Omesso il deposito delle intercettazioni, cade la misura cautelare

In assenza del deposito integrale da parte dell’accusa degli atti fondativi della misura ai sensi dell’art. 309, comma 5, c.p.p. non può essere emessa ordinanza confermativa della misura emessa, anche nel caso in cui la difesa sia rimasta inerte e non abbia chiesto rinvio fino a dieci giorni dell’udienza del riesame, ai sensi dell’art. 309, comma 9-bis, c.p.p

Così la Cassazione, Sesta Sezione Penale, n. 50760/2017, depositata il 7 novembre. Un fatto noto. Per fatti di corruzione giudiziaria ex art. 319 e ss. c.p. veniva mossa ordinanza di custodia cautelare nei confronti, fra gli altri, di un imputato per turbativa d’asta ex art. 353 c.p. nella nota vicenda degli appalti truccati nella sanità romana, che avrebbe consentito a più imprenditori di far parte di una fitta rete di influenze e vantaggi personali, a mezzo di false attestazioni e facilitazioni da parte degli organi dirigenti delle aziende sanitarie. In particolare, il sodalizio criminale, di cui avrebbe fatto parte anche un Senatore della Repubblica, avrebbe consentito anche di acquisire pronunce giudiziarie liberatorie dei beni previamente sequestrati dall’autorità giudiziaria. Il fatto processuale le intercettazioni negate. Nel caso di un imputato, la difesa aveva proposto riesame ai sensi dell’art. 309 c.p.p., la pubblica accusa non aveva tuttavia in tempi brevi messa a disposizione la trascrizione delle intercettazioni telefoniche fondative della misura cautelare, nemmeno a ridosso dell’udienza di riesame. Il Tribunale aveva confermato la misura, lamentando alla difesa dell’imputato la mancanza di una richiesta di rinvio, entro due giorni dall’avviso, ai sensi dell’art. 309, comma 9- bis , c.p.p., che avrebbe consentito di celebrare l’udienza fino ad ulteriore dieci giorni, con la probabile disponibilità del materiale probatorio di cui all’intercettazione. I giudici, in breve, constano l’inerzia della difesa e confermano l’ordinanza. L’onere del rinvio dell’udienza ex art. 309, comma 9-bis, c.p.p. non condiziona la difesa. Di fatto, si è verificata una mancanza dell’organo dell’accusa che non aveva consentito la materiale disponibilità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali realizzate durante le indagini preliminari, in disprezzo dell’obbligo di deposito integrale ex art. 309, comma 5, c.p.p Residuare alla difesa l’obbligo del rinvio cit. avrebbe ignorato la valenza precettiva della norma sulle intercettazioni ex art. 268 c.p.p. e della disciplina che impone la previa conoscibilità degli atti fondativi dell’emissione di una misura cautelare, pena il verificarsi di una nullità intermedia ai sensi dell’art. 178, lett. c , c.p.p., da eccepire nella prima difesa utile. Si verifica in ogni caso una illegittima compressione dei diritti dell’imputato già soggetto a misura cautelare, per fatti e ragioni ascrivibili a mancanze organizzative dell’accusa. In breve il rinvio dell’udienza ex art. 309 cit., con dilungamento dei tempi di sottoposizione a misura cautelare dell’imputato, costituisce strumento processuale di strategia difensiva, non certo un vincolo per la difesa al fine di poter validamente eccepire la mancanza del deposito integrale degli atti ai sensi dell’art. 309 cit

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 26 settembre – 7 novembre 2017, n. 50760 Presidente Rotundo – Relatore Gianesini Ritenuto in fatto 1. I Difensori di F.M. , D.C.N. , FR.Do. e FE.Al. hanno proposto ricorso per Cassazione contro l’ordinanza con la quale il Tribunale di ROMA, in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza genetica dispositiva della custodia in carcere per il F. per il reato di cui agli artt. 319, 319 ter e 321 cod. pen. Capi e 2 , e degli arresti domiciliari per gli altri indagati, in riferimento al reato di cui all’art. 353 cod. pen. Capo 9, in esso assorbito il capo 8 . 1.1 Più in dettaglio, il F. è sottoposto ad indagine Capo 1 per aver ricevuto da D.M. una somma di denaro mensile tra i 5 e i 12 mila euro per consegnare agli utenti della Commissione medica locale di ROMA un foglio con l’indicazione del laboratorio di analisi dello stesso D. e per aver accettato la promessa dell’intervento di f.a. finalizzato ad ottenere l’annullamento di provvedimenti di sequestro preventivo dietro il rilascio di una certificazione medico-legale ideologicamente falsa. 1.2 Gli altri indagati, tutti imprenditori, sono sottoposti ad indagine per aver concorso con il RUP C. nella turbativa della gara pubblicata il 25 luglio 2016 con le modalità descritte nella relativa imputazione preliminare. 2. Il Difensore di F.M. ha dedotto due motivi di ricorso, entrambi riferiti al tema delle esigenze cautelari. 2.1 Con il primo motivo, il ricorrente ha lamentato vizi di motivazione in ordine alla effettiva sussistenza di esigenze cautelari concrete ed attuali sia in riferimento alla esigenza riferibile al pericolo per l’acquisizione delle prove che a quello di cui all’art. 274, lett. C cod. proc. pen Quanto al primo profilo cautelare, il Tribunale non aveva considerato quanto rappresentato nella richiesta di riesame e cioè che il F. , dopo aver bonificato il proprio ufficio a seguito della scoperta di una microspia, aveva presentato denuncia-querela per il reato di cui all’art. 617 bis cod. pen., con ciò dimostrando l’assenza radicale di ogni intento di ostacolare o inquinare le indagini del resto, anche gli ulteriori profili di affermato pericolo di inquinamento della genuinità della prova erano stati addotti in termini del tutto apodittici, dato che l’essenza del materiale probatorio era già stata raccolta con intercettazioni telefoniche e ambientali e prove dichiarative del corruttore ampiamente confessorie dei fatti l’ordinanza, poi, non recava alcuna indicazione circa la fissazione della data di scadenza della misura, in ogni caso necessaria anche in ipotesi di annullamento, da parte della Corte di Cassazione, del profilo cautelare di cui all’art. 274, lett. C cod. proc. pen. Quanto al secondo profilo di cautela, il ricorrente ha svolto considerazioni critiche in ordine alla astrattezza delle valutazioni, di carattere meramente congetturale, del Tribunale che non aveva poi tenuto conto del fatto che le dimissioni presentate dal F. e la richiesta di pensionamento non erano affatto suscettibili di revoca in caso di ridimensionamento del materiale indiziario e si presentavano quindi con carattere di definitività, così che mancava palesemente qualsiasi reale indicazione sia in termini di concretezza che in termini di attualità del pericolo cautelare in argomento. 2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente ha censurato la motivazione del provvedimento impugnato sul tema della scelta della misura cautelare, dato che non era stata specificamente indicata la ragione per cui non era stata ritenuta idonea la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all’art. 275, comma 3 bis cod. proc. pen., come richiesto da recente, nota pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. In ogni caso, poi, l’ordinanza si era limitata alla enunciazione di formule stereotipate prive di concreto riferimento fattuale, così violando i principi di adeguatezza, proporzionalità e gradualità e, in definitiva, quello della minor compressione possibile della libertà personale e non indicando la ragione effettiva della inidoneità di altre misure meno restrittive a tutelare le esigenze di cautela ritenute sussistenti. 3. Il Difensore di D.C.N. ha dedotto tre motivi di ricorso. 3.1 Con il primo motivo, il ricorrente ha lamentato violazione di legge processuale ex art. 606, comma 1 lett. c cod. proc. pen. il Tribunale, infatti aveva rigettato l’eccezione difensiva formulata con i motivi nuovi ex art. 309, comma 6 cod. proc. pen. senza considerare che la Difesa non aveva avuto a disposizione, in tempo utile per l’udienza del riesame, la maggior parte delle intercettazioni telefoniche effettuate perché non ancora masterizzate, intercettazioni tutte riferite a circostanze rilevanti e decisive per la posizione dell’indagato e non era nelle condizioni di chiedere il rinvio dell’udienza ex art. 309, comma 9 bis cod. proc. pen. in quanto era già scaduto il termine dei due giorni dalla notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza di riesame e non era poi possibile formulare una richiesta motivata dato che il Pm non aveva dato alcuna indicazione di date entro le quali i DVD con la copia delle intercettazioni sarebbero stati trasmessi. 3.2 Con il secondo motivo, il ricorrente ha lamentato violazioni di legge penale sostanziale e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1 lett. b ed e cod. proc. pen. il Tribunale aveva posto a fondamento della riconosciuta gravità indiziaria una intercettazione della quale non vi era traccia negli atti depositati e che si riferiva in ogni caso al precedente bando di concorso e non aveva poi tenuto conto del fatto che il D.C. aveva rifiutato le proposte del C. , con ciò escludendo ogni profilo di concorso nella turbativa d’asta e aveva poi trascurato di valutare che la gara del 26/7/2016 non era ancora stata espletata ed anzi la ASL aveva iniziato il procedimento di revoca. 3.3 Con il terzo motivo, relativo alle esigenze cautelari, il ricorrente ha lamentato una totale carenza di motivazione in ordine alla affermata sussistenza della esigenza cautelare di cui all’art. 274 lett. c cod. proc. pen., data l’assenza di precedenti penali dell’indagato e il riferimento solo ad altri indagati delle condotte ritenute indicative di detto pericolo il D.C. , poi, era stato destinatario di una revoca della procura a rappresentare e dirigere tecnicamente la società, che aveva poi partecipato per la prima volta ad un appalto pubblico, il tutto a tacere della considerazione che ben difficilmente una eventuale pena inflitta in giudizio avrebbe potuto superare i tre anni di reclusione. 4. Il Difensore di FR.Do. ha dedotto più motivi di ricorso, tutti per violazione di legge penale sostanziale e processuale e per vizi di motivazione. 4.1 Con una prima prospettazione, riferibile al tema della gravità indiziaria, il ricorrente ha sottolineato che il Tribunale non aveva considerato che la condotta ascritta al C. e riferita al FR. aveva ad oggetto non una gara di appalto da aggiudicare quanto piuttosto una proroga di un appalto già aggiudicato e di una gara già conclusasi, con conseguente non configurabilità del reato di cui all’art. 353 cod. pen. in ogni caso, poi, il nominativo del FR. non era stato espressamente indicato da Tribunale tra gli imprenditori amici che il C. aveva concretamente favorito. Anche il tema della affermata falsità della autocertificazione del FR. non era stato adeguatamente trattato dal Tribunale che aveva trascurato di considerare le lunga memoria difensiva che aveva contestato la sussistenza di detta falsità l’interpretazione poi della conversazione telefonica del 23 febbraio 2017, soffriva dell’equivoco già segnalato e cioè della affermata equivalenza tra la proroga di un appalto già scaduto e l’affidamento di quello per cui era in corso la procedura di gara, come dimostravano gli accenni alla richiesta di integrazione di una polizza fidejussoria e all’atto di sottomissione, cioè alla adesione dell’appaltatore alla estensione dei lavori previsti nell’appalto così come solo al tema della proroga dell’appalto doveva essere riferita la conversazione cui il FR. aveva preso parte. 4.2 Con una seconda prospettazione, specificamente riferita alle esigenze cautelari, il ricorrente ha lamentato la assertività e la apoditticità della relativa motivazione, anche in riferimento alla previsione di condanna non inferiore ai tre anni di reclusione. 5 Il Difensore di FE.Al. ha dedotto tre motivi di ricorso, tutti riferiti a vizi di motivazione ex art. 606, comma 1 lett. e cod. proc. pen. 5.1 Con il primo motivo, riferito al tema della gravità indiziaria, il ricorrente ha lamentato che la motivazione della Corte avesse ripercorso quella del Gip senza alcuna reale valutazione degli elementi addotti dalla Difesa, ponendo a fondamento della riconosciuta gravità indiziaria il contenuto di alcune conversazioni intercettate senza alcun approfondimento critico del loro contenuto che avrebbe dimostrato invece come il FE. avesse chiesto al C. spiegazioni e chiarimenti in merito ai requisiti per poter presentare la propria offerta, offerta che, a seguito della riapertura dei termini, non era poi stata materialmente presentata per carenza dei requisiti indicati nel bando. 5.2 Con il secondo motivo, relativo alle esigenze cautelari, il ricorrente ha sottolineato come il Tribunale avesse sostanzialmente omesso di indicare, in specifico riferimento al FE. , le circostanze di fatto che rendevano concreto ed attuale il pericolo di commissione di delitti della stessa specie, tanto più che, come già osservato, il FE. aveva poi espressamente rinunciato a partecipare alla gara per assenza dei requisiti richiesti, così che il giudizio cautelare del Tribunale si fondava in realtà solo su elementi di natura spiccatamente congetturale. 5.3 Con il terzo motivo, relativo alla idoneità ed adeguatezza della misura effettivamente disposta, quella degli arresti domiciliari, il ricorrente ha lamentato che il Tribunale non avesse effettivamente indicato le ragioni per le quali una misura meno restrittiva non avrebbe potuto salvaguardare adeguatamente le esigenze cautelari ritenute sussistenti. 6. il 20 settembre 2017 è pervenuta una nota di deposito nell’interesse di F.M. con allegata documentazione di presa d’atto della ASL di ROMA della risoluzione del rapporto di lavoro e di sospensione del F. dall’albo dei Medici. 7. Il 25 settembre 2017 sono pervenuti motivi nuovi del ricorrente FR.Do. che ha lamentato, con il primo motivo nuovo, violazione di legge ex art. 606, lett. b cod. proc. pen. per erronea applicazione della legge penale in riferimento all’art. 353 cod. pen. e, con il secondo, violazione di legge processuale ex art. 606, lett. c cod. proc. pen. in merito alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari che legittimavano la misura degli arresti domiciliari. Considerato in diritto 1. Va esaminato in primo luogo il ricorso di F.M. , che ha sollevato critiche alla motivazione esclusivamente sul piano della affermata sussistenza di esigenze cautelari e di idoneità della misura in allora disposta, quella della custodia in carcere, a soddisfare le esigenze ritenute sussistenti. 1.1 Va ricordato allora che, nel frattempo, al F. è stata applicata una misura meno restrittiva della libertà personale, così che tutte le prospettazioni relative alla idoneità della sola custodia in carcere a soddisfare le esigenze di cautela ritenute sussistenti sono in gran parte venute meno rimane intatto, però, il tema della effettiva sussistenza delle stesse, specie di quella di cui all’art. 274, lett. c cod. proc. pen., e ciò in ragione della circostanza che, come documentato dal ricorrente fin dalla richiesta di riesame, il F. si era dimesso dalla sia Pubblica funzione di Presidente della Commissione Medica locale di ROMA X. 1.2 Il Tribunale ha ritenuto sostanzialmente inefficaci, nella prospettiva della dimostrazione della inesistenza di esigenze cautelari, queste dimissioni e questa richiesta di pensionamento dato che, in ipotesi di possibile, futuro ridimensionamento del quadro cautelare, le stesse non avrebbero impedito la ripresa da parte del F. della sua pubblica funzione, con connesse e conseguenti occasioni di commissione di nuovi reati della stessa specie. 1.3 In realtà, già la valutazione del Tribunale si fondava, in allora, su elementi sostanzialmente congetturali e debolmente dimostrativi della effettiva sussistenza del pericolo cautelare in argomento, specie in tema di attualità e concretezza dello stesso oggi c’è poi la documentazione prodotta in sede di nota di deposito del 20 settembre 2017 che attesta, per un verso, che le dimissioni presentate dal F. sono definitive e non suscettibili di revoca in caso di futuro ridimensionamento del quadro cautelare, e, per l’altro, che lo stesso indagato è stato sospeso dall’Albo dei Medici-Chirurghi, così che il giudizio di concreta ed attuale pericolosità del F. in funzione della commissione di reati della stessa specie dipendenti dalla pubblica funzione in allora svolta non può che necessitare di una nuova valutazione che tenga conto dei dati di fatto documentali ai quali si è sopra fatto cenno. 1.4 L’ordinanza impugnata, quindi, va annullata sul punto delle esigenze cautelari unico sollevato con il ricorso , con rinvio per nuovo esame al Tribunale di ROMA. 2. Il ricorso di D.C.N. è fondato nel suo primo motivo, con assorbimento conseguente del secondo e del terzo, con annullamento della ordinanza impugnata e rinvio per nuovo esame al Tribunale di ROMA. 2.1 Va brevemente ricordato, in fatto, che la Difesa del D.C. ha ricevuto, il giorno 29 marzo 2017, l’avviso previsto dall’art. 309, comma 8 cod. proc. pen. di fissazione della camera di consiglio del 5 aprile 2017 per la trattazione della richiesta di riesame e il successivo giorno 30 marzo ha chiesto di estrarre copia di tutti i files audio relativi alle intercettazioni, da reperire negli atti trasmessi dal Pubblico ministero ex art. 309, comma 5 cod. proc. pen. ma il Tribunale di ROMA aveva risposto che il Pubblico ministero non aveva in realtà depositato alcun supporto informatico il successivo 31 marzo la Difesa aveva sollecitato il Pubblico ministero a depositare quanto richiesto ma la Procura della Repubblica aveva risposto con un fax con il quale si faceva riserva di depositare il tutto non appena la ditta incaricata della masterizzazione avesse terminato il suo lavoro, posizione ribadita anche il successivo giorno 4 aprile 2017, quello precedente l’udienza di riesame, quando il Pubblico ministero rispondeva ad una ulteriore, analoga istanza difensiva con una nota in calce alla stessa dove si affermava che si sarebbe provveduto al deposito delle conversazioni mancanti non appena terminata la masterizzazione. 2.2 Di fronte all’evidente omissione del deposito integrale degli atti posti a fondamento della richiesta di cui all’art. 291, comma 1 cod. proc. pen. e alla correlativa eccezione tempestivamente avanzata, il Tribunale ha risposto, avvalendosi anche del principio di diritto enunciato in Cass. Sez. 2 del 1/12/2016 n. 54721, Lafleur, Rv 268916, che la Difesa avrebbe dovuto sollecitare, perché ancora in termine, il rinvio dell’udienza di riesame ex art. 309, comma 9 bis cod. proc. pen 2.3 La tesi sviluppata dal Tribunale non è però persuasiva e si risolve in una sostanziale violazione di legge processuale in riferimento proprio alla facoltà di chiedere il rinvio dell’udienza del riesame previsto dal citato art. 309, comma 9 bis. Non c’è dubbio, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, che il termine per chiedere il rinvio, quello di due giorni dalla notificazione dell’avviso, non era ancora scaduto quando, il giorno 31 marzo, la Difesa, sulla base della ricostruzione svolta più sopra, aveva già avuto definitiva certezza che le copie non ancora masterizzate non erano disponibili e non sarebbero state depositate in termini così come non ha alcun reale pregio l’osservazione, sempre della Difesa, che non si sarebbe potuto chiedere il rinvio dell’udienza perché non si sapeva quanto tempo avrebbe richiesto la masterizzazione in questione. Quello che però non convince della tesi del Tribunale è la individuazione in capo alla Difesa più precisamente, all’indagato di un dovere di richiedere il rinvio dell’udienza, anche per un termine che la legge quantifica in un massimo di dieci giorni cui corrisponde un analogo periodo temporale di ipotetica protrazione della custodia cautelare in essere per ragioni direttamente dipendenti non da esigenze strettamente ed esclusivamente difensive, per le quali il sacrificio richiesto consistente nell’ipotetico prolungamento della custodia cautelare si giustifica e si comprende , ma per ovviare in qualche modo ad omissioni e manchevolezze, sia pure incolpevoli, del Pubblico ministero che si sono risolte in una sostanziale violazione del dovere di deposito integrale degli atti ex art. 309, comma 5 cod. proc. pen. e, in particolare, delle intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate durante le indagini preliminari. Occorre infatti brevemente ricordare che la Corte Costituzionale, con sentenza 336/2008, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 268 cod. proc. pen. nella parte in cui la norma non prevede il diritto del Difensore di ottenere, dopo l’esecuzione della misura cautelare, la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni intercettate e utilizzate ai fini della emissione del provvedimento cautelare ancora, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, nella sua più autorevole espressione, ha ulteriormente chiarito che in tema di riesame, l’illegittima compressione del diritto di difesa derivante dall’ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore l’accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei cosiddetti brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell’adozione di un’ordinanza di custodia cautelare, dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, lett. c , cod. proc. pen., e che qualora tale vizio sia stato ritualmente dedotto in sede di riesame ed il Tribunale non abbia potuto acquisire il relativo supporto fonico entro il termine perentorio di cui all’art. 309, nono comma, cod. proc. pen., le suddette trascrizioni non possono essere utilizzate come prova nel giudizio de libertate in tal senso, Cass. Sez. Unite del 22/4/2010 n. 20300, Lasala, Rv 246907 . Il tema si presenta allora, sulla base delle pronunce sopra ricordate e di altre successive anche a sezioni semplici si veda ad esempio Cass. Sez. 4 del 21/10/2011 n. 46478, Saohi, Rv 251434 come caratterizzato da un vero e proprio onere del Pubblico ministero di mettere completamente a disposizione della Difesa, prima dell’udienza del riesame, tutti gli atti presentati con la richiesta di misura cautelare e, per quanto qui interessa, tutti i files audio delle registrazioni delle conversazioni intercettate ritenuti utili l’eventuale omissione o ritardo, naturalmente incolpevole, nell’adempimento di detto onere da parte della Pubblica accusa non può quindi risolversi in aggravamento della posizione dell’indagato richiedente il riesame che si vedrebbe costretto, nei limitati tempi processuali di cui all’art. 309 comma 9 bis cod. proc. pen., a richiedere personalmente un rinvio della udienza tanto più pregiudizievole in termini di possibile allungamento della custodia cautelare in quanto dipendente non da circostanze ed esigenze direttamente ed esclusivamente riferibili al solo ed esclusivo profilo delle esigenze e strategie difensive quanto piuttosto al sostanziale inadempimento, da parte della Accusa, di quello specifico onere di completezza cui si è sopra fatto cenno. 2.4 In conclusione, quindi, l’ordinanza impugnata dal D.C. va annullata con rinvio al Tribunale di ROMA per nuovo esame che terrà conto della circostanza che le conversazioni intercettate e non messe a disposizione, mediante i relativi files audio, della Difesa non possono essere utilizzate ai fini della decisione cautelare. 3. Il ricorso di FR.Do. è infondato e va rigettato, con condanna alle spese del procedimento come previsto dall’art. 616 cod. proc. pen 3.1 In merito alle prospettazioni che censurano l’affermata sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, va premesso che l’imputazione preliminare concretamente mossa nei confronti dell’indagato attiene specificamente, come è dato leggere nel testo introduttivo della ordinanza genetica, a condotte affermate come fraudolente tese a turbare la gara a procedura aperta per l’affidamento dei servizi manutentivi edili ed accessori di gestione del patrimonio immobiliare della ASL Roma X pubblicata il 25 luglio 2016, così che le considerazioni svolte dalla motivazione della ordinanza impugnata sul punto specifico del gravi indizi di colpevolezza vanno valutate in esclusivo riferimento a tale gara. Ancora, va sottolineato che il ruolo concretamente attribuito a FR.Do. nella vicenda delittuosa in questione è descritto come quello di chi aveva ottenuto dal C. , nel corso di numerosi incontri, aiuto e sostegno in vista della aggiudicazione della gara di cui sopra e di chi aveva evitato, sempre grazie al C. , una obbligatoria segnalazione all’ANAC in merito a false dichiarazioni che avrebbero impedito la partecipazione del FR. alla gara di appalto in questione. 3.2 Chiarito quanto sopra, va allora osservato, sempre sul piano della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, che le censure svolte con il primo motivo di ricorso e relative al fatto che si trattava nel caso in esame di mera proroga di una gara già in qualche modo esauritasi non colgono nel segno, dato che, a tutto voler concedere, si trattava comunque di aggiudicare nuovamente, come espressamente indicato nella imputazione preliminare, i lavori di affidamento di servizi manutentivi edili con la specifica e singola gara del 25 luglio 2016 e che la condotta del C. , come esplicitamente indicato nella motivazione dell’ordinanza impugnata, era finalizzata a rendere possibile la partecipazione del FR. a tale gara con il tacere della esistenza di una documentazione ideologicamente falsa che avrebbe impedito la partecipazione alla gara stessa del FR. . 3.3 Non si sono dubbi, quindi, in ordine alla qualificazione giuridica del fatto in termini di violazione della norma penale di cui all’art. 353 cod. pen. che resta concretata, come è noto, da qualsiasi comportamento fraudolento che turbi il complesso procedimento della gara Cass. Sez. 6 del 5/4/2012 n. 18161, P.g. in proc. Bevilacqua, Rv 252638 e anche nel caso di danno mediato o potenziale, dato che non è necessario l’effettivo conseguimento del risultato perseguito dagli autori dell’illecito, ma la semplice idoneità degli atti ad influenzare l’andamento della gara Cass. Sez. 6 del 11/3/2013 n. 12821, Adami, Rv 254906 . Tanto più infondate sono poi le considerazioni del ricorrente una volta che si consideri come la condotta del C. aveva reso possibile, come si è detto, una partecipazione alla gara o alla sua proroga, poco importa nella linea argomentativa che si viene svolgendo del FR. che in realtà non avrebbe potuto parteciparvi mentre non svolge alcun rilievo scriminante, per quanto sopra si è detto, la circostanza che lo stesso FR. non vi abbia più effettivamente partecipato. 3.4 Le censure difensive, già avanzate, almeno in parte, con la richiesta di riesame, sono state convincentemente confutate, quantomeno nei limiti di rilevanza tipici della fase processuale nella quale l’ordinanza impugnata è stata pronunciata, dal Tribunale che ha osservato come l’indagato avesse espressamente condiviso, nel corso di una conversazione con il C. , la strategia di quest’ultimo di salvare in qualche modo la situazione creatasi con la presentazione della falsa documentazione anche in merito alla falsità ideologica della documentazione presentata, poi, non riveste in realtà alcuna concreta rilevanza il fatto che la stessa sia poi stata riconosciuta come genuina, posto che, precedentemente alla gara in questione, la stessa era stata creduta e percepita come falsa da entrambe le parti ed aveva determinato l’intervento del C. , Responsabile Unico del Procedimento, che aveva proceduto ad attività fraudolente costituite dalla redazione del documento finalizzato ad attestare la sussistenza delle condizioni di legge e a consentire quindi al FR. la partecipazione alla gara. 3.5 Sono fondate invece le considerazioni critiche svolte dal ricorrente sul tema delle esigenze cautelari pur prescindendo dalla osservazione che il tema della non applicabilità della custodia in carcere in ipotesi di previsione di condanna non superiore ai tre anni riguarda appunto la sola custodia in carcere e non gli arresti domiciliari, ai quali il FR. è attualmente sottoposto in tal senso, Cass. Sez. 2 del 14/1/2015 n. 4418, Alami, Rv 262377 , resta la considerazione che l’ordinanza impugnata ha fondato il riconoscimento delle esigenze di cui all’art. 274 lett. c cod. proc. pen. su valutazioni sostanzialmente apodittiche, non specificamente riferite al tema della concretezza ed attualità delle stesse in relazione al ruolo rivestito dal FR. nella vicenda, ruolo che, pur caratterizzato, come si è detto, dalla necessaria gravità indiziaria, disegna comunque per l’indagato condotte e atteggiamenti sostanzialmente gregari e remissivi di fronte alla iniziativa del C. . 3.6 Anche il punto specifico rappresentato dalla negata idoneità di misure meno restrittive a tutelare il pericolo cautelare ex lett. c dell’art. 274 cod. proc. pen. è stato trattato in termini sostanzialmente assertivi, con l’accenno poi alla necessità di impedire spostamenti sul territorio finalizzati ad impedire la partecipazione ad altre gare di appalto che non sarebbero comunque ostacolati dalla mera restrizione domiciliare dati e facili contatti interpersonali che la stessa comunque presenta. 3.7 In conclusione, l’ordinanza impugnata va annullata sul punto specifico delle esigenze cautelari, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di ROMA, che valuterà la sussistenza delle stesse e la idoneità di misure diverse dagli arresti domiciliari attualmente in corso di esecuzione a tutelare quelle eventualmente ritenute sussistenti. 4. Il ricorso di FE.Al. va dichiarato inammissibile per essere stato proposto per motivi manifestamente infondati, con le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen 4.1 Sullo specifico tema della sussistenza della gravità indiziaria, l’ordinanza impugnata ha già espressamente trattato i temi, in gran parte di merito, sollevati dal ricorrente e ha preso in concreto esame i punti specifici sollevati con la richiesta di riesame, confutando le argomentazioni difensive con compiutezza e piena logicità e attribuendo alle conversazioni intercettate un significato assolutamente plausibile ed in ogni caso non argomentatamente e convincentemente contrastato dal ricorrente. Nessun rilievo, per quanto si è detto più sopra in ordine alla natura del reato di cui all’art. 353 cod. pen. e alle modalità della sua realizzazione e per quanto sostenuto nel corpo stesso dalla motivazione del provvedimento impugnato, va poi riconosciuto alla circostanza che il FE. non abbia poi materialmente partecipato alla gara mentre restano intatte tutte le considerazioni svolte, sempre sul tema indiziario, dal Tribunale di ROMA. 4.2 Sul punto specifico poi delle esigenze cautelari, va osservato che la motivazione del Tribunale di ROMA ha adeguatamente dato atto della sussistenza di esigenze di cautela ex art. 274, lett. c cod. proc. pen. in speciale riferimento ad una conversazione con la quale il FE. dimostrava la volontà di sfruttare i rapporti instaurati con il C. per future iniziative di analogo tenore di quella oggi oggetto di esame. Sul punto specifico poi della idoneità ed adeguatezza della misura degli arresti domiciliari, va osservato che l’indagato non si trova più sottoposto a tale regime cautelare, così che le osservazioni critiche contenute nel ricorso non hanno in realtà più alcuna ragion d’essere. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di D.C.N. e rinvia per nuovo esame al Tribunale di ROMA. Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di F.M. e FR.Do. limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di ROMA. Dichiara inammissibile il ricorso di FE.Al. che condanna al pagamento delle spese e della somma di euro duemila a favore della cassa delle ammende.