È in salita la strada per l’istituto di credito contro la confisca di prevenzione

Grava sulla parte che propone la domanda di accertamento del credito su un bene oggetto di confisca di prevenzione l’onere di provare la fondatezza della domanda nei suoi fatti costitutivi, mentre al giudice compete, quando richiesto dal dibattito processuale e dalla natura delle circostanze da accertare, l’attivazione d’ufficio per l’assunzione di documentazione e informazioni pertinenti presso autorità pubbliche che le detengano.

Oltre a quello appena enunciato, con la medesima sentenza si è affermato anche l’ulteriore principio di diritto secondo cui quando il terzo proponga domanda di accertamento del credito ai sensi dell’art. 1, comma 200, legge n. 228/2012, facendo valere la stipulazione di un contratto di mutuo nei confronti di un soggetto che abbia subito l’imposizione di una misura di prevenzione reale, contratto sottoposto a condizione sospensiva, l’onere probatorio che l’istante deve assolvere riguarda non soltanto l’esistenza e la validità del titolo negoziale, ma anche l’avveramento delle condizioni che hanno consentito l’effettiva erogazione del capitale. Questione di credito. Un primario istituto di credito aveva erogato un importante finanziamento a seguito di un contratto di mutuo fondiario con conseguente rilascio di una garanzia ipotecaria su un capannone ad uso industriale di una società. Diversi anni dopo, il bene era stato oggetto di provvedimento definitivo di confisca a seguito di procedimento di applicazione di misure di prevenzione reali. La Banca propone istanza di ammissione del proprio credito vantato nei confronti della società sulla base del contratto di finanziamento, garantito da ipoteca sul complesso immobiliare sottoposto a provvedimento di confisca definitiva a seguito di procedimento di prevenzione promosso avanti al Tribunale di Palermo. La prima sconfitta della banca. La domanda presentata dall’Istituto di Credito viene rigettata dal Tribunale, che evidenziava come l’istante abbia solo dimostrato l’esistenza e la validità del contratto di finanziamento e non anche l’avvenuto verificarsi di tutte le condizioni previste nel contratto medesimo per la concreta erogazione del finanziamento. Rilevava, altresì, che sia la anteriorità del credito rispetto al sequestro che la buona fede del creditore erano state semplicemente affermate dal terzo creditore, ma non dimostrate a fronte della invece accertata strumentalità del credito rispetto alla attività illecita svolta dal debitore proposto. Neppure l’istituto di credito istante aveva assolto l’onere di dimostrare il proprio incolpevole affidamento sulla regolarità dell’operazione bancaria. L’impugnazione. Avverso il decreto di rigetto del Tribunale di Palermo, la Banca propone ricorso per cassazione. Si duole l’istituto di credito del fatto che la legge porrebbe a carico dell’istante solo un onere di allegazione e della circostanza che il Tribunale non abbia attivato i propri poteri d’ufficio in relazione ai riscontrati deficit probatori. Evidenzia, altresì, il ricorrente come la prova dell’avvenuta stipula del contratto di finanziamento avrebbe dovuto essere ritenuta ampiamente sufficiente dal tribunale in quanto il contratto si perfeziona anche in assenza della materiale traditio del denaro, con conseguente obbligo restitutorio in capo al mutuatario. Insiste infine sulla assoluta buona fede della Banca al momento della stipula del contratto in quanto la stessa non era a conoscenza di alcuno degli accadimenti indicati nel decreto di sequestro. Buona fede ed incolpevole affidamento che sarebbero stati dunque dimostrati dall’istante. Osserva la Cassazione che correttamente ha interpretato la normativa vigente il Tribunale rigettando l’invocata applicazione, nel caso di specie, della disciplina dettata dall’art. 666 c.p.p. in tema di esecuzione penale e conseguente necessità per il Giudice di procedere anche d’ufficio ad accertare l’esistenza dei fatti allegati dal ricorrente in ordine alla sussistenza del diritto di credito di cui si chiede il riconoscimento. Il principio prevalente, ricordano i Giudici del Palazzaccio”, è infatti la salvaguardia del preminente interesse pubblico che ben può giustificare il sacrificio del diritto del terzo creditore titolare di un diritto reale di garanzia anche di buona fede, che è ammesso solo ad una tutela di tipo risarcitorio. In tale contesto è evidente che deve addossarsi interamente al creditore l’onore della prova positiva in merito alla domanda di ammissione del proprio credito, senza accollare al giudice poteri–doveri istruttori di ufficio diversi o maggiori rispetto a quelli che normalmente competono allo stesso nel corso di un ordinario giudizio civile. Il riconoscimento del diritto di credito e correlato diritto reale di garanzia nei confronti di un bene sottoposto a confisca di prevenzione passa per un procedimento del tutto analogo alle procedure concorsuali con conseguente necessaria applicazione analogica delle norme che disciplinano il giudizio civile ordinario, laddove non sia, come nel sistema normativo vigente, non è, prevista una specifica disciplina legislativa. Sulla base di tali principi l’istituto di credito viene ritenuto onerato non solo di dimostrare l’esistenza del contratto di mutuo fondiario, ma anche di provare l’avvenuto verificarsi di tutte quelle circostanze al cui realizzarsi il contratto stesso subordinava la concreta erogazione della somma a favore del mutuatario. Poiché la Banca non ha assolto a tale onore e non vi è dovere da parte del giudice di attivarsi con poteri istruttori di ufficio di fronte alla mera allegazione di circostanze da parte dell’istante, corretto è condivisibile è, secondo gli Ermellini, il decreto con il quale il Tribunale di Palermo ha respinto la domanda del preteso creditore. Il ricordo viene dunque rigettato con condanna alle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 luglio – 8 novembre 2017, n. 51040 Presidente Bonito – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 10 dicembre 2015 il Tribunale di Palermo, sezione misure di prevenzione, rigettava l’istanza formulata ai sensi dell’art. 1, comma 199, della legge 24 dicembre 2012 nr. 228, da Unicredit Credit Management Bank s.p.a. nell’ambito del procedimento di prevenzione a carico di B.F.P. , volta ad ottenere l’ammissione del credito vantato nei confronti di Centralgas s.p.a. in forza del contratto di finanziamento, garantito da ipoteca sul complesso immobiliare sito in , censito al fg. , p.lla , e costituito dai fabbricati p.lla omissis , sottoposto a confisca in via definitiva con provvedimento del 14 novembre 2006. A fondamento della decisione il Tribunale rilevava la mancata dimostrazione da parte del terzo creditore delle condizioni previste nel contratto di finanziamento per l’erogazione del credito, individuate nella presentazione del certificato di agibilità dei corpi di fabbrica da ristrutturare, nell’accertamento dell’esecuzione del progetto di recupero e nella verifica notarile dell’assenza di formalità pregiudizievoli, gravanti sul bene. Rilevava altresì la generica deduzione dei fatti relativi alla titolarità del credito ed all’anteriorità della sua acquisizione rispetto al sequestro di prevenzione, dati da specificare anche per l’accertamento della buona fede del creditore, che è stata soltanto affermata, ma risulta smentita dalla strumentalità del credito all’attività illecita del debitore e dalla mancata dimostrazione dell’affidamento incolpevole sulla regolarità dell’operazione bancaria. 2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione Unicredit Credit Management Bank s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, per chiederne l’annullamento per i seguenti motivi a violazione di legge e di norme processuali in riferimento al disposto dell’art. 1, comma 200 della legge n. 228/2012, dell’art. 111 Cost., dell’art. 125 cod. proc. pen., comma 3, e 426 cod. proc. pen., comma 1 lett. d . Secondo la ricorrente, il Tribunale non ha considerato che nel procedimento di esecuzione non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi un provvedimento giurisdizionale favorevole, ma solo un onere di allegazione e ha rinvenuto un deficit probatorio in ordine alla titolarità del credito azionato, che avrebbe potuto e dovuto essere colmato con l’esercizio ufficioso dei poteri del giudice. Ove, poi, volesse ritenersi che l’esercizio dei poteri probatori sia esercitabile in via discrezionale da parte del giudice di merito, tuttavia il Tribunale avrebbe dovuto motivare in ordine al mancato esercizio di detto potere, motivazione del tutto assente nel provvedimento impugnato con la conseguente sua nullità per violazione degli articoli 125 cod. proc. pen. e 111, comma VI Cost b Violazione di legge in relazione all’articolo 52 d.lgs. 159/2011 e all’articolo 115 cod. proc. civ Il Tribunale afferma che il creditore assume la veste di attore nel procedimento giurisdizionale di ammissione del credito, sicché secondo le regole di cui all’articolo 115 cod. proc. civ. le circostanze non espressamente contestate devono ritenersi pacifiche e, come tali, devono essere poste dal giudice a fondamento della sua decisione, come accaduto nel caso di specie, nel quale nessuna delle parti ha contestato ad Unicredit Credit Management Bank s.p.a. di non avere legittimazione attiva a proporre la domanda di ammissione, sicché detto rilievo doveva essere assunto come dato e provato. c Erronea interpretazione ed applicazione della disposizione di cui all’articolo 474 cod.proc.civ A fronte della dedotta stipulazione di un contratto reale di mutuo con deposito cauzionale, il Tribunale ha ritenuto che non fosse provata l’erogazione della provvista e l’avveramento delle condizioni pattuite, ma in tal modo non si considera che tale contratto, - che si perfeziona pur in assenza di materiale traditio del denaro al mutuatario, essendo sufficiente il conseguimento della disponibilità giuridica, che sussiste tutte le volte in cui il mutuante crea un autonomo titolo di disponibilità a favore del mutuatario in modo da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione al patrimonio di quest’ultimo -, costituisce a tutti gli effetti valido titolo esecutivo, perché con il perfezionamento del mutuo deve ritenersi già sorta l’obbligazione restitutoria del mutuatario. Il titolo negoziale in questione consente di promuovere idonea azione espropriativa in danno del debitore e deve ritenersi anche idoneo fondare la domanda di accertamento del credito. d Assenza di motivazione in relazione alla buona fede dell’Istituto erogante il finanziamento, alla strumentalità del credito rispetto alla attività criminosa cui il proposto era dedito e violazione di legge in relazione all’articolo 52 del d.lgs. n. 159/2001. Gli elementi di fatto evidenziati nel decreto di confisca non rientravano nel patrimonio investigativo-conoscitivo della banca all’atto del compimento dell’istruttoria propedeutica alla erogazione del finanziamento. Inoltre, il Tribunale confonde il piano della strumentalità del credito rispetto alla attività del proposto, con quello della buona fede in contrasto con quanto previsto dall’articolo 52 del citato D.lgs. 3 e finisce per rigettare l’istanza per la sola ritenuta strumentalità del credito, desunta da circostanze, idonee a fondare essa strumentalità, ma non a dimostrare l’affidamento colpevole in capo alla Banca. 3. Con requisitoria scritta, depositata il 6 dicembre 2016, il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Delia Cardia, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. considerato in diritto Il ricorso è infondato e non merita dunque accoglimento. 1. Il Tribunale è pervenuto al rigetto dell’istanza proposta dalla ricorrente sulla scorta di una corretta e condivisibile interpretazione della disciplina normativa introdotta dalla legge nr. 228 del 2012, art. 1, commi dal 194 al 205. 1.1 I presupposti fattuali della vicenda all’odierno esame sono certi e documentati nei seguenti termini - con atto pubblico del 19/10/1991 il Banco di Sicilia s.p.a., successivamente incorporata in Unicredit s.r.l. aveva concluso con Centralgas s.p.a. il contratto di mutuo fondiario, garantito da ipoteca volontaria su bene immobile, in esecuzione del quale aveva concesso ed erogato alla mutuataria l’importo di Lire 2.800.000.000 - a garanzia del relativo credito era stata iscritta presso la Conservatoria dei RR.II. di Palermo ipoteca volontaria sull’immobile di proprietà della mutuataria, sito in Carini, insistente su terreno censito al fg. , p.lla e costituito dai fabbricati fg. p.lla omissis - successivamente, con decreto del 14/11/2006, il Tribunale di Palermo, sezione misure di prevenzione, aveva disposto la confisca dell’intero complesso aziendale della Centralgas s.p.a., comprensivo anche dell’immobile sul quale era stata iscritta la garanzia ipotecaria, ed il provvedimento era divenuto definitivo. La società ricorrente assume di essere titolare di un diritto reale di garanzia, costituito ed iscritto su bene sottoposto a successiva confisca con provvedimento di prevenzione, divenuto irrevocabile in un momento antecedente, sia al 13 ottobre 2011, data di entrata in vigore del D.Lgs. nr. 159/2011, sia all’1 gennaio 2013, data di vigenza della c.d. legge di stabilità nr. 228/2012 e comunque emesso secondo le disposizioni dell’epoca, previste dall’art. 2-ter della legge nr. 575/65. 1.2 Il Tribunale, pur avendo dato atto delle circostanze sopra riassunte, ha ritenuto che la creditrice istante non si fosse sufficientemente attivata nell’offrire riscontro probatorio ad alcune fondamentali circostanze di fatto allegate e costituite da a effettiva erogazione del finanziamento in conseguenza dell’avveramento delle condizioni imposte alla beneficiaria con il contratto di mutuo b acquisizione del credito assistito dalla garanzia ipotecaria da parte di Unicredit s.p.a. c buona fede del terzo creditore nell’avere incolpevolmente ignorato il nesso di strumentalità tra il finanziamento ed l’attività illecita del soggetto sottoposto poi a misura di prevenzione reale. 1.3 La ricorrente oppone a tali rilievi argomentazioni non del tutto fondate e nemmeno rispettose delle linee interpretative dell’istituto, come delineate dalla giurisprudenza di questa Corte. 2. In primo luogo, non ha pregio richiamare i principi regolatori del procedimento di esecuzione penale ed in specie la disposizione di cui all’art. 666 cod. proc. pen., comma 5, e sostenere che compete al giudice cui sia rivolta la domanda di accertamento del credito condurre d’ufficio le necessarie verifiche che siano in grado di offrire dimostrazione dei fatti allegati dal proponente. A tale opinione si oppone una pluralità di argomenti giuridici e pratici. 2.1 In primo luogo, come già sostenuto da questa Corte con la sentenza sez. 6, n. 3364 del 12/1/2016, Italfondiario s.p.a., rv. 265829 in termini corrispondenti sez. 6, n. 43969 del 20/10/2015, Italfondiario s.p.a., non massimata l’art. 666 ed il suo comma 5 circoscrivono il potere-dovere che il giudice ha di integrare documenti ed informazioni di cui necessita per la decisione all’ambito di quanto acquisibile dalle autorità competenti , con ciò alludendo a quelle pubbliche, l’accesso alle quali per la parte privata è ritenuto eccessivamente gravoso, se non precluso. Il dato letterale della disposizione di legge induce ad escludere interpretazioni logico-sistematiche alternative per estendere il significato del concetto di autorità a qualsiasi soggetto detentore legale di atti e notizie processualmente utili e che sia consentito alla parte istante limitarsi ad una mera affermazione del proprio diritto, non probatoriamente riscontrata, confidando sull’attivazione del giudice nel cercare i riscontri della fondatezza delle sue allegazioni. 2.2 Indicazioni convergenti sono ricavabili dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite civili, che con la sentenza nr. 10532 del 7/5/2013, rv. 626570, hanno riconosciuto che il bilanciamento dei contrapposti interessi, dello Stato, che abbia ottenuto i beni sottoposti a confisca di prevenzione con provvedimento definitivo, ed il terzo, titolare di diritti di garanzia sugli stessi cespiti, di soddisfare le proprie pretese, comporta la salvaguardia del preminente interesse pubblico . che, n.d.r. , dunque, giustifica il sacrificio inflitto al terzo di buona fede, titolare di un diritto reale di godimento o di garanzia, ammesso, ora, ad una tutela di tipo risarcitorio . Inoltre, il Supremo Collegio ha affermato, risolvendo il tema della distribuzione dell’onere probatorio in relazione alla domanda di accertamento del credito secondo le previsioni dell’art. 52 e ss. D.Lgs. n. 159/2011, va poi aggiunto che le nuove norme, e quelle richiamate, non contengono previsioni espresse in termini di prova vale a dire, a chi spetti provare la buona fede e l’affidamento incolpevole. Deve ritenersi che l’elaborazione giurisprudenziale negli anni maturata, soprattutto nell’ambito penale, e la veste sostanziale di attore nel procedimento giurisdizionale di ammissione, che assume il creditore, convergano nell’addossare a quest’ultimo la prova positiva delle condizioni per l’ammissione al passivo del suo credito. Tale conclusione è conforme al canone ermeneutico dell’intenzione del legislatore art. 12 preleggi . Si suppone che il legislatore razionale - quando emana una legge conosca il diritto vivente. Ora, se il legislatore nel disciplinare una materia non innova le soluzioni che costituiscono l’approdo interpretativo della giurisprudenza, vuoi dire che le recepisce cioè le fa normativamente proprie . 2.3 A conclusioni difformi non può pervenirsi a ragione della natura del procedimento per quanto il rito dell’esecuzione penale sia contraddistinto da sostanziale informalità, ciò nonostante, la domanda di accertamento del credito intende far valere interessi civilistici in conflitto con quelli dell’Amministrazione pubblica, che ha già acquisito il bene confiscato, per cui non è coerente con tale assetto di posizioni sostanziali ritenere che sia il giudice a doversi attivare in luogo della parte interessata nel provare circostanze di fatto funzionali alla realizzazione della sua pretesa e che sono nella sua disponibilità per le vicende negoziali pregresse in cui ha assunto il ruolo di parte contraente, non già in quella di pubblici depositari. Deve dunque ribadirsi il principio di diritto, per il quale grava sulla parte proponente la domanda di accertamento del credito ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 159/2011 l’onere di provare la fondatezza della domanda nei suoi fatti costitutivi, mentre al giudice compete, quando richiesto dal dibattito processuale e dalla natura delle circostanze da accertare, l’attivazione d’ufficio per l’assunzione di documentazione e informazioni pertinenti presso autorità pubbliche che le detengano . 3. Il Tribunale, con motivazione analitica e coerente, ha evidenziato un primo profilo di carenza probatoria nell’erogazione del mutuo in favore di Centralgas s.p.a., accordato con vincolo di destinazione e in dipendenza dall’avveramento di condizioni specificate nel relativo contratto, che l’istante non ha nemmeno allegato si fossero avverate ed in quali circostanze fattuali. Nel provvedimento in esame si è fatto espresso riferimento a tali eventi, che avevano subordinato l’erogazione della somma mutuata, quali la presentazione di progetto tecnico approvato, la documentazione della spesa sostenuta nella ristrutturazione dell’immobile della mutuataria, l’esibizione del certificato di agibilità dei corpi di fabbrica e la verifica dell’esecuzione del progetto, oltre ad ulteriori condizioni sospensive, quali la relazione notarile sulle formalità gravanti sui beni, la stipula di una polizza assicurativa, l’aumento di capitale della società mutuataria. La conclusione raggiunta della mancanza di prova circa l’avveramento delle condizioni per l’omessa produzione dei documenti giustificativi , pretesi ai sensi dell’art. 58 D. Lgs. n. 159/2011, comma 2 lett. c , poggia su un solido corredo argomentativo e dà pieno conto in modo logico e compiuto delle ragioni della decisione. 3.1 Per contro, non meritano accoglimento le obiezioni della ricorrente. Non soltanto vale quanto già rilevato sui limiti applicativi dell’art. 666 cod. proc. pen., comma 5, ma anche il richiamo alla natura giuridica del contratto di mutuo ed ai suoi effetti reali non è risolutivo. 3.2 Non ignora il Collegio che sul piano sostanziale le esigenze imposte dalle prassi commerciali e bancarie, nonché la finalità di contrastare la pratica del riciclaggio, consentono il perfezionamento del contratto reale di mutuo mediante una pluralità di forme, che dalla consegna, intesa in termini materiali e fisici quale traditio del denaro, si estendono alla sua messa a disposizione in senso giuridico e che rispetto a tale ultima modalità la relativa prova può essere fornita mediante separato atto di quietanza, oppure annotazioni contabili attestanti il trasferimento del denaro Cass. civ., sez. 3, n. 17194 del 27/08/2015, rv. 636304 sez. 1, n. 14 del 03/01/2011, rv. 616084 . Le superiori considerazioni non autorizzano però a ritenere sufficientemente efficace sul piano dimostrativo la mera produzione del documento in cui è contenuto il contratto di mutuo quando, come nel caso di specie, le sue stesse pattuizioni prevedano che la successiva fase esecutiva dell’accordo e l’effettivo trasferimento del denaro al soggetto beneficiario del finanziamento siano condizionati dal verificarsi di altri successivi eventi che ne hanno sospeso l’efficacia. In siffatta situazione non costituisce idonea difesa invocare la natura reale dell’atto negoziale se al tempo stesso non si provi che esso abbia avuto concreta attuazione ed in quali termini economici, condizionando tale verifica l’accertamento del credito e del suo preciso ammontare. Va dunque affermato il seguente principio di diritto quando il terzo proponga domanda di accertamento del credito ai sensi dell’art. 1, comma 200, della legge n. 228/2012, facendo valere la stipulazione di un contratto di mutuo nei confronti del soggetto che abbia subito l’imposizione di misura di prevenzione reale, contratto sottoposto a condizioni sospensive, l’onere probatorio che l’istante deve assolvere riguarda non soltanto l’esistenza e la validità del titolo negoziale, ma anche l’avveramento delle condizioni che hanno consentito l’effettiva erogazione del capitale . 3.3 Né la questione giuridica sollevata dai rilievi del Tribunale può ricevere adeguata soluzione mediante l’applicazione del disposto dell’art. 115 cod. proc. civ., secondo il quale salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita . 3.3.1 In primo luogo, osserva il Collegio che il procedimento di accertamento del diritto di credito del terzo di buona fede, assistito da garanzia ipotecaria sui beni confiscati in forza di una misura di prevenzione, di cui all’art. 1, commi 194-206, della legge n. 228/2012, resta soggetto alla regolamentazione specifica introdotta da questo testo normativo, che offre una disciplina autonoma e compiuta dei tempi e modi di ammissione, di natura speciale rispetto al regime previsto in via ordinaria dal D.Lgs. n. 159 del 2011, le cui sole disposizioni degli artt. 52 e 58, rispettivamente riguardanti le condizioni legittimanti ed i requisiti formali di presentazione della domanda-, sono richiamate in modo esplicito per renderle applicabili alla procedura semplificata e transitoria. Per tali considerazioni, nonostante la natura tipicamente concorsuale della procedura in esame, deve negarsi fondamento giuridico alla pretesa generalizzata sottoposizione della stessa, in via estensiva o analogica, sia alla disciplina complessivamente considerata del D.Lgs. n. 159 del 2011, sia alle disposizioni che regolano il rito delle controversie civili. 3.3.2 Oltre a tale rilievo, s’impongono ulteriori considerazioni. Anche a voler opinare diversamente ed a ritenere soggetto il procedimento alla disciplina del processo civile, nel caso specifico difettano le condizioni imprescindibili per poter risolvere il deficit dimostrativo, addebitato alla ricorrente, in base al principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ La relativa deduzione non è corredata dei dati informativi di supporto, perché non specifica se l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, contraddittore della domanda azionata perché titolare dell’interesse a resistervi, si sia costituita innanzi al Tribunale ed abbia svolto le proprie difese, assumendo o meno una linea di condotta processuale, improntata alla mancata negazione dei fatti costitutivi del diritto che si è chiesto di accertare. Inoltre, non è stato rappresentato se l’Agenzia stessa avesse versato nelle condizioni materiali di poter conoscere i fatti che si presumono ammessi. Tali carenze assumono un rilievo dirimente poiché il principio di non contestazione, da ritenersi una tecnica di semplificazione dell’attività processuale di formazione della prova dei fatti allegati dalle parti, per espressa previsione normativa può operare soltanto nei riguardi delle parti costituite in giudizio ed in riferimento ai fatti noti a quella che ha interesse a negarli, non anche a quelli ad essa sconosciuti, secondo il condivisibile insegnamento della giurisprudenza delle sezioni civili di questa Corte sez. 3, n. 14652 del 18/07/2016, rv. 640518 sez. 3, n. 3576 del 13/02/2013, rv. 625006 . In particolare, sul punto merita di essere richiamata per la correttezza delle scelte esegetiche e la coerenza col dato normativo, la pronuncia della Cass. civ., sez. 1, n. 16554 del 30/06/2015, rv. 636332, che, in riferimento alle procedure concorsuali, a fronte della lamentata mancata ammissione di un credito allo stato passivo, motivato dall’insufficienza della documentazione prodotta, sia quanto all’an, che al quantum della pretesa creditoria, ha affermato che il principio di non contestazione non comporta affatto l’automatica ammissione del credito allo stato passivo, sebbene esso non sia stato contestato dal curatore o dai creditori eventualmente presenti in sede di verifica ed esso non può prevalere rispetto ai risultati dell’istruzione probatoria, positivamente esperiti od acquisiti, specie quando questi abbiano valenza contraria alle risultanze virtuali ipotizzabili in base al primo . specie quando la verificazione del credito s’incentra non già su informazioni probatorie elementari, precise e circoscritte, così rendendo chiaro il loro accertamento, ma riguardi un complesso di fatti, tra di loro concatenati, la cui conferma si presenti articolata e complessa, non unidirezionale, e perciò bisognosa di prova in tutti i suoi segmenti e passaggi dimostrativi . Se dunque si volesse condurre un parallelo tra il procedimento di accertamento del credito di cui all’art. 1 L. n. 228/2012 e le procedure concorsuali in senso proprio, l’illuminante principio di diritto sopra citato rende insufficiente e non risolutiva la deduzione che invoca l’applicazione della regola dettata dall’art. 115 cod. proc. civ., poiché anche in questo caso il diritto vantato dall’istituto Dobank s.p.a. trae origine da complesse vicende negoziali e fattuali, richiedenti puntuale dimostrazione. 4. Il provvedimento impugnato ha quindi riscontrato l’insufficiente supporto probatorio delle vicende acquisitive del credito azionato dall’istituto ricorrente, posto che lo stesso si è dichiarato titolare del diritto già spettante al Banco di Sicilia s.p.a., erogatore del finanziamento, e ha rievocato l’avvenuta fusione per incorporazione con Aspra Finance s.p.a., quest’ultima resasi cessionaria dei crediti del predetto Banco di Sicilia s.p.a. ha rilevato dunque la necessità di individuare con esattezza anche cronologica i trasferimenti del diritto vantato dall’istante rispetto ai tempi di imposizione del sequestro e della confisca di prevenzione. Ed anche sul punto non può ritenersi tuzioristica la verifica che il Tribunale ha ritenuto di non poter condurre per carenza di dati informativi che l’istante avrebbe dovuto fornire e che erano nella sua disponibilità. 5. Infine, non merita censure il rilievo sulla mancata dimostrazione della buona fede del creditore, il quale si è limitato ad assumere tale condizione a ragione dell’avvenuta erogazione del mutuo nel pieno rispetto della normativa bancaria, circa un decennio prima della confisca . Ebbene, non soltanto tale affermazione pretende di far beneficiare un soggetto diverso della buona fede dell’originario creditore, ignorando le vicende successorie intervenute nel tempo e quindi non curandosi nemmeno di allegare la medesima condizione in capo alle cessionarie, il che già di per sé consente di ravvisare le carenze deduttive evidenziate dal Tribunale, ma in più pecca effettivamente di estrema genericità. In merito al primo profilo è utile richiamare quanto affermato da questa Corte in casi similari, secondo cui Il contenuto della buona fede è pacificamente inteso come condizione di affidamento incolpevole ingenerato da una situazione di oggettiva apparenza che rende scusabile l’ignoranza o il difetto di diligenza Sez. 1, n. 34039 del 27/02/2014, Ferrari ed altri, rv. 261192 sez. 5, n. 15328 del 18/03/2009, Banca della Campania s.p.a., rv. 243610 Sez. 1, n. 2501 del 14/01/2009, San Paolo Imi s.p.a., rv. 242817 sez. 1, n. 8015 del 06/02/2007, Servizi Immobiliari Banche S.i.b. s.p.a., rv. 236364 . Con particolare riferimento al caso della cessione del credito ipotecario, questa Corte ha stabilito che il terzo cessionario di credito garantito da ipoteca su beni sottoposti a sequestro e a confisca di prevenzione gode della medesima tutela del creditore originario, al quale viene riconosciuta, a condizione che risultino l’anteriorità dell’iscrizione del titolo o dell’acquisto del diritto rispetto al provvedimento cautelare o ablativo intervenuto nel procedimento di prevenzione e la sua buona fede, intesa come affidamento incolpevole, ma non può ritenersi sufficiente che tali condizioni siano realizzate in capo al solo cedente sez. 1, n. 16743 del 02/04/2008, Italfondiario s.p.a., rv. 239625 Cass. sez. 2, n. 10770 del 29/01/2015, Island Recifancing s.r.l., rv. 263297 sez. 2, n. 7694 del 11/02/2016, Italfondiario s.p.a., rv. 266204 . Il ricorso sembra non contestare il nesso di strumentalità che i giudici di merito hanno ravvisato tra credito ed attività criminosa svolta dal proposto B.F.P. mediante la società Centralgas s.p.a. e le sue iniziative economico-imprenditoriali, ma si affida alla dedotta ignoranza incolpevole di tale stato di cose. Per contro, con motivazione immune dalle censure rivolte, il giudice investito dello scrutinio in fase di esecuzione ha osservato che il terzo creditore non ha ottemperato all’onere di allegazione e non ha provato che era stata condotta istruttoria adeguata sui profili economici dell’operazione da parte dell’originario istituto concedente, nonostante i rilevanti valori in gioco pari a 2.800.000.000 di lire in favore di un soggetto che aveva già consentito l’iscrizione di ipoteca di grado pozione sugli stessi beni a vantaggio di altro istituto finanziatore e presentava scoperture bancarie e situazione di cassa poco attendibile in periodo contestuale alla conclusione del mutuo. Anche in questo caso la conclusione raggiunta sull’assenza di spiegazioni sulla compatibilità dell’operazione con una condizione di buona fede ed affidamento incolpevole, da cui si è inferita la strumentalità dell’attività di gestione del credito, appare logica, giustificata e coerente con i dati fattuali disponibili. Per le considerazioni svolte il ricorso va respinto con la conseguente della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 luglio – 8 novembre 2017, n. 51040 Presidente Bonito – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 10 dicembre 2015 il Tribunale di Palermo, sezione misure di prevenzione, rigettava l’istanza formulata ai sensi dell’art. 1, comma 199, della legge 24 dicembre 2012 nr. 228, da Unicredit Credit Management Bank s.p.a. nell’ambito del procedimento di prevenzione a carico di B.F.P. , volta ad ottenere l’ammissione del credito vantato nei confronti di Centralgas s.p.a. in forza del contratto di finanziamento, garantito da ipoteca sul complesso immobiliare sito in , censito al fg. , p.lla , e costituito dai fabbricati p.lla omissis , sottoposto a confisca in via definitiva con provvedimento del 14 novembre 2006. A fondamento della decisione il Tribunale rilevava la mancata dimostrazione da parte del terzo creditore delle condizioni previste nel contratto di finanziamento per l’erogazione del credito, individuate nella presentazione del certificato di agibilità dei corpi di fabbrica da ristrutturare, nell’accertamento dell’esecuzione del progetto di recupero e nella verifica notarile dell’assenza di formalità pregiudizievoli, gravanti sul bene. Rilevava altresì la generica deduzione dei fatti relativi alla titolarità del credito ed all’anteriorità della sua acquisizione rispetto al sequestro di prevenzione, dati da specificare anche per l’accertamento della buona fede del creditore, che è stata soltanto affermata, ma risulta smentita dalla strumentalità del credito all’attività illecita del debitore e dalla mancata dimostrazione dell’affidamento incolpevole sulla regolarità dell’operazione bancaria. 2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione Unicredit Credit Management Bank s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, per chiederne l’annullamento per i seguenti motivi a violazione di legge e di norme processuali in riferimento al disposto dell’art. 1, comma 200 della legge n. 228/2012, dell’art. 111 Cost., dell’art. 125 cod. proc. pen., comma 3, e 426 cod. proc. pen., comma 1 lett. d . Secondo la ricorrente, il Tribunale non ha considerato che nel procedimento di esecuzione non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi un provvedimento giurisdizionale favorevole, ma solo un onere di allegazione e ha rinvenuto un deficit probatorio in ordine alla titolarità del credito azionato, che avrebbe potuto e dovuto essere colmato con l’esercizio ufficioso dei poteri del giudice. Ove, poi, volesse ritenersi che l’esercizio dei poteri probatori sia esercitabile in via discrezionale da parte del giudice di merito, tuttavia il Tribunale avrebbe dovuto motivare in ordine al mancato esercizio di detto potere, motivazione del tutto assente nel provvedimento impugnato con la conseguente sua nullità per violazione degli articoli 125 cod. proc. pen. e 111, comma VI Cost b Violazione di legge in relazione all’articolo 52 d.lgs. 159/2011 e all’articolo 115 cod. proc. civ Il Tribunale afferma che il creditore assume la veste di attore nel procedimento giurisdizionale di ammissione del credito, sicché secondo le regole di cui all’articolo 115 cod. proc. civ. le circostanze non espressamente contestate devono ritenersi pacifiche e, come tali, devono essere poste dal giudice a fondamento della sua decisione, come accaduto nel caso di specie, nel quale nessuna delle parti ha contestato ad Unicredit Credit Management Bank s.p.a. di non avere legittimazione attiva a proporre la domanda di ammissione, sicché detto rilievo doveva essere assunto come dato e provato. c Erronea interpretazione ed applicazione della disposizione di cui all’articolo 474 cod.proc.civ A fronte della dedotta stipulazione di un contratto reale di mutuo con deposito cauzionale, il Tribunale ha ritenuto che non fosse provata l’erogazione della provvista e l’avveramento delle condizioni pattuite, ma in tal modo non si considera che tale contratto, - che si perfeziona pur in assenza di materiale traditio del denaro al mutuatario, essendo sufficiente il conseguimento della disponibilità giuridica, che sussiste tutte le volte in cui il mutuante crea un autonomo titolo di disponibilità a favore del mutuatario in modo da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione al patrimonio di quest’ultimo -, costituisce a tutti gli effetti valido titolo esecutivo, perché con il perfezionamento del mutuo deve ritenersi già sorta l’obbligazione restitutoria del mutuatario. Il titolo negoziale in questione consente di promuovere idonea azione espropriativa in danno del debitore e deve ritenersi anche idoneo fondare la domanda di accertamento del credito. d Assenza di motivazione in relazione alla buona fede dell’Istituto erogante il finanziamento, alla strumentalità del credito rispetto alla attività criminosa cui il proposto era dedito e violazione di legge in relazione all’articolo 52 del d.lgs. n. 159/2001. Gli elementi di fatto evidenziati nel decreto di confisca non rientravano nel patrimonio investigativo-conoscitivo della banca all’atto del compimento dell’istruttoria propedeutica alla erogazione del finanziamento. Inoltre, il Tribunale confonde il piano della strumentalità del credito rispetto alla attività del proposto, con quello della buona fede in contrasto con quanto previsto dall’articolo 52 del citato D.lgs. 3 e finisce per rigettare l’istanza per la sola ritenuta strumentalità del credito, desunta da circostanze, idonee a fondare essa strumentalità, ma non a dimostrare l’affidamento colpevole in capo alla Banca. 3. Con requisitoria scritta, depositata il 6 dicembre 2016, il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Delia Cardia, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. considerato in diritto Il ricorso è infondato e non merita dunque accoglimento. 1. Il Tribunale è pervenuto al rigetto dell’istanza proposta dalla ricorrente sulla scorta di una corretta e condivisibile interpretazione della disciplina normativa introdotta dalla legge nr. 228 del 2012, art. 1, commi dal 194 al 205. 1.1 I presupposti fattuali della vicenda all’odierno esame sono certi e documentati nei seguenti termini - con atto pubblico del 19/10/1991 il Banco di Sicilia s.p.a., successivamente incorporata in Unicredit s.r.l. aveva concluso con Centralgas s.p.a. il contratto di mutuo fondiario, garantito da ipoteca volontaria su bene immobile, in esecuzione del quale aveva concesso ed erogato alla mutuataria l’importo di Lire 2.800.000.000 - a garanzia del relativo credito era stata iscritta presso la Conservatoria dei RR.II. di Palermo ipoteca volontaria sull’immobile di proprietà della mutuataria, sito in Carini, insistente su terreno censito al fg. , p.lla e costituito dai fabbricati fg. p.lla omissis - successivamente, con decreto del 14/11/2006, il Tribunale di Palermo, sezione misure di prevenzione, aveva disposto la confisca dell’intero complesso aziendale della Centralgas s.p.a., comprensivo anche dell’immobile sul quale era stata iscritta la garanzia ipotecaria, ed il provvedimento era divenuto definitivo. La società ricorrente assume di essere titolare di un diritto reale di garanzia, costituito ed iscritto su bene sottoposto a successiva confisca con provvedimento di prevenzione, divenuto irrevocabile in un momento antecedente, sia al 13 ottobre 2011, data di entrata in vigore del D.Lgs. nr. 159/2011, sia all’1 gennaio 2013, data di vigenza della c.d. legge di stabilità nr. 228/2012 e comunque emesso secondo le disposizioni dell’epoca, previste dall’art. 2-ter della legge nr. 575/65. 1.2 Il Tribunale, pur avendo dato atto delle circostanze sopra riassunte, ha ritenuto che la creditrice istante non si fosse sufficientemente attivata nell’offrire riscontro probatorio ad alcune fondamentali circostanze di fatto allegate e costituite da a effettiva erogazione del finanziamento in conseguenza dell’avveramento delle condizioni imposte alla beneficiaria con il contratto di mutuo b acquisizione del credito assistito dalla garanzia ipotecaria da parte di Unicredit s.p.a. c buona fede del terzo creditore nell’avere incolpevolmente ignorato il nesso di strumentalità tra il finanziamento ed l’attività illecita del soggetto sottoposto poi a misura di prevenzione reale. 1.3 La ricorrente oppone a tali rilievi argomentazioni non del tutto fondate e nemmeno rispettose delle linee interpretative dell’istituto, come delineate dalla giurisprudenza di questa Corte. 2. In primo luogo, non ha pregio richiamare i principi regolatori del procedimento di esecuzione penale ed in specie la disposizione di cui all’art. 666 cod. proc. pen., comma 5, e sostenere che compete al giudice cui sia rivolta la domanda di accertamento del credito condurre d’ufficio le necessarie verifiche che siano in grado di offrire dimostrazione dei fatti allegati dal proponente. A tale opinione si oppone una pluralità di argomenti giuridici e pratici. 2.1 In primo luogo, come già sostenuto da questa Corte con la sentenza sez. 6, n. 3364 del 12/1/2016, Italfondiario s.p.a., rv. 265829 in termini corrispondenti sez. 6, n. 43969 del 20/10/2015, Italfondiario s.p.a., non massimata l’art. 666 ed il suo comma 5 circoscrivono il potere-dovere che il giudice ha di integrare documenti ed informazioni di cui necessita per la decisione all’ambito di quanto acquisibile dalle autorità competenti , con ciò alludendo a quelle pubbliche, l’accesso alle quali per la parte privata è ritenuto eccessivamente gravoso, se non precluso. Il dato letterale della disposizione di legge induce ad escludere interpretazioni logico-sistematiche alternative per estendere il significato del concetto di autorità a qualsiasi soggetto detentore legale di atti e notizie processualmente utili e che sia consentito alla parte istante limitarsi ad una mera affermazione del proprio diritto, non probatoriamente riscontrata, confidando sull’attivazione del giudice nel cercare i riscontri della fondatezza delle sue allegazioni. 2.2 Indicazioni convergenti sono ricavabili dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite civili, che con la sentenza nr. 10532 del 7/5/2013, rv. 626570, hanno riconosciuto che il bilanciamento dei contrapposti interessi, dello Stato, che abbia ottenuto i beni sottoposti a confisca di prevenzione con provvedimento definitivo, ed il terzo, titolare di diritti di garanzia sugli stessi cespiti, di soddisfare le proprie pretese, comporta la salvaguardia del preminente interesse pubblico . che, n.d.r. , dunque, giustifica il sacrificio inflitto al terzo di buona fede, titolare di un diritto reale di godimento o di garanzia, ammesso, ora, ad una tutela di tipo risarcitorio . Inoltre, il Supremo Collegio ha affermato, risolvendo il tema della distribuzione dell’onere probatorio in relazione alla domanda di accertamento del credito secondo le previsioni dell’art. 52 e ss. D.Lgs. n. 159/2011, va poi aggiunto che le nuove norme, e quelle richiamate, non contengono previsioni espresse in termini di prova vale a dire, a chi spetti provare la buona fede e l’affidamento incolpevole. Deve ritenersi che l’elaborazione giurisprudenziale negli anni maturata, soprattutto nell’ambito penale, e la veste sostanziale di attore nel procedimento giurisdizionale di ammissione, che assume il creditore, convergano nell’addossare a quest’ultimo la prova positiva delle condizioni per l’ammissione al passivo del suo credito. Tale conclusione è conforme al canone ermeneutico dell’intenzione del legislatore art. 12 preleggi . Si suppone che il legislatore razionale - quando emana una legge conosca il diritto vivente. Ora, se il legislatore nel disciplinare una materia non innova le soluzioni che costituiscono l’approdo interpretativo della giurisprudenza, vuoi dire che le recepisce cioè le fa normativamente proprie . 2.3 A conclusioni difformi non può pervenirsi a ragione della natura del procedimento per quanto il rito dell’esecuzione penale sia contraddistinto da sostanziale informalità, ciò nonostante, la domanda di accertamento del credito intende far valere interessi civilistici in conflitto con quelli dell’Amministrazione pubblica, che ha già acquisito il bene confiscato, per cui non è coerente con tale assetto di posizioni sostanziali ritenere che sia il giudice a doversi attivare in luogo della parte interessata nel provare circostanze di fatto funzionali alla realizzazione della sua pretesa e che sono nella sua disponibilità per le vicende negoziali pregresse in cui ha assunto il ruolo di parte contraente, non già in quella di pubblici depositari. Deve dunque ribadirsi il principio di diritto, per il quale grava sulla parte proponente la domanda di accertamento del credito ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 159/2011 l’onere di provare la fondatezza della domanda nei suoi fatti costitutivi, mentre al giudice compete, quando richiesto dal dibattito processuale e dalla natura delle circostanze da accertare, l’attivazione d’ufficio per l’assunzione di documentazione e informazioni pertinenti presso autorità pubbliche che le detengano . 3. Il Tribunale, con motivazione analitica e coerente, ha evidenziato un primo profilo di carenza probatoria nell’erogazione del mutuo in favore di Centralgas s.p.a., accordato con vincolo di destinazione e in dipendenza dall’avveramento di condizioni specificate nel relativo contratto, che l’istante non ha nemmeno allegato si fossero avverate ed in quali circostanze fattuali. Nel provvedimento in esame si è fatto espresso riferimento a tali eventi, che avevano subordinato l’erogazione della somma mutuata, quali la presentazione di progetto tecnico approvato, la documentazione della spesa sostenuta nella ristrutturazione dell’immobile della mutuataria, l’esibizione del certificato di agibilità dei corpi di fabbrica e la verifica dell’esecuzione del progetto, oltre ad ulteriori condizioni sospensive, quali la relazione notarile sulle formalità gravanti sui beni, la stipula di una polizza assicurativa, l’aumento di capitale della società mutuataria. La conclusione raggiunta della mancanza di prova circa l’avveramento delle condizioni per l’omessa produzione dei documenti giustificativi , pretesi ai sensi dell’art. 58 D. Lgs. n. 159/2011, comma 2 lett. c , poggia su un solido corredo argomentativo e dà pieno conto in modo logico e compiuto delle ragioni della decisione. 3.1 Per contro, non meritano accoglimento le obiezioni della ricorrente. Non soltanto vale quanto già rilevato sui limiti applicativi dell’art. 666 cod. proc. pen., comma 5, ma anche il richiamo alla natura giuridica del contratto di mutuo ed ai suoi effetti reali non è risolutivo. 3.2 Non ignora il Collegio che sul piano sostanziale le esigenze imposte dalle prassi commerciali e bancarie, nonché la finalità di contrastare la pratica del riciclaggio, consentono il perfezionamento del contratto reale di mutuo mediante una pluralità di forme, che dalla consegna, intesa in termini materiali e fisici quale traditio del denaro, si estendono alla sua messa a disposizione in senso giuridico e che rispetto a tale ultima modalità la relativa prova può essere fornita mediante separato atto di quietanza, oppure annotazioni contabili attestanti il trasferimento del denaro Cass. civ., sez. 3, n. 17194 del 27/08/2015, rv. 636304 sez. 1, n. 14 del 03/01/2011, rv. 616084 . Le superiori considerazioni non autorizzano però a ritenere sufficientemente efficace sul piano dimostrativo la mera produzione del documento in cui è contenuto il contratto di mutuo quando, come nel caso di specie, le sue stesse pattuizioni prevedano che la successiva fase esecutiva dell’accordo e l’effettivo trasferimento del denaro al soggetto beneficiario del finanziamento siano condizionati dal verificarsi di altri successivi eventi che ne hanno sospeso l’efficacia. In siffatta situazione non costituisce idonea difesa invocare la natura reale dell’atto negoziale se al tempo stesso non si provi che esso abbia avuto concreta attuazione ed in quali termini economici, condizionando tale verifica l’accertamento del credito e del suo preciso ammontare. Va dunque affermato il seguente principio di diritto quando il terzo proponga domanda di accertamento del credito ai sensi dell’art. 1, comma 200, della legge n. 228/2012, facendo valere la stipulazione di un contratto di mutuo nei confronti del soggetto che abbia subito l’imposizione di misura di prevenzione reale, contratto sottoposto a condizioni sospensive, l’onere probatorio che l’istante deve assolvere riguarda non soltanto l’esistenza e la validità del titolo negoziale, ma anche l’avveramento delle condizioni che hanno consentito l’effettiva erogazione del capitale . 3.3 Né la questione giuridica sollevata dai rilievi del Tribunale può ricevere adeguata soluzione mediante l’applicazione del disposto dell’art. 115 cod. proc. civ., secondo il quale salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita . 3.3.1 In primo luogo, osserva il Collegio che il procedimento di accertamento del diritto di credito del terzo di buona fede, assistito da garanzia ipotecaria sui beni confiscati in forza di una misura di prevenzione, di cui all’art. 1, commi 194-206, della legge n. 228/2012, resta soggetto alla regolamentazione specifica introdotta da questo testo normativo, che offre una disciplina autonoma e compiuta dei tempi e modi di ammissione, di natura speciale rispetto al regime previsto in via ordinaria dal D.Lgs. n. 159 del 2011, le cui sole disposizioni degli artt. 52 e 58, rispettivamente riguardanti le condizioni legittimanti ed i requisiti formali di presentazione della domanda-, sono richiamate in modo esplicito per renderle applicabili alla procedura semplificata e transitoria. Per tali considerazioni, nonostante la natura tipicamente concorsuale della procedura in esame, deve negarsi fondamento giuridico alla pretesa generalizzata sottoposizione della stessa, in via estensiva o analogica, sia alla disciplina complessivamente considerata del D.Lgs. n. 159 del 2011, sia alle disposizioni che regolano il rito delle controversie civili. 3.3.2 Oltre a tale rilievo, s’impongono ulteriori considerazioni. Anche a voler opinare diversamente ed a ritenere soggetto il procedimento alla disciplina del processo civile, nel caso specifico difettano le condizioni imprescindibili per poter risolvere il deficit dimostrativo, addebitato alla ricorrente, in base al principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ La relativa deduzione non è corredata dei dati informativi di supporto, perché non specifica se l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, contraddittore della domanda azionata perché titolare dell’interesse a resistervi, si sia costituita innanzi al Tribunale ed abbia svolto le proprie difese, assumendo o meno una linea di condotta processuale, improntata alla mancata negazione dei fatti costitutivi del diritto che si è chiesto di accertare. Inoltre, non è stato rappresentato se l’Agenzia stessa avesse versato nelle condizioni materiali di poter conoscere i fatti che si presumono ammessi. Tali carenze assumono un rilievo dirimente poiché il principio di non contestazione, da ritenersi una tecnica di semplificazione dell’attività processuale di formazione della prova dei fatti allegati dalle parti, per espressa previsione normativa può operare soltanto nei riguardi delle parti costituite in giudizio ed in riferimento ai fatti noti a quella che ha interesse a negarli, non anche a quelli ad essa sconosciuti, secondo il condivisibile insegnamento della giurisprudenza delle sezioni civili di questa Corte sez. 3, n. 14652 del 18/07/2016, rv. 640518 sez. 3, n. 3576 del 13/02/2013, rv. 625006 . In particolare, sul punto merita di essere richiamata per la correttezza delle scelte esegetiche e la coerenza col dato normativo, la pronuncia della Cass. civ., sez. 1, n. 16554 del 30/06/2015, rv. 636332, che, in riferimento alle procedure concorsuali, a fronte della lamentata mancata ammissione di un credito allo stato passivo, motivato dall’insufficienza della documentazione prodotta, sia quanto all’an, che al quantum della pretesa creditoria, ha affermato che il principio di non contestazione non comporta affatto l’automatica ammissione del credito allo stato passivo, sebbene esso non sia stato contestato dal curatore o dai creditori eventualmente presenti in sede di verifica ed esso non può prevalere rispetto ai risultati dell’istruzione probatoria, positivamente esperiti od acquisiti, specie quando questi abbiano valenza contraria alle risultanze virtuali ipotizzabili in base al primo . specie quando la verificazione del credito s’incentra non già su informazioni probatorie elementari, precise e circoscritte, così rendendo chiaro il loro accertamento, ma riguardi un complesso di fatti, tra di loro concatenati, la cui conferma si presenti articolata e complessa, non unidirezionale, e perciò bisognosa di prova in tutti i suoi segmenti e passaggi dimostrativi . Se dunque si volesse condurre un parallelo tra il procedimento di accertamento del credito di cui all’art. 1 L. n. 228/2012 e le procedure concorsuali in senso proprio, l’illuminante principio di diritto sopra citato rende insufficiente e non risolutiva la deduzione che invoca l’applicazione della regola dettata dall’art. 115 cod. proc. civ., poiché anche in questo caso il diritto vantato dall’istituto Dobank s.p.a. trae origine da complesse vicende negoziali e fattuali, richiedenti puntuale dimostrazione. 4. Il provvedimento impugnato ha quindi riscontrato l’insufficiente supporto probatorio delle vicende acquisitive del credito azionato dall’istituto ricorrente, posto che lo stesso si è dichiarato titolare del diritto già spettante al Banco di Sicilia s.p.a., erogatore del finanziamento, e ha rievocato l’avvenuta fusione per incorporazione con Aspra Finance s.p.a., quest’ultima resasi cessionaria dei crediti del predetto Banco di Sicilia s.p.a. ha rilevato dunque la necessità di individuare con esattezza anche cronologica i trasferimenti del diritto vantato dall’istante rispetto ai tempi di imposizione del sequestro e della confisca di prevenzione. Ed anche sul punto non può ritenersi tuzioristica la verifica che il Tribunale ha ritenuto di non poter condurre per carenza di dati informativi che l’istante avrebbe dovuto fornire e che erano nella sua disponibilità. 5. Infine, non merita censure il rilievo sulla mancata dimostrazione della buona fede del creditore, il quale si è limitato ad assumere tale condizione a ragione dell’avvenuta erogazione del mutuo nel pieno rispetto della normativa bancaria, circa un decennio prima della confisca . Ebbene, non soltanto tale affermazione pretende di far beneficiare un soggetto diverso della buona fede dell’originario creditore, ignorando le vicende successorie intervenute nel tempo e quindi non curandosi nemmeno di allegare la medesima condizione in capo alle cessionarie, il che già di per sé consente di ravvisare le carenze deduttive evidenziate dal Tribunale, ma in più pecca effettivamente di estrema genericità. In merito al primo profilo è utile richiamare quanto affermato da questa Corte in casi similari, secondo cui Il contenuto della buona fede è pacificamente inteso come condizione di affidamento incolpevole ingenerato da una situazione di oggettiva apparenza che rende scusabile l’ignoranza o il difetto di diligenza Sez. 1, n. 34039 del 27/02/2014, Ferrari ed altri, rv. 261192 sez. 5, n. 15328 del 18/03/2009, Banca della Campania s.p.a., rv. 243610 Sez. 1, n. 2501 del 14/01/2009, San Paolo Imi s.p.a., rv. 242817 sez. 1, n. 8015 del 06/02/2007, Servizi Immobiliari Banche S.i.b. s.p.a., rv. 236364 . Con particolare riferimento al caso della cessione del credito ipotecario, questa Corte ha stabilito che il terzo cessionario di credito garantito da ipoteca su beni sottoposti a sequestro e a confisca di prevenzione gode della medesima tutela del creditore originario, al quale viene riconosciuta, a condizione che risultino l’anteriorità dell’iscrizione del titolo o dell’acquisto del diritto rispetto al provvedimento cautelare o ablativo intervenuto nel procedimento di prevenzione e la sua buona fede, intesa come affidamento incolpevole, ma non può ritenersi sufficiente che tali condizioni siano realizzate in capo al solo cedente sez. 1, n. 16743 del 02/04/2008, Italfondiario s.p.a., rv. 239625 Cass. sez. 2, n. 10770 del 29/01/2015, Island Recifancing s.r.l., rv. 263297 sez. 2, n. 7694 del 11/02/2016, Italfondiario s.p.a., rv. 266204 . Il ricorso sembra non contestare il nesso di strumentalità che i giudici di merito hanno ravvisato tra credito ed attività criminosa svolta dal proposto B.F.P. mediante la società Centralgas s.p.a. e le sue iniziative economico-imprenditoriali, ma si affida alla dedotta ignoranza incolpevole di tale stato di cose. Per contro, con motivazione immune dalle censure rivolte, il giudice investito dello scrutinio in fase di esecuzione ha osservato che il terzo creditore non ha ottemperato all’onere di allegazione e non ha provato che era stata condotta istruttoria adeguata sui profili economici dell’operazione da parte dell’originario istituto concedente, nonostante i rilevanti valori in gioco pari a 2.800.000.000 di lire in favore di un soggetto che aveva già consentito l’iscrizione di ipoteca di grado pozione sugli stessi beni a vantaggio di altro istituto finanziatore e presentava scoperture bancarie e situazione di cassa poco attendibile in periodo contestuale alla conclusione del mutuo. Anche in questo caso la conclusione raggiunta sull’assenza di spiegazioni sulla compatibilità dell’operazione con una condizione di buona fede ed affidamento incolpevole, da cui si è inferita la strumentalità dell’attività di gestione del credito, appare logica, giustificata e coerente con i dati fattuali disponibili. Per le considerazioni svolte il ricorso va respinto con la conseguente della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.