nova, contestazioni inammissibili perché relative ad attività estranee all’attività di amministratore giudiziario e quindi, estranee al giudizio di rendiconto, il cui oggetto è limitato all’amministrazione e custodia delle quote societarie sequestrate, mentre le contestazioni attengono all’attività svolta dal ricorrente in veste di amministratore nominato dall’assemblea delle società e non di amministratore giudiziario ne discende che in assenza di contestazioni il GD non avrebbe potuto disporre il passaggio alla fase contenziosa, ma avrebbe dovuto approvare il conto e, in sua vece avrebbe dovuto farlo il Tribunale. Si contesta la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in quanto, da un lato, il Tribunale ha riconosciuto la propria incompetenza a conoscere dell’azione di responsabilità, prima proposta e poi rinunciata dall’Agenzia, dall’altro, non ha fondato la decisione su specifiche e riscontrate contestazioni a singole poste contabili, bensì su presunti comportamenti illeciti del ricorrente, oggetto di procedimento penale ancora pendente in appello, in violazione dell’art. 238 bis cod. proc. pen Considerato in diritto 1. Preliminarmente va affrontata la questione posta dai ricorrenti relativa al mezzo di impugnazione esperibile avverso il provvedimento conclusivo del procedimento di approvazione del rendiconto della gestione presentato dagli amministratori giudiziari, in quanto nel caso di specie non è applicabile l’attuale disciplina prevista dall’art. 43, comma 5, d.lgs. 159/11 - secondo la quale l’ordinanza, emessa dal Tribunale all’esito della fase contenziosa instaurata per l’approvazione del rendiconto di gestione, è ricorribile per cassazione entro 10 giorni dalla notificazione o comunicazione -, trattandosi di misura di prevenzione patrimoniale la cui proposta è stata formulata prima dell’entrata in vigore del d.lgs. cit., alla quale si applicano, ex art. 117 stesso decreto, le norme previgenti. La normativa applicabile è quella prevista dagli artt. 7 d.l. 230/89 e 5 D.M. n. 293/91, che disciplina il procedimento per la presentazione e approvazione del rendiconto, ma, a differenza della nuova normativa, non indica il rimedio esperibile. Per espressa disposizione dell’art. 7 del d.l. 14 giugno 1989 n. 230, convertito con modificazioni dalla legge n. 282 del 4 agosto 1989, le modalità da osservarsi per il rendimento del conto da parte dell’amministratore cessato dal suo ufficio sono stabilite con decreto del Ministro di giustizia, di concerto con il Ministro del Tesoro, avuto riguardo ai principi fissati negli articoli 34, 38, comma primo, e 116 del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267. Tali norme regolamentari, dettate dal D.M. n. 293/91 per disciplinare le modalità da osservarsi per il deposito ed il prelievo delle somme, per la documentazione delle operazioni relative all’amministrazione e per il rendimento del conto da parte dell’amministratore cessato dal suo ufficio, in relazione a quanto previsto dagli articoli 2-sexies, 2-septies e 2-octies della legge 31 maggio 1965, n. 575, stabiliscono che l’amministratore presenta al giudice delegato alla procedura il conto della gestione art. 5, comma 1 il rendiconto dell’amministratore deve essere completo e dettagliato ad esso devono essere allegati i documenti giustificativi, le relazioni periodiche sull’amministrazione e il registro delle operazioni effettuate in caso di irregolarità o incompletezza il giudice delegato invita l’amministratore ad effettuare, entro il termine determinato dallo stesso giudice, le opportune integrazioni o modifiche art. 5, comma 2 verificata la regolarità del conto, il giudice ne ordina il deposito in cancelleria, unitamente ai documenti, alle relazioni e al registro di cui al comma 2, e fissa l’udienza per la presentazione di eventuali osservazioni art. 5, comma 3 se all’udienza stabilita non sorgono contestazioni, o su queste viene raggiunto un accordo, il giudice approva il conto altrimenti, istruita la causa, provvede a norma dell’art. 189 del codice di procedura civile, fissando l’udienza innanzi al collegio non oltre i venti giorni successivi art. 5, comma 6 . Il successivo art. 6 prevede espressamente che le suddette disposizioni si applicano in ogni caso di cessazione dell’amministratore dal suo ufficio nel corso o al termine della procedura, come verificatosi nel caso in esame. Risulta, pertanto, che per l’approvazione del rendiconto di gestione è previsto un sub procedimento, regolato dalle norme del codice di procedura civile, ma inserito nel procedimento di prevenzione, per cui è indubbia la competenza del giudice penale, ed il provvedimento conclusivo della fase contenziosa deve ritenersi ricorribile per cassazione, trattandosi di sentenza, sia in base alla norma generale di cui all’art. 568, comma 2, cod. proc. pen. che all’art. 111 Costituzione. Invero, l’art. 111 Cost. consente il ricorso in sede di legittimità contro le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale, ma la giurisprudenza ha chiarito che per sentenza non deve intendersi solo il provvedimento giurisdizionale avente detta forma, ma anche ogni altro provvedimento che, pur diversamente nominato, abbia, da un canto, carattere decisorio e capacità di incidere in via definitiva su situazioni giuridiche di diritto soggettivo producendo, con efficacia di giudicato, effetti di diritto sostanziale e processuale sul piano contenzioso della composizione di interessi contrapposti e, dall’altro, non sia soggetto ad alcun altro mezzo di impugnazione Sez. Un. civ., n. 2593 30/07/53, Rv. 881234 e n. 5603 del 06/11/84, Rv. 437279 Sez. 1 civile n. 3696 del 2000 Sez. 1 civile n. 18144/02 . Pacificamente si riconosce natura decisoria al provvedimento di approvazione del conto, in quanto destinato ad incidere sui diritti della parte cui saranno devoluti i beni all’esito del procedimento di prevenzione e la conferma si trae anche dalla nuova disciplina, contenuta nell’art. 43 del codice antimafia, che prevede la proponibilità del ricorso per cassazione avverso il provvedimento conclusivo della fase contenziosa del procedimento di approvazione del conto di gestione, sebbene ne sia espressamente prevista la forma di ordinanza e non di sentenza. Ma a tale soluzione si perviene anche per altra ragione, atteso che il richiamo agli artt. 34, 38, comma 1, e 116 della legge fallimentare, contenuto nell’art. 7 comma 1 del d.l. n. 230/89 conv. in I. 282/89, non implica un rinvio completo e generale alla legge fallimentare, ivi compreso il regime impugnatorio. Da ultimo, si reputa ammissibile il ricorso anche in ragione della statuizione adottata per l’incidentale accertamento compiuto sulla negligenza dei ricorrenti nella gestione. Ritenuto, pertanto, proponibile il ricorso avverso la sentenza impugnata, come sostenuto anche dal P.G. nella requisitoria in atti, va precisato che il ricorso è consentito solo per violazione di legge, unico vizio contemplato dall’art. 111 della Costituzione e l’unico previsto in materia di misure di prevenzione, cosicché risultano inammissibili le censure relative al vizio di motivazione e le censure di merito sollevate dai ricorrenti. 2. Ma anche le censure in rito sono inammissibili perché manifestamente infondate. 2.1 Del tutto infondata è la contestata legittimazione dei nuovi amministratori giudiziari a formulare contestazioni al rendiconto presentato dai ricorrenti, in quanto gli stessi, subentrando agli amministratori sostituiti, avevano titolo per controllare il rendiconto e formulare osservazioni. Precisato che i ricorrenti furono nominati amministratori giudiziari l’11 aprile 2008, ma l’amministrazione nel procedimento di prevenzione ebbe inizio il 17 luglio 2008, dopo il dissequestro dei beni del proposto ai fini penali che il L.C. presentò le dimissioni il 25 agosto 2011, mentre lo S. fu revocato dal Tribunale il 28 ottobre 2011 e furono sostituiti, in corso di procedura, dai nuovi amministratori nominati per proseguire l’amministrazione giudiziaria, legittimamente fu avviato il procedimento di rendiconto, ai sensi dell’art. 6 del DM 293/91, che, come ricordato in precedenza, obbliga l’amministratore cessato dall’ufficio a rendere il conto della gestione. Non essendo ancora definitivo il decreto di confisca dei beni - il decreto di confisca, emesso dal Tribunale il 12 marzo 2009, confermato dalla Corte di appello di Reggio Calabria con decreto del 16 marzo 2012, divenne definitivo il 21 gennaio 2014 -, risulta evidente che i nuovi amministratori erano legittimati ad intervenire nel procedimento di rendiconto ed intervennero nella fase non contenziosa dinanzi al giudice delegato con atto di intervento e di integrazione, rispettivamente in data 20 febbraio e 21 maggio 2013. Peraltro, tale legittimazione si ricava pacificamente sia dall’espresso richiamo dell’art. 7 d.l. 230/89 ai principi fissati negli artt. 34, 38, comma primo, e 116 L.F., sia dalla sostanziale corrispondenza dell’art. 5, commi 3, 4, 5 e 6 del DM 293/91 ai commi 2, 3 e 4 dell’art. 116 L.F. con conseguente applicazione al procedimento di approvazione del conto in materia di prevenzione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità per il giudizio di rendiconto fallimentare. La tesi dei ricorrenti è infondata anche sotto altro profilo i ricorrenti sostengono che all’atto dell’intervento i nuovi amministratori erano meri coadiutori dell’ANBSC, al cui direttore unicamente spettava la legittimazione ad intervenire per essere già intervenuto il decreto di confisca di primo e di secondo grado, con passaggio ex lege all’Agenzia dell’amministrazione dei beni ai sensi dell’art. 2 sexies, comma 7, l. 575/65. Correttamente il Tribunale ha sottolineato che tale previsione normativa non ha avuto concreta applicazione sino al marzo 2012 cioè sino alla data di entrata in vigore dei regolamenti attuativi dell’Agenzia, come stabilito dal d.l. n. 4/2010 istitutivo dell’Agenzia, cosicché la norma non è applicabile nel caso di specie, trattandosi di procedimento di prevenzione originato da proposta formulata in epoca precedente ne consegue che sino alla confisca definitiva l’amministrazione dei beni spettava ai nuovi amministratori, che, pertanto, erano pienamente legittimati ad intervenire nel procedimento di approvazione del conto nella fase non contenziosa. 2.2 Altrettanto legittima, alla luce dei principi che governano l’amministrazione dei beni nel procedimento di prevenzione, secondo i quali i beni devono essere gestiti per conto di chi spetta , deve ritenersi la formulazione di osservazioni e contestazioni all’attività degli amministratori sostituiti da parte degli amministratori subentrati, tenuti ad assicurare la necessaria continuità della gestione, provvedendo, non solo alla conservazione dei beni, ma anche all’eventuale incremento di redditività degli stessi. Per tale ragione sostanziale è legittima la formulazione di osservazioni, non in vista di un’azione risarcitoria - non esperita né esperibile in tale sede, atteso che l’art. 7 d.l. 230/89 richiama solo il primo comma e non il secondo comma dell’art. 38 L.F., ed eventualmente esercitabile in separato giudizio civile Sez. 5 Penale, n. 18859 del 28/03/2013 -, ma a tutela dell’interesse proprio - per evitare che eventuali responsabilità dei precedenti amministratori potessero essere ricondotti alla propria attività - e dell’interesse del destinatario dei beni-sia esso lo Stato o lo stesso proposto -, cui i beni sarebbero stati attribuiti con il provvedimento definitivo, rientrando nell’adempimento del dovere di diligenza, connaturato all’ufficio pubblico ricoperto, la segnalazione di errori, negligenze o omissioni, che potevano arrecare pregiudizio agli interessi del futuro titolare dei beni, nel procedimento per l’approvazione del conto. Anche la giurisprudenza formatasi in tema di rendiconto fallimentare, richiamata dal Tribunale, autorizza tale conclusione, in quanto riconosce al curatore subentrato la legittimazione a sollevare contestazioni all’operato del curatore cessato, giacché egli agisce nell’interesse dell’intera massa concorsuale, comprensiva anche dei creditori non ancora insinuati al passivo Sez. 1 civ. n. 22472 del 29/11/2004 Rv. 578332 - 01 e, nel caso di specie, come già detto, l’Agenzia non aveva ancora titolo per partecipare al procedimento né poteva prevedere l’esito del giudizio definitivo. 2.3 Parimenti infondate sono le eccezioni di nullità della costituzione dell’Avvocatura dello Stato nell’interesse dell’ANBSC per tardività e vizi della costituzione, in ragione della successione nella rappresentanza, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ., dell’Agenzia agli amministratori a seguito della definitività della confisca, con conseguente trasferimento in capo al successore a titolo universale di tutti i diritti e della posizione processuale della parte originaria. Ne discende l’infondatezza della dedotta violazione dell’art. 167 cod. proc. civ. per mancanza di specificità dell’atto di costituzione dell’Agenzia, contenente un mero rinvio alle contestazioni sollevate dai nuovi amministratori, atteso che l’atto introduttivo della lite è costituito dal permanere della contestazione durante l’udienza di discussione dinanzi al GD, che configura una vera e propria editio actionis oralmente proposta e fatta constare a verbale, secondo la giurisprudenza in tema di rendiconto fallimentare citata dal Tribunale, e nel caso di specie le contestazioni formulate dai nuovi amministratori nell’atto di intervento e nell’integrazione erano specifiche, puntuali e concrete. 2.4 Altresì, infondata è l’eccepita tardività della costituzione nel procedimento in oggetto, in quanto non soggetta ai rigidi limiti temporali previsti per il procedimento ordinario, secondo la giurisprudenza in tema di rendiconto fallimentare Sez. 1 civile, sentenza n. 1009 del 15/03/1975, Rv. 374405 - 01 . 3. Manifestamente infondata è anche l’eccepita carenza di motivazione relativamente alla posizione del L.C. , avendo il Tribunale ritenuto con motivazione logica e giuridicamente corretta l’insostenibilità della prospettazione riduttiva del ricorrente, in quanto l’asserito accordo interno raggiunto con lo S. , in forza del quale egli avrebbe gestito unicamente gli immobili di omissis e non le società, non solo non risultava portato a conoscenza del giudice delegato, che non aveva affatto autorizzato una gestione disgiunta a fronte di un incarico unitario, ma risultava platealmente smentito dalla circostanza che il rendiconto era a firma congiunta che anch’egli era stato nominato amministratore delle società srl e srl ed aveva percepito acconti dello stesso ammontare di quelli liquidati allo S. per la complessiva gestione dei beni. 4. Analogamente risultano del tutto infondate le contestazioni relative all’oggetto del giudizio di approvazione del rendiconto ed alla pretesa insindacabilità dei criteri di gestione. Precisato che l’azione di responsabilità è estranea al contesto di controllo giurisdizionale del rendiconto dell’amministrazione dei beni oggetto di misure di prevenzione, va evidenziato che il giudizio di approvazione del rendiconto ha ad oggetto, ai sensi dell’art. 116 L.F., espressamente richiamato dalla norma primaria indicata in precedenza, non la mera regolarità contabile del conto, ma anche l’effettivo controllo della gestione con valutazione della stessa sotto il profilo della diligenza applicata nell’espletamento dell’attività di gestione, con valutazione della correttezza dell’operato del curatore, della sua corrispondenza a precetti legali e ai canoni di diligenza professionale richiesta per l’esercizio della carica e degli esiti conseguiti, non occorrendo in tale sede, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la dimostrazione del danno in concreto derivato dalla mala gestio Sez. 1, n. 7320 del 13/04/2016, Rv. 639370-01 , ma la deduzione e la dimostrazione dell’esistenza di un pregiudizio almeno potenziale, come avvenuto nel caso di specie. Il Tribunale ha infatti, evidenziato che agli amministratori è stato contestato di non aver esercitato i doveri di vigilanza e di controllo, essendo stato consentito al proposto di continuare ad amministrare la srl, oggetto di confisca, in aperta violazione del divieto previsto dall’art. 2 sexies l. 575/65 di aver consentito allo stesso ed ai figli di continuare ad utilizzare veicoli ed utenze aziendali a fini personali con conseguente addebito dei costi alla società di aver consentito al proposto di vendere sottocosto ed in nero di beni della srl, incamerando i profitti di aver effettuato pagamenti e di essersi autodeterminati e liquidati i compensi annui per il ruolo di amministratori delle due società confiscate, senza l’autorizzazione del giudice delegato di aver ritardato l’avvio delle azioni legali per il recupero dei crediti, avviate solo dai nuovi amministratori di aver redatto i bilanci in modo non corretto e di non aver tenuto le scritture delle due società confiscate contestazioni formulate dai nuovi amministratori ancor prima della definizione del processo penale definito in primo grado il 9 novembre 2013 , la cui sentenza è confluita nel procedimento di liquidazione dei compensi degli amministratori e quindi, nel giudizio in esame. Risulta, pertanto, corretta la valutazione del Tribunale, completa e puntuale l’illustrazione delle gravi irregolarità riscontrate nell’operato degli amministratori revocati, giustificatamente ritenute non superate anche all’esito del contraddittorio. 5. Il Collegio rileva, peraltro, che la mancata approvazione del conto presentato dagli amministratori cessati lascia irrisolto ed incompleto l’esito del giudizio di approvazione del rendiconto e determina uno stallo procedimentale, che paralizza, di fatto, l’ulteriore corso della procedura ablatoria, in quanto non risulta definito il risultato della gestione, essenziale per la fase successiva di gestione e destinazione dei beni confiscati. Considerato che il procedimento in oggetto è destinato, di norma, a concludersi con l’approvazione del conto, dopo le correzioni e le integrazioni richieste per superare le contestazioni e definire, all’esito del contraddittorio, le partite di dare e avere, così da determinare l’effettiva consistenza del risultato della gestione destinato all’avente diritto, la decisione in esame determina una oggettiva stasi del procedimento di prevenzione, che frustra la definitività della confisca. Precisato che non vi è rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tra domanda di non approvazione del rendiconto ed azione di responsabilità nei confronti degli amministratori cessati, in quanto il giudice del rendiconto valuta la sussistenza della contestata negligenza in via meramente incidentale e senza efficacia di giudicato, ai fini di quanto richiestogli, sicché l’eventuale sentenza di approvazione del rendiconto non preclude uno specifico autonomo accertamento da parte del giudice investito dell’azione di responsabilità Sez. 1 civ. ord. n. 529 del 14/01/2016 Rv. 638259 - 01 , la sentenza impugnata va annullata con rinvio, dovendo il Tribunale provvedere a specificare tutte le voci di spesa, ritenute non giustificate e dovute, e ad approvare il conto rettificato in base alle contestazioni dei nuovi amministratori, ritenute fondate, in modo da definire l’esatta entità del conto, la consistenza e l’entità del risultato della gestione e degli eventuali residui di gestione, destinati all’ANBSC. La sentenza impugnata va, quindi, annullata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per le Misure di Prevenzione, per nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria - Sezione per le Misure di Prevenzione.