Quali conseguenze per chi sconta la medesima fattura presso più banche, in caso di fallimento?

La presentazione per lo sconto presso diversi istituti bancari delle medesime fatture concreta quelle operazioni dolose che inevitabilmente, aumentando il passivo ottenendo più anticipazioni a fronte del medesimo ed unico credito , conducono all’aggravamento dello stato di dissesto e, quindi, al fallimento. Una simile condotta integra gli elementi costitutivi della bancarotta impropria e non configura la diversa ipotesi del ricorso abusivo al credito, posto che tale fattispecie si concreta nel caso in cui si ottengano finanziamenti dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza, in assenza, quindi, degli ulteriori elementi che caratterizzano il delitto di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, seconda ipotesi, e cioè il cagionare il fallimento attraverso operazioni dolose.

In caso di fallimento la truffaldina duplicazione delle ragioni di credito per ottenere plurimi finanziamenti integra, secondo la Cassazione sentenza n. 50081/17, depositata il 2 novembre , il delitto di bancarotta impropria. La vicenda sottostante. La pronuncia in commento trae le mosse dal fallimento di una società da cui è originato un procedimento penale nei confronti degli amministratori di fatto e di diritto per plurime ipotesi di bancarotta, dalla bancarotta semplice documentale in conseguenza della incompleta tenuta delle scritture contabili, a quella preferenziale per aver soddisfatto propri crediti nei confronti della società a detrimento di altri creditori, sino alla bancarotta fraudolenta per distrazione e alla bancarotta impropria, per aver cagionato il fallimento con operazioni dolose. Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona, che aveva confermato la condanna inflitta dal GUP del Tribunale di Fermo, propongono articolati motivi di ricorso i difensori degli imputati che investono nella sostanza tutti i capi ed i punti della sentenza della Corte d’Appello. Le questioni rilevanti. Tra le numerose questioni sottoposte alla attenzione degli Ermellini meritano invero menzione ed attenzione esclusivamente quelle attinenti alla contestazione di bancarotta fraudolenta per distrazione e di bancarotta impropria ex art. 223 l. fall., comma 2, n. 2, seconda ipotesi. In relazione alla prima fattispecie, il ricorrente si doleva infatti della circostanza che i giudici di merito non si fossero in alcun modo preoccupati di verificare l’esistenza di un nesso causale tra le contestate condotte distrattive ed il successivo fallimento. Il richiamo a detto principio di diritto trovava fondamento nella statuizione della nota pronuncia della Cassazione n. 47502/12, Corvetta. Tale argomento trova, tuttavia, facile ed immediata smentita da parte della Cassazione con il richiamo alla costante e consolidata giurisprudenza che ha reso assolutamente isolata la pronuncia invocata dal ricorrente, ricordando che, al fine di ritenersi integrato il delitto contestato, è sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa destinandone le risorse ad impieghi estranei agli scopi sociali. Più interessante, invece, pare il richiamo, con nota di condivisione, operato dalla pronuncia in commento alla recente sentenza n. 17819/17, Palitta, che, come noto, ha ribadito che la bancarotta prefallimentare patrimoniale è reato di pericolo concreto e, dunque, l’atto di depauperamento deve risultare idoneo ad esporre a pericolo l’entità del patrimonio della società in relazione alla massa dei creditori e deve permanere sino all’epoca che precede l’apertura della procedura. Osservano, tuttavia, gli Ermellini come, nel caso di specie, l’applicazione dei pur condivisibili principi della sentenza Palitta non valga ad escludere la penale rilevanza del fatto in quanto è evidente, nel caso in esame, il concreto pericolo per il ceto creditizio derivante dalla avvenuta sottrazione dei beni di cui in imputazione in conseguenza del loro ingente valore. Il ricorso sul punto viene dunque rigettato. Le reiterate condotte di sconto del medesimo credito. Sotto un secondo profilo, la sentenza in commento merita attenzione laddove si sofferma ad inquadrare sotto il profilo giuridico la condotta, invero non infrequente, dell’imprenditore, poi dichiarato fallito, che abbia presentato allo sconto presso più istituti di credito il medesimo titolo ottenendo così plurime anticipazioni. La questione si presenta interessante in quanto gli Ermellini sono chiamati ad individuare la fattispecie astratta delittuosa integrata da tale condotta nel caso di successivo fallimento della società. Pacifico è, infatti, che in difetto di fallimento detta azione integri semplicemente il delitto di truffa in danno degli istituti di credito. Quid iuris in caso di successivo fallimento della società che ha scontato più volte il medesimo credito? I giudici di merito avevano qualificato la condotta riconducendola alla fattispecie astratta della bancarotta impropria di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, seconda ipotesi l. fall., trattandosi, ad avviso della Corte d’Appello, di condotte dolose che avevano cagionato il fallimento della società. Detta impostazione viene, tuttavia, censurata dal ricorrente con richiesta di riqualificazione della condotta nel meno grave delitto di ricorso abusivo al credito di cui agli artt. 218 e 225 l. fall Ancora una volta, tuttavia, le ragioni del ricorrente non trovano terreno fertile nel Palazzaccio. Osserva infatti la Cassazione che siffatta condotta appare corrispondere effettivamente a tutti gli elementi costitutivi della bancarotta impropria e non integrare la diversa, ed invero leviore, ipotesi del ricorso abusivo al credito, posto che tale ultima fattispecie si concreta nel caso in cui si ottengano finanziamenti dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza, in assenza, quindi, degli ulteriori elementi che, per contro, caratterizzano il delitto di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, seconda ipotesi, e cioè il cagionare il fallimento attraverso operazioni dolose. Operazioni che nel caso di specie si rinvengono nella truffaldina duplicazione delle ragioni di credito per ottenere plurimi finanziamenti. Nessun dubbio poi che tali condotte abbiano concorso a cagionare il dissesto, in quanto si è aumentata l’esposizione debitoria della società ottenendo anticipazioni che, senza la condotta fraudolenta, non sarebbero state concesse, in quanto si sono simulate o meglio duplicate o moltiplicate indebitamente le garanzie per ottenerli. La sentenza di merito viene dunque confermata anche sul punto ed il ricorso integralmente rigettato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 settembre – 2 novembre 2017, n. 50081 Presidente Bruno – Relatore Stanislao Ritenuto in fatto 1 - Con sentenza del 25 gennaio 2016, la Corte di appello di Ancona confermava la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Fermo che aveva ritenuto Z.D. e De. colpevoli dei delitti loro ascritti, perché, D. quale socio unico ed amministratore prima e liquidatore poi della srl omissis , dichiarata fallita il omissis , De. , sorella di D. , quale amministratore di fatto della fallita, avevano commesso i seguenti delitti - di bancarotta documentale semplice, per non avere tenuto, nel triennio precedente alla dichiarazione di fallimento, i libri e le scritture contabili così da rendere difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e delle attività della società - di bancarotta preferenziale, per avere soddisfatto proprio crediti nei confronti della società a detrimento degli altri creditori - di bancarotta fraudolenta patrimoniale per avere distratto dal patrimonio sociale cinque carrelli elevatori che la società deteneva a seguito di contratti di leasing - di bancarotta impropria, per aver cagionato il fallimento con operazioni dolose, scontando le medesime fatture in più istituti di credito così ottenendo anticipazioni bancarie ben superiori al dovuto, ed alla possibilità di rimborso, così determinando ulteriori passività che avevano condotto la società al definitivo dissesto. 2 - La Corte territoriale confermava la condanna delle imputate sulla base delle seguenti argomentazioni - i due dipendenti della società sentiti dalla parte civile, il curatore stesso ed il consulente dell’azienda avevano tutti concordemente riferito il curatore ovviamente de relato della continua ingerenza nelle scelte amministrative più rilevanti, spettanti alla sorella D. legale rappresentante della società, di Za.De. con ciò confermando il suo ruolo di amministratore di fatto della fallita - il procacciamento di anticipazioni bancarie, ottenute presentando presso più istituti le medesime fatture, aveva ingigantito le passività conducendo la società al dissesto - quando già la società era illiquida le due imputate erano rientrate nei propri crediti, anteponendosi agli altri creditori - parziale ed approssimativa, secondo le parole del curatore, era stata la tenuta della contabilità e ciò all’evidente fine di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari - era stata acquisita la prova della consegna dei cinque carrelli elevatori, le cui rate di leasing erano state, in buona parte, assolte e che erano stati fatti scomparire. 3 - Avverso tale sentenza propongono distinti ricorsi le imputate, a mezzo del medesimo difensore. 3 - 1 - L’Avv. Mauro Cimino, per Za.De. , articola sette motivi di doglianza. 3 - 1 - 1 - Con il primo deduce la violazione di legge in ordine a tutte le ipotesi di bancarotta contestate ed il difetto di motivazione in quanto erroneamente all’imputata era stato attribuito il ruolo di amministratore di fatto della società fallita. Non si era data prova dell’ingerenza della predetta nella gestione della società, le dichiarazioni dei tre testimoni non erano state riscontrate e avrebbe dovuto tenersi conto del fatto che la ricorrente era una dipendente della fallita e vi agiva pertanto in tale qualità era la responsabile degli acquisti, era addetta al controllo del magazzino e degli ordini dei clienti, curava i rapporti con il personale ed operava anche nello spaccio aziendale non aveva però rapporti con gli istituti bancari . Altri testimoni avevano negato il ruolo dell’imputata riconosciuta dalla sentenza impugnata. Il consulente del pubblico ministero aveva accertato che, in assenza della ricorrente, era la sorella che impartiva ordini al personale, si occupava degli acquisti e trattava con le banche. Significative a tal proposito erano le dichiarazioni di B.D. . 3 - 1 - 2 - Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta in quanto non si era provato che le condotte contestate a tale titolo avessero avuto un rapporto causale con il fallimento. E ciò in applicazione dei principi di diritto enunciati dalla nota sentenza della Cassazione n. 47502/12. 3 - 1 - 3 - Con il terzo motivo deduce la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità della ricorrente in riferimento ai delitti di bancarotta fraudolenta, non essendo stata individuata alcuna sua condotta dalla quale poteva trarsi la prova della sua concreta responsabilità. Tanto più che come si è detto non si era raggiunta la prova che ella avesse amministrato di fatto la fallita. 3 - 1 - 4 - Con il quarto motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione sempre in ordine alla ritenuta responsabilità della ricorrente in riferimento ai delitti di bancarotta fraudolenta non essendo stato provato che la ricorrente, estranea all’amministrazione della società, fosse consapevole dello stato di dissesto della medesima. A tal proposito si citano i principi di diritto fissati dalla Cassazione con la sentenza n. 41333 del 2006. 3 - 1 - 5 - Con il quinto motivo censura la violazione ed il difetto di motivazione in riferimento alla ritenuta responsabilità della ricorrente per le condotte descritte ai capi C e D. I bene acquisti in leasing non erano, come tali, mai entrati nel patrimonio della società e di conseguenze non ne potevano essere distratti. Non vi era poi prova dell’effettiva consegna, né del loro valore residuo visto che i contratti erano stati risolti. La pluralità di anticipazioni bancarie ottenuta sulla scorta dei medesimi documenti contabili aveva al più costituito un’ipotesi di ricorso abusivo al credito. Peraltro le entrate e le uscite a tale titolo si erano compensate. 3 - 1 - 6 - Con il sesto motivo deduce la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine alla misura del trattamento sanzionatorio. Non si era sufficientemente motivata l’irrogazione della pena in misura diversa dal minimo edittale e il giudizio di sola equivalenza delle attenuanti. 3 - 1 - 7 - Con il settimo motivo censura la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine alla misura della provvisionale, che ritiene eccessiva. 3 - 2 - L’Avv. Mauro Cimino, per Z.D. , articola cinque motivi di doglianza. 3 - 2 - 1 - Con il primo deduce la violazione di legge in ordine a tutte le ipotesi di bancarotta contestate ed il difetto di motivazione in quanto non si era provato che le condotte contestate a tale titolo avessero avuto un rapporto causale con il fallimento. E ciò in applicazione dei principi di diritto enunciati dalla nota sentenza della Cassazione n. 47502/12. 3 - 2 - 2 - Con il secondo motivo censura la violazione ed il difetto di motivazione in riferimento alla ritenuta responsabilità della ricorrente per le condotte descritte al capo C. I beni acquisiti in leasing non erano, come tali, mai entrati nel patrimonio della società e di conseguenze non ne potevano essere distratti. Non vi era poi prova dell’effettiva consegna, né del loro valore residuo visto che i contratti erano stati risolti. 3 - 2 - 3 - Con il terzo motivo deduce la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità della ricorrente per la condotta descritta al capo D. La pluralità di anticipazioni bancarie ottenuta sulla scorta dei medesimi documenti contabili aveva al più costituito un’ipotesi di ricorso abusivo al credito. Peraltro le entrate e le uscite a tale titolo si erano compensate. 3 - 2 - 4 - Con il quarto motivo censura la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine alla misura del trattamento sanzionatorio. Non si era sufficientemente motivata l’irrogazione della pena in misura diversa dal minimo edittale e il giudizio di sola equivalenza delle attenuanti. 3 - 1 - 5 - Con il quinto motivo censura la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine alla misura della provvisionale, che ritiene eccessiva. Considerato in diritto I ricorsi promossi nell’interesse delle imputate sono infondati e vanno pertanto rigettati. 1 - Il primo motivo del ricorso di ricorso di Za.De. , in ordine al suo ruolo di amministratore di fatto della società fallita, è inammissibile perché esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali per tutte Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944 tra le più recenti Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 06/02/2004, Elia, Rv. 229369 . Le argomentazioni proposte tendono, appunto, ad ottenere una ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento. La Corte territoriale aveva dedotto il ruolo di amministratore di fatto ricoperto da Za.De. nella società dalle convergenti dichiarazioni di alcuni dei testi escussi, due dipendenti della società ed un consulente. Le ulteriori testimonianze, in realtà, non costituivano una smentita al costituto probatorio così raggiunto visto che si erano limitate a ricordare la presenza della ricorrente nei locali della società, non potendo affermare se questa vi svolgesse solo il proprio lavoro di impiegata amministrativa o sostituisse o collaborasse con la sorella D. nelle più importanti decisioni della società, ricoprendo così il ruolo di amministratore di fatto. Un ruolo che non viene smentito ma anzi è confermato dal fatto che D. si ingerisse negli affari della società particolarmente quanto De. era assente, visto che l’amministrazione avrebbe dovuto essere retta sempre e solo da D. che, della società fallita, era l’unico amministratore di diritto. Non è comunque necessario dimostrare che colui che viene ritenuto essere l’amministratore di fatto di una società ne sia anche l’unico amministratore e che con costui non collaborino altri amministratori, di fatto o di diritto che siano. Il ruolo è conseguente all’opera svolta, di gestione della società, e non all’esclusività della stessa. Peraltro anche la mera elencazione dei compiti svolti da Za.De. , nel ricorso che la riguarda - gestiva fornitori e clienti, esercitava il suo controllo sulle merci in magazzino, dirigeva il personale, si occupava del negozio - denuncia la latitudine delle sue competenze, ben maggiore di quella che spetta ad una semplice impiegata amministrativa, come pretende di essere stata. Dal dimostrato ruolo di amministratore di fatto di Za.De. sull’intera gestione della società discende il giudizio di infondatezza anche del terzo e del quarto motivo del suo ricorso sulla prova della sua propria responsabilità in ordine ai delitti di bancarotta ascrittile con riguardo anche alla sua consapevolezza dello stato di dissesto della società , sia perché interamente versati in fatto, sia perché il suo ruolo, appunto, era stato di tale ampiezza da doversi anche a lei ricondurre tutte le contestate condotte di bancarotta, che aveva consumato nella piena consapevolezza delle sempre più critiche condizioni economico-finanziarie della società. 2 - Il secondo motivo del ricorso di Za.De. ed il primo del ricorso della sorella D. sono infondati. La sentenza di questa Corte, citata dalla difesa, n. 47502 del 2012 Sez. 5, n. 47502 del 24/09/2012, Corvetta, Rv. 253493, ha affermato un principio di diritto - secondo il quale, nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, lo stato di insolvenza che dà luogo al fallimento costituisce elemento essenziale del reato, in qualità di evento dello stesso e pertanto deve porsi in rapporto causale con la condotta dell’agente e deve essere, altresì, sorretto dall’elemento soggettivo del dolo - che è stato costantemente smentito nelle pronunce successive. Si è infatti ricordato che, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività da ultimo Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804 ancor prima e immediatamente dopo la sentenza Corvetta Sez. 5, Sentenza n. 232 del 09/10/2012, Sistro, Rv. 254061 Sez. 5, n. 7545 del 25/10/2012, Lanciotti Rv. 254634 e poi ancora Sez. 5, n. 11793 del 05/12/2013, Marafioti, Rv. 260199 Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014, Ghirardelli, Rv. 262741 Sez. 5, n. 26542 del 19/03/2014, Riva, Rv. 260690 . Si è poi da ultimo opportunamente precisato che il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è un reato di pericolo concreto, in cui l’atto di depauperamento deve risultare idoneo ad esporre a pericolo l’entità del patrimonio della società in relazione alla massa dei creditori e deve permanere tale fino all’epoca che precede l’apertura della procedura fallimentare Sez. 5, n. 17819 del 24/03/2017, Palitta, Rv. 269562 . Da quanto si è detto se ne deduce come il motivo di ricorso, interamente volto ad applicare il principio di diritto enunciato dalla sentenza Corvetta, non possa trovare accoglimento, avendo trovato smentita in tutta la giurisprudenza successiva. Quanto al principio di diritto formulato nella sentenza Palitta, da ultima citata - dettato in riferimento alla sola ipotesi della bancarotta patrimoniale prefallimentare, e quindi, nel caso concreto, alla distrazione dei cinque carrelli elevatori - è del tutto evidente come la loro sottrazione abbia determinato un concreto pericolo per il ceto creditizio della fallita a cagione del loro ingente valore, tale per cui i concedenti avevano chiesto la risoluzione del contratto per riottenerne il possesso. 3 - Sono infondati il quinto motivo del ricorso di Za.De. ed il secondo ed il terzo del ricorso di Z.D. , nei quali si è censurata la sussistenza degli elementi costitutivi dei delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta impropria. Quanto alla prima, è del tutto evidente come i carrelli elevatori consegnati alla fallita a seguito dei contratti di locazione finanziaria e la prova che la consegna fosse stata effettiva promanava, come aveva rilevato la Corte territoriale, dalla documentazione acquisita dai concedenti , ancorché di proprietà altrui, costituissero parte del patrimonio sociale, posto che la società ne era l’utilizzatrice e doveva rispondere della loro corretta custodia. La loro sparizione, ad opera delle ricorrenti, aveva così comportato la perdita di macchinari dal rilevante valore anche solo sotto il profilo della loro utilizzazione, peraltro a seguito del pagamento di canoni, regolarmente versati esponendo poi la società all’azione di recupero dei finanziatori sulla bancarotta patrimoniale in relazione a beni detenuti in locazione finanziaria si leggano Sez. 5, n. 44898 del 01/10/2015, Cantore, Rv. 265509 e Sez. 5, n. 44350 del 17/06/2016, Guerri, Rv. 268469 . Quanto alla seconda, è altrettanto evidente come la presentazione per lo sconto presso diversi istituti bancari delle medesime fatture concretava quelle operazioni dolose che, inevitabilmente aumentando il passivo ottenendo più anticipazioni a fronte di un unico credito , avrebbero condotto all’aggravamento dell’insolvenza e, quindi, al fallimento. Una simile condotta concreta gli elementi costitutivi della bancarotta impropria e non configura la diversa ipotesi del ricorso abusivo al credito, prevista dagli artt. 218 e 225 l. fall., posto che tale fattispecie si concreta nel caso in cui si ottengano finanziamenti dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza, in assenza, quindi, degli ulteriori elementi che caratterizzano, invece, il delitto previsto dall’art. 223, comma 2, n. 2 seconda ipotesi il cagionamento del fallimento e l’avere posto in essere operazioni dolose, diverse da quelle che comportano la mera dissimulazione dell’insolvenza, nel caso di specie la sostanzialmente truffaldina duplicazione delle ragioni di credito per ottenere plurimi finanziamenti che le ragioni di credito non avrebbero potuto mai soddisfare . 4 - Il sesto motivo del ricorso di Za.De. ed il quarto motivo del ricorso di Z.D. attengono al trattamento sanzionatorio. Si deducono l’insufficiente motivazione della misura della pena e del giudizio di bilanciamento delle circostanze eterogenee in termini di equivalenza. Le censure sono però inammissibili, perché - la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 - 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142 , ciò che - nel caso di specie - non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo pena congrua , pena equa o congruo aumento , come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596 - le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931 . 5 - Sono inammissibili anche i motivi dei due ricorsi relativi alla misura della provvisionale, il settimo del ricorso di Za.De. e il quinto del ricorso di Z.D. , perché questa Corte ha costantemente ricordato da ultimo Sez. 3, n. 18663 del 27/01/2015, Rv. 263486 come non sia impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata. 6 - Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna ciascuna ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché in solido alla rifusione delle spese in favore della parte civile, liquidate in complessivi Euro 1.800,00 oltre accessori di legge.