L’imputato può fare a meno dell’avvocato nell’impugnazione della misura cautelare personale?

La legge di riforma del sistema penale n. 103/2017, nella parte in cui ha escluso la possibilità per l’imputato di ricorrere personalmente in Cassazione avverso le decisioni di merito, deve essere interpretata estensivamente e, dunque, anche in riferimento all’impugnazione delle decisioni cautelari, posto che l’art. 311 c.p.p. che, in tale materia, ammette espressamente il ricorso personale dell’imputato non è stato modificato dalla riforma medesima?

È l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 51068/17, depositata l’8 novembre, a sollevare il quesito dinanzi alle Sezioni Unite. La vicenda. Il Tribunale di Caltanissetta, quale giudice del riesame, respingeva l’appello proposto da un imputato avverso l’ordinanza che aveva rigettato la sua richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, disposta in relazione alla condanna di primo grado per tentativo di furto pluriaggravato. Avverso tale provvedimento, l’imputato ricorre personalmente in Cassazione. La questio iuris. La Suprema Corte sottolinea la rilevanza pregiudiziale della questione relativa all’ammissibilità del ricorso in quanto sottoscritto personalmente dall’imputato nel vigore della l. n. 103/2017 di riforma del sistema penale che, modificando gli artt. 571 Impugnazione dell’imputato e 613 c.p.p. Difensori , ha escluso la facoltà per l’imputato di proporre personalmente ricorso in Cassazione. La S.C. sottolinea poi che il caso di specie verte in materia di misure cautelari personali, occorre pertanto stabilite se, anche dopo la riforma, permanga inalterata – o meno la legittimazione riconosciuta all’imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 311 c.p.p., norma cui la legge di riforma non fa espresso riferimento . Quest’ultima disposizione prevede infatti che contro le decisioni emesse a norma degli artt. 309 e 310, il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura, l'imputato e il suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento . Un precedente giurisprudenziale L’ordinanza richiama una recente pronuncia della VI sezione n. 42062/17 che ha dichiarato, in un caso attinente al mandato di arresto europeo, l’inammissibilità del ricorso sottoscritto personalmente dall’imputato per difetto di legittimazione personale argomentando sulla nuova formulazione dell’art. 613 c.p.p. e sull’obbligo generale della rappresentanza tecnica nel ricorso per cassazione. e una diversa ricostruzione. Ma il Collegio propone una soluzione ermeneutica diversa in riferimento al particolare regime dei provvedimenti de libertate , nel quale deve dunque continuare a ritenersi ammissibile il ricorso personale dell’imputato proprio per le esigenze di celerità e per le modalità di tali provvedimenti. Tale ipotesi trova conforto nel dato testuale. Se infatti l’art. 571 c.p.p. rappresenta la regola generale e l’art. 613 c.p.p. una deroga specifica, gli Ermellini fanno leva sulla struttura codicistica e sul collocamento di quest’ultima norma per limitarne l’applicazione ai ricorsi contro le sentenze o comunque contro provvedimenti definitori di procedimenti principali e/o autonomi. In materia cautelare, il ricorso per cassazione avverso le ordinanze risulta regolato in modo specifico dall’art. 311 c.p.p. rimasto appunto intatto anche dopo il recente intervento legislativo. Anche l’approccio interpretativo logico e sistematico depone nel medesimo senso posto che, obbligare un soggetto sottoposto alla misura cautelare ipoteticamente di massimo rigore a nominare un difensore iscritto all’albo speciale cassazionisti per impugnare la misura, entro un termine massimo di 10 giorni, significherebbe rendere particolarmente gravoso l’esercizio del diritto di difesa, per di più, in una materia, la libertà personale, certamente all’apice dei valori costituzionali . In conclusione, la V sezione, evidenziando la speciale importanza della questione, rimette il ricorso alle Sezioni Unite affinché si pronunciano in merito.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, ordinanza 2 – 8 novembre 2017, n. 51068 Presidente Fumo – Relatore Morosini Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Caltanissetta, in funzione di giudice del riesame, ha respinto l’appello proposto dall’imputato A.M. , avverso l’ordinanza del Tribunale di Enna, con la quale era stata rigettata la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari. Il titolo cautelare era relativo ad un tentativo di furto pluriaggravato, reato in relazione al quale il ricorrente era stato riconosciuto colpevole, in primo grado, riportando una condanna alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione. 2. Avverso il provvedimento l’imputato, personalmente, propone ricorso in data 31 agosto 2017, articolando due motivi. 2.1 Con il primo, lamenta l’illogicità della motivazione sotto diversi profili il Tribunale a avrebbe ritenuto ininfluente il decorso del tempo ai fini della modifica della misura cautelare al contrario di quanto avrebbe invece deciso in altri procedimenti a carico di altri soggetti b avrebbe invocato il giudicato cautelare in modo improprio, posto che non si discuterebbe dell’insussistenza dei presupposti di cui agli artt. 273 e 274 cod. proc. pen., ma soltanto dell’affievolimento delle esigenze cautelari, c non avrebbe tenuto conto né della circostanza nuova rappresentata dal parere favorevole espresso dal Pubblico Ministero, né del rapporto tra l’entità della pena infitta e quella presofferta, pari a un terzo. 2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia il vizio di omessa motivazione in merito alla richiesta, avanzata in via subordinata, di concessione di permessi di uscita giornalieri per provvedere alle proprie esigenze di vita quotidiana. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni unite. 2. La decisione del ricorso impone infatti, in via pregiudiziale, di verificarne l’ammissibilità in quanto si tratta di ricorso sottoscritto personalmente dall’imputato, presentato il 31 agosto 2017, quindi nel vigore della legge 23 giugno 2017 n. 103 di riforma del sistema penale. In forza della citata riforma, gli articoli 571 e 613 cod. proc. pen. sono stati modificati in maniera tale da escludere la facoltà per l’imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione. Nell’art. 571 comma 1 cod. proc. pen., che disciplina, in generale, l’impugnazione dell’imputato, prima delle parole l’imputato può proporre impugnazione personalmente o per mezzo di un procuratore speciale è stato inserito l’inciso salvo quanto previsto per il ricorso per cassazione dall’articolo 613, comma 1 . Dall’articolo 613 comma 1 cod. proc. pen. è stato espunto l’inciso iniziale Salvo che la parte non vi provveda personalmente , di talché la norma, nella attuale formulazione, recita L’atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione . 3. Nel caso in esame si verte in materia di misure cautelari personali. Occorre pertanto stabilire se, anche dopo la riforma, permanga inalterata - o meno - la legittimazione riconosciuta all’imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 311 cod. proc. pen., norma cui la legge di riforma non fa esplicito riferimento. 4. In proposito, la sezione sesta di questa Corte ha affermato, con una recente pronuncia, che va riconosciuta valenza universale al principio della rappresentanza tecnica in cassazione Sez. 6, n. 42062 del 13/09/2017, Lissandrello . 4.1 Il caso deciso afferiva a un ricorso per cassazione proposto personalmente dall’imputato avverso una sentenza che aveva disposto la consegna ad una autorità straniera, in forza di mandato di arresto Europeo. La sesta sezione ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sul presupposto del difetto di legittimazione personale dell’imputato, a mente del nuovo art. 613 cod. proc. pen., che ha quindi abrogato l’art. 22 della legge n. 69 del 2005, il quale attribuiva all’interessato la facoltà di presentare ricorso avverso le decisioni in materia di consegna. 4.2 La pronuncia in questione muove dal principio secondo cui il nuovo art. 613 cod. proc. pen. ha mutato natura, passando da una funzione meramente ricognitiva a una costitutiva, tanto da assurgere a norma di esclusione generale della sottoscrizione personale del ricorso per cassazione. 4.3 Si è dunque ritenuto che, in tale situazione, l’obbligo della rappresentanza tecnica operi con riferimento a tutte le ulteriori ipotesi, codicistiche ed extracodicistiche, di ricorso per cassazione e - dunque - per i ricorsi in materia di estradizione, misure di prevenzione, esecuzione penale, sorveglianza, fino ad abbracciare anche il regime impugnatorio delle misure cautelari personali. 5. Ritiene tuttavia questo Collegio che, con riferimento all’ultimo profilo, sia ben possibile una diversa e più corretta opzione ermeneutica, sulla base di un attenta lettura della stratificazione normativa sopra descritta ed avuto riguardo al particolare regime tempi e modalità delle impugnazioni de libertate, nel senso che, pur nel vigore della nuova disciplina, deve ritenersi tuttora ammissibile il ricorso personale dell’imputato o indagato a seconda della fase processuale avverso provvedimenti in materia di misure cautelari personali. 5.1 A favore della soluzione proposta milita anzitutto il dato testuale. L’art. 571 comma 1 cod. proc. pen. detta come regola generale quella della facoltà per l’imputato di impugnare personalmente i provvedimenti. Rispetto ad essa, costituisce una deroga specifica quella prevista attraverso il richiamo all’articolo 613, comma 1 cod. proc. pen. Tale ultima norma disciplina, nella struttura codicistica, in ragione della sua collocazione, il ricorso per cassazione avverso le sentenze o, se si vuole, più in generale, avverso provvedimenti con efficacia definitoria di procedimenti principali e/autonomi. Il predetto articolo impone l’obbligo della rappresentanza tecnica. Di contro, nel codice di rito, il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse nell’ambito del procedimento in materia cautelare, per sua natura strumentale e incidentale, trova la sua specifica regolamentazione nell’art. 311 cod. proc. pen., il cui testo è rimasto immutato. Esso in vero, non essendo stato esplicitamente inciso dalla riforma, è rimasto nel codice nel testo originale e, conseguentemente, continua a contemplare la facoltà per l’imputato di sottoscrivere personalmente il ricorso, in sintonia, peraltro, con la regola generale di cui all’art. 571 comma 1 cod. proc. pen., sopra richiamata. 5.2 Soccorre poi un ulteriore argomento, di analoga natura, che si salda con il primo. È infatti da porre in rilievo come la novella non realizzi un intervento puntuale , circoscritto a poche norme del codice di rito essa, al contrario, permea in maniera estesa il tessuto normativo del processo penale, coinvolgendo e riplasmando numerosi istituti. Risulta, tra l’altro, interessato anche il ricorso per cassazione in materia cautelare, sia pure reale. Il comma 60 dell’articolo 1 della legge citata recita infatti All’articolo 325, comma 3, del codice di procedura penale, le parole dell’articolo 311, commi 3 e 4 sono sostituite dalle seguenti dell’articolo 311, commi 3, 4 e 5 . Orbene o si ipotizza che la novella sia incorsa in un macroscopico difetto di coordinamento, ovvero si deve ritenere che, se il legislatore avesse avuto intenzione di estendere l’obbligo della rappresentanza tecnica anche alla materia cautelare, lo avrebbe previsto espressamente, tenuto conto che, addirittura, si è preoccupato di ritoccare l’art. 325 cod. proc. pen. per coordinarlo con l’art. 311 del medesimo codice, sicché non è illogico opinare che non avrebbe esitato a intervenire anche su tale ultima norma per coordinarla, in ipotesi, con il nuovo art. 613 cod. proc. pen 5.3 Riconosciuto, quindi, il carattere prioritario del canone ermeneutico fornito dall’interpretazione letterale Sez. U, n. 46588 del 29/09/2016, Schirrru, in motivazione , deve poi osservarsi come non contrasti con tale opzione interpretativa l’ulteriore canone dato dall’interpretazione logica e sistematica. La sopravvivenza della ricorribilità personale in materia cautelare ben potrebbe trovare la sua ratio nelle peculiarità del relativo procedimento, che involge il diritto fondamentale della libertà personale e che si svolge si deve svolgere in tempi molto rapidi. Invero, se si imponesse a un soggetto, - e si fa riferimento specifico a chi sia sottoposto alla misura di massimo rigore - di dotarsi di un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione, il quale, ovviamente, dovrebbe essere disponibile, in appena dieci giorni, ad esaminare gli atti, magari ponderosi, e a predisporre un ricorso, che ben potrebbe essere articolato e complesso , se, in sintesi, gli si vietasse, in tale particolare frangente, la possibilità di autodifesa, indubbiamente si frapporrebbe un ostacolo non di poco momento all’effettivo esercizio del diritto di difesa e, per di più, in una materia, la libertà personale, certamente all’apice dei valori costituzionali artt. 13, 24, 111 comma 7 Cost. . Tale difficoltà viene, solo in parte, mitigata dalla facoltà, riconosciuta dall’art. 311 comma 4 cod. proc. pen., di enunciare nuovi motivi davanti alla Corte di cassazione invero il vulnus di partenza non è, per ciò solo, scongiurato, atteso che un ricorso, con contestuali motivi, deve pur sempre essere redatto. La consistenza dell’impedimento si apprezza ancor di più nel caso di ricorso per saltum, rimedio impugnatorio che interviene nella immediatezza della applicazione di una misura cautelare. 6. Tutto ciò premesso, appare evidente la speciale importanza della questione sopra illustrata e, dunque, la necessità, ai sensi dell’art. 610 comma 2 cod. proc. pen., di rimetterla all’esame delle Sezioni Unite, atteso che si tratta di fare chiarezza circa l’esatta configurazione dello schema procedimentale del ricorso per cassazione in una materia - quella delle misure cautelari personali particolarmente delicata e rilevante, tanto per la natura della problematica trattata, quanto per il numero dei ricorsi de libertate, quanto infine per la frequenza con la quale essi si presentano all’esame del giudice di legittimità. 7. Al proposito è appena il caso di notare che, benché l’atto impugnato l’ordinanza del 25/7/2017 sia anteriore alla data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, non di meno non può trovare applicazione il principio enucleato da Sez. U. 27614 del 29/3/2007, Lista, Rv 236537, in base al quale, in mancanza di norma transitoria, per individuare il regime applicabile, nel caso di successione di leggi nel tempo, si deve tener presente il momento dell’emanazione dell’atto impugnato e non quello della impugnazione dello stesso e ciò in base al principio tempus regit actum. Invero, con riferimento alla riforma dell’art. 613 cod. proc. pen., non viene in rilievo la problematica relativa alla individuazione dell’actus cui si riferisce il tempus della novella, quanto la corretta individuazione del soggetto legittimato ad impugnare il provvedimento e tale legittimazione deve, ovviamente, permanere nel momento in cui si propone l’impugnazione stessa. 8. Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni Unite con riferimento alla seguente questione se la modifica dell’art. 613 c.p.p., in combinato disposto con quella dell’art. 571 c.p.p., che ha escluso la possibilità di ricorso personale dell’imputato avverso le decisioni di merito, debba essere interpretato estensivamente - e così riguardare anche la preclusione all’impugnativa personale avverso le decisioni cautelari - ovvero se tale soluzione sia da escludere, tenuto conto che l’art. 311 c.p.p., che tale possibilità prevede espressamente, non è stato toccato dalla riforma . P.Q.M. Rimette la questione alle Sezioni Unite.